Era un 19 marzo 1996, Bordeaux e Milan si affrontavano per un quarto di finale di ritorno di Coppa UEFA in cui i rossoneri partivano da un doppio vantaggio conquistato a San Siro con le reti di Stefano Eranio e Roberto Baggio. Doveva essere una partita di ordinaria amministrazione, tanto più per una squadra allenata da Fabio Capello, ma nulla di ordinario avvenne quella sera a Parc Lescure.
In quell’anno, quei quarti di finale di ritorno della Coppa UEFA cadevano in un martedì in cui si festeggiava anche la Festa del Papà, una festa che assume un maggiore significato se hai un nonno che di nome fa Giuseppe. E questo era il caso della mia famiglia, dove, da tradizione, ci si riunisce tutti a casa di nonno Peppino per festeggiare il festoso evento sommersi da ruote di focacce e taralli baresi (diffidate dalle imitazioni!).
Ma non è questo l’unico aspetto che unisce la famiglia: non esiste un rappresentante del genere maschile di essa che non sia affascinato ed appassionato dal pallone che rotola, per cui il destino di quel focolare familiare quella sera era la divisione di uomini e donne in due stanze separate, come i rispettivi interessi ed accendere la tv per godersi il martedì di coppa.
Unico problema era la scelta della partita: meglio seguire la Roma che deve rimontare due reti allo Slavia Praga o il Milan che deve difendere lo stesso vantaggio in quel di Bordeaux? Approfittando di uno sfasamento di mezzora nel calcio d’inizio delle due partite si opta per uno zapping tra il canale Rai che trasmette la formazione giallorossa ed il canale Mediaset che trasmette – facile indovinare perché – i rossoneri.
Bordeaux-Milan attira l’attenzione
I primi 15 minuti di una partita spesso lasciano intuire quali siano le intenzioni delle due squadre in campo, e quel quarto d’ora è bastato al Bordeaux per far capire – a chiunque stesse osservando o giocando il match – che aveva tutte le intenzioni di ribaltare il risultato e di regalare una grande soddisfazione ai propri tifosi; il Milan, da canto suo, giocava sulla gestione del ritmo magari sfruttando a proprio vantaggio il controllo sulla sfuriata iniziale dell’avversario.
Ma il piano della squadra di Capello non va a buon fine perché l’arrembaggio iniziale dei girondini trova premio nel goal con cui il centravanti Tholot sblocca la partita. Un cambio di gioco di Witschge da destra a sinistra premia la corsa senza palla di Bixente Lizarazu che, con un controllo a volo in corsa, supera Panucci e crossa un pallone che il centravanti francese deve solo spingere in rete.
Ma i centimetri che ci servono sono dappertutto. Sono intorno a noi, ce ne sono in ogni break della partita, ad ogni minuto e ad ogni secondo. In questa squadra si combatte per un centimetro. In questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi, per un centimetro. Ci difendiamo con le unghie e coi denti, per un centimetro.
Nel 1996 “Ogni maledetta domenica” era ancora un’idea nella mente di Oliver Stone, ma rivedendo oggi Bordeaux-Milan l’impressione è che negli spogliatoi il tecnico tedesco Gernot Rohr abbia incitato i suoi ragazzi usando lo stesso discorso di Al Pacino, puntando tutte le fiches del suo piano gara sull’occupazione degli spazi, non concedendoli da una parte e creandoseli dall’altra sfruttando il dinamismo delle punte ed il posizionamento di Witschge e Zidane. Mentre quest’ultimi partendo da una posizione esterna andavano ad occupare le zone centrali del campo, Tholot e Dugarry si muovevano esternamente cercando di smarcarsi tra centrali e terzini del Milan.
Con i movimenti delle due punte, la libertà del raggio d’azione di Zidane e Witschge e le discese dei terzini Lizarazu e Toyes, le due linee difensive del 4-4-2 di Capello erano in seria difficoltà su come muoversi in quanto accentrare l’attenzione sui due trequartisti e sulle due punte rischiava di lasciare praterie sulle fasce, ma allo stesso tempo allargare le linee significava lasciare il fianco ai movimenti delle punte, in particolare quando Dugarry sfruttava le difficoltà nella mobilità di un Franco Baresi prossimo al termine della carriera. Ma soprattutto, Weah e Baggio si trovavano ad essere isolati a causa dello schiacciamento della squadra e finivano per essere inghiottiti dalla copertura difensiva del Bordeaux.
