L’equilibrio tra il rimanere (e crescere) in Serie A o retrocedere mestamente in cadetteria è spesso estremamente sottile. Lo sanno bene i direttori sportivi dei club della colonna di destra della classifica, dove spesso la lotta tra salvezza e retrocessione si sbriga nel giro di una manciata di punti. Le contingenze economiche poi comportano un evidente turnover di giocatori tra un anno e l’altro, con elementi che portano plusvalenze e prestiti conclusi da rimpiazzare.
Risolvere questo intricato Tetris di risultati economici e sul campo non è affatto facile, tanto che diverse squadre adottano altrettante strategie. Considerati anche i costi di esercizio in una stagione in crescita, creare valore dal player trading è sempre più fondamentale, rendendo la costruzione di una rosa decisamente più complessa. Dove però – oggi come in passato – alcuni dirigenti prendono strade conservative, Tony D’Amico vede opportunità.
Mangiare bene e spendere poco
L’ottimo Hellas Verona che vediamo oggi in campo magistralmente allenato da Ivan Jurić deve gran parte della sua genesi all’ex giocatore di Empoli e Foggia, passato a fine 2013 dal campo alla scrivania, con un breve intermezzo in panchina come secondo allenatore. Dopo una prima stagione ben sopra le aspettative, con una salvezza raggiunta senza rilevanti problemi, D’Amico ha affrontato con intelligenza la sfida di dover rimpiazzare tre cardini dell’undici titolare – Rrahmani, Kumbulla ed Amrabat, tutti venduti ad ottime cifre – mantenendo il livello di competitività raggiunto l’anno prima.
Fermiamoci un attimo sul centrocampista marocchino. Sofyan Amrabat, per rendimento e caratteristiche, è stato uno dei veri pezzi pregiati dello scorso mercato, tenendo conto anche di quanto i centrocampisti simili a lui siano piuttosto rari e, soprattutto, costosi. Il lavoro di scouting portato avanti dal DS (già capo osservatore degli Scaligeri) lo ha portato, nel caso in questione, non molto lontano dal Veneto. Complice il mancato riscatto dell’Atalanta, Hellas ed OGC Nizza hanno accordato la cessione del cartellino di Adrien Tameze verso i gialloblù per 3,5 milioni di euro ed il 10% su un’eventuale futura rivendita.
Tameze, partis de rien
Emerso dal calderone di talenti grezzi della Ligue 2, Tameze è uno di quei calciatori che ha dovuto conquistarsi ogni giorno nel calcio professionistico. Soprattutto dopo che il Nancy lo lasciò svincolato nel 2014:
Passi da tutto a niente. Mi stavo allenando da solo, ma ne sono uscito più forte. Vedo la vita in modo diverso. Guardando indietro, sono felice di aver superato quel momento. Mi sono aperto al mondo. Ho avuto momenti di dubbio, ovviamente. Ma non riuscivo a vedermi fare nient’altro. Nella mia testa era solo il calcio e nient’altro. Era un’idea fissa. È “divertente”, perché non sono l’unico: Arnaud Souquet e Pierre Lees-Melou hanno fatto un viaggio simile. Come me, penso che ne traggano una certa forza. Non è un percorso di cui vado particolarmente orgoglioso, ma non sono deluso di averlo vissuto.
“Partis de rien, on va trouver la sortie” rimavano gli Scred Connexion a Parigi, quando Tameze aveva appena quattro anni. Qualche anno più tardi dovrà anche lui trovare la sua strada nel mondo del calcio professionistico. Un percorso di maturazione che nasce praticamente dal rischio di vedere finire il suo sogno di diventare calciatore. Lui stesso parla di come la mancanza di impegno sia stata decisiva nella scelta finale della squadra della Lorena. Il Valenciennes lo provina e lo prende in squadra: è l’inizio della sua “seconda” carriera. David Le Frapper, il coach degli Atheniens, lo prende sotto la sua ala protettiva ed Adrien lo ripaga con affidabilità ed ottime prestazioni. Dall’estremo nord della Francia alla Riviera la strada è lunga, ma se un club di Ligue 1 come il Nizza chiama, è impossibile rispondere di no.
