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Cesare Milanti

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Ci sono feste natalizie avvolte nella confusione, nel trambusto di accontentare tutti coloro che si siedono a tavola. Ci sono anni, invece, in cui questo – per forza di cose – non può accadere: lo sappiamo bene. Una volta ci sono stati auguri diversi, in tutto e per tutto. Se li scambiarono durante un cessate il fuoco. Fu la Tregua di Natale.

L’Italia conta i danni all’indomani del conflitto mondiale – il secondo in una quarantina d’anni – che ha lacerato il Vecchio Continente, e non solo. Siede al tavolo dei vinti, almeno in apparenza. L’interruzione dei combattimenti riporta una strana spensieratezza, come quelle che non si vivevano ormai da diverse stagioni. C’è un caso irrisolto, però: si tratta di Trieste, trainata anche dalla propria compagine calcistica. È la Triestina, traino per la rinascita sull’Adriatico.

Quando eravamo alla Fiorentina, vedevamo che Luca Toni, dopo ogni gol (ed erano tanti), esultava portando la mano alle orecchie. Sembrava spremesse un’arancia, in realtà la sua celebrazione rimandava ad un semplice “Mi sentite?“, rivolto alla Fiesole. Il pallone in rete, però, non solo si sente, ma soprattutto si vede. Così, Pazzini prese una particolare abitudine.

Nell’estate 1992, in Catalogna, faceva parecchio caldo. Beh, affacciata sul Mediterraneo, il sole splende: sarebbe strano il contrario, no? Certamente, domanda lecita. Ma non si tratta di clima e/o temperature all’esterno: faceva caldo al Palau d’Esports, costruito appositamente per ospitare la pallacanestro alle Olimpiadi di quell’anno, l’8 agosto. Toni Kukoc dovrebbe aver ancora ben presente la finale del torneo.

La storia di Aritz Aduriz è nota ai più, perlomeno se questi ultimi sono principalmente legati al panorama calcistico iberico. Ancora meglio, come ci si può immaginare, se restringiamo il cerchio ai Paesi Baschi, da San Sebastian (dove tutto sembrava indirizzarlo) a Bilbao (dove si è consacrato). La stagione 2019/2020 è stata la sua ultima in maglia biancorossa, conclusa anticipatamente a causa della pandemia. Non se lo sarebbe mai immaginato, considerando com’era iniziata nell’agosto precedente.

Calcio e musica: due dimensioni differenti, ma neanche così troppo. La cultura popolare, infatti, si è intrisa nel corso degli anni di rime sul manto erboso o di goal nel sette da colonna sonora. In Sardegna, c’è chi non può fare a meno di entrambe le cose: dal rap alla telecronaca, passando alla narrazione, i 4/4 ed il pallone sono il pane quotidiano di Marcello Scano, in arte En?gma.

Caspar David Friedrich aveva deciso di raffigurare il romanticismo con un viandante in olio su tela che osserva una sconfinata distesa di nebbia, dalla quale emergono svariate rocce appuntite. Un’immagine immortale, un po’ come quella delle onde che si abbattono sugli scogli, magari mentre cala il sole. Quest’ultima diapositiva la si può osservare quotidianamente in una città sì bagnata dal mare, ma al contempo accesa da una rivalità calcistica dalle mille sfaccettature. Benvenuti a Genova.

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