Brentford – Arsenal. Prima giornata della nuova stagione, primo match in assoluto della nuova Premier League 21/22. Ai nastri di partenza si trovano di fronte due club, due situazioni completamente diverse tra di loro, se non proprio agli estremi opposti. Da un lato il Brentford, la cenerentola del campionato, tornato in massima serie dopo ben 74 anni, grazie alla vittoria nei playoff della scorsa Championship. Dall’altro l’Arsenal, da ben 96 anni ininterrottamente in Premier, una delle cosiddette Big six per cui certo non serve alcuna presentazione.
Da una parte una squadra rimasta sostanzialmente invariata nell’undici iniziale rispetto all’anno precedente, fatta eccezione per le aggiunte di Kristoffer Ajer in difesa, e di Frank Onyenka sulla mediana. Una squadra che con la promozione conquistata ha già scritto la storia, e che ora è pronta a godersi il “percorso” senza troppe pretese, ma non per questo pronta a stendere il tappetto rosso a chiunque passi dalle parti del nuovissimo Brenford Community Stadium. Dall’altra l’Arsenal, che al contrario nel mercato estivo ha speso più di chiunque altro – basti pensare già ai 58 milioni sborsati per Ben White – alla strenua ricerca di tornare ai livelli che gli competevano fino a qualche anno prima, e soprattutto per riscattare un’ultima stagione a dir poco deludente.
Tutto quanto farebbe pensare ad una se non scontata, abbastanza probabile vittoria degli ospiti, che non avrebbero potuto auspicare avversario migliore per inaugurare con 3 punti l’anno del possibile riscatto. Ma il calcio, come ben spesso accade, fatica a seguire la logica. Ed infatti, al termine dei novanta minuti il tabellino segna il punteggio di 2-0 in favore dei padroni di casa. Destro secco di Canos ad aprire le marcature, testata di Norgaard – qualcuno ne ricorderà la fugace esperienza alla Fiorentina – a suggellare il vantaggio, e allo stadio è delirio generale per il vittorioso ritorno (ed esordio) in Premier League.
Il senso logico indicherebbe un evento singolo, successivo al quale le strade delle due compagini avrebbero dovuto seguire il proprio percorso predesignato. Invece ancora una volta il calcio sfugge a qualsiasi tipo di legge. Ad oggi infatti, dopo sette giornate di campionato, il neopromosso Brentford è ancora davanti in classifica rispetto all’Arsenal, in settima piazza a quattro punti dalla vetta occupata dal Chelsea – che affronterà nel pomeriggio odierno alle 18:30 – e a soli due dalla zona valevole per la qualificazione in Champions League. Sette partite certo non bastano a provare alcunché, ma certo sono valse alle Bees l’attenzione del grande pubblico.
Compattezza e continuità
Come detto il Brentford occupa al momento la settima piazza in classifica, maturata grazie ai 12 punti guadagnati nelle sette giornate disputate sino ad oggi, perdendo solo dal Brighton, per di più sopraggiunta al novantesimo. Le fortune di questo inizio di stagione si basano su un sistema di gioco ormai collaudato da anni, ovvero dall’approdo sulla panchina biancorossa di Thomas Frank nel 2018, che con il passare delle stagioni si è evoluto nelle dinamiche e nel modulo fino al 3-5-2 usato ad oggi. Schieramento rivelatosi utile per aiutare la squadra nell’assorbire l’impatto con la nuova realtà della Premier.
Il gioco delle Bees ha infatti ovviamente subito delle variazioni rispetto all’annata precedente, riuscendo però a conservarne i principi basilari. Il Brentford ha consolidato nel tempo un gioco impostato sulla verticalità e sulla capacità di sfruttare il gioco sulle fasce grazie al dinamismo degli interpreti. Non a caso per gran parte della sua gestione Frank ha optato per l’uso del 4-3-3 – che nella stagione 19/20 ha visto il trio formato da Watkins, Benhrama e Mbeumo, basti pensare al salto compiuto dai primi due per comprendere il potenziale offensivo di quella formazione – tramutatosi solo nell’ultima parte della scorsa Championship nel 3-5-2 che oggi vediamo in campo.
Il passaggio alla massima serie ha comportato una diminuzione del possesso palla, non inficiando tuttavia più di tanto il gioco dei biancorossi, che abituati a cercare la verticalizzazione veloce hanno saputo ben adattarsi ad un gioco più difensivo ma concedente maggiori possibilità di attaccare in campo aperto. L’unico deficit è il numero di possibilità di attaccare, fisiologicamente calato non avendo a disposizione lo stesso numero di palloni avente in Championship.
La squadra di Frank non punta a far niente di particolarmente complicato, bensì a far bene le cose semplici e che la formazione conosce ormai a memoria. A sorprendere è la coesione nel realizzare tutto ciò. Il Brentford difende in undici, e attacca in undici. Lo si è potuto apprezzare a pieno nel pareggio ottenuto per 3-3 contro il Liverpool, dove la squadra, pur costretta spesso a rifugiarsi per difendere completamente dietro la linea della palla, ha saputo poi far male ai Reds ogni qual volta entrasse in possesso del pallone, proprio grazie al sostanzioso accompagnamento dell’azione, ed in particolare, nella capacità di attaccare e riempire l’aria di rigore.
In questo senso la presenza davanti di Mbeumo e Toney (31 gol nella passata Championship) rappresenta un elemento fondamentale per la riuscita del gioco. I due grazie alle proprie caratteristiche permettono di avere la possibilità sia di appoggiarsi, sia di attaccare la profondità, evitando così di rendere prevedibile lo sviluppo dell’azione. Favorendo oltretutto con i loro movimenti lo sviluppo del gioco sulle fasce – specialmente quella occupata da Canos, ala offensiva a tutti gli effetti – e l’inserimento delle mezzali che spesso e volentieri risultano decisive anche in fase realizzativa. Fino ad oggi, complice anche l’onda d’entusiasmo, tutto sta funzionando alla perfezione, ed il sistema sta così permettendo di sopperire alle mancanze dei singoli, presenti in diverse zone di campo.
Dove può arrivare il Brentford?
Realisticamente verrebbe da dire non molto lontano, ma le ultime annate di Premier ci hanno insegnato come anche realtà non propriamente attrezzate per volare a lungo in alto – vedi lo Sheffield United di due stagioni fa, oppure il Burnley approdato ai preliminari di Europa League nel 2018 – possano invece riuscirci. A tal proposito la compattezza del gruppo e l’apparente unione d’intenti mostrate sino ad ora ricordano molto bene quelle che hanno permesso alle Blades e ai Clarets di gettarsi oltre l’ostacolo.
Come già detto sette giornate non bastano però a fare delle previsioni. Molto dipenderà dalla capacità di sostenere un livello di gioco e di attenzione che per il momento molto ha beneficiato dell’ondata d’entusiasmo generata dal ritorno in Premier e dal conseguente ottimo avvio di stagione. Tutto starà nel capire quanto le fondamenta della squadra siano solide per reggere il peso dei primi momenti difficili, destinati inevitabilmente ad arrivare per chiunque.
Quel ch’è certo è che a Brentford sono riusciti a costruire una realtà in controtendenza con quello che oggi è l’andamento del calcio mondiale, puntando sui giovani – con 24,5 anni hanno una delle medie età più basse d’Europa – e su investimenti mirati che permettessero al club di avere uno sviluppo sostenibile, come testimoniato dai bilanci. In questo modo i biancorossi tornando in Premier dopo trequarti di secolo hanno già vinto la loro personalissima partita, guadagnandosi anche la simpatia del grande pubblico.
Da qui alla fine stagione le cose potrebbero ribaltarsi completamente, questo è vero, ma non è detto che le Bees non riescano nell’ennesima di quelle imprese che contribuiscono a rendere magnifico questo sport. D’altronde non avranno certo paura di volare, né tantomeno, voglia di smettere.