In un’intervista concessa lo scorso ottobre sul canale Twitch de Gli Autogol, ad Alessandro Bastoni viene chiesto di commentare un momento simbolo della scorsa stagione, sia per lui come singolo sia per la successiva vittoria dello scudetto dell’Inter. Si tratta del lancio del difensore nerazzurro verso Barella al 52° minuto di Inter-Juventus, un perfetto passaggio a lunga gittata che ha tagliato il campo ed è arrivato al numero 23 dell’Inter, che ha completato il movimento e ha poi superato Szczesny per chiudere la partita sul 2-0. “C’è un momento simbolo della tua stagione in cui tu fai una giocata pazzesca, non da Bastoni” gli dice uno dei presentatori introducendo quella scena. Mentre scorrono le immagini, Bastoni risponde a tono: “Ma non da Bastoni perché, esattamente?”.
Il contesto è sicuramente meno serioso del solito e più aperto alla battuta di spirito, ma Bastoni, che nelle poche interviste rilasciate sembra sempre mantenere lo spirito genuino – quasi infantile – di prendere sul serio anche una frase buttata lì, magari senza pensarci troppo, ci tiene a precisare che beh, quella invece è proprio una giocata alla Bastoni. Tra una risata e l’altra, Basto spiega che con Conte uno sviluppo come quello l’hanno provato spesso in allenamento e che è assolutamente nelle sue corde. Nelle prime tre stagioni all’Inter il numero 95 ha dimostrato che quella del lancio lungo è una delle diverse frecce al suo arco, che potrebbe arricchirsi sempre più col passare degli anni.
In un campionato come la Serie A, che, tranne sporadiche eccezioni, ha perso le grandi individualità e paga ancora lo scotto rispetto ai giganti europei come Premier e Bundesliga a livello di ritmi di gioco, le novità tattiche sono diventate un aspetto fondamentale per risalire la china mattone dopo mattone. Uno degli aspetti usati e abusati, nell’ultimo decennio, è stato proprio quello della difesa a 3, che man mano ha fatto sempre più capolino nelle impostazioni di più mister e squadre italiane. I capostipiti di questo modo di giocare ad alto livello sono stati, senza dubbio, Antonio Conte e Gian Piero Gasperini, questo per rimanere al passato più recente (andando più indietro, si potrebbero fare i nomi di Nevio Scala e Alberto Malesani). Il primo trovò questa chiave di volta dopo una decina di partite giocate col suo 4-2-4 al primo anno di Juventus (famosa la trasferta di Napoli in questo senso) per far coesistere Bonucci, Barzagli e Chiellini nella stessa formazione; il secondo ha raccontato di aver preso ispirazione dall’Ajax di Louis van Gaal per contrastare gli attacchi a due avversari. In una vecchia intervista alla Gazzetta dello Sport, il Gasp ha spiegato benefici e utilizzi di uno schieramento come il suo:
Mi convince quando giochiamo contro due punte. È questione di avvio dell’azione, perché io voglio i difensori larghi. Almeno uno dei due laterali è un ex terzino, come Antonini o Marchese. Gli ex terzini sono migliori nell’impostazione, hanno l’anticipo, sono più bravi nelle uscite.
Sempre più espanso negli ultimi anni in Serie A, anche grazie all’approdo nel massimo campionato di “discepoli” del tecnico di Grugliasco e di quello salentino, questo modo di giocare, sia in maniera più classica che ibrida, è oggi molto diffuso e apprezzato in quanto ritenuto ideale per la copertura degli spazi sia in ampiezza che in verticale, ma anche per una miglior copertura difensiva preventiva (a riguardo, va consigliato questo esaustivo articolo di recente pubblicazione ad opera di Dario Pergolizzi). Per ripercorrere la carriera di Bastoni, è di semplice intuizione capire perché l’excursus storico si renda necessario: Gasperini e Conte sono stati gli allenatori più importanti della sua carriera da calciatore professionista. Entrambi i tecnici, come già spiegato, hanno fatto della retroguardia a 3 il loro credo; entrambi hanno forgiato lo stile di gioco del classe 1999, rendendolo un elemento unico e prezioso per il calcio italiano.
