Sei giornate al termine, sette punti di vantaggio sul Porto, prima delle inseguitrici in classifica, ma che in serata potrebbero diventare quattro in caso di vittoria dei biancoblu. Lo Sporting Lisbona, dopo aver scritto negli ultimi anni forse le pagine più brutte della propria storia recente, sembra più vicino che mai alla conquista di un titolo che manca ormai da troppo tempo. Un ipotetico traguardo che non sarebbe mai stato possibile raggiungere senza il mix di idee, giovani e bel gioco messi insieme da Ruben Amorim sin dal momento del suo arrivo a Lisbona, ingredienti alla base di una ricetta (per il momento) vincente tutta da scoprire.
29 anni da compiere ad agosto, gran parte dei quali passati con una palla al piede, di cui ormai dieci da professionista e quasi sempre passati in sordina. Dalle campagne olandesi ai massimi livelli dell’Eredevisie, fino all’approdo in Bundesliga, con una sola grande costante: il gol. Questa volta, dopo una carriera in cui è spesso passato inosservato, le reti potrebbero finalmente valere a Wout Weghorst la giusta attenzione, oltre che il palcoscenico più importante di tutti.
Di padre in figlio. Di figli d’arte, all’interno del mondo calcio, se ne son visti tanti, forse come in nessun altro sport. Un’eredità spesso ingombrante da caricarsi sul groppone, di cui non tutti sono poi riusciti a sorreggere il peso, e dal cui carico non è di certo esente Jordan Larsson. Dopo qualche stagione di assestamento, il primogenito dell’ex Barcellona sta ora facendo finalmente sfoggio di tutto il suo potenziale con la maglia dello Spartak Mosca, dimostrando a tutti di non essere solo il figlio di Henrik.
Centoquindici milioni di euro. Sarebbe dovuto essere l’uomo da cui ripartire, quello da mettere al centro del progetto e grazie al quale porre le basi per dare il via ad un nuovo ciclo vincente per il Real Madrid. A quasi due anni dall’approdo di Hazard al Santiago Bernabeu, le premesse purtroppo sono rimaste tali. Una serie di infortuni succedutisi l’un l’altro hanno tenuto il fuoriclasse belga costantemente fuori dal campo, in un’escalation che ormai sembra aver assunto connotati a dir poco assurdi, e con sullo sfondo il serio pericolo di poter aver perso per sempre uno dei migliori giocatori della sua generazione.
Ricordo che da bambino sentivo spesso mio nonno dire “Roma per grandezza, Napoli per bellezza”. Con il passare degli anni, ho scoperto fosse un detto spesso rigirato a proprio vantaggio a seconda delle parti in causa e di chi lo pronunciasse, ma per il sottoscritto ha sempre rappresentato una salda convinzione sin dall’infanzia. Una convinzione che poi ha avuto la sua definitiva conferma una volta conosciuta, o almeno in parte, quella città.
La capitolazione anticipata di Mojica e Depaoli ha costretto l’Atalanta a tornare sul mercato in cerca di un nuovo esterno per colmare lo spazio di rincalzo alle spalle dei laterali titolari. Una ricerca che ha poi condotto all’acquisto dal Genk del classe ’97 Joakim Maehle. Arrivato come l’ennesimo oggetto misterioso portato a Bergamo da Sartori, il terzino danese si è ritrovato man mano ad essere sempre più spesso inserito nella lista dei titolari – complice l’infortunio di Hateboer – fino alla possibilità di diventare una delle armi chiave nella sfida di stasera al Real Madrid. Un rendimento fin qui sì sorprendente, ma neanche poi troppo.
Sessantuno anni oggi per Jorge Luis Antonio Sampaoli Moya, meglio noto a tutti come Jorge Sampaoli. Un’intera carriera passata da una costa all’altra del Sudamerica, dai campi di provincia ai grandi palcoscenici continentali, fino alla consacrazione a livello globale grazie ai trionfi conseguiti con la nazionale cilena e alla meno fortunata esperienza con l’Albiceleste. Nel mezzo la traversata oltreoceano per approdare per la prima volta in Europa, un matrimonio iniziato per il verso giusto e poi conclusosi in tutt’altra maniera, anche per via dell’opportunità Argentina.
In serata andrà in scena il ritorno degli ottavi di Champions League che vedrà opporsi Liverpool e Lipsia, nella competizione che, data la vittoria per 2-0 dell’andata, rappresenta attualmente l’unico raggio di luce rimasto nell’ombroso momento che stanno attraversando gli uomini di Klopp. Sei sconfitte nelle ultime sette partite di campionato, e altrettante negli ultimi sei match disputati tra le mura amiche di Anfield – record negativo nella storia del club – con una classifica che sta assumendo connotati piuttosto preoccupanti. Un periodo di crisi meritevole di un’occhiata tutt’altro che superficiale.
Giunto ormai al giro di boa che sancirà definitivamente vincitori e vinti, il campionato di Serie B appare al suo solito come un avvicendarsi di eventi e fenomeni cui appare impossibile trovare un senso logico. Pertanto sembra quantomeno doveroso fare un quadro della situazione e cercare di comprendere, almeno in parte, le arcane leggi che regolano questo mondo apparentemente dai connotati mitologici.
23 febbraio 2021. Una data che i tifosi biancocelesti attendevano trepidamente ormai da mesi. Una partita su di un palcoscenico che bramavano da anni, vogliosi di riviverne le emozioni. Stasera gli uomini di Inzaghi si apprestano ad affrontare il Bayern Monaco campione in carica, con la Lazio che torna a giocare la seconda fase della Champions League a vent’anni di distanza dall’ultima volta. Anni in cui i capitolini ne hanno vissute tante, alternando momenti belli e brutti, ma che hanno inevitabilmente scritto pagine importanti della storia laziale. Doveroso volgere uno sguardo al percorso che ha portato i biancocelesti a raggiungere questo traguardo.