Quando lunedì sera, a tempo ampiamente scaduto, Mandragora si è involato palla al piede verso la porta del Venezia, le possibilità che il Torino arrivasse allo scontro contro la Juventus con 10 punti in classifica (e quindi due di vantaggio sui bianconeri fermi ad 8) sembravano concrete. Anzi, guardando le prestazioni e l’evoluzione delle partite di entrambe le squadre, potevano risultare pochi. Invece, sfortunatamente per i granata, l’ex calciatore di Udinese e Crotone non è esattamente un killer d’area di rigore e occhi negli occhi con Maenpaa ha sbagliato la conclusione, lasciando il punteggio della contesa sull’1-1.
L’avvio di campionato così diverso e la conseguente situazione di classifica è piuttosto insolita per la storia degli ultimi 70 anni del Derby della Mole. Solitamente il Torino ha ambizioni modeste. A volte gli basta la salvezza, altre volte punta all’Europa minore; pertanto affronta la partita contro i bianconeri cercando nel “cuore granata” la forza e la convinzione per far inciampare la Juventus, colosso sempre attrezzato ad ambire a risultati (più) importanti. L’aria che si respira ora è molto diversa. Il Toro è tornato a proporre un calcio divertente e intenso, la Juventus arranca vince di misura e gli ultimi minuti li passa in apnea a sperare di non prendere gol.
Entrambe le squadre dopo il cambio di guida tecnica operato in estate potevano legittimamente ambire ad un campionato migliore del precedente. La Juventus, chiusa in una visione molto conservatrice di sé stessa, ha richiamato Massimiliano Allegri, grande protagonista della storia recente, fermo da due anni. Il Torino, nonostante l’ottima salvezza portata da Nicola, ha scelto uno dei tecnici emergenti più interessanti del panorama italiano, quell’Ivan Juric che ha fatto tanto bene a Verona. Hanno passato due estati diverse ma alle prime luci dell’alba del campionato 2021/22 (decisamente troppo presto, certo) sembra che solo i granata siano riusciti nell’intento di migliorare le ambizioni dell’anno passato.
La restaurazione di Cairo
Al terzo (forse quarto) tentativo sembra che Urbano Cairo sia finalmente riuscito a trovare un allenatore in grado di prendere il testimone di Walter Mazzarri. L’ultima stagione che ha segnato una crescita per il Torino infatti è stata proprio la 2018/19, con il tecnico livornese in panchina. Dopo la rottura, avvenuta a metà stagione 2019/20 con lui, per i granata sono stati tempi molto duri. Prima Moreno Longo, poi Marco Giampaolo non sono riusciti a far progredire un gruppo di calciatori che aveva totalizzato ben 63 punti nella stagione migliore. Anzi, se Longo è riuscito a salvarsi più grazie ai punti accumulati nel girone d’andata chiudendo comunque ad un poco gratificante sedicesimo posto, Giampaolo non ha finito la stagione; esonerato e sostituito da Davide Nicola. Quest’ultimo è riuscito a salvare la squadra torinese con un diciassettesimo posto in un campionato particolare (l’unico giocato interamente a porte chiuse) ma sudando decisamente più del previsto vista la rosa a disposizione (la nona più preziosa della Lega secondo Transfermarkt).
Ivan Juric è sembrata da subito una scelta ottima. Un tecnico emergente, che sa maneggiare bene la difesa a 3 e che quindi con l’ossatura della squadra impostata ormai due anni e mezzo fa, può fare bene. I dubbi estivi vertevano più che altro sul mercato. Cairo infatti è rimasto praticamente immobile sulle entrate fino a dopo Ferragosto, attirandosi le ire della piazza che, pur armata di ottime aspettative sulla qualità del tecnico, nutriva diversi dubbi su quelle della rosa; invecchiata, svuotata e ad un certo punto anche privata di uomini cardine andati via (su tutti Sirigu ma anche Lyanco e N’Koulou). Ma, grazie anche a qualche dichiarazione scomoda del tecnico croato, nell’ultima settimana di mercato i rinforzi sono arrivati. Pjaca, Praet, Pobega, Zima, Brekalo: tutti giocatori con un ottimo potenziale e con una collocazione tattica piuttosto precisa nello scacchiere di Juric.
