È il 27 settembre 2021, vigilia del Monday Night della sesta giornata di Premier League, il Brighton va a far visita al Crystal Palace in quel di Selhurst Park. Potrebbe sembrare una partita qualsiasi della Premier, quasi anonima considerando il blasone delle contendenti. Ed invece è una partita che potrebbe fare storia: in caso di vittoria il Brighton & Hove Albion andrebbe da solo in vetta alla classifica del campionato più ricco e competitivo del mondo.
La prestazione della squadra di Potter quella sera, alla fine, non è stata un granché, anzi un goal allo scadere del recupero di Maupay su un suicidio difensivo del Crystal Palace ha evitato una meritata sconfitta. Appuntamento con la storia rimandato ma la grande scalata di questo club del sud dell’Inghilterra resta un racconto che spiega quanto possa essere di successo una strategia basata sulla programmazione e su un rapporto analitico alle prestazioni sul campo.
Dove nasce il progetto Brighton
A Brighton per chiedere a qualcuno “Come va?” si domanda e si risponde: “All right mate!”
In un brano non proprio di punta della sua produzione, Fabri Fibra riassume il modo di vivere di Brighton, città del Sud dell’Inghilterra che, sarà per l’affaccio sul canale della Manica, ma rappresenta un tipo di città diversa dallo stereotipo britannico: è una località balneare (forse la più importante del Regno), di svago ed anche una città universitaria.
Insomma, sembra a grandi linee l’identikit di una località della riviera romagnola dove il divertimento e l’ospitalità vengono prima di tutto. In questo contesto cresce Tony Bloom, proprietario autoctono del club (una rarità nel mondo della Premier League) che ha costruito le proprie fortune economiche mediante il betting, un business dove ha saputo conciliare la passione giovanile sulle scommesse sportive con i suoi studi matematici.
Ed è proprio la scommessa il leitmotiv della gestione Bloom da quando ha preso in mano il club, puntando su grossi investimenti sulle infrastrutture di proprietà del club – la costruzione dell’Amex Stadium è stata finanziata da lui per intero – come base di partenza per far crescere la squadra a livello sportivo. Una strategia che ha funzionato nonostante le tre stagioni tra il 2014 e il 2016 in cui i Seagulls hanno mancato la tanto agognata promozione in Premier, poi raggiunta nel 2017.
La scelta di Graham Potter
Al termine della stagione 2018/2019 il Brighton ottiene la seconda salvezza consecutiva in Premier: il risultato non è mai stato in pericolo, ma la squadra non ha mai espresso una grande qualità di gioco, destando dubbi sulla bontà di una strategia simile nel lungo periodo in un contesto così competitivo come la massima divisione inglese.
Questo è ciò che ha pensato Tony Bloom quando al termine della stagione non ha rinnovato il contratto all’allenatore che ha riportato il Brighton in massima serie dopo oltre 40 anni, decidendo di andare a pescare dallo Swansea Graham Potter, una vera e propria scommessa. Ma d’altronde cosa c’è da sorprendersi della scelta di un presidente che con le scommesse ci ha costruito un patrimonio?
La scelta di un tecnico con una formazione molto varia in panchina, tra campionati giovanili, campionati femminili e campionato svedese, mostra quanto il club abbia aperto le porte ad un’idea di calcio più aperta alle novità ed al futuro, un elemento che ad Hughton sembrava mancare.
Le imprese in Svezia sulla panchina dell’Ostersunds prima (dalla quarta divisione all’accesso in Europa League) e l’ottima stagione sulla panchina dello Swansea poi sono state frutto di una particolare visione di calcio del tecnico nativo di Solihull, basata sull’importanza di tenere il pallone e di avere un predominio territoriale anche in condizioni di materiale umano su cui molti altri allenatori non avrebbero contato per quel tipo di calcio.
Quest’ultimo punto non è di poca rilevanza, questo perché nonostante il cambio di panchina e quindi di strategia tattica da utilizzare, il Brighton è rimasta a grandi linee la stessa squadra degli anni precedenti. In particolare forti erano le perplessità sull’opportunità di utilizzare difensori centrali come Dunk, Duffy o Webster come costruttori di gioco pur essendo cresciuti all’ombra della vecchia scuola inglese, non proprio prona a costruire difensori centrali eleganti con la palla tra i piedi.
Eppure, dopo qualche difficoltà iniziale il pensiero di Potter ha attecchito immediatamente il gruppo di giocatori in maglia bianco blu, rendendo visibile sin dalle prime partite il cambiamento di stile apportato alla squadra da parte della nuova guida tecnica, basato su una ricerca continua del possesso palla, anche con continui palleggi tra i difensori centrali per poi cercare il modo di trovare un giocatore libero tra le linee.
