Il triplice fischio di Italia-Macedonia ha dato il via al grande processo al calcio italiano. Sul banco degli imputati sono finiti tutti, non solo Roberto Mancini e i suoi convocati. Alle squadre di Serie A, ad esempio, è stata rimproverata la scelta di non puntare sui giovani talenti made in Italy. Il vizio condiviso anche a livello giovanile è quello di non investire per coltivare i calciatori azzurri, ma andare a pescare qua e là da altre nazioni, ancora meglio se a buon mercato. Una strategia discutibile che ha palesemente impoverito il nostro movimento, eppure fa gola ad altre federazioni.
Chelsea-Liverpool, uno dei grandi classici del calcio inglese riproposto in versione “finale di League Cup“. Sono tante le possibili letture di questo match, come ad esempio la sfida tutta tedesca in panchina tra Thomas Tuchel e Jürgen Klopp, ma stavolta preferiamo concentrarci su un singolo: el Fideo Luis Díaz.
Quella di domenica scorsa a San Siro è stata una doppia sberla: non solo la prima sconfitta stagionale per mano dell’Inter di Simone Inzaghi, ma anche il grave infortunio che terrà fuori per mesi Victor Osimhen. Il Napoli è chiamato a reagire immediatamente per non buttare al vento il vantaggio conquistato col sudore in questo avvio di campionato. Il destino vuole che sulla sua strada ci sia un allenatore che prima si è fatto amare e poi odiare dalla città di Napoli: Maurizio Sarri.
L’inizio di stagione di Federico Dimarco è stato protagonista di un buon inizio di stagione che gli è valso la prima chiamata azzurra e una marea di contenuti dedicati sui social, dove spesso e volentieri la gente storpia il suo nome. Quello stesso nome che ad Appiano Gentile girava già da un bel po’, dal lontano 2004 quando era ancora un bambino. Per gli addetti ai lavori non c’erano dubbi sul suo futuro in nerazzurro, ma va detto che di tempo ce n’è voluto forse più del previsto.
Chi conosce la Spagna lo sa: il Clásico non è solo una partita di calcio. Ogni volta che Barcellona e Real Madrid scendono in campo per affrontarsi trascinano con loro un’eterno conflitto fatto sì di sport, ma anche di politica. E per tanti anni è stato anche il match che metteva l’uno contro l’altro i due più grandi giocatori di questo millennio. Ora che di GOAT non è rimasta neanche l’ombra, nuovi profili provano a prendersi la scena. Tra questi, Gavi.
“Chi è Kelvin Yeboah?“, “Il nipote di Tony fa gol per gli azzurri“, “Kelvin Yeboah, da sconosciuto a nuovo bomber dell’Italia“…
Dopo l’esordio con l’U21 di Paolo Nicolato, il nome di Kelvin Yeboah è diventato di tendenza: ne hanno parlato tutti i portali d’informazione, come fosse una sorpresa vederlo vestire la maglia azzurra. In realtà Yeboah non si è mai nascosto. Che noi guardavamo altrove è un altro discorso.
In Italia, da qualche anno a questa parte, funziona così: appena un giovane talento fa capolino dalla Primavera viene additato come “il nuovo ...” o “la reincarnazione di …“, finendo per creare aspettative troppo gravose per chiunque che poi, alle prime difficoltà, si divorano il ragazzo e la sua reputazione. Quello che spesso si ignora è che i talenti vanno coltivati. Ci vuole tempo. Quanto? Vorrebbe tanto saperlo anche Sebastiano Esposito.
Di un certo Gianluca Busio in orbita Serie A si parlava ormai da qualche mese, con prima l’interessamento del Sassuolo e poi quello del Venezia neopromosso. Quello che conta, però, è che quell’uccellino dalla spunta blu di Fabrizio Romano ha cantato: tutto fatto, Busio giocherà in laguna.
Perché amiamo il calcio? Perché al calcio piace scrivere storie, creare personaggi e consegnarli all’eternità. Daniele De Rossi è uno di questi: capopopolo della Roma giallorossa ed eroe della Nazionale italiana, icona romantica trapiantata nel calcio moderno al quale ormai ci siamo nostalgicamente arresi.
Arshavin è stato uno dei più grandi talenti passati per l’Arsenal e non dirò mai che è stato un flop. Ce ne sono stati di giocatori strapagati, anche molto più di lui, che se ne sono andati senza dimostrare niente. Andrey invece ha segnato e ha dato tutto sé stesso per questa squadra. Tutto tranne la corsa, è vero, quello non lo faceva neanche quando Wenger gli urlava contro.