Bayern Monaco. Due semplici parole, entrate nell’immaginario collettivo da ormai svariati decenni grazie alla forza straripante dei bavaresi, sia sul manto erboso che nel campo dirigenziale. Nell’ultima stagione, i conquistadores di Germania hanno messo a ferro e fuoco le difese dell’Europa intera come fossero villaggi da saccheggiare; il merito, però, non è solamente del reparto offensivo a disposizione di Hans-Dieter Flick.
Nell’annata scorsa, condizionata dall’intervento a gamba tesa della pandemia nel mondo del pallone, i biancorossi sono riusciti ad arricchire la propria bacheca con Bundesliga, DFB-Pokal, Champions League e DFL-Supercup, il tutto ottenendo una media da 2,56 punti a partita. Inoltre, il 24 settembre scorso è stata aggiunta la Supercoppa UEFA, in attesa di un probabile inserimento nella sala trofei anche del Mondiale per Club.
Un cambio in panchina a stagione in corso, con Flick che ha scalzato ad inizio novembre 2019 un Nico Kovac incapace di tenere le briglie della squadra, ed un Robert Lewandowski for the ages, con 55 reti in 47 partite disputate (capocannoniere di tre delle cinque competizioni conquistate, anche se le due restanti erano composte da un’unica gara), hanno indubbiamente contribuito. Senza dimenticare, ovviamente, l’apporto dei soliti noti Müller, Goretzka e Thiago Alcantara (ora al Liverpool) e delle piacevoli sorprese Gnabry e Coutinho, tra gli altri.
Una chiave di volta paradossalmente tanto sorprendente (per 1/2 delle premesse) quanto prevedibile (per l’altra metà delle aspettative) è stata affidata a due figure in particolare. Da destra a sinistra, Joshua Kimmich e Alphonso Davies.
Modello Bayern Monaco anche sulle fasce
Un paio di parole segrete, una password per decifrare il modus operandi negli uffici della Säbener Strasse, quartiere generale della dirigenza bavarese, potrebbe essere “Ricambiogenerazionale“. Sono abituati a vincere, rinnovarsi, vincere, rinnovarsi e sapete già come completare il cerchio.
Prendiamo in esame, dunque, proprio i due elementi di cui sopra, partendo dal canadese nato il 2 novembre 2000 a Buduburam, campo profughi ghanese ad una cinquantina di chilometri dalla capitale Accra. Quando Karl-Heinz Rummenigge e soci (in particolare Jörg Wacker, membro dell’internalizzazione del club) hanno attraversato l’Atlantico nell’estate 2018 per chiudere l’affare con i Vancouver Whitecaps, David Alaba era ancora il padrone indiscusso della fascia sinistra bavarese.
Nella scorsa stagione, invece, con Davies fermamente inserito nello scacchiere di Flick, l’austriaco ha affiancato Boateng davanti a Neuer. No, non è un caso.
In MLS veniva spesso schierato fin dall’inizio nel reparto offensivo dei biancocelesti di Vancouver. Nell’ultima stagione in Canada, quella da 8 reti e 10 assist complessivi, ha disputato 28 gare da ala sinistra e 13 da ala destra. Arrivato in Germania, però, le cose sono cambiate.
Kovac prima e Flick poi ne hanno intravisto le potenzialità da terzino sinistro nel 4-2-3-1 adottato nel corso della stagione. In particolare, il numero 19 è sembrato incarnare proprio le potenzialità dello stesso David Alaba al quale aveva sottratto la zona di competenza in campo, nella versione dell’austriaco nel Bayern Monaco dell’altro Triplete, firmato Jupp Heynckes nella stagione 2012/2013.
In quell’annata, la seconda a Monaco di Baviera in prima squadra dopo il prestito all’Hoffenheim, per il numero 27 arrivarono 5 reti e 6 assist, rispettivamente 2 in più e 3 in meno del Davies targato 2019/2020, ossia la sua prima stagione completa in Germania, dopo l’arrivo nel gennaio dell’anno precedente. Ciò che stupisce, però, sono le caratteristiche pressappoco equivalenti: la medesima propensione all’attacco, accelerazioni comparabili ed un dribbling che si va a sposare con il corredo tecnico di entrambi i giocatori.
Se la matematica non è un opinione, manca un elemento nella proporzione ipotizzata in precedenza, valida per affinare ulteriormente la tesi del ricambio generazionale. Davies : Alaba = Kimmich : X. L’incognita si porta con sé una striscia di 12 stagioni consecutive a Monaco di Baviera, ma il numero 32 sembra averne raccolto l’eredità in maniera impeccabile.
Philipp o Joshua?
Cosa potrebbe mai accomunare Joshua Kimmich e Philipp Lahm? Proviamo a stilare un elenco:
- Entrambi hanno avuto un’esperienza allo Stoccarda, il primo nelle giovanili ed il secondo in prestito dai bavaresi;
- Entrambi hanno giocato con il Bayern Monaco.
Fine? Beh, se guardiamo al curriculum probabilmente sì. Dando un’occhiata (anche rapida) alle loro predisposizioni tecnico-tattiche, invece, le similitudini aumentano esponenzialmente.