A livello statistico, osserviamo il quantitativo di passaggi gestiti dal centrale Lewis Dunk: con Houghton, il numero 5 del Brighton giocava la palla molto in fretta e prevalentemente senza cercare soluzioni atte a mantenere il possesso, in soldoni gli veniva chiesto di lanciare lungo.
Il volume di passaggi effettuati e di passaggi riusciti crescono nel corso degli anni di pari passo con l’evoluzione tattica della squadra. Il punto di rottura, come si evince chiaramente dal grafico, arriva con il cambio di gestione tecnica, Potter richiede al suo capitano di prendersi la responsabilità di far partire l’azione palla a terra e consolidare il possesso palla, un totale cambio di paradigma perfettamente assorbito da lui e dalla squadra.
I giocatori chiave del centrocampo
A dimostrazione che i moduli sono solo un modo per schierare i giocatori in una grafica statica ma che non dicono nulla su come una squadra intenda giocare una partita, il Brighton non ha un modulo di gioco definito, tuttavia, qualsiasi sia lo schieramento di partenza, possiede princìpi di gioco ben riconoscibili e mai messi in discussione.
Già messo in luce il cambio di rotta rispetto ai compiti richiesti ai difensori centrali in fase di possesso, non può certamente essere escluso da questa analisi il ruolo che hanno i centrocampisti, in particolare quelli centrali. Potter necessita per il suo gioco giocatori in grado di adattarsi a coprire diverse posizioni in mezzo al campo e, soprattutto, eseguire diversi compiti.
Per questo motivo ci sono due giocatori chiave in questo disegno dell’ex allenatore dell’Ostersunds: il primo è Yves Bissouma, il secondo è Pascal Gross.
Il maliano è l’elemento di equilibrio della squadra, sfrutta il suo fisico per difendere il pallone ed allo stesso tempo per ricucire gli spazi quando la squadra si allunga; in fase di possesso è il giocatore che serve a consolidare il possesso ma che non ha il compito di far avanzare il gioco (quello spetta ai difensori centrali) bensì di usare la propria posizione per liberare spazio e linee di passaggio ai propri compagni più avanzati ed agli esterni, utilizzati molto spesso per portare il pallone nella trequarti avversaria. Oggi Bissouma è escluso dalle rotazioni della squadra titolare in quanto coinvolto in una vicenda personale poco simpatica (eufemismo) che ha portato il club a tenerlo fuori squadra. A dimostrazione della sua unicità e della sua importanza, Potter ha dovuto cambiare lo schieramento a centrocampo della sua squadra per ovviare alla sua assenza.
Il tedesco, invece, è stata una scelta esplicita del tecnico nel momento in cui ha accettato la panchina all’Amex Stadium, le due stagioni giocate in Premier nell’Huddersfield avevano mostrato chiaramente l’importanza a livello tattico di un giocatore con quelle caratteristiche.
La principale qualità di Pascal Gross sta nella capacità di trovare sempre la miglior posizione possibile in campo in base a quelle che sono le necessità della squadra, ma soprattutto di essere molto pulito nelle giocate che, magari, non rubano gli occhi dell’osservatore ma che sono indispensabili per dare un senso al possesso della propria squadra. Potter sta schierando il giocatore con la maglia numero 13 come centrale di centrocampo accanto a Bissouma, come esterno a tutta fascia e adesso, in assenza del maliano, in un ruolo ibrido tra il centrale di centrocampo e la mezzala, forse la tipologia di ruolo in cui meglio si può notare la sua importanza in entrambe le fasi di gioco.
Citazione la merita anche Jakub Moder, centrocampista polacco classe 1999 utilizzato sul lato sinistro del campo con compiti e caratteristiche simili a quelle di Gross, ma incapsulate in un fisico di 188 centimetri, arrivato in corso d’anno nella scorsa stagione e parte di una strategia di scouting che andremo a raccontare più avanti.
Lo strano rapporto del Brighton con le statistiche avanzate
Non è un segreto, per gli osservatori più attenti, che il Brighton sia stato un caso di scuola nella scorsa stagione in merito alla questione del rapporto tra risultati ottenuti e risultati attesi: sostanzialmente la squadra del sud dell’Inghilterra, grazie al proprio stile di gioco, dominava le partite, produceva di gran lunga più degli avversari sia a livello quantitativo che qualitativo, ma alla fine Dunk e compagni collezionavano solamente pareggi o sconfitte.
