Domani è un altro giorno, eppure stasera sono ancora un semplice calciatore. Anzi, a dirla tutta sono il migliore, sono un idolo paragonabile a un attore del cinema. Sono il Cary Grant di questo fottuto paese. Mezzala d’immenso talento, con la maglia dei “Verts” del Saint-Étienne ho già vinto uno scudetto segnando caterve di gol. L’anno scorso ho portato la nazionale militare al trionfo ai mondiali di categoria e da allora, a soli 21 anni, sono già titolare indiscusso della nazionale francese: la stella più attesa al Mondiale che si avvicina. Ma io quella competizione non voglio giocarla con la Francia, io la Coppa del Mondo voglio vincerla per il mio Paese.
Il 14 Aprile 1958 diventa all’improvviso un giorno tranquillo per i titolisti, molto meno per i giornalisti dell’Equipe, lo storico quotidiano sportivo francese. Prima pagina semplice semplice: “Scomparsi 9 giocatori algerini”. Più avanti nella giornata cambieranno numeri, motivazioni e tutto quel che c’è sotto il gigantesco iceberg che nasconde questa semplice frase. Non sono “spariti” per caso fortuito, sono effettivamente fuggiti di loro spontanea volontà, in clandestinità. Ma esattamente perché?
Mustapha Zitouni, Abdelaziz Ben Tifour, Abderrahmane Boubekeur, Kaddour Bekhloufi dell’AS Monaco, Amar Rouaï dell’Angers, Said Brahimi e Abdelhamid Bouchouk del Tolosa, Abdelhamid Kermali del Lione. Tutta gente già nella nazionale francese o comunque nel giro dei favoriti per far parte del Mondiale 1958. La stella del gruppo è sicuramente la giovane mezzala offensiva del Saint-Étienne, Rachid Mekhloufi, protagonista dello scudetto vinto nel 1957 dai Verts.
Il giovane degli Stephanois è un giocatore d’élite. Veloce di pensiero e di piedi, destro naturale ma con un ottimo piede debole. È nominalmente una mezzala (la mezzala di allora è un po’ diversa da quella che conosciamo noi), ma ama spaziare per le vie centrali raccordando centrocampo ed attacco. Palla al piede è rapido, la muove con tocchi brevi e frequenti per aprirsi la strada verso la porta. Cerca spesso la verticalizzazione o il dialogo con il compagno vicino a due tocchi. In buona sostanza, è 20 anni avanti alla sua epoca calcistica.
Perché quindi scappare via adesso, da fuggiaschi, lasciando una vita assolutamente confortevole, proprio prima di un Mondiale da giocare al fianco di Just Fontaine, Raymond Kopa e Roger Piantoni? Squadra che arriverà a vincere la finale di consolazione dietro al leggendario Brasile di Vicente Feola ed ai padroni di casa svedesi. La questione è lunga, parte dai tempi del colonialismo ed ha a che fare con il calcio non tanto come sport in sé, ma come strumento per cause che vanno ben oltre lo sport.
Rachid Mekhloufi, luogo di nascita: Sètif
L’Algeria dei vari Zitouni, Ben Tifour, Mekhloufi non è l’Algeria che conosciamo noi oggi. È una nazione, un popolo, ma esiste formalmente solo come colonia francese, come altre ce ne sono state. La convivenza tra i locali ed i pied-noirs, i coloni francesi, non è certamente facile. Come ricorda lo stesso Rachid Mekhloufi a Le Monde:
Mi ricordo come a rue de Costantine, a Sètif, algerini e francesi si dividevano in due marciapiedi opposti. Le due comunità si evitavano.
Divisioni inconciliabili si riflettono con forza anche nel calcio. Il governo francese arriva a promulgare leggi che costringono le squadre locali a schierare almeno 5 “europei”, limitazione aggirata in qualsiasi modo o combattuta con veemenza. L’MC Algeri, storica potenza nazionale fondata nel 1921, sceglie i suoi simboli con un chiarissimo riferimento all’Islam e all’Algeria. La M di MouloIud, la celebrazione del compleanno di Maometto, il verde dell’Islam, il rosso per l’amore verso la propria terra caratterizzano tutt’oggi loghi, divise e bandiere del club.
Why in April 1958 Rashid Mekhloufi secretly left France and gave up playing at the World Cup http://t.co/xckKXophaB pic.twitter.com/96eZNS9x0R
— BBC World Service Sport (@BBCWSSport) April 15, 2015
Sètif giace su un altopiano di oltre 1000 metri sul livello del mare, non lontano dal Mediterraneo. La posizione strategica, la protezione data dall’altitudine e la relativa vicinanza al mare la rendono un punto nevralgico per il controllo della zona circostante. Gli Alleati non la coinvolgono mai direttamente nelle operazioni militari per lo sbarco in Africa, scegliendo obiettivi più significativi come Casablanca in Marocco od Orano nella stessa Algeria. Sètif ha comunque il suo posto nella storia del secondo conflitto mondiale, ma per motivi tutt’altro che felici, come testimoniato dallo stesso Rachid Mekhloufi:
Avevo nove anni quel giorno, e con i miei compagni di scuola anch’io ero in strada a manifestare. I grandi ci avevano spiegato che era il giorno in cui i nazisti si erano arresi agli Alleati, e allora ci avevano chiesto di fare dei disegni che raccontassero ai francesi che la loro occupazione sulle nostre terre era illegale come quella dei nazisti da loro. Che si stavano comportando esattamente come quei mostri che avevano combattuto. Doveva essere un giorno di festa, non sapevo che si sarebbe trasformato in un massacro. La gendarmerie e i pied-noirs si sono comportati come belve, la carneficina è andata vanti quasi una settimana. Non ho mai visto così tanto sangue in giro.
