Parlare di Elia Caprile dimostrando quanto sia un bravo portiere non ci farebbe fare una grande scoperta e non porterebbe nulla di nuovo al dibattito calcistico e sportivo in Italia, ma parlare di Elia Caprile all’interno della sua storia – breve ma intensa – di calciatore ci permette di alzare il tiro verso riflessioni più ampie sul ruolo dell’estremo difensore e su come il calcio italiano sia passato dall’essere la migliore scuola di portieri del mondo alla sua auto-emarginazione.
È più facile dare delle categorie ai portieri
Una delle tante iconiche interviste di Massimiliano Allegri è quella in cui (non) rispondendo ad una domanda di un giornalista affermò che per i calciatori esistono le categorie, anzi, parafrasandolo in maniera più puntuale, le CA-TE-GO-RI-E.
Definire, tuttavia, delle categorie per i calciatori è molto meno oggettivo di quanto si voglia far credere, ma forse esiste un eccezione a tutto ciò, ossia i portieri. Per gli estremi difensori la categorizzazione è forse più immediata e, in un certo senso, oggettivabile. È sufficiente rispondersi alla domanda: cosa cerchiamo da un portiere?
A questa domanda danno una risposta allenatori e direttori sportivi che scelgono l’estremo difensore in base a delle caratteristiche coerenti al modo in cui si presume la squadra debba giocare o in base agli obiettivi che la squadra stessa si pone.
Il Bari ha visto in Elia Caprile un portiere adatto alle necessità ed alle ambizioni della squadra: un anno di esperienza in serie C, voglia di crearsi un percorso per salire di livello, la serie B come trampolino per lidi più importanti.
Questi aspetti allineano in maniera quasi sovrapponibile le visioni del club biancorosso e di Caprile che, sotto la cura paternalistica di un ex portiere come Ciro Polito e sotto l’ottima gestione tecnica dello staff di Michele Mignani sta affinando il proprio pedigree da portiere di prima fascia e con ancora diversi margini di miglioramento.
Cosa cerchiamo da un portiere
Il ruolo del portiere è stato forse il primo a dover affrontare dei cambiamenti nel corso degli ultimi 30 anni: ancor prima del calcio fluido contemporaneo che ci ha abituato a vedere terzini che diventano centrali di centrocampo, di trequartisti che diventano punte, di punte che diventano ali, di mediani che diventano trequartisti etc.., i portieri sono stati profondamente impattati dal cambio di regolamento che dal 1992 ha impedito loro di raccogliere con le mani i retropassaggi dei compagni (e dal 1997 anche i passaggi da rimessa laterale).
Da questo cambiamento è derivata la necessità di rendere i portieri parte attiva del gioco della squadra e non più solamente i guardiani della porta della propria compagine; per questo motivo il portiere non si può più limitare a saper parare ma deve saper giocare con i piedi e toccare il pallone anche fuori dalla propria area di rigore.
Questa tendenza ha portato allo sviluppo all’estero di scuole di portieri che sappiano svolgere più compiti, mentre l’Italia anziché seguire l’evoluzione tecnica del gioco ha scelto di continuare a formare portieri “classici”, di certo più abili con i piedi rispetto alle generazioni precedenti ma comunque meno coinvolti nel possesso palla della squadra.
Per cui la famosa scuola dei portieri italiani quali conseguenze ha subito? Si potrebbe dire l’emarginazione: al pari del nostro calcio e delle nostre squadre, anche i nostri portieri sono finiti fuori dalle liste dei migliori portieri del mondo; fa eccezione, ovviamente, Gianluigi Donnarumma che, però, pur essendo un portiere di alto livello non può ancora sedersi allo stesso tavolo di Neuer, di Courtois, di Ter Stegen o di Alisson ed Ederson.
Il modo di giocare delle squadre italiane lascia spazio a poche sperimentazioni, per cui concetti come il coinvolgimento del portiere nella costruzione dell’azione sono ancora visti con enorme sospetto da un ambiente che, specchio della propria nazione, si rifugia in un conservatorismo prossimo all’isolazionismo.
Per questo motivo continuiamo a produrre portieri che sanno farsi valere tra i pali ma che vengono poco coinvolti con i piedi, rendendo complicato per loro avere l’opportunità di confrontarsi con i migliori estremi difensori a livello mondiale e, soprattutto, di essere considerati portieri adatti al calcio moderno.
Senza entrare troppo in analisi statistiche o ricerche infinite, è sufficiente scorrere l’attuale classifica della serie A per notare che, tra le grandi del nostro campionato, solo il Napoli oggi ha un portiere titolare italiano, ossia Alex Meret che ha conquistato la titolarità solo perché i partenopei non hanno chiuso un accordo in tempo utile per Keylor Navas.
