Deve esserci qualcosa di particolare nella classe di calciatori nati nel 1999, gente che non ha dovuto attendere particolari procedure ministeriali per passare dal settore giovanile alla prima squadra (come qualcuno in Italia recentemente ha affermato con una certa leggerezza). Possiamo citare per reparto Gianluigi Donnarumma in porta, Matthijs De Ligt in difesa, Mason Mount a centrocampo, Joao Felix tra le linee e Kai Havertz che agisce da falso nueve.
Tutti questi elementi hanno in comune anche il fatto di essere già un elemento fisso delle rispettive nazionali, un aspetto che toglie da questi esempi un giocatore che per qualità individuali e capacità di stare in campo non ha nulla da invidiare a questi coetanei ma ha un grosso problema, far parte di una generazione di una nazione ipertrofica di talenti come quella francese: stiamo parlando di Boubacar Kamara.
Kamara fa pulsare il cuore marsigliese dell’Olympique
Il numero 4 del Marsiglia è un nuovo esempio di calciatore nato e cresciuto tra le strade della città provenzale, dove nei vicoli stretti di Le Panier sboccia tanto talento artistico ed anche calcistico, come quello di Samir Nasri per citarne uno che rappresenta al meglio l’essenza di questa città ricca di contraddizioni e di multiculturalità.
Vedendo all’opera Kamara, però, è evidente la natura multiculturale di Marsiglia (i genitori sono senegalesi) ma non propriamente il senso della sregolatezza e della genialità, anzi nel vedere giocare il centrocampista dell’OM si nota un senso del controllo di tutto ciò che sta accadendo intorno a lui, sia che lui o la sua squadra abbiano o meno il possesso del pallone.
Possibile chiave di lettura sta nel fatto che la crescita nelle strade si sia alternata con l’accesso sin da bambino nel settore giovanile della squadra della sua città, dove ha avuto modo di imparare a riconoscere gli eventi di una partita di calcio e mettere a disposizione le proprie qualità in base al contesto della partita. Per questo il profilo di Boubacar Kamara ha stimolato la fantasia degli allenatori che lo hanno avuto a disposizione consegnando a lui ruoli di responsabilità non appena dal settore giovanile ha messo piede in prima squadra.
Atto I: L’approdo in prima squadra con Rudi Garcia
Il primo approccio di Kamara con la prima squadra arriva sotto la gestione di Rudi Garcia, che lo aggrega alla rosa nella stagione 2017/18, ossia quella che porterà l’Olympique a giocarsi la finale di Europa League a Lione contro l’Atletico Madrid. Già dalle apparizioni in questa stagione l’ex allenatore della Roma fa capire che Kamara è un profilo che può tornare utile in diverse posizioni del campo sia per la sua capacità di giocare il pallone che quella di saper trovare la giusta posizione difensiva.
Quando inizia la stagione successiva arriva la titolarità al centro della difesa, ossia la posizione in cui veniva schierato prevalentemente nel settore giovanile sia a livello di club che di nazionali giovanili francesi. Garcia lo vede bene lì per far partire l’azione e permettere a Maxime Lopez di ricevere la palla per far progredire l’azione e usare il suo senso della posizione per proteggere al meglio la propria area di rigore.
I piani dell’ex allenatore del Lione non sono andati nella maniera preventivata: la squadra marsigliese si esponeva troppo spesso alle transizioni avversarie a causa di tanti palloni persi a metà campo e Kamara era chiamato a sfidare gli avversari in duelli individuali con tanto spazio alle spalle, soprattutto contro attaccanti parecchio più esperti; tuttavia anche di fronte a queste difficoltà mostrava una certa lucidità nelle scelte, come quelle di cercare di ritardare l’attacco avversario o commettere falli atti a bloccare le ripartenze avversarie.
Come emerge dalle statistiche, la tendenza in quella stagione è stata quella di esporre progressivamente Kamara a diversi duelli difensivi, dove comunque è riuscito a mantenere una buona percentuale di successi (68% vinti) ma non tali da poterlo considerare il top di gamma in relazione a questo fondamentale difensivo.
Dalla prima stagione intera giocata tra i professionisti emerge un giocatore che sa arrangiarsi da centrale difensivo ma che forse necessita di operare in porzioni di campo più ristrette per nascondere alcuni limiti fisici.
Atto II: André Villas-Boas
Finita l’era di Garcia, ad occupare la panchina dello stadio Velodrome arriva André Villas-Boas, un allenatore tanto bravo quanto schiacciato dalla poca predisposizione al venire a patti con le sue idee di gioco rispetto alla rosa a disposizione. Le esperienze extra-campo del portoghese lo rendono un allenatore più attento alla gestione dell’equilibrio della squadra, una scelta che farà del bene alla crescita di tanti giocatori, uno su tutti proprio Boubacar Kamara.
Se andiamo a vedere le misurazioni antropometriche del giocatore marsigliese emerge che è alto 184 centimetri per 68 chili, non proprio le misure adatte ad un difensore costretto a dover affrontare a duello i centravanti del campionato francese e soprattutto correre all’indietro quando c’è da colmare tanto spazio alle spalle della difesa.
Deve aver pensato a questo Villas-Boas quando ha dovuto ridisegnare l’Olympique, questa squadra necessitava di ritrovare l’equilibrio e di una maggiore protezione della linea difensiva, ed allo stesso tempo ha capito che il suo numero 4 per poter rendere al meglio dovesse posizionarsi davanti alla difesa per poter rendere al meglio. Con una sola mossa l’ex allenatore del Chelsea risolve diversi problemi di equilibrio difensivo ed allo stesso tempo permette a Kamara di trovare dei compiti che meglio si sposano con le sue caratteristiche.
Come si evince dalla heatmap relativa a quella stagione (dimezzata dalla chiusura preventiva del campionato causa pandemia) la prima con Villas-Boas è stata la stagione di transizione da centrale difensivo a mediano davanti alla difesa. Con questo spostamento si è alzata la responsabilità in fase di impostazione (si passa dai 45 passaggi effettuati di media della stagione precedente a 54 passaggi in media a partita) ed allo stesso tempo le sue letture difensive sono migliorate: la percentuale dei duelli difensivi vinti sale al 70,4% raggiungendo, quindi, i livelli top del campionato francese.
Atto III: Kamara incontra il calcio fluido di Sampaoli
Ed arriviamo ad oggi: dopo un gennaio culminato con assalti alla sede del club, cambi di assetto dirigenziale e, non ultimo, l’addio di André Villas-Boas, per il Marsiglia inizia un’era ricca di tante aspettative rese ancora più grandi dall’approdo in panchina di Jorge Sampaoli, il più grande discepolo di Marcelo Bielsa, uno che a Marsiglia aveva lasciato il segno quando Kamara probabilmente faceva il raccattapalle al Velodrome.
Con l’allenatore argentino arriva a Marsiglia un calcio fluido, con giocatori che devono spostarsi in campo in base alla fase di gioco con lo scopo di conquistare spazi e rendersi pericolosi sfruttando al meglio tutta l’ampiezza del campo. L’Olympique con Sampaoli in panchina diventa una squadra che tiene la palla e cerca di avere il dominio territoriale.
Come si rende utile Boubacar Kamara in questo nuovo stile di gioco? Le caratteristiche le conosciamo già, il nuovo allenatore decide di sfruttarle applicando al meglio il pensiero fluido alla base del suo gioco e richiede una ancor maggiore iniziativa con la palla al piede e proteggere la difesa facendo un passo in avanti non appena i compagni in attacco perdono la palla. Guardare il campo in avanti è la dimensione del gioco non ancora esplorata nel giocatore marsigliese e che quindi potrebbe sollecitarne la crescita.
Un tipico esempio di come il Marsiglia di Sampaoli si muove in campo in maniera fluida è visibile da questo esempio: quella che dovrebbe essere una difesa a 4 si trasforma in una difesa a 3 quando la squadra ha la palla; Rongier (utilizzato come terzino nominale dall’allenatore argentino) affianca Kamara in mezzo al campo in modo tale da creare una coppia per costruire gioco ed allo stesso tempo proteggere la linea difensiva in caso di transizione come accade in questo esempio, dove il numero 4 del Marsiglia si lancia a contendere un pallone che il Monaco aveva appena recuperato.
La fluidità dello schieramento imposto dall’allenatore argentino ha portato lo stesso Kamara ad esplorare anche la posizione di terzino destro, svolgendo gli stessi compiti descritti in precedenza per Rongier, questo quando l’altro centrocampista schierato è Gueye, mostrando quindi come il prodotto del vivaio marsigliese è ormai perfettamente in grado di adattarsi a più contesti, una caratteristica indispensabile per emergere nel calcio contemporaneo.
A questo aspetto si aggiunge il fatto che sotto la guida dell’ex Siviglia e Cile, Kamara ha visto esponenzialmente aumentare il volume di passaggi effettuati e soprattutto muove maggiormente la palla in verticale non appena il possesso prolungato del quintetto di costruzione apre spazi alle spalle delle linee avversarie, uno dei comandamenti imposti dal proprio allenatore.
Kamara è un giocatore da Premier League?
In questo periodo storico per definire il livello di un giocatore ci si chiede se siamo di fronte ad un giocatore da Premier League; un tempo ci si chiedeva se fosse un giocatore da Serie A o da nazionale, per cui indipendentemente da come la si pensi, il quesito è da porsi anche in relazione al giocatore del Marsiglia.
Come molti suoi pari età il passo verso livelli più competitivi sembra in dirittura d’arrivo: il percorso di Kamara è stato molto lineare, l’ottima formazione del settore giovanile dell’Olympique ha permesso di velocizzare l’approccio con il calcio professionistico, a questo si aggiunge l’incontro con allenatori che lo hanno plasmato al meglio sviluppando progressivamente le sue caratteristiche.
La duttilità in termini di posizioni in campo ed in termini di compiti che è in grado di svolgere in campo, che sia impostare, che sia pressare, che sia difendere posizionalmente, lo definiscono come un giocatore che farebbe la felicità di tanti allenatori.
Se guardiamo al vertice della Premier League, Kamara sarebbe molto interessante da vedere come vice-Fabinho dalle parti di Anfield Road, o come sostituto di Kanté al Chelsea, oppure scendendo di qualche gradino sarebbe entusiasmante vederlo nei meccanismi di pressione del Southampton di Hassenhuttl e, perché no, passare dal discepolo Sampaoli al maestro Bielsa in quel di Leeds.