Blessed by Conte
Da Conte e Gasperini, Bastoni ha appreso prima di tutto le sue potenzialità e la sua unicità come arma offensiva per la squadra. In tutta la sua carriera, Primavera della Dea inclusa, se si esclude la stagione al Parma (la sua prima come titolare in A) Bastoni ha praticamente giocato sempre da laterale sinistro di una difesa a 3. Qui deve arrivare il primo distinguo, nonché il primo patto lessicale per tutto l’articolo (e non solo): sebbene nominalmente Bastoni sia un difensore centrale, o “braccetto” di sinistra, come termine oramai vidimato per chi gioca ai lati di una retroguardia a tre uomini, il termine più giusto dovrebbe essere, per una questione storiografica, tecnica e “geografica”, quello di terzino.
Storiografica, perché nel Sistema utilizzato da Herbert Chapman all’Arsenal, una sorta di 3-4-3 ante litteram (o qualcosa di simile) i giocatori ai lati dello stopper della difesa erano definiti proprio terzini, essendo essi i terzi della difesa; tecnica, perché i compiti del terzo di difesa odierno ricalcano proprio quelli del classico terzino di una difesa a 4, nella conduzione palla, anche alle volte nel dribbling per saltare la pressione avversaria e nell’utilizzo dei cross; infine, si consideri che le mattonelle occupate dal terzo di difesa sono le stesse del terzino oggi propriamente detto. Di conseguenza, si definiranno esterni, tornanti, o addirittura ali (sempre per una ragione prettamente storica: le ali erano gli esterni che giocavano sul piede forte, esattamente come un esterno a 5) i giocatori che occupano (in una prima fase) l’ampiezza in uno schieramento del genere.
Sgombrato il campo da eventuali equivoci di tale carattere, possiamo passare all’analisi di uno degli elementi più peculiari oggi presenti in Serie A. Arrivato all’Inter dopo una stagione, quella già nominata di Parma, in cui lo si è visto difendere all’interno di un blocco basso, tipico delle lunghe fasi di difesa posizionale di D’Aversa, all’Inter Bastoni si è dovuto subito confrontare con un livello più alto e un allenatore esigente come Conte. Dopo averlo tenuto in naftalina per qualche incontro, il mister salentino fa esordire l’allora 20enne con la maglia della Beneamata in un Sampdoria-Inter vittorioso in cui Basto dimostra subito le sue qualità: già ben coinvolto nel possesso, con 47 passaggi su 56 riusciti e 6 salvataggi. Al termine di quella partita, Conte fu subito chiaro:
Bastoni ce lo ha chiesto mezza Serie A, io mi sono opposto al prestito. Ci voglio lavorare, ho visto potenzialità in campo ma non solo. Sarà il futuro, ma rappresenta il presente.
Nella partita successiva, le primissime certezze create rischiano già di vacillare: contro la Juventus subentra a mezz’ora dalla fine in luogo di Godin e si perde clamorosamente Higuaín sul secondo gol dei bianconeri. Qualche critica arriva, ma sia il ragazzo che Conte, entrambi figure di una certa personalità (sebbene espressa in maniera molto diversa), non si fanno destabilizzare. La fiducia profusa sortisce i suoi effetti: progressivamente Conte si affida sempre più a lui nel ruolo di terzino sinistro, una posizione praticamente scoperta nello scacchiere tattico nerazzurro, non avendo in rosa – oltre al ragazzo di Castelmaggiore – un altro elemento mancino. Il suo peso e il suo valore è evidenziato, ancor prima che dai dati o da alcuni numeri in campo, dal peso delle esclusioni: con de Vrij perno centrale nel suo primo, sul centrodestra Antonio Conte deve scegliere uno tra Škriniar e Godin, facendo accomodare più volte in panchina lo slovacco, per cui a un certo punto si parlerà anche di cessione (non arrivata, poi; un po’ a sorpresa, a partire fu l’uruguagio).