Dopo un inizio un po’ sfortunato con due sconfitte, di misura e immeritate, nelle prime due gare (contro Atalanta e Fiorentina), i granata hanno inserito le marce alte. Hanno vinto e convinto con Salernitana e Sassuolo e hanno sfiorato il colpo grosso contro Lazio e Venezia, dove in entrambe le contese sono stati raggiunti nell’ultimo quarto di gara su calcio di rigore.
Il nuovo Torino di Juric è una squadra iper-aggressiva, intensa e con principi di gioco chiari. Come il suo maestro Gasperini, trasforma tutti i 90′ in un continuo 1 vs 1 a tutto campo e per fare ciò espone continuamente i suoi calciatori quanto quelli avversari a giocare con una concentrazione totale e completa. Contro la Juventus la formazione sarà presumibilmente quella ormai consolidata nelle ultime gare: Milinkovic-Savic tra i pali, difesa a tre con Rodriguez e Zima (quest’ultimo titolare per la squalifica di Djidji) braccetti e Bremer ultimo. Il brasiliano, che già ben prometteva, ha iniziato la stagione con diverse prestazioni di alto livello; grazie al gioco di Juric si esaltano oltremodo le sue qualità di “anticipatore”. Sulle fasce del centrocampo a quattro c’è l’imprescindibile Singo a destra e il continuo ballottaggio tra Ola Aina e Ansaldi sulla sinistra. L’importanza di tutto il sistema offensivo è fondato sui compiti degli esterni: sono loro a occupare l’ampiezza e andare in profondità. Per questo Aina può sembrare più adatto al modo di giocare juricciano ma la visione di gioco e il piede di Ansaldi sono armi a cui viene sempre difficile rinunciare.
Al centro del campo c’è molta alternanza nel doble-pivote: si sono disimpegnati con ottimi risultati Mandragora, Lukic e Pobega. Se i primi due erano una sicurezza in tal senso, con il ragazzo scuola Milan c’erano molti più dubbi. Mezz’ala d’inserimento classica, tutti si aspettavano potesse essere impegnato nei due dietro la punta, invece è stata una piacevole scoperta per tutti vederlo così a proprio agio diversi metri più indietro. Infine il “tridente” atipico: Sanabria – data l’indisponibilità di Belotti – non si tocca; dietro di lui carte sempre molto mescolate Praet se sta bene si candida sempre per una maglia, insieme a lui l’imprevedibilità di Pjaca e Brekalo. Occupare gli spazi centrali e i mezzi spazi è il dogma di tutto il quadrilatero composto dai centrocampisti e dai trequartisti.
Il cavallo di ritorno alla Continassa
Sulle sponde bianconere della città dei Re la situazione è un po’ diversa. L’entusiasmo è minore, la squadra è riconosciuta come forte (al netto di alcune carenze), ma la partenza a stra-rilento preoccupa. Il ritorno di Massimiliano Allegri doveva rappresentare la garanzia di poter competere nuovamente ad altissimi livelli e per ora, né le prestazioni né tantomeno la classifica restituiscono quest’immagine dei bianconeri. L’estate travagliata, che ha visto la partenza di CR7 solo il 28 agosto, è una parziale scusante. Lo scorso anno si lamentava un gioco poco corale, ricco di errori individuali e in generale una scarsa propensione al sacrificio. Ma le lacune di rosa, specie a centrocampo erano pesanti e il solo acquisto di Locatelli difficilmente può anche solo sembrare sufficiente a riempirli. Proprio per questo le aspettative erano tutte su Allegri e sul sistema che il tecnico livornese potesse costruire.