Il 25enne tedesco, nella genesi bavarese con Guardiola impiegato da centrale di difesa, successivamente mediano con Ancelotti, terzino destro con Heynckes prima e Kovac poi ed infine nuovamente a centrocampo con Flick. Catapultandosi alle esperienze passate di Lahm all’Allianz Arena, il percorso pare essere il medesimo: certo, cambiano i volti in panchina e nello spogliatoio, ma eccezion fatta per l’impiego nella retroguardia centrale, sono ruoli occupati largamente anche dal veterano, connazionale dell’ex Lipsia.
In particolare, oltre al posizionamento sulla lavagna tattica, ciò che sbalordisce sono i movimenti fluidificanti e la propensione alla manovra in avanti dei due, abituati a segnare e a far segnare in modi differenti da Alaba e Davies, ma altrettanto vitali nell’ottica del gioco corale per i bavaresi.
Nonostante la possibilità di schierarli come mediani, il meglio l’hanno offerto entrambi quando partivano dalla propria fascia di competenza, la destra, per poi, eventualmente, accentrarsi per ricevere e smistare il pallone. Non è un caso (ancora una volta) che le loro migliori stagioni dal punto di vista dei passaggi decisivi serviti ai compagni siano arrivate quando nei momenti chiave Kimmich e Lahm sono stati impiegati da terzini destri.
Il primo in quella passata, 17 assist (con 7 reti, !) ed uno spostamento arretrato nelle partite decisive (si fa per dire, vista la sua costante presenza in fase offensiva) nonostante l’acquisto in prestito di Odriozola; il secondo nel già citato 2012/2013, quando gli assist per il capitano dei bavaresi furono addirittura 19.
Istantanea catalana
Tornando alla premiata ditta tedesco-canadese, richiudendo i cassetti della memoria con Alaba a sinistra e Lahm a destra, c’è un’azione in particolare che è la sintesi dell’importanza dei due in casa Bayern Monaco. Nell’ormai conclamato quarto di finale di Champions League contro il Barcellona, terminato con un più che tennistico 2-8, il gol del momentaneo 2-5 racchiude l’essenza di Alphonso Davies e Joshua Kimmich nell’imprinting dato dalla matricola Flick al suo ateneo calcistico schiacciasassi.
Il canadese spazza via Nelson Semedo in velocità, ma non si tratta di una cavalcata frutto di un’accelerazione casuale, ordinaria. Tutto parte dalla tecnica del talento più prezioso in Canada dal ritiro di Steve Nash dai parquet NBA:
Absolute wizardry from Alphonso Davies. pic.twitter.com/IJmWrn1j4V
— CBS Sports (@CBSSports) August 14, 2020
Se Davies è riuscito a mettersi in proprio bruciando l’attuale terzino destro del Wolverhampton, però, bisogna dare a Joshua quel che è di Joshua. Il tedesco riesce a leggere la situazione con sagacia, attaccando alle spalle laddove de Jong non riesce ad anticipare. Il fiuto della preda c’è, l’assist per azzannarla arriva dalla sinistra: il risultato è facile da intuire.
Nonostante ciò, il numero 32 non vorrà il tappeto rosso sotto i piedi al termine della gara, lasciando i flash dei fotografi tutti per il compagno di squadra:
Incredibile. Mi sono quasi vergognato di quanto fossi felice dopo il mio gol, perché al 99% il merito è suo. In fin dei conti, ho dovuto solamente appoggiare il pallone in rete. È un giocatore dal livello assoluto.
Inoltre, non bisogna dimenticare come la rete precedente alla sua, quella siglata da Thomas Müller al 31′ del primo tempo, sia arrivata grazie ad un cross tagliente dello stesso Kimmich. Segna e fa segnare. Locuzione atipica per un terzino destro, ma meravigliarsi, da quelle parti, è passato di moda.
Camaleontici nel sistema Bayern Monaco
Insomma, il nostro disegno di ricerca ha portato a dei risultati. Che fossero insperati o senza il prefisso monosillabico, rimangono tali. Il ricambio generazionale in casa Bayern Monaco non è equiparabile ad una breaking news a caratteri cubitali, ma, perlomeno sulle fasce, sono stati in grado di rispettare nuovamente le aspettative.
Inoltre, al di là dei numeri e dei trofei collocati in bacheca, sono le caratteristiche atipiche per il ruolo da loro ricoperto a far di Davies e Kimmich due diamanti grezzi da svezzare fino ad una perfezione, finora intravista all’orizzonte. Il primo un felino che giorno dopo giorno migliora le proprie movenze tecniche e agisce da attaccante avanzato, il secondo un centrocampista dai piedi buoni le cui potenzialità sono sfruttate nel migliore dei modi anche facendolo partire al fianco di Niklas Süle, quando Pavard non risponde presente.
In definitiva, dunque, la risposta al quesito primordiale di cui sopra pare essere un secco “no”. Piuttosto che il sistema Bayern Monaco, sono i due diretti interessati, Kimmich a destra e Davies a sinistra, ad aver trasfigurato un ruolo dalle movenze elementari in una posizione camaleontica. E badate bene, è un privilegio che si possono permettere in pochi, soprattutto nella casa dei campioni di Germania, d’Europa, presto (forse) del Mondo.