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Nicola Boccia

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Nel nostro ultimo tour ci siamo spinti oltreoceano, sulle coste del Brasile, al Maracana. Quest’oggi, con la tappa al Luigi Ferraris, facciamo ritorno nella penisola nostrana, in una città che con il Sudamerica ha un forte legame, e in particolare con l’Argentina. Per la precisione con Buenos Aires, dove un gruppo di nostri compatrioti diede il via ad una delle storie calcistiche più belle di sempre, quella del Boca Juniors, degli xeneizes, ovvero dei genovesi.

If you need me call me no matter where you are, no matter how far…

Così cantavano Marvin Gaye e Tammi Tarrel nella loro Ain’t no mountain high enough. Impossibile sapere se queste parole abbiano risuonato anche nella testa di Cesare Prandelli, al momento della chiamata d’aiuto arrivata dalla tanto amata Firenze. Sta di fatto che rappresentano un’ottima colonna sonora al ritorno del tecnico lombardo sulla panchina della Fiorentina.

Nonostante il nuovo DPCM il nostro viaggio tra le Vie del calcio non si ferma. Abbandoniamo la rossa e dotta Bologna per muoverci nuovamente verso sud. Tocchiamo per la prima volta la Campania. Non siamo né a Napoli, né men che meno a Benevento. Ci troviamo bensì a pochi chilometri dai paesaggi mozzafiato della Costiera Amalfitana, siamo a Salerno.

L’esito di una partita è quasi sempre il risultato di una somma indefinibile di episodi. Giocate illuminanti, errori inconcepibili, falli evidenti non fischiati o viceversa. Fare una scelta anziché un’altra. Ma ci sono casi in cui tutti questi fattori, per quanto importanti, finiscono in secondo piano. Alcune volte un giocatore, la sua presenza, la sua prestazione si impongono su tutto il resto. È questo il caso di Inter-Milan, il derby andato in scena ieri pomeriggio a San Siro.

Anno del signore 2004.  Zuckerberg fondava Facebook, Nokia dominava il mercato dei cellulari, Il signore degli anelli-il ritorno del re vinceva 11 statuette agli oscar eguagliando il record di Titanic. L’Unione Europea allargava il suo scacchiere con dieci nuove pedine e Bush iniziava il suo secondo mandato alla presidenza degli USA come paladino della guerra a Saddam Hussein. Il mondo dello sport piangeva la tutt’ora enigmatica e oscura morte di Marco Pantani. Nel frattempo vedeva Rossi e Schumacher dominare rispettivamente in MotoGp e Formula1, il Porto di Mourinho vincere la Champions League e la Grecia, guidata da Zagorakis conquistare incredibilmente gli Europei di calcio. Il mondo era solo all’inizio di quella serie di cambiamenti che nel giro di pochi anni avrebbero per sempre cambiato il nostro modo di intendere, e vivere la vita. In tutto ciò, il Leeds United retrocedeva piuttosto anonimamente in Championship, cadendo in un baratro profondo 16 anni.

Eduardo Galeano disse che non esiste niente di meno vuoto di uno stadio vuoto. E come dargli torto? In questi ultimi mesi ne abbiamo avuto la prova, li abbiamo visti vuoti, tristi come non mai. Loro che erano il centro di tutto, della nostra passione, della nostra squadra del cuore, dei nostri beniamini, custodi fedeli di tutto ciò che è questo fantastico sport chiamato calcio. Ecco perché in questo momento difficile per tutti i tifosi, lontani da quella che molti ritengono come una seconda casa, abbiamo deciso di portarvi con noi alla scoperta di alcuni degli stadi più belli d’Italia e non solo. Prima tappa di questo percorso, l’Allianz Stadium di Torino.

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