Ma la realtà non è (sempre) all’altezza della fantasia. Perché l’Allegri arrivato a Torino in questa versione 2.0 sembra molto più impegnato a far parlare di sé e ad alimentare il dibattito tra “giochisti e risultatisti” che imperversa sulla scena italiana da ormai tre anni, ché non a cercare di dare un nuovo sistema alla squadra. Si avventura in dichiarazioni che sembrano andare addirittura contro giocatori importantissimi (come De Ligt e Chiesa) accusandoli di essere troppo giovani, evita di rispondere a domande di natura tattica, ripete in maniera quasi nevrotica che “bisogna portare a casa il risultato.” E questo risultato, con questo modo sembra tardare. Un pareggio con l’Udinese, il fragoroso tonfo con l’Empoli, la sconfitta di Napoli. Il pareggio con Milan, dopo un primo tempo molto positivo, in cui ha mostrato come quando vuole può mettere in pratica sistemi molto più proattivi di quel che dice. Le vittorie per nulla convincenti con Spezia e Sampdoria; ma dopo di loro la gemma dei tre punti col Chelsea campione d’Europa in carica. Per giunta arrivata dopo la partita più rinunciataria di tutte (e non è un caso sia arrivata contro la squadra più forte tra quelle incontrate.)
La domanda che è lecito sul match odierno è come Allegri cercherà di affrontarlo. Se partirà in quarta come contro il Milan, cercando di manipolare (e farlo bene come contro i rossoneri) il pressing forsennato dei granata oppure no. Molto dipenderà anche dall’atteggiamento tattico che sceglierà e dagli uomini che interpreteranno quel dato spartito. Peseranno certamente le assenze di Morata e Dybala, entrambi out per infortunio e fondamentali per quel tipo di gioco; lo spagnolo per allungare costantemente la difesa avversaria e l’argentino per creare equivoci sul pressing.
Gli uomini saranno invece grossomodo quelli che mercoledì hanno conquistato i tre punti contro il Chelsea. Szczesny in porta, con Danilo basso a destra, il rientrante Chiellini, a far coppia con uno tra De Ligt e Bonucci al centro e Alex Sandro sulla corsia di sinistra. Nei due di centrocampo sicuro del posto è Locatelli e a far coppia con lui ci sarà probabilmente Bentancur. Con Cuadrado e Rabiot nominalmente ai loro lati; a far coppia con Kean uno tra Kulusevski e Chiesa. Privarsi di Chiesa dopo lo stato di forma dimostrato sarà certamente difficile, ma se il piano gara dovesse essere simile a quello contro il Milan, Allegri ha già dimostrato di non trovargli facilmente posto, almeno ad inizio gara.
Chi avrà il dominio su Torino?
La partita che ci attende è ricca di storie e spunti e chi vincerà supererà la contro-parte in classifica. Sarà interessantissimo vedere come il Torino vorrà interpretare la gara. Juric avrà qualche timore reverenziale e sarà meno aggressiva del solito? Oppure giocherà sfrontata e con la massima intensità come sempre, senza temere di soccombere contro la forza individuale dei rivali? In più saranno importantissime le soluzioni da fuori area: la Juve di Allegri ha dimostrato che in tutte le versioni di cui è capace, entrare nei suoi sedici metri è complicatissimo. Brekalo e Pjaca (o chi per loro) dovranno essere balisticamente validi a centrare il bersaglio grosso per aumentare vertiginosamente le chances di andare in gol dei granata.
Dall’altra parte (di Torino) il cruccio su che tipo di gara aspettarsi probabilmente sarà sciolto solo dopo qualche minuto dall’inizio della contesa. Allegri non è nuovo a cambiamenti anche repentini all’interno della stessa gara e questa sua versione 2.0 iperbolica allo stremo ce lo ha già dimostrato contro Sampdoria e Chelsea. Molte (forse troppe) fiches che rimangono alla Juventus per poter dire la sua sul campionato dipendono da questa partita. Al mister livornese l’arduo compito di decidere con che tipo di mano vuole giocarsi un all in così presto.