Chi convive con un gatto lo sa. Ora sonnecchia beato accartocciato sul letto, con l’aria appagata di chi sogna una cascata di crocchette al salmone, un secondo dopo è in cima all’armadio in camera da letto, quasi a ricordarti chi è che comanda in casa. Prepara agguati a elastici dimenticati sul tavolo o a insetti arrampicati alla finestra con la sagacia tattica di un assaltatore delle forze speciali, quindi gigioneggia pancia all’aria con lo sguardo in equilibrio fra il docile e lo scemo del villaggio, alla ricerca di attenzioni umane. Il gatto ha un’idea tutta sua dei limiti. L’altezza? Nulla di insuperabile con un balzo o con un’arrampicata ad artigli nudi. I riflessi? Tempi di risposta prossimi allo zero. La vita? Non una, ma sette.
Vizi e sregolatezza, unicità nel terreno di gioco. Dualismo esistenziale dentro e fuori dal campo, scegliete pure dove andasse meglio Romario de Souza Faria.
9 dicembre 1989. Per i fedeli seguaci di Eupalla, la somma divinità del calcio creata dalla penna di Gianni Brera, è l’1 avanti Italia ’90. Un lungo conto alla rovescia, scandito da 34 domeniche d’avvento celebrate dal rauco eloquio di Sandro Ciotti in radio, dal rassicurante sorriso di Paolo Valenti a Novantesimo Minuto e dall’atmosfera da bar, fra sfottò e storpiature linguistiche, messa in scena da Aldo Biscardi al Processo. Epica e provincialismo, bon ton e sberleffo. Sospeso, quel calcio, come la musica che gira intorno, per dirla con Ivano Fossati. E che musica.