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Lorenzo Masi

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Da continente campione del mondo a difficile realtà per via delle problematiche socio-politiche degli ultimi anni, il Sudamerica riabbraccia con l’autunno la Copa Libertadores, massima espressione per club e competizione da sempre commistione di colossi mitologici e storie speciali. Aspetti che la rendono ancora e nonostante tutto una delle coppe più affascinanti del globo, in cui la sorpresa riesce ad essere dietro l’angolo nonostante un ormai atavico dualismo Argentina-Brasile, causato in parte dalla decadenza economica dei paesi limitrofi. Andiamo a scoprire insieme i gironi che partiranno questa notte, le papabili favorite e le novità di un torneo da sempre fonte di talento per scrittori, amanti del fútbol e addetti ai lavori.

A poche settimane dall’esonero di Gennaro Gattuso, vittima sacrificale numero 12 negli ultimi 9 anni, le speranze del Valencia Club de Fútbol di rimanere in Liga ed evitare una rovinosa retrocessione sono al lumicino. Tanto da affidarsi, in un momento di crisi societaria e identitaria, ad una leggenda come Rubén Baraja Vegas, uno dei calciatori più vincenti della storia del club. Riuscirà il Pipo, grazie alla sua conoscenza del posto e alle sue idee come allenatore, a risollevare le sorti di un club in decadenza?

A 29 anni appena compiuti, Luis Ezequiel Ávila, in arte il Chimy, attaccante argentino dell’Osasuna, sembra aver ritrovato lo smalto che un paio di anni fa lo aveva reso uno degli attaccanti sorpresa della Liga, cercato e corteggiato da Barcellona e Atletico Madrid. Lui che, dopo una vita di stenti e la sensazione che il sogno del calcio fosse ormai sfuggito, ha saputo ritrovarsi in Spagna quando la madrepatria lo aveva dimenticato. Superando le difficoltà economiche prima e quelle fisiche dopo due gravi infortunio tra 2020 e 2021 che rischiavano di frenare, bruscamente e prematuramente, lo slancio finale verso la gloria.

Tre volte in svantaggio, tre volte capace di rimontare il Barcellona con una serata storica per Oriol Soldevila, ma terminando il cammino in Copa del Rey a soli 17 minuti da quella che sarebbe stata una storica batteria di rigori contro i blaugrana, salvati dal 3-4 di Ansu Fati al minuto 103 del sedicesimo di finale. Si tratta dell’incredibile storia del Club de Fútbol Intercity, piccola compagine di Alicante che ha scalato rapidamente i campionati dilettantistici in 5 anni per trovarsi oggi in Primera Federación, la nostra Serie C. Oltre ad aver riempito un vuoto decennale in Costa Blanca, i dirigenti di questa nuova realtà vogliono dimostrare come ci siano nuove idee di fare calcio e gestire una società non ancora scoperte o messe alla prova da tutti, un po’ per paura delle conseguenze e un po’ per l’atavica concezione che nel calcio, chi resta ancorato alla tradizione, spesso salva la pelle.

L’Argentina è un paese fantastico: il giusto mix tra l’esotico sudamerica e il calore dei costumi mediterranei. Come i mediterranei però, anche gli argentini hanno imparato a complicarsi le cose: pur restando ancorato ad alcuni crismi identitari, che lo rendono “speciale” per alcuni e arretrato per altri, il calcio soffre di contraddizioni e paradossi. Gli stessi che vedranno il Club Atletico Patronato partecipare alla Copa Libertadores 2023 dopo un trionfo storico in Copa Argentina pur dovendo disputare, a causa della retrocessione da “promedio“, il campionato di Primera B Nacional, la cadetteria argentina.

Can Barça è una casa molto grande. A volte però, più grande è la casa più risulta difficile per chi ci abita prendere le giuste decisioni. E capita che, nonostante i mezzi e le strutture, si commettano degli errori

Basterebbe questa citazione da un articolo di El9Cat dal titolo “la difficoltà di essere profeti in casa propria” per riassumere la situazione che Ferran Jutglà sta vivendo dopo l’esuberante cambio di casacca che lo ha portato dal Barcellona al Club Brugge. E che lo sta facendo diventare in maniera prematura e univoca uno dei più grandi rimpianti della storia recente del club catalano.

Divisivo, sui generis, ossessivo e sempre chiacchierato: Jorge Sampaoli non è un allenatore qualunque né possiede una personalità banale. Dagli aneddoti cileni sino alle sfuriate marsigliesi, l’ormai neo allenatore del Siviglia torna in Andalusia dopo una parentesi positiva nella stagione 2016-2017, conclusasi però con un brusco addio per dire si alla nazionale argentina. Quasi sei anni dopo, e con un club che rivede gli spettri della retrocessione del ventennio passato, a Sampaoli viene chiesto per la prima volta in carriera di ritornare in una squadra. Riuscirà nell’impresa o sarà affossato da quel mix di estrosità e pressione da cui a volte non è riuscito a liberarsi?

Sangolquí, Rey de Copas, José Terán. Sono parole che rappresentano la triade fondante del Club de Alto Rendimiento Especializado Independiente del Valle, fiore all’occhiello del calcio ecuadoriano degli ultimi sei anni. Il club, promosso nel 2010 in prima divisione e storicamente finalista di Copa Libertadores nel 2016, si è consolidato negli anni come una delle più importanti fucine di talenti del sudamerica ma non solo. Arricchendo il gran lavoro di formazione con una Sudamericana nel 2019 e un primo storico campionato nazionale nel 2021. Quest’anno, dopo una spettacolare cavalcata, l’Independiente vuole riprovarci: perché il primo ottobre, a Córdoba, si giocherà propria la finale di Copa Sudamericana che vedrà opposto il Tornado al San Paolo. L’ennesima occasione per fare, ancora una volta, la storia.

Dopo 83 anni d’assenza, e nella sua seconda storica presenza in prima divisione, il Casa Pia Atlético Clube ha ritrovato i piani alti del calcio portoghese. Ergendosi a terza forza capitolina e tornando a far conoscere, ai più giovani, la storia centenaria che nel 1920 aveva portato un gruppo di ex orfanelli a fondare un club già in auge dal 1893. Trasformandosi sì negli anni, con una nuova proprietà e una solida idea di sviluppo, ma rimanendo sempre e comunque attaccato ai valori e la tradizione di un club unico nel suo genere e nella sua costruzione. 

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