Tic tac, tic tac, tic tac, tic tac. Due ragazzi sono seduti uno difronte all’altro, davanti a una scacchiera.
– “Zlatan”, dice uno dei due dopo aver guardato prima la scacchiera, poi l’avversario, poi ancora la scacchiera, e muove la sua prima pedina. Tic tac, tic tac.
– “Di María”, risponde l’altro, e muove anche lui la sua pedina.
– “Matthijs de Ligt, Rafa Van Der Vaart, Clarence Seedorf e tutti i ragazzi dell’Academy” afferma, annuendo con saccente aria olandese, il primo ragazzo.
– “Ruben Dias, João Cancelo, Bernardo Silva e João Felix, tutti formati al Benfica Campus, la miglior accademia del mondo”, replica con fermo sguardo portoghese il secondo.
– “Se ami il calcio, ami l’Ajax”.
– “Il club del popolo, con milioni di tifosi in tutto il mondo. O Inferno da Luz e il Pluribus Unum”.
Si alzano in piedi.
– “Due Coppe dei Campioni: 1961 e ’63”, riprende orgoglioso il lisbonese, pensando di impressionare l’avversario, che però non fa una piega e risponde.
– “Quattro volte campioni d’Europa, 35 titoli nazionali, gli unici con 3 stelle sul petto. I migliori, i più grandi, l’Ajax Amsterdam” e sorride pensando di aver vinto, ma non è finita.
– “37 titoli nazionali, anche noi abbiamo 3 stelle”.
Si guardano, si sorridono: “ok dai, siamo pari”, pensano. L’ultima mossa è quasi una formalità.
– “Eusebio”, comincia l’uno, sporgendosi in avanti.
– “Yohan Cruijff” conclude l’altro, con tanto di alzata di spalline.
Si danno la mano in segno di pace. “Built on History”, forgiata nella storia, appare sullo schermo.
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Built on history. pic.twitter.com/DViNbUdh9d
— SL Benfica (@SLBenfica) February 23, 2022
L’hanno presentato così Benfica e Ajax l’ottavo di finale di UEFA Champions League, con questo video congiunto, che vuole ricordare a tutti che Benfica-Ajax, nel caso in cui qualcuno se lo fosse dimenticato, ha quel fascino che avvolge la storia del calcio e non sarà mai una partita qualunque, nemmeno ora che le due squadre, più che essere due nobili decadute, hanno trovato una nuova dimensione, più nazionale, con qualche scappata ogni tanto nell’Europa che conta e che emoziona, quella da febbraio in poi, ma mai con successo.
Gli attori protagonisti
I due attori lasciano le rispettive postazioni. Ora inizia la partita vera. Tocca ai due protagonisti, ai due veri strateghi: Erik ten Hag e Nelson Vérissimo. Il primo è il perfetto uomo-Ajax, colui che ha revitalizzato il crujiffismo liberandosi (mascherandolo) del dogma del 4-3-3. Il secondo è il miglior rappresentante di cosa è oggi il Benfica: allenava la juvenil, ma il 28 dicembre è stato chiamato a coprire il vuoto lasciato dal deludente Jorge Jesus-bis; è cresciuto come giocatore (senza però mai trovare la gloria in prima squadra) e come allenatore nel Benfica, ha il sangue vermelho, ha il benfiquismo dentro e nessuno, oggi, può trasmetterlo meglio di lui a chi scende in campo.
Al mio segnale scatenate l’Inferno
Si siedono alle loro postazioni teh Hag e Verissimo. La prima mossa è ambientale. L’invitato si porta dietro un settore ospiti dalla numerosità impressionante e carichissimo, come sempre. Il padrone di casa risponde con un Inferno da Luz da grandi occasioni. Fuori dallo stadio, si canta già a un’ora e mezza dal calcio d’inizio. Il romantico “Benfica, O amor da minha vida” fa da colonna sonora al tramonto che dissolve il rosso acceso delle arcate dello stadio. Da fuori il Da Luz sembra quasi un fiore che si apre, con la sua architettura armoniosa.
Dentro è calma apparente, fino all’inno. Lì, schiere di diavoli rossi si alzano in piedi, ciascuno con la propria sciarpa biancorossa tesa sopra la testa, per poi iniziare ad agitarla saltellando mentre lo speaker ricorda loro quanto glorioso è il loro club e chiudere infine i preparativi con un urlo assordante al calcio d’inizio. Ecco perché lo chiamano Inferno.