Tra gli highlights della stagione di Bastoni lo stupendo lancio a Lukaku in occasione della rete del vantaggio contro il Getafe nei quarti di Europa League, la sua prima partita da titolare nelle coppe europee (prima di allora, solo 14 minuti contro il Ludogorets appena prima dello stop dei campionati). Più in generale, la fase finale di UEL giocata da Bastoni è di quelle che non lasciano dubbi sul futuro e sull’importanza all’interno dello scacchiere tattico interista.
Più soluzioni offensive, più imprevedibilità
La qualità nel gioco lungo di Bastoni è uno degli aspetti più appariscenti del suo gioco, di sicuro uno di quelli mutuati da Conte. Soprattutto nella seconda annata a San Siro, quella che ha portato allo scudetto al termine della stagione, una prima circolazione palla ragionata e prolungata, ma fulminea nel ribaltare il fronte al momento giusto, è stata fondamentale per portare gli avversari nella propria metà campo e poi bruciarli dall’altro lato con le repentine accelerate dei vari Barella, Lukaku e Hakimi. Da alcune connessioni con alcuni di questi calciatori si nota come la tecnica di base di Bastoni è quella di un difensore d’élite: ha un calcio secco e preciso, che lo rende difficile da leggere pur senza essere troppo creativo; riesce a trovare spesso i compagni con soluzioni lunghe sia sul binario, come quella citata a Lukaku, sia a tagliare il campo, come nel gol di Barella alla Juventus. Anche nei cross per la testa dei compagni il suo mancino è chirurgico (basti vedere il pallone servito a Škriniar in Inter-Lazio).
Nel terzetto interista, il nativo di Castelmaggiore è stato il più incisivo sotto questo aspetto: coinvolto praticamente quanto Škriniar sia a livello di moli (70,5 passaggi tentati per 90 minuti l’ex Atalanta, 71 per l’ex Sampdoria) che di “peso” del passaggio (3,85 passaggi progressivi p90 il primo, 3,95 il secondo) ma più presente nella metà campo avversaria, con 5,08 passaggi nell’ultimo terzo avversario a fronte dei 4,24 di Škriniar. Questo numero porta a riflettere sull’altro aspetto elitario del gioco col pallone di Bastoni, che risale ai suoi trascorsi bergamaschi: la qualità in conduzione palla. Con Brozović che spesso scende sulla linea dei centrali per gestire il primo possesso accanto a de Vrij da Handanovič, i due terzini si allargano fino alla linea laterale, ma quello più indiziato a ricevere passaggi progressivi è proprio Bastoni: ne riceve 1,05 a partita, 98° percentile del ruolo in Europa. Recapitata la palla ai suoi piedi, il numero 95 sa rendersi utile in più modi: giochi di gambe utili a superare il diretto avversario (è arrivato a 3 tunnel riusciti questa stagione), continui fraseggi con i dirimpettai di zona Perišić e Çalhanoğlu, movimenti senza palla a rilanciare l’azione anche nell’area di rigore avversaria (anche qui, retaggio atalantino).
Bastoni è uno dei difensori più influenti d’Europa nella metà avversaria: somma 10,63 tocchi p90 nell’ultimo terzo di campo (98° percentile), 5,17 conduzioni progressive, di cui 1,32 nella trequarti avversaria (93° percentile per entrambi). Con un calciatore sempre pericoloso con la palla quale Bastoni, Perišić può attaccare con più efficacia la profondità, sia perché sa compensare e leggere benissimo i suoi movimenti, sia per la sua imprevedibilità. I due hanno una chimica perfetta: assieme al sopraccitato Çalhanoğlu e a Džeko, che spesso si appoggia sul lato sinistro per far progredire l’azione, l’italiano e il croato compongono il lato forte dell’Inter e alternano perfettamente i movimenti di underlapping e overlapping dove si sovraccarica per arrivare alla conclusione dal lato opposto (dinamica che si verificava quando al posto del trequartista turco v’era Eriksen e Hakimi occupava le zone di campo attualmente pestate da Dumfries o Darmian, forse in maniera anche più accentuata).
