Dopo un turno preliminare ad eliminazione diretta che ha ulteriormente dimostrato il valore tecnico dell’Europa League – regalandoci sfide bellissime come il doppio confronto tra Barcellona e Napoli e quello tra Rangers e Dortmund – la seconda competizione europea entra nel vivo con gli ottavi di finale, dove le vincitrici del turno preliminare affrontano le vincitrici degli otto gironi eliminatori. Diversi sono gli accoppiamenti di interesse, ma una partita su tutte merita una particolare attenzione, in quanto mette di fronte due squadre che hanno nel loro DNA il ruolo di outsider sia in patria che in Europa e che proveranno a giocarsi l’accesso ai quarti di finale dell’Europa League sfidandosi con due stili di gioco molto identitari, ben rappresentando l’ecosistema calcistico in cui si trovano. Da un lato il Betis di Manuel Pellegrini, dall’altro l’Eintracht Francoforte di Oliver Glasner.
Betis-Eintracht per alimentare i sogni di Joaquin
La sponda betica di Siviglia vive da diversi anni lo status di underdog all’interno della rivalità cittadina con l’altra compagine della città andalusa, il Sevilla, che ha sollevato l’Europa League sei volte nelle ultime sedici edizioni aumentando a dismisura il senso di frustrazione di una tifoseria che ha dovuto ingoiare diverse delusioni negli ultimi anni.
Tuttavia, proprio queste delusioni, unitamente ad una nuova strategia societaria particolarmente ambiziosa, hanno risvegliato l’orgoglio della tifoseria bianco-verde impersonata perfettamente dal suo capitano: Joaquín Sánchez Rodríguez, conosciuto da tutti semplicemente come Joaquín, tornato al Benito Villamarìn nel 2015 proprio per dare il via ad un nuovo ciclo basato sull’identità betica e sulla ricerca di un calcio propositivo ed identitario.
L’ex giocatore della Fiorentina appenderà le scarpe al chiodo al termine della stagione e sarebbe una storia a dir poco fantastica poterlo fare alzando un trofeo al cielo: la finale della competizione al Sanchez Pizjuan, la casa dei grandi nemici cittadini, darebbe dei contorni storici alla vicenda.
Tuttavia, la razionalità ci lascia pensare che, per quanto le ambizioni vi siano realmente, arrivare in fondo all’Europa League resta un’impresa fuori portata, mentre la grande occasione per portare nuova argenteria arriverà dalla finale di Copa del Rey contro il Valencia che si disputerà alla Cartuja, il terzo stadio di Siviglia.
Manuel Pellegrini è il generatore di sogni betico
Con queste prospettive davanti, inutile dire quanto questa stagione stia riportando l’entusiasmo nella tifoseria del Betis. Merito di questa cavalcata – in cui non dobbiamo dimenticare l’attuale quinto posto nella Liga – appartiene ad un uomo non nuovo nella sua carriera ad imprese importanti in realtà cariche di passione ma lontane dall’aristocrazia calcistica: stiamo parlando di Manuel Pellegrini, tecnico cileno che ha fatto la storia in piazze come Villarreal e Malaga, e adesso sta provando a ripetersi sulle rive del Guadalquivir, il fiume che da il nome al club di Siviglia.
Dopo la cattiva parentesi con Rubi nella stagione 2019/2020, il club betico ha scelto di ripartire dal tecnico cileno che, arrivato con poche aspettative nei suoi confronti vista la pessima parentesi in Premier con il West Ham, è riuscito in pochi mesi ad implementare la sua idea di calcio assecondando l’esondante livello tecnico della rosa, costruita e plasmata sotto la gestione Setién tra il 2017 ed il 2019.
Il 4-2-3-1 dell’ex tecnico di Real Madrid e Manchester City rappresenta al meglio il genio e la sregolatezza di cui si alimenta questa squadra, alternando fasi di calcio elegante ed esaltante a fasi in cui sembra un pugile messo alle corde che non abbassa la guardia, in attesa del gong per porre fine alle proprie sofferenze.