La prima volta, non mi è stato detto che fosse l’OGC, ma solo che era un top club di Ligue 1. E quando ho saputo che era il Nizza, sono rimasto sorpreso e felice. La mia scelta è stata molto rapida, arrivata prima dell’inizio delle trattative. Il mio primo desiderio è stato di venire a giocare qui. Se dovessi farlo di nuovo, farei la stessa cosa.
Il Nizza di Lucien Favre è una squadra estremamente dinamica e interessante, con talenti come Saint-Maximin, Seri, Srarfi e Pléa a giocare al fianco di giocatori esperti e navigati come Christophe Jallet e Wesley Sneijder. Favre lo utilizza principalmente da volante davanti alla difesa, ma ben presto avrà modo di sperimentare la poliedricità dei talenti di Tameze.
Destro naturale, impressiona principalmente per le sue doti fisiche. Nel calcio attuale, avere giocatori in grado di condurre palla in spazi aperti allontanandosi dalla propria zona di competenza è fondamentale per manipolare l’assetto difensivo avversario e Tameze in queste situazioni brilla particolarmente. Vederlo correre palla al piede restituisce un’idea di potenza unita ad un’agilità di passo e di pensiero non comuni.
Se riceve spalle alla porta, preferisce anticipare il pressing facendo scorrere la palla, aggiustandone la direzione con l’interno o la suola. Nell’attimo successivo è già rivolto verso la porta a condurre palla al piede. Rispetto a Franck Kessié, un giocatore a cui è stato frequentemente accostato, non aspetta il contatto con l’uomo per assorbirlo e sfruttarlo a suo piacimento, ma tende ad evaderne il pressing in maniera più diretta. Se l’avversario arriva a contatto, esce verso il piede forte, ma più spesso cerca il dialogo con i compagni.
In fase di non possesso è un eccellente marcatore negli 1v1. Passi brevi e leve lunghe lo rendono estremamente difficile da saltare, sia da fermo che in velocità. Al momento è il primo gialloblù per contrasti vinti, decimo prendendo in esame tutta la Serie A (primo De Roon con 45). Notevole poi la capacità di intercettare passaggi, 40 nella stagione corrente (secondo del Verona dietro a Faraoni e nono complessivo). Può migliorare ancora nella gestione del pallone. Non tanto nelle progressioni – completa quasi 3 dribbling su 4 tentativi, numeri di tutto rispetto -, quanto nelle scelte di passaggio, dove tende ad essere generalmente meno preciso dei compagni, pur prendendo meno responsabilità offensive.
Paragonandolo con il suo predecessore, Sofyan Amrabat, appare chiaro come Tameze sia ad oggi un giocatore più efficace in fase di non possesso, meno con la palla tra i piedi. L’acquisto di Antonin Barák e la definitiva esplosione di Zaccagni evidenziano come il Verona di oggi non abbia necessità di vedere il francese sgroppare in mezzo al campo con il pallone, potendo contare su due dei centrocampisti offensivi tecnicamente più raffinati in fase di conduzione e rifinitura.
Giocando in zone generalmente più arretrate, Tameze difende con più profitto del centrocampista marocchino. Ivan Jurić dimostra di apprezzarlo, soprattutto per la sua naturalezza nell’adattare le proprie caratteristiche a più zone del campo. Il tecnico croato lo ha schierato praticamente in tutta la zona centrale del campo, da braccetto destro in una difesa a tre passando a mediano, mezzala ed infine attaccante che pressa, contro la Lazio.
Bingo
A 27 anni, Adrien Tameze si sta avviando ai due-tre anni migliori della carriera di un calciatore. Nell’Hellas Verona sta trovando l’ambiente tattico ideale per limare i dettagli che lo separano dal suo massimo potenziale. Ad oggi, è un giocatore a suo modo sorprendente e moderno per applicazione e caratteristiche, come esattamente lo è stato il Verona di Jurić in questo anno e mezzo estremamente travagliato.
Certo, arrivare a quest’età alla completa maturazione con i tempi che corrono è piuttosto fuori tendenza, in un’era dove giocatori di 16 anni come Moukoko vengono convocati per gli Europei U21. Essere late-bloomer in questo momento è pericoloso, ma trovare questi giocatori è fondamentale per i direttori sportivi che devono “inventare” le sessioni di mercato. Tony D’Amico ci ha visto lungo, portando a casa per una cifra più che onesta duttilità, esperienza ed ottime qualità in campo. Difficile chiedere più di così.