Nelle latitudini in cui è nato Enzo Demme, giocare a calcio vuol dire disputare ogni domenica un derby diverso tra i vari paesini che si susseguono sulla statale prima di arrivare a Crotone. Difficilmente poteva immaginare che una volta trasferitosi in Germania per una comune storia di immigrazione, suo figlio, chiamato Diego in onore del più grande, potesse vestire la casacca della squadra a cui il suo idolo ha permesso di vincere due Scudetti e per cui egli faceva il tifo.
A gennaio 2020, dopo un disastroso girone d’andata griffato Ancelotti, il Napoli cambia guida tecnica, affidandosi a Rino Gattuso, reduce da un quinto posto sudato e sfortunato col Milan nella stagione 2018/2019. Il naufragio del progetto tecnico di Ancelotti ha diverse cause: un rapporto scopertosi subito logorato con De Laurentiis e gran parte dello spogliatoio, una non adeguata integrazione dei nuovi innesti, il completo fallimento dell’idea dell’ex allenatore di Chelsea e PSG, secondo la quale due mezze ali di costruzione e inserimento potessero giocare nel doble-pivote di un 4-4-2.
Grazie all’ultimo punto analizzato, quasi contestualmente all’arrivo di Gattuso, il Napoli nel mercato di gennaio acquista non uno, ma ben due vertici bassi di centrocampo. Dal Lipsia arriva Diego Demme, mentre dal Celta Vigo Stanislav Lobotka. Inizialmente c’erano dei dubbi su chi Gattuso potesse prediligere all’interno del 4-3-3 che ha voluto imporre una volta arrivato. Le indecisioni erano alimentate dalle caratteristiche un po’ differenti tra lo sloveno e l’italo-tedesco: il primo più geometrico e di tocco, più incline al palleggio, mentre il secondo più essenziale e dinamico, bravo negli intercetti ma anche a proporsi in zone più avanzate. Tutto era molto influenzato dalle precedenti esperienze dei due: Lobotka al Celta era abituato ad un gioco più ragionato, mentre Demme – come tutti i calciatori che gravitano intorno all’universo Red Bull -, più frenetico e verticale.
Demme vitale nella mediana di Gattuso
L’occasione che però ha chiarito subito chi avesse i galloni da titolare per Gattuso si è presentata col big match di fine gennaio tra Napoli e Juventus. Demme è partito titolare e ha contribuito significativamente alla vittoria dei suoi, concludendo la partita con un 87,8% di precisione nei passaggi, superiore a Zielinski e Ruiz, che giocavano ai suoi lati.
Contro la Juventus di Maurizio Sarri è cominciata definitivamente la storia d’amore tra Demme e il Napoli – suggellata anche dalla vittoria della Coppa Italia – versione 2019/2020 e, prima dell’inizio del mercato estivo, niente sembrava potesse interromperla anche per la seguente stagione. Con l’arrivo di Tiemouè Bakayoko, ha iniziato a farsi strada in Gattuso l’idea del 4-2-3-1, modulo che ricalca più da vicino, almeno come scelta degli uomini, il 4-4-2 di ancelottiana memoria.
Tuttavia, la problematica degli interpreti del doble-pivote è però stata solo parzialmente risolta dall’arrivo del francese, il quale necessita accanto di un giocatore più pulito tecnicamente ma anche più abile nel dettare i tempi di aggressione o attesa di tutta la squadra. Il prescelto per questo complesso compito inizialmente è stato Fabian Ruiz, con il quale le cose sono andate piuttosto bene per le prime quattro partite. I partenopei, con la coppia Ruiz-Bakayoko, sono stati capaci di inanellare tre vittorie consecutive con Atalanta, Genoa e Benevento.
Le prime incertezze sono cominciate ad affiorare la settimana seguente alla non-scintillante vittoria in terra sannita: il Napoli, nel pesante 0-2 interno contro il Sassuolo, ha mostrato una manovra farraginosa e una decisamente non eccellente propensione a sopportare un centrocampo dinamico e palleggiatore come quello di De Zerbi. Una situazione simile a quella che si è riscontrata contro il Milan.
Nella sfida ai rossoneri, Bakayoko è stato espulso: l’ex di turno, lasciato al suo destino a coprire enormi spazi di campo, si è visto infatti costretto a commettere due falli molto simili che gli sono costati la gara. Diego Demme, complice la squalifica del francese, ha ripreso la cabina di comando del 4-3-3 nella roboante vittoria contro la Roma e da lì, anche dopo il ritorno al 4-2-3-1, non ha più lasciato quel posto. Le peculiarità di Demme sono molteplici, tutte piuttosto essenziali per come decide di giocare Gattuso a seconda degli avversari. Le differenze che lo fanno preferire a Fabian Ruiz – sicuramente nel doble-pivote ma anche come vertice basso -, in seguito assente anche causa Covid, sono evidenti in quasi tutte le fasi di gioco.