Lo schieramento del Betis ha lo scopo di prendere il controllo del possesso palla e tutti i giocatori in campo sono scelti in funzione di ciò. Partendo sin dalla coppia di centrali difensivi Bartra-Victor Ruiz, la scelta ricade su giocatori in grado di saper giocare il pallone e condurlo, difatti spetta sempre ad essi impostare l’azione da veri primi registi della squadra. Pellegrini richiede loro la conduzione palla al piede per attirare la pressione avversaria, o in alternativa di usare il loro piede educato per muovere il pallone in zone esterne con lunghi cambi di gioco da dove iniziare a creare pericoli sovraccaricando la trequarti avversaria.
Inoltre i tagli degli esterni offensivi abbassando la difesa avversaria creano spazio per le conclusioni da fuori area, dove le capacità balistiche dei giocatori bianco-verdi sono superiori alla media, non è un caso che il Betis sia la squadra con il maggior numero di goal da fuori area (10) nei cinque principali campionati europei assieme a Napoli, Bordeaux e Montpellier.
In questa maniera si crea la situazione preferita dal tecnico cileno, ossia la creazione di triangoli in zona palla che permettono di muovere il pallone in avanti e superare le linee avversarie mediante triangolazioni strette o giocate personali, rese possibili dall’elevata cifra tecnica degli elementi offensivi. Inoltre, nel momento in cui il pallone giunge in zone avanzate del campo, uno dei due centrocampisti centrali avanza per aumentare il numero di giocatori vicini alla palla e permettere un’immediata riconquista del pallone non appena esso viene eventualmente perso.
Ovviamente questa strategia di gioco ha anche dei suoi svantaggi. Il primo di questi è che la scelta di una coppia centrale di difesa basata prevalentemente sulla capacità di giocare la palla, e meno abile a difendere, porta la squadra ad essere particolarmente vulnerabile se attaccata o in caso di transizione nel momento in cui l’avversario riesce a recuperare il pallone. Inoltre, la volontà di difendere in avanti tende quasi sempre a scoprire la profondità che, in assenza di giocatori abili a ripiegare rapidamente all’indietro, espone ad ulteriori rischi la squadra betica.
I numeri testimoniano quanto appena esposto, il Betis è tra le squadre della Liga che tirano di più (secondo posto) e quelle che subiscono più tiri (nono posto), proprio a dimostrazione di un calcio giocato a trazione anteriore e che permette ai tanti giocatori di puro talento a disposizione di poter giocare in un contesto che li mette a proprio agio.
L’Eintracht ed una transizione in corso
Sono passati quasi tre anni dal quel 9 maggio 2019 in cui gli errori dal dischetto di Hinteregger e Paciencia hanno svegliato l’Eintracht dal sogno di raggiungere la finale di Europa League, al termine di un cammino trionfale a suon di goal e di calcio verticale ispirato dal trio d’attacco formato da Haller, Jovic e Rebic.
Adi Hutter, il creatore di quella macchina infernale che, in quella stagione, arrivò anche a 90 minuti dal piazzamento in Champions League, ha lasciato al termine dello scorso anno Francoforte per Moenchengladbach. A rimpiazzarlo è arrivato Oliver Glasner, l’allenatore capace di riportare il Wolfsburg in Champions League.
Nel turbinio di panchine di quest’estate in Bundesliga, il passaggio del tecnico di Salisburgo nella città della banca centrale europea destava molta curiosità nel momento in cui ha lasciato l’opportunità di giocare la Champions League per ereditare il lavoro svolto nelle tre stagioni precedenti dal suo connazionale. La scuola di riferimento a livello tattico è la stessa: entrambi sono stati parte del mondo Red Bull da dove hanno assorbito i princìpi di gioco del maestro Ralf Rangnick, personalizzandoli ma con diversi punti in comune.
Passare da Hutter a Glasner significava passare dal 3-4-1-2 al 4-2-3-1, ossia gli schemi di base su cui i due allenatori hanno costruito le proprie fortune negli ultimi anni, per cui il passaggio si prefigurava come meno continuo rispetto a quanto si potesse pensare, soprattutto pensando ai compiti richiesti alla linea difensiva.
Oltre al cambio di sistema di gioco l’Eintracht è in fase di rinnovo della squadra, con l’età media della rosa che si è abbassata dai 28 della scorsa stagione ai 26,3 della presente. Quest’ultimo aspetto ha creato delle difficoltà all’ex tecnico del Wolfsburg, che ha cercato di implementare istantaneamente il suo 4-2-3-1 venendo però rigettato dall’andamento della squadra sul campo, incapace di trovare la vittoria fino alla trasferta dell’Allianz Arena contro il Bayern.
Quella partita ha convinto Glasner che la soluzione migliore era di far tornare la squadra al 3-4-1-2 ereditato da Hutter. Tuttavia, anche qui i risultati sono stati altalenanti tanto quanto le prestazioni, fino ad arrivare alla serie di 6 vittorie in 7 partite tra novembre fino alla pausa invernale della Bundesliga, che è coincisa con la scelta definitiva verso un 3-4-3 in cui i tre davanti – Borrè, Kamada e Lidstrom – hanno iniziato a riproporre quelle combinazioni e quella capacità di dividersi lo spazio alle spalle del centrocampo e della difesa avversaria in cui hanno ricordato il trio delle meraviglie della stagione 2018/2019.
L’altalena di risultati e le statistiche sugli expected goals ci mostrano, però, che l’equilibrio è lungi dall’essere trovato. Il piano di pressing aggressivo che il tecnico austriaco sta cercando di portare avanti a Francoforte è ben distinguibile grazie al dato del BDP – Build-up Disruption – in cui è al terzo posto in Bundesliga alle spalle di Colonia e Bayern Monaco, ma continua ad esporre troppo visibilmente la squadra in fase difensiva. Per questo motivo la differenza tra quanto creato e quanto subito mostra un rapporto negativo per l’Eintracht, a dimostrazione che questa transizione è lungi dall’essere completata.
Betis ed Eintracht sfideranno i rispettivi difetti
Dall’andamento e dall’analisi delle squadre si evince chiaramente che sarà una sfida tra due formazioni con stili di gioco differenti ma con un principio abbastanza comune: giocare la partita guardando il campo in avanti. Da una parte il Betis lo fa cercando di muovere il pallone ed avanzare in campo con triangolazioni e giocate tecniche, dall’altra l’Eintracht cerca di far arrivare rapidamente il pallone nella trequarti avversaria dove poi attivare le combinazioni tra i tre attaccanti.
Per questo motivo vedremo il Betis sfidare l’aggressività dell’Eintracht mediante il proprio possesso e le proprie combinazioni, così attirare il pressing e servire i trequartisti in zone favorevoli del campo dove potranno mettere a nudo i difetti del sistema difensivo della squadra tedesca. Stesso discorso dal lato opposto, dove la ricerca dei tre davanti in verticale nello spazio lasciato incustodito dai terzini del Betis proiettati in avanti potrebbe aprire spazi che i centrali di Pellegrini faticherebbero a chiudere, come abbiamo potuto vedere nell’ultima sfida di campionato contro l’Atletico Madrid.
In questa maniera potremo avere la possibilità di seguire una partita ricca di azioni offensive, con tanti tiri e probabilmente anche tanti goal, magari con la collaborazione delle capacità balistiche di Canales e Fekir nel tiro da fuori da una parte, e dei cross e dei piazzati con il mancino educatissimo quanto letale di Filip Kostić dall’altra.
Toccherà alla bravura dei due allenatori il compito di massimizzare i pregi delle proprie squadre per poter nascondere i propri difetti, d’altronde alla fine questo è il calcio: non esiste una strategia di gioco perfetta in partenza ma quella che consente di essere più pericolosi dell’avversario di turno. Chi tra Betis ed Eintracht riuscirà nello scopo potrà alimentare i propri sogni europei, ma senza venire a patti con il proprio stile di gioco.