Arrivato all’Inter la scorsa estate, Simone Inzaghi ha trovato in lui pane per i suoi denti: dopo aver trasformato Acerbi in un calciatore molto più propositivo e utile anche nella metà campo avversaria, dirottandolo più spesso dal ruolo di perno a quello di terzo a sinistra, un elemento come Bastoni è stato la continuazione ideale del suo progetto tecnico difensivo. Offensivamente, dunque, c’è poco da appuntare a Bastoni; certo, sarebbe interessante vedere più spesso concluderlo direttamente in porta, visto ciò che ha dimostrato di poter fare contro la Lazio.
Un difendente di tutto rispetto
Detto del Bastoni propenso verso la metà campo avversaria, c’è anche un Bastoni difensore più che discreto, forse anche un po’ sottovalutato. A dispetto del classico stereotipo del difensore moderno e soprattutto nonostante un’invidiabile struttura fisica, il difensore cresciuto nella Dea non è un calciatore esplosivo e particolarmente abile nell’anticipo; è anche vero che un atteggiamento del genere, per quanto da un lato sia caratteristica innata (basti vedere Federico Gatti), dall’altro può essere allenato e stimolato, mentre invece, se si esclude l’Atalanta (dove, comunque, non è sceso più di tanto in campo, fattore che in questo senso fa la differenza), Bastoni ha sempre giocato in sistemi mai troppo aggressivi sul pallone. D’altro canto, però, il difensore dell’Inter è piuttosto abile nella lettura delle intenzioni degli avversari, il che lo aiuta in questo fondamentale (e, di riflesso, anche in fase di difesa più bassa); i suoi numeri di pressing p90 sono abbastanza nella media, ma è 8° in Serie A per % di pressing riusciti (in un campionato, a dirla tutta, dove non si pressa da forsennati).
Nella sua trequarti di campo, Bastoni è un difensore utilissimo alla causa. Difficilmente si fa saltare negli 1 contro 1 secchi; in più, uno dei pregi inaspettati rispetto alle sue caratteristiche offensive è quello di un eccellente senso della posizione: nonostante la propulsione offensiva, raramente il cremonese fa trovare la sua zona di campo scoperta, evitando di concedere campo alle folate avversarie. Anche dal punto di vista aereo, Bastoni è un calciatore piuttosto nella norma, se non mediocre; nei prossimi anni, l’obiettivo primario sarà quello di sviluppare meglio le componenti atletiche del suo gioco.
Per lo sviluppo definitivo delle sue capacità difensive, probabilmente, ci sono due direzioni ugualmente interessanti: renderlo uno specialista nel ruolo di terzino sinistro, migliorando sensibilmente però le suddette qualità in anticipo (che possono essere esaltate dalla sua spiccata intelligenza tattica), oppure spostarlo al centro della stessa retroguardia a 3. In questo senso, una partita utile per lo studio di questa ipotesi può essere lo 0-2 dello scorso novembre al “Penzo” di Venezia, quando, in assenza di de Vrij, Bastoni ha occupato la zolla di campo di proprietà dell’olandese (con Dimarco terzino sinistro), in maniera precisa e pulita ma con la sua personale interpretazione: dialoghi sul corto, qualche prova di conduzione (sebbene più sparuta) e soprattutto movimenti senza palla a portar via la punta avversaria per far progredire la squadra e abbassare l’intensità della pressione nemica.
Non c’è dubbio che, soprattutto negli aspetti difensivi, Bastoni abbia ampissimi margini di miglioramento (lui stesso ne è consapevole); in questo senso, sarebbe intrigante poterlo vedere, anche non nel futuro più immediato, in una squadra estera tra le migliori del mondo. Due squadre tagliate su misura per lui, per motivi diversi, potrebbero essere Real Madrid e Manchester City; sarebbe interessante vedere uno dei calciatori più importanti per il futuro italiano misurarsi con contesti ancor più competitivi, magari schierato all’interno di una difesa a 4 come centrale sinistro. In ogni caso, il suo legame con la maglia dell’Inter è più solido che mai: il Biscione lo ha prelevato in giovanissima età e, dopo il giusto periodo di apprendistato, gli ha dato fiducia ad occhi chiusi.