Quando il Napoli ha il pallone
Demme infatti è un giocatore che porta pochissimo il pallone, si limita a tocchi brevi e precisi, grazie ai quali riesce in maniera ordinata se non a mandare a vuoto, quantomeno ad allentare il pressing avversario: un gioco asciutto e che molto spesso non supera i due tocchi. Non solo, anche il dinamismo che porta in dote è ottimo per occupare corridoi centrali, liberati dai movimenti degli avanti.
Paradigmatici sono a tal proposito le due situazioni con Fiorentina e Verona viste nel mese di gennaio. La prima ha portato alla rete del 2-0 contro i viola, la seconda è stata sventata da Silvestri con una grande parata e poteva indirizzare diversamente il match del Bentegodi. Grazie alle sue corse in avanti, molto spesso il Napoli in fasi offensiva si dispone con un 4-1-4-1, schieramento d’avanguardia per quel che riguarda l’occupazione di tutti gli spazi utili nella metà campo avversaria.
Ma nonostante il dinamismo e l’essenzialità del suo gioco, questo non deve trarre in inganno sulla pulizia tecnica di Demme, per la quale parlano i numeri. Le sue percentuali di precisione dei passaggi, infatti, non scendono mai sotto il 92% nei brevi e medi tratti e arrivano intorno all’86% per i lunghi passaggi.
Le sue grandi capacità di ordinare lo schieramento e dettare i tempi di uscita di chi gioca intorno a lui, lo rendono perfetto anche per quando Gattuso vuole passare al 4-3-3, utilizzando due mezze ali come Zielinski e Fabian, i quali traggono immensi benefici dall’avere tra di loro l’italo-tedesco, come si è perfettamente evidenziato nella partita già citata contro la Roma, probabilmente la migliore prestazione stagionale dello spagnolo e di tutto il Napoli.
I limiti in fase di possesso di Demme sono più che altro nelle verticalizzazioni e nella capacità di fornire passaggi chiave; entrambi situazioni in cui Fabian si lascia nettamente preferire. In più, la possibilità di eludere il pressing col dribbling non è nelle sue corde: in un campionato dove giocano Villar e Bennacer può sembrare un minus più grande di quel che è, ma a conti fatti non è una necessità per come in determinate occasione decide di attaccare il Napoli.
Quando il pallone lo hanno gli altri
Demme è un eccellente “pressatore”, tratto distintivo di tutti i calciatori passati dalle mani del Lipsia. In più, il carisma silenzioso che porta in dote lo fa essere molto spesso un vero e proprio riferimento su come condurre e indirizzare il pressing della squadra azzurra. Offre costante appoggio a Bakayoko in fasi di difesa posizionale, utile a chiudere gli spazi e a leggere bene difensivamente ogni situazione. Ciò è dovuto ad un’altra peculiarità piuttosto “ricercata” del numero 4: uno spiccato istinto nel leggere dove andrà il pallone e giocarlo d’anticipo. Perciò, riesce molto spesso – in cooperazione con il francese – a recuperare preziosi palloni.
Anche in fase difensiva per Demme non risulta affatto problematico giocare da vertice basso nel centrocampo a 3, come si è visto recentemente nella partita contro il Parma – in cui tra le altre cose ha anche fornito il key-pass decisivo per l’1-0 di Elmas -, che è stata interpretata da tutta la squadra in modo reattivo e attendista; lui si è dimostrato perfettamente a suo agio, chiudendo la gara con una spazzata, un intercetto ed un contrasto.
Al contempo, però, le criticità del suo gioco difensivo sono altrettante: sia come intercetti che come tackle riusciti, è lontano da standard di performance di alto livello – anche se questa statistica è sicuramente influenzata dall’avere quasi sempre di fianco un giocatore deputato a farlo con molta più frequenza. In più, il fisico non lo aiuta molto quando si trova centrocampisti che usano il loro peso corporeo per dribblare: va spesso in difficoltà se non riesce ad arrivare pulito sul pallone.
Ad oggi, Demme sembra essere uno dei cardini del Napoli, unico per caratteristiche e quasi insostituibile – ci sarebbe Lobotka – per entrambi i moduli più utilizzati dai partenopei in quest’annata.
Le domande più impellenti che ci si pone sono due. La prima: quando Fabian tornerà a disposizione, Gattuso avrà la forza di lasciarlo costantemente fuori, perlomeno dall’11 titolare, insistendo sul 4-2-3-1? Oppure per far essere entrambi al loro agio tornerà stabilmente al 4-3-3, escludendo – oltre che Mertens – il nuovo acquisto Bakayoko? La seconda: scegliere di difendere in avanti con costanza è una strada percorribile? Essa è una tentazione a cui Gattuso prova a resistere spesso, ma che le caratteristiche di Demme porterebbero a pensare come soluzione da utilizzare con maggiore continuità.
Come ci ha insegnato la pandemia, il bilancio costi-benefici è qualcosa che deve riuscire a soppesare tutto ciò che viene impattato da ogni decisione. Sarà divertente, dunque, vedere come l’allenatore calabrese – se sarà ancora lui il tecnico del Napoli nel prosieguo della stagione – deciderà di stilare il proprio.