L’apertura
Inizia la partita a scacchi. 4-3-3, calcio totale, dice Ten Hag, ma con una mezzala, Berghuis, che in realtà è un trequartista e Mazraoui (a fine partita eletto migliore in campo) che si riprende il suo posto sulla fascia destra ai danni del giovane Rensch. 4-4-2, concretezza, risponde Verissimo, con Gonçalo Ramos che però viene molto in mezzo al campo, lasciando il compagno di reparto a fare l’ariete. La classe di Antony, per catalizzare gli occhi del mondo, dice ten Hag. La rabbia del coetaneo Nuñez, risponde Verissimo. Il piede e la personalità di Tadic, dice ten Hag. Gli strappi e l’esperienza di Rafa Silva, risponde Verissimo. Il cruijffismo nelle vene di Blind dice ten Hag, il benfiquismo appreso di Grimaldo risponde Verissimo; ed entrambi muovono la loro ennesima pedina.
Il risultato sono 45 minuti a ritmo altissimo, con cui l’Ajax va a nozze. La coppia Mazraoui-Antony limita offensivamente e fa impazzire difensivamente il duo molto meno affiatato formato d Grimaldo ed Everton. Blind annulla Rafa Silva. Tadic gioca un altro sport rispetto all’ex Fiorentina Gilberto. Gravenberch straripa su Weigl, Alvarez contiene Taarabt. Nunez è troppo solo, mentre Haller fa anche troppo. Il primo tempo finisce 1-2: golazo al volo di Tadic su assist di Mazraoui e gol, autogol (su tiro del grande ex Vertonghen), e gol sbagliato a porta vuota di Haller.
Il contro scacco
“Bene così”, pensa ten Hag durante l’intervallo, “siamo in vantaggio, l’Inferno si è calmato, la partita è sui binari giusti, i duelli li stiamo vincendo tutti”. Non si può dire, però, che il Benfica stia andando male: è dentro la partita, se la sta giocando contro uno degli Ajax più forti degli ultimi 10 anni, ci sono altri 45 minuti per riaccendere la passione del Da Luz e recuperare il risultato.
Verissimo non cambia nulla sulla carta, ma deve evidentemente aver corretto qualcosa nell’atteggiamento dei suoi quattro di difesa perché nei secondi 45’ il trio Tadic-Haller-Antony non tocca più la palla. L’intraprendenza delle ali finisce asfissiata dal pressing a tutto campo di Gilberto e Grimaldo con il fantasista paulista che, vedendosi incapace di scherzare con l’avversario, si innervosisce e finisce per tirargli anche una mezza testata. Haller è nella morsa dei due esperti centrali Otamendi e Vertonghen, che giocano un secondo tempo dall’attenzione incredibile, senza concedere un pallone al micidiale bomber ivoriano. Rafa Silva, invece, inizia a scappare prima a Blind, poi Tagliafico, entrato al suo posto.
La vera mossa di Verissimo arriva però al 62’: dentro Yaremchuk per Everton e cambio di modulo, dal 4-4-2 al 4-3-3, con Gonçalo Ramos che fa praticamente la mezzala e Darwin Nunez che si sposta sulla fascia sinistra per fare spazio, al centro, al centravanti ucraino. Il Benfica attacca, sospinto da un Inferno che ha ripreso ad ardere, e spreca anche qualche occasione. Al 72’ Ramos, molto più libero nel suo nuovo ruolo, spara un bolide verso la porta avversaria. Pasveer, con un volo plastico, riesce a respingere, ma il pallone assume una traiettoria strana e rimane sospeso in aria a pochi centimetri dalla linea di porta. Inizia la corsa a chi arriva primo su quel pallone: la vince proprio il più fresco, Roman Yaremchuk, che di testa lo sbatte in rete. La marea biancorossa prima blocca il respiro per qualche secondo, poi esplode, quasi incredula. Il resto della partita scivola via rapido e indolore.
È patta anche qui. I due allenatori si sorridono, si alzano, si stringono la mano e se ne vanno. Il Da Luz applaude, ringrazia e, lentamente si svuota. Si spengono le luci: fine primo tempo.