Per questo motivo le prestazioni di Elia Caprile a Bari stanno attirando l’occhio di tanti osservatori: le sue prestazioni rispondono alla domanda su cosa cerchiamo in un portiere. Difesa della porta, padronanza dell’area di rigore, comando della difesa, sicurezza con i piedi; Caprile mostra partita dopo partita quanto sia sviluppando le proprie basi in ognuno di questi aspetti.
Cosa ha di diverso la storia di Elia Caprile
La storia dell’attuale portiere del Bari è già abbastanza ricca di eventi e di esperienze, visto che ha completato tutti gli step nel settore giovanile del Chievo Verona prima di scegliere di accettare un trasferimento all’estero al Leeds.
Già questa è una scelta non comune ai giovani calciatori italiani, e dimostra la volontà di Caprile di non perdere tempo nei meandri della gerontocrazia del nostro calcio professionistico per seguire, invece, un percorso di crescita confrontandosi in un’organizzazione avanzata come quella di un club inglese e sotto la direzione tecnica di un certo Marcelo Bielsa.
Senza questa scelta professionale e di vita, probabilmente Elia Caprile sarebbe stato un altro di quei ragazzi che al termine di una brillante carriera giovanile si trova sballottato tra un prestito e l’altro senza poter avere una visione del proprio futuro, ed invece oggi siamo qui a parlare di uno dei portieri italiani di maggiore prospettiva che sta vivendo la stagione che può lanciarlo nel calcio di vertice.
Così come l’incontro con Bielsa e con l’ambiente del Leeds è stato lo step necessario a diventare subito un calciatore pronto per il calcio professionistico, così l’incontro con Ciro Polito potrebbe essere stato l’evento di svolta della carriera di Caprile.
Ciro Polito è l’attuale direttore sportivo del Bari: non è il solito direttore sportivo da squadra italiana che cerca di costruire le squadre sfruttando al meglio il networking anziché la ricerca dei profili tramite uno scouting approfondito; Polito è uno che conosce e che batte i campi della serie C e della serie D e, tramite i suoi collaboratori riesce a monitorare al meglio ciò che accade nelle serie inferiori del nostro calcio, individuando profili che uniscono a capacità tecniche la volontà di emergere e di non accontentarsi solamente di un buon contratto.
Oltre a questa capacità nel puntare giocatori da divisioni inferiori e nel fornire all’allenatore di turno tutto il necessario per lavorare al meglio (le carriere di Fabio Caserta, Andrea Sottil e Michele Mignani dovranno molto a lui), Ciro Polito nel suo passato da calciatore è stato proprio un portiere, non di prima fascia ma con una stagione disputata da titolare anche in serie A con la maglia del Catania allenato da Silvio Baldini.
Unendo i due punti abbiamo, quindi, un ex portiere che da direttore sportivo diventa grande conoscitore del mondo della terza serie, e guarda caso Elia Caprile nella stagione 2021/2022 non si accontenta di restare portiere della squadra riserve del Leeds ed accetta un prestito alla Pro Patria in serie C; le sue prestazioni mostrano subito che siamo di fronte ad un portiere di livello superiore, Polito se ne accorge e, non appena il Bari approda in B, bussa alla porta del Leeds per portarlo nel capoluogo pugliese: Elia Caprile diventa la nuova scommessa vincente del direttore sportivo campano.
Che portiere è Elia Caprile?
Le prestazioni di Caprile hanno indubbiamente attirato l’attenzione degli osservatori e non è un caso che nell’ultima sessione di mercato il suo nome fosse stato accostato a diverse squadre: il portiere ex Chievo e Leeds si è messo in luce rispondendo in maniera positiva a quei quesiti su cosa cerchiamo in un portiere.
Ma per cosa si mette in evidenza il portiere del Bari? La prima cosa che emerge risponde alla domanda relativa alla difesa dei pali: Caprile è alto 191 cm ma a vederlo giocare sembra avere movenze da portiere dalla statura inferiore.
Per un portiere con quelle leve mediamente risulta molto complicato distendersi per allungarsi sul pallone; invece, è sufficiente vedere alcune delle parate con cui si è costruito la reputazione in questa stagione per rendersi conto di come il combinato disposto di altezza, forza nelle gambe, posizionamento e riflessi lo rendano particolarmente abile a salvare la porta in situazioni molto favorevoli per gli avversari.
La parata che meglio riassume le caratteristiche di Elia Caprile è anche quella a cui, in una recente intervista, il portiere biancorosso ha dichiarato di essere maggiormente affezionato, ossia quella su Faraoni nella partita di Coppa Italia di metà agosto contro il Verona. In questa parata si può vedere come il portiere biancorosso mantenga sempre un posizionamento con qualche passo avanti rispetto alla linea di porta e come la sua posizione sulle gambe faciliti il tuffo in controtempo per togliere dalla porta un pallone indirizzato all’angolino.