La Nazionale della rivoluzione
La strage di Sètif ha contorni sfumati dai numeri di vittime calcolati dai francesi, dagli osservanti e dagli stessi algerini. Il punto non riguarda quanti se ne siano andati, ma come questo evento sarà il punto di non ritorno per le spinte indipendentiste locali.
Ahmed Ben Bella sarà il primo presidente della storia algerina, ma ne ha passate diverse. Arruolato nell’esercito francese, combatte con onore contro i tedeschi asserragliati sulla linea Gustav a Cassino. Viene onorato con la Medaille Militàire dalle mani di Charles De Gaulle in persona. I due si rincontreranno nello spazio di circa 15 anni, ma non possono ancora saperlo. Ahmed Ben Bella, oltre ad essere un rivoluzionario, un militare e la chiave di volta del FLN, è stato un calciatore per l’Olympique Marsiglia prima dello scoppio della guerra.
Crede fermamente nel “potere sociale” del calcio ed è la mente dietro l’Onze de l’Indépendance, la Nazionale della rivoluzione. Con ordine: il Fronte di Liberazione Nazionale è il movimento che riunisce tutte (quasi tutte: l’MNA di Messali Hajj non ne entra a far parte) le organizzazioni nazionaliste per l’indipendenza. Se il FLN è lo stato parallelo degli insorti, l’Onze è la sua nazionale calcistica.
Alla fine, nei quattro anni dal 1958 al 1962, giochiamo 90 partite in giro per il mondo, di cui ne vincemmo ben 65, diventando la rappresentativa nazionale più vincente della storia, se solo fossimo stati riconosciuti come tale. Ma non ci importa nulla, quello che ci interessa è che stiamo aiutando il nostro Paese nella propaganda rivoluzionaria, che anche noi, a nostro modo, stiamo combattendo per l’indipendenza della nostra terra.
La rappresentativa algerina viene ostacolata in ogni modo dalla FIFA. Gioca la prima partita contro la Tunisia, vittoria inaugurale. La seconda contro il Marocco, altra gloria. La Federazione calcistica esclude immediatamente Tunisia e Marocco dalle sue competizioni. Il messaggio è chiaro: non è concesso in alcun modo dare legittimità all’Onze ed agli ideatori. Ma nell’Est Europa c’è qualcuno in una posizione di forza tale da poter scavalcare le posizioni della FIFA senza ripercussioni.
L’URSS, complici i discreti rapporti creatisi durante la Seconda guerra mondiale, è entrata nella Federazione nel 1946. D’altra parte, appoggiare il socialismo promosso dalla FLN è un ottimo motivo di propaganda in piena guerra fredda ed il Presidente Dewry non può semplicemente farci nulla. L’Onze giocherà la stragrande maggioranza delle proprie partite proprio al di là della cortina di ferro. Russia, Jugoslavia, Ucraina ed ancora più in là, Cina e Vietnam. Chiude la sua avventura con 65 vittorie, 13 pareggi e solo 12 sconfitte nei suoi quattro anni di attività.
Aver vinto
Ho Chi Minh stesso, che nel teatro della Guerra d’Indocina ha fronteggiato il governo Francese, si complimenta con i giocatori a seguito della sconfitta del suo Vietnam con una storica affermazione: “Se noi abbiamo sconfitto la Francia e voi ci avete sconfitto a calcio, allora anche voi batterete la Francia”.
Al di là dell’ardito accostamento, ha avuto ragione. Nel 1960, Francia ed FLN riallacciano le trattative per l’autodeterminazione dell’Algeria. Charles De Gaulle ed Ahmed Ben Bella, che per l’occasione è già a Parigi (in carcere da già 5 anni) conclusero gli accordi di Évian nel 1962: l’Algeria è libera.
Nel 1962 viene sciolta anche la gloriosa nazionale del FLN, e da allora gioco per quella algerina, di cui diventerò anche allenatore. Perché in fondo io sono semplicemente un uomo di calcio, anche se sono contento di aver giocato per la rivoluzione. E di aver vinto.
Rachid Mekhloufi torna in Francia dopo 4 anni con il permesso di Ahmed Ben Bella in persona, dopo essere stato amnistiato dalla condanna a 10 di anni di carcere per diserzione presa durante la fuga del 1958. Giocherà un anno al Servette, prima di tornare al Saint-Étienne. Si fa “perdonare” in fretta a suon di goal e giocate di classe. Riporta i Verts in Ligue 1, vince altri 3 scudetti ed una Coppa di Francia contro il Bordeaux, a cui segna una doppietta. Alza lui la coppa che gli porge in mano De Gaulle.