L’universo rossonero si è goduto il talento e la classe di questo brasiliano per qualche anno, un lasso di tempo troppo breve per non essere considerato un rimpianto. Alexandre Pato era qualcosa di speciale, e l’aveva già mostrato nel suo esordio in maglia Milan.
C’è aria di Brasile
Il termometro nei pressi di San Siro oscilla tra i 4 ed i 5 gradi centigradi. È una di quelle serate invernali milanesi, con l’aria gelida che intravede ogni spiraglio nel tuo vestiario e si insidia a contatto con la pelle. Una volta superati i controlli, però, il Meazza ti rasserena.
Le temperature non si sono improvvisamente alzate salendo le gradinate – per niente -, ma l’atmosfera scalda. La penultima giornata del girone d’andata della Serie A 2007/2008, infatti, era un appuntamento a cui non mancare, per svariati motivi. C’è il fattore rivalsa, perché il Milan arriva alla sfida con il Napoli senza aver mai raccolto i tre punti in casa dall’inizio del campionato, peraltro senza segnare mai più di un gol. Aggiungete alla ricetta il rientro di Ronaldo, che torna nell’undici titolare dopo aver saltato i big match contro Juventus ed Inter in programma a dicembre.
Soprattutto, però, è la serata dell’esordio di un ragazzino venuto dal Brasile. All’anagrafe sarebbe Alexandre Rodrigues da Silva, ma tutti lo chiamano in riferimento al luogo dov’è nato e vissuto, Pato Branco. Rimuovete l’ultima parola ed avrete quattro lettere destinate ad entrare nella storia del club; tra i 75.100 che occupano i seggiolini della Scala del Calcio nessuno si immagina, però, che sarà più di un’illusione durata qualche anno. Ma fa caldo nel gelo, c’è aria di Brasile.
Lo attendono da mesi, perché l’affare con l’Internacional – dov’è cresciuto per volontà della madre, al contrario del padre che voleva farlo svezzare al Gremio -, è stato ratificato ormai nell’agosto precedente: 24 milioni di euro, un investimento importante ma consapevole. Il regolamento della FIFA, però, non gli consente di entrare subito nei ranghi di Carlo Ancelotti, che lo sfrutta per qualche amichevole contro Dinamo Kiev ed Athletic Bilbao. È lo stesso giocatore che poco meno di un anno prima ha siglato la rete più precoce nella storia delle competizioni ufficiali FIFA, nella semifinale del Mondiale per Club – poi vinto ai danni del Barcellona – contro l’Al-Ahly.
Ciò che lega la