Oltre a non essere una parata banale di per sé, è stata anche decisiva per l’esito finale della partita (in quel momento le squadre erano sull’1-2 per il Bari ed un pareggio del Verona avrebbe cambiato l’inerzia del match), inoltre essendo la seconda presenza assoluta per lui con la maglia della squadra pugliese, questa parata oltre alla grande prestazione ha definitivamente convinto Mignani a panchinare Frattali, il titolare delle precedenti stagioni in serie C, e puntare tutto su di lui.
Ma oltre a questa capacità di difendere la porta in questo modo, ciò che emerge maggiormente del modo di giocare di Caprile è quello di avere un rapporto proattivo con il suo ruolo: non è solo la porta l’oggetto della sua difesa, ma l’intera area di rigore, per questo lo vediamo sempre posizionato un paio di passi avanti rispetto agli altri portieri, in quanto il suo obiettivo è togliere dalle difficoltà i propri compagni quando il pallone arriva in area di rigore.
E qui entrano in campo, in maniera più convenzionale, i suoi 191 cm di altezza che usa al meglio per fare suoi la gran parte dei palloni alti che transitano nella sua area di rigore. Anche le statistiche qui entrano a dare conforto a questa attitudine dell’estremo difensore dei galletti, difatti Caprile è il portiere che raccoglie più palloni in uscita dell’intera serie B.
Non è un aspetto di poco conto: viviamo in un calcio dove si sta affinando tantissimo l’utilizzo del cross come arma per rifinire le azioni contro difese compatte che negano gli accessi centrali; per questo motivo avere un portiere non solo bravo nelle uscite ma con una predisposizione mentale a lasciare la propria posizione tra i pali per attaccare i palloni alti rappresenta un’arma difensiva aggiuntiva.
Per le fortune difensive del Bari, infatti, la capacità del suo estremo difensore di smanacciare palloni dall’area di rigore è di estrema importanza considerando le difficoltà dei centrali biancorossi nel gestire le marcature in area e, soprattutto, le situazioni da calcio piazzato.
Cosa riserva il futuro ad Elia Caprile?
Come già detto, la sessione di gennaio di calciomercato ha visto diverse squadre bussare alla porta del Bari per ottenere le prestazioni del suo portiere; tuttavia, guardando all’assetto societario della formazione biancorossa ed ai desiderata del giocatore, l’approdo più naturale per lui dovrebbe essere il passaggio al Napoli.
Naturale non solo per la “vicinanza” tra le due proprietà e per le ambizioni del giocatore, ma anche per permettergli il completamento del percorso da portiere contemporaneo, integrando i grandi miglioramenti osservabili in questa stagione aggiungendo il gioco con i piedi.
Già in questa stagione si intravede una certa confidenza di Caprile nel gestire il pallone con i piedi, ma questa capacità è soffocata da una struttura del gioco del Bari in costruzione che lo coinvolge in maniera molto limitata (14 passaggi a partita effettuati di media, fonte Wyscout).
Il passaggio al Napoli gli consentirebbe – senza la pretesa di una maglia da titolare nell’immediato – di poter lavorare con un allenatore come Spalletti che sa trovare sempre il modo giusto per migliorare e stimolare l’utilizzo del gioco con i piedi dei suoi portieri.
Non è un mistero che se oggi Alisson è uno dei migliori portieri al mondo lo si deve al lavoro importante svolto dall’allenatore toscano ai tempi della Roma coadiuvato dal preparatore dei portieri Savorani; anche a Napoli Alex Meret – seppur passando da errori pesanti come quello di Empoli dello scorso campionato – è diventato un portiere molto a proprio agio con i piedi questa volta con l’aiuto del preparatore spagnolo Alejandro Rosalen Lopez; per questa ragione nulla ci impedisce di pensare che anche Elia Caprile potrà trarre vantaggio dal lavoro del tecnico di Certaldo qualora la formazione partenopea deciderà di acquistarlo al termine della stagione.
Elia Caprile è un portiere che esegue i propri compiti in maniera proattiva ed è un elemento legato al resto della squadra sia grazie al suo modo di difendere la porta andando in avanti sia grazie alla comunicazione continua con i propri compagni, affrontata anche in maniera autoritaria pur avendo di fronte compagni di grande esperienza come Di Cesare e Vicari.
È un estremo difensore che ha imparato a leggere il proprio ruolo in chiave moderna e, per questo, si trova davanti ad uno step che può lanciarlo verso una carriera di stampo internazionale. Forse stiamo esagerando? Possibile, ma Elia Caprile ha la giusta ambizione per mettersi in gioco.