La sua crescita e definitiva maturazione è la chiave di volta del futuro difensivo italiano: se tra i pali con Donnarumma (e Carnesecchi che spinge) il futuro è garantito per i prossimi 15 anni, in difesa si sono susseguite una serie di promesse finora non mantenute, quantomeno in parte, come Rugani, Romagnoli, Caldara e Gianluca Mancini: difensori diversissimi tra loro, che ad un certo punto erano stati consacrati come eredi eletti della scuola difensiva italiana, ma che hanno deluso le aspettative su tutta la linea, per discontinuità chi tecnica chi fisica. Già oggi Bastoni ha raggiunto un livello molto più alto di tutti i precedenti: campione d’Italia da protagonista assoluto, pilastro di una delle squadre tecnicamente più consapevoli degli ultimi anni, leader pacato e silenzioso, nato per questo.
Toccherà ora al ct Roberto Mancini integrarlo al meglio nell’undici titolare della nazionale; compito non semplice, dovendo stazionare da centrale sinistro proprio sul lato del terzino “sganciato” degli Azzurri (che sia Spinazzola, Emerson Palmieri o magari lo stesso Dimarco): tante responsabilità individuali, soprattutto a campo aperto e in area di rigore, non semplici da ereditare da una colonna come Giorgio Chiellini. Dovendo ricostruire un reparto come quello difensivo, che attraverserà presto un ricambio generazionale abbastanza netto (i due centrali juventini, ma anche Acerbi, sono vicini all’addio) la scelta migliore sarebbe quella di costruire i princìpi difensivi partendo dalle caratteristiche del difensore che sarà la pietra angolare del prossimo ciclo.
Alessandro Bastoni come modello tecnico futuro
Oggi Bastoni è un animale strano, complesso e difficile da ingabbiare in qualche tipologia di difensore, sebbene rimanga un calciatore con un’evidente propensione, che però andrebbe incanalata all’interno di un sistema che lo renda protagonista anche da difensore puro. Non bisogna snaturarlo costringendolo a recuperi profondi, perché non è quella la sua natura: sul lungo è più o meno compassato, ma le lunghe leve gli permettono di arrivare anche sui palloni più lontani. Certo, una sua evoluzione in un difensore a 360°, in una dimensione più europea della concezione del ruolo, può e deve essere una stella polare per il movimento italiano. Da parte sua, il desiderio di espandere gli orizzonti calcistici non manca: ascoltandolo nelle poche uscite extra-campo, si può notare un ragazzo concentrato sul campo, con una passione quasi totalizzante per il mondo dello sport (se non fosse diventato calciatore, avrebbe scelto educazione fisica; segue tanto basket, alla Play gioca solo a FIFA e NBA 2K).
🏆 | TOURNAMENT
FIFA 22 PLAYER TOURNAMENT with @DenzelJMD2, @hakanc10, @FDimarco and Alessandro #Bastoni ⚫️🔵
Who's the best at #FIFA22? 🎮 @EASPORTSFIFA @EA_FIFA_Italia pic.twitter.com/HQMv4TwJt0— Inter 🏆🇮🇹 (@Inter_en) March 17, 2022
Tra i suoi riferimenti cita calciatori con una spiccata cattiveria agonistica come Materazzi, Samuel e Sergio Ramos; un contrasto abbastanza strano, se si considera il suo stile placido (ma non molle) in campo. Probabilmente, anzi sicuramente, Bastoni sa meglio di chiunque altro cosa bolle in pentola per la sua crescita calcistica; del resto, la sua consapevolezza – calcistica, ma non solo – non si discute.