Questa soluzione, unitamente al coraggio della squadra di restare corta, metteva in seria difficoltà la difesa e la cerniera di centrocampo rossonera, sopravanzata anche agonisticamente dai giocatori del Bordeaux (ne farà le spese Costacurta che si romperà il setto nasale in uno scontro di gioco che macchierà di sangue l’iconica maglia bianca con bande verticali rossonere di quella stagione). Il Milan era costretto a giocare a protezione dell’area di rigore ed allo stesso tempo isolare Weah e Baggio lì davanti: il Divin Codino in quel contesto tattico ed in quel clima non riesce a rendere e verrà anche sostituito all’intervallo, a cui il Milan arriva sotto di un goal e senza aver mai visto, di fatto, l’area di rigore avversaria.
Terminati questi intensi 45 minuti. arriva il momento di cambiare canale e seguire la Roma, ma ricordandoci che dopo 15 minuti si doveva tornare a seguire Bordeaux-Milan, anche perché c’era un giocatore in particolare ad aver attirato la nostra attenzione.
Con la maglia numero 7 Zinedine Zidane
Il fatto che il 1996 sia un anno di passaggio da un calcio focalizzato sui racconti di campo ad un calcio dominato dal marketing lo si evince dal numero di maglia dei giocatori: la stagione 1995/1996 è la prima della Serie A che si disputa con i numeri di maglia personalizzati, ma in Europa la regola non è ancora attiva per cui le due squadre giocano con i numeri da 1 ad 11 e la maglia numero 7 del Bordeaux la veste Zinedine Zidane.
In quegli anni gli unici campionati esteri visibili in Italia erano la Premier League (sulla pay tv) e la Liga (una partita a settimana in chiaro su TeleMontecarlo), mentre per cercare notizie sugli altri campionati le uniche fonti per i comuni mortali erano il Televideo, per i risultati, ed il Guerin Sportivo per leggere qualche approfondimento. Grazie a quegli articoli di approfondimento si poteva essere a conoscenza di questo ragazzo di origini berbere che si stava mettendo in luce con la maglia del Bordeaux, ma le prove visive a disposizione erano molto poche.
E così mentre con la mia famiglia siamo seduti a divorare i rispettivi pezzi di focaccia ci accorgiamo, vedendo la partita, che in mezzo a quel susseguirsi di contrasti, duelli aerei e contese su ogni pallone, c’è un giocatore che sembra esularsi da quel contesto: controlla la palla, la accarezza, la conduce, si ferma e gira intorno agli avversari muovendo il pallone sotto la suola.
Un ragazzo di 14 anni come me a quel tempo non poteva non esaltarsi vedendo certe giocate, a quell’età riconosciamo in quelle abilità il gesto di ribellione rispetto al contesto generale, la bellezza che prevarica la concretezza. Quel giocatore sembra disputare un’altra partita rispetto a tutti gli altri, eppure dall’altra parte del campo ci sarebbe un certo Roberto Baggio, ma il contesto di quel Bordeaux-Milan esalta maggiormente i colpi di quel ragazzo che due anni dopo alzerà al cielo la Coppa del Mondo ed il Pallone d’Oro.
“Zidane? È più divertente che utile”
Al termine della stagione 2000/2001 con lo scudetto vinto dalla Roma ai danni della Juventus, la formazione bianconera decide di esonerare Carlo Ancelotti per riprendere Marcello Lippi, un inizio di rivoluzione che porterà Zidane a lasciare Torino direzione Madrid: fu quando il passaggio ai galacticos divenne ufficiale che l’avvocato Agnelli rilasciò la famosa dichiarazione sul giocatore francese, ma quella sera di 26 anni fa non fu affatto così, Zinedine Zidane mostrò sia l’eleganza che l’efficacia delle sue gesta.
L’azione che porterà al goal del 3-0 con cui il Bordeaux ribalterà l’esito della doppia sfida nasce da una sua grandissima giocata a centrocampo, dove raccoglie un passaggio girato spalle alla porta, dopo essersi girato conduce il pallone con l’esterno del piede destro – con l’andatura per il quale lo ricordiamo e lo riconosciamo -, cerca un passaggio filtrante per Tholot che viene intercettato, ma ritorna sul pallone ed in scivolata lo serve a Dugarry che incrocerà il suo destro alle spalle di Mario Ielpo, dando il via alla festa girondina.
Nei minuti finali di partita la sua qualità nella gestione del pallone permette ai suoi compagni di appoggiarsi a lui per giocare con il cronometro e tenere il pallone lontano dall’area di rigore di Huard; anche in quelle giocate non rinuncia mai all’utilizzo dell’esterno del suo piede destro e della suola, rendendo inefficaci i tentativi di recupero immediato dei vari Panucci, Costacurta e Maldini. Sono le giocate che regalano al Bordeaux la possibilità di completare il capolavoro tecnico predisposto dal tecnico Gernot Rohr.
Al fischio finale che sancisce l’eliminazione del Milan, le facce del sottoscritto, di mio padre, di mio nonno, di mio zio e di mio cugino sono simili tra di loro. Da un lato l’ammirazione per la prestazione del Bordeaux e nel vedere all’opera quel fuoriclasse in divenire che vestiva la maglia numero 7, dall’altra una sensazione di imbarazzo – dovuto alla regola non scritta allora vigente di non tifare contro le squadre italiane nelle coppe europee – nel mostrare un ghigno di soddisfazione per l’eliminazione del Milan, squadra poco amata in quel consesso familiare.
Bordeaux-Milan fu l’inizio della fine del dominio del calcio italiano?
Terminata la sfida di Parc Lescure, si torna sui canali Rai per capire se la Roma riuscirà a portare a termine la stessa impresa del Bordeaux. Nella famiglia c’è unanimità nel sostegno alla formazione allenata da Carlo Mazzone, tanto da farci esultare alla rete con cui Giuseppe (un nome che ritorna nella narrazione di questa giornata) Giannini manda ai supplementari la squadra giallorossa, ma l’epilogo sarà amaro perché dopo il 3-0 di Moriero, un tiro da fuori area senza grosse pretese del subentrato Vavra a pochi minuti dalla fine regala ai cechi il passaggio del turno, estromettendo ogni presenza italiana dalla Coppa UEFA in quella stagione.
Ironia della sorte volle che in semifinale Bordeaux e Slavia Praga si incrociassero per stabilire la finalista di quella coppa UEFA, furono ancora Dugarry e Zidane e superare il turno per poi cedere in finale al Bayern Monaco.
A seguire Bordeaux-Milan per la tv francese c’era Michel Platini che, grazie al suo rapporto diretto con l’avvocato Agnelli, convinse la Juventus ad investire su Zinedine Zidane nonostante il successivo europeo poco brillante per lui e per la Francia. Come da tradizione del Milan degli anni Novanta, invece, i giustizieri in campo europeo vengono acquistati da Galliani, e così la scelta ricadde su Cristophe Dugarry, la cui carriera rossonera fu a dir poco avara di soddisfazioni.
Fa abbastanza specie pensare – a distanza di diversi anni – che per le squadre italiane approdare con due rappresentanti ai quarti di finale di una coppa europea fosse normale e che fosse addirittura un fallimento non raggiungere le semifinali. Infatti, quella fu la prima edizione dopo sette anni in cui la finale non vedeva un’italiana in campo; ci siamo rifatti negli anni successivi con i successi di Inter e Parma nel 1998 e nel 1999 ma da quel momento in poi la coppa UEFA non tornerà mai più in Italia.
Se Atene piange, Sparta non ride: per i tifosi del Bordeaux quella cavalcata europea rimane la penultima grande soddisfazione del club. L’ultima fu il titolo vinto nel 2009 fermando il dominio del Lione; demiurgo di quell’impresa fu Laurent Blanc (un altro campione del Mondo), capace l’anno successivo di portare i girondini anche ai quarti di Champions eliminando la Juventus di Ciro Ferrara dai gironi. L’addio a Parc Lescure nel 2015 a favore del nuovo stadio Mahmut-Atlantique, costruito per gli europei del 2016, sembra aver tolto l’anima a questo club che adesso annaspa nei bassifondi della Ligue 1 ed alle prese con grossi problemi societari.
Dopo qualche anno, anche le sere del 19 marzo non furono più le stesse: le partite non erano più trasmesse in chiaro e, soprattutto, la tradizione delle focacce e dei taralli iniziò a venir meno, nella migliore esemplificazione del panta rei teorizzato da Eraclito. Ma il ricordo di aver visto per la prima volta all’opera la classe ed il talento di Zinedine Zidane in quel Bordeaux-Milan a casa di nonno Peppino la sera della Festa del Papà quello no, non scorre.