Il grafico mostra come la squadra di Potter fosse nel quadrante delle squadre migliori della Premier nel rapporto tra possesso palla e differenziale tra occasioni create ed occasioni concesse mediante gli expected goals. All’interno di quel quadrante vi sono, seppur staccate, le 4 squadre che hanno terminato la Premier ai primi 4 posti della classifica ed altre squadre di un certo blasone: questo sta a significare che Potter ha portato il Brighton ad avere uno stile di gioco dominante al livello delle grandi squadre della Premier, eppure alla fine del girone d’andata la classifica vedeva i Seagulls potenzialmente in zona retrocessione.
Ma allora cosa è andato storto? La stampa e la critica hanno avanzato diverse teorie: quella più gettonata riguardava la qualità in fase di finalizzazione delle due punte Maupay e Trossard, un’idea non così peregrina visto che il francese ed il belga non hanno mostrato di essere propriamente dei bomber di razza e, soprattutto, spesso dimenticando di occupare l’area di rigore perché attratti dal venire incontro a prendersi il pallone sulla trequarti.
Tuttavia, l’underperformance offensiva non era l’unico indice negativo, lo era anche quello difensivo. La squadra difendeva bene e concedeva poche occasioni agli avversari che, però, riuscivano sempre a trovare un goal in più rispetto a quanto previsto dal calcolo degli goal attesi. A questo problema Potter è riuscito a trovare una soluzione nel momento più difficile, con una scelta molto forte per una squadra di calcio, cambiare il portiere titolare: fuori Ryan, richiesto dall’Arsenal come secondo di Leno, dentro dal primo minuto Robert Sanchez.
Il portiere spagnolo si è rivelato l’aggiustatore dei problemi statistici del Brighton grazie ad una più alta percentuale di parate, e soprattutto un ribaltamento del valore dei post-shots expected goals (PsxG), un indice che misura le prestazioni di un portiere dando un valore ai tiri subiti nello specchio: mentre Ryan subiva più goal rispetto a quanto atteso in base a questo indice, Sanchez, invece, ha salvato in totale ben 5 reti. Un valore che ha fatto tutta la differenza del mondo.
Grazie a questo cambiamento il Brighton è riuscito a ridurre il divario con le statistiche dei goal attesi, permettendo alla squadra di veleggiare verso una salvezza tranquilla e proseguire nel progetto in maniera serena, fino ad arrivare a questa stagione, dove senza anomalie statistiche, i bianco-blu si presentano alla sfida con il City da un eccitante quarto posto in classifica.
Il sistema dei prestiti
Il filo rosso che segue tutte le mosse strategiche del Brighton ha a che fare con il business che ha arricchito il suo presidente: le scommesse. L’approccio del club è sempre mosso da una ricerca del rischio che porta a scelte come quella di sposare il progetto Potter in luogo di Houghton, un discorso che si estende anche a quello che è un sistema di prestiti dei giocatori collegato a doppio filo con la strategia di scouting della società.
In Inghilterra i principali club, oltre allo strapotere economico di cui dispongono, utilizzano una discreta parte delle proprie ricchezze per poter potenziare il settore giovanile (le cosiddette academies) e poterlo sfruttare per rimpolpare la prima squadra (vedi Manchester United) o inviarli in prestito creando reti di squadre “satellite” per questo scopo (vedi Manchester City con il City Group), oppure se non c’è posto in prima squadra monetizzare dalla loro cessione (vedi Chelsea). Tutto questo sistema non è sostenibile per realtà meno prosperose come quella di Brighton, ed è qui che il club ha deciso di crearsi una propria strategia di cui stiamo iniziando a vedere i frutti.
Uno degli esempi visibili nella formazione attuale è proprio quello di Jakub Moder, centrocampista polacco di grandi prospettive che il direttore tecnico Dan Ashworth ha acquisito per 11 milioni di euro nell’estate del 2020 per poi lasciarlo in prestito al Lech Poznan in modo da permettergli di crescere ulteriormente prima di essere utilizzato in Premier. Nel caso di specie questo periodo cuscinetto è durato pochissimo, perché nella sessione successiva di mercato il Brighton ha deciso di sciogliere il prestito per portare il polacco subito a disposizione di Potter che, infatti, non riesce più a farne a meno.
Il modello di prestiti voluto da Ashworth, invece, è generalmente più di lungo periodo: scopo è acquistare il cartellino del giocatore prima che i grandi club decidano di metterci le mani e lasciarlo crescere in un altro club o nello stesso club di provenienza, monitorandone le prestazioni con un gruppo di osservatori creato ad-hoc per poi buttarlo nella mischia.
Esempio calzante in tal senso è quello di Alexis Mac Allister, oggi elemento importante nelle rotazioni della squadra, portato in Inghilterra nell’inverno del 2020 dopo averlo acquisito per 8 milioni di euro dall’Argentinos Juniors esattamente un anno prima. In questo lasso di tempo il giocatore argentino ha avuto modo di continuare la propria crescita anche grazie all’esperienza con la maglia del Boca Juniors in Copa Libertadores.
Con l’aumentare delle stagioni in Premier ed anche grazie agli incassi derivati la scorsa estate dalla cessione di Ben White all’Arsenal per oltre 50 milioni di euro, questo sistema è pronto ad alzarsi di livello, permettendo al club di continuare in questa strategia che continua a creare valore economico e tecnico.
Andando a scavare nella lista dei giocatori in prestito dal Brighton in questa stagione, troviamo vari elementi da diverso tempo sulla lista degli osservatori più esperti: alcuni di loro stanno vivendo una stagione da protagonisti con le rispettive squadre e, dunque, l’aspettativa è quella di vederli al più presto con la maglia dei Seagulls.
Abdallah Sima è un esterno offensivo senegalese che può anche giocare da punta che si è messo in luce lo scorso anno con lo Slavia Praga, dove ha contribuito al cammino della squadra ceca fino ai quarti di Europa League. Il Brighton ha investito su di lui 7 milioni di euro nelle fasi finali dello scorso mercato per poi girarlo in prestito in Championship allo Stoke City dove proverà a trasformare i Potters in una contender per l’approdo in Premier.
Michal Karbownik è un terzino polacco classe 2001 acquistato ad ottobre 2020 dal Legia Varsavia per poco più di 5 milioni di euro, ha il vantaggio di poter disimpegnarsi bene su entrambe le fasce anche se quella dove si trova maggiormente a suo agio è quella destra. Dopo averlo lasciato in Polonia nella scorsa stagione, il club ha deciso di inviarlo in prestito all’Olympiacos dove potrà mettersi alla prova in un contesto maggiormente competitivo e verificare se può tornare utile alla causa di Potter.
Moses Caicedo è forse il nome più conosciuto: l’ecuadoregno era la stella dell’Independiente del Valle, formazione che ha sorpreso tutto il Sudamerica per la capacità di imporre un calcio di grandissimo valore tecnico, la cui impronta ha permesso anche alla squadra nazionale dell’Ecuador di alzare il proprio livello. Il Brighton lo ha acquistato per 5 milioni ed oggi è in prestito ai belgi del Beerschot, dove proverà a superare la prova del passaggio dal calcio sudamericano a quello europeo, un percorso che appare ancora in salita ma su cui il Brighton ha deciso di scommettere.
Sempre restando in Belgio chiudiamo questa carrellata con Kaoru Mitoma, esterno offensivo giapponese acquistato quest’estate dal Kawasaki Frontale per 3 milioni di euro e girato in prestito al Saint-GIlloise, squadra neopromossa nel campionato belga e grande sorpresa di questa fase iniziale di stagione in cui si è messo in luce nello scorso weekend con una tripletta da subentrato nella partita vinta contro il Seraing.
Come si evince, si tratta di elementi molto giovani sulla cui crescita il club punta molto fortemente, per molti di loro questa crescita non è affatto scontata possa avvenire, soprattutto per i profili provenienti da un contesto lontano da quello europeo. Per questo motivo la strategia voluta dal club non è altro che una scommessa su questi calciatori, mostrando una propensione al rischio che deve essere la base per un club con meno risorse ma che vuole restare ambizioso.
Il Brighton può puntare in alto?
È giusto porsi un quesito su quali possono essere i limiti che il Brighton può porsi in questi anni, soprattutto fin dove gli obiettivi di crescita potranno essere alzati di fronte ad una lega in cui proprietà iper-munifiche sono pronte a cannibalizzare tutte le risorse tecniche migliori in giro.
La strategia del Brighton è stata quella di scommettere su una strategia ben precisa e non abbandonarla mai. Molti club nella posizione di classifica dei Seagulls nella scorsa stagione avrebbe spinto il bottone antipanico esonerando Potter per tornare ad un allenatore dallo spirito più “pratico”, ed invece l’analisi delle prestazioni è rimasta la stella polare della dirigenza che non ha mai messo in discussione il proprio allenatore.
Oggi il Brighton ha di fronte a sé una prospettiva particolarmente rosea sia a livello tecnico che a livello economico, il calendario oggi la mette di fronte a quel mostro dell’ultimo livello che è il City di Guardiola, una partita che negli uffici dell’Amex Stadium valuteranno non in base al risultato ma in base alla sua funzionalità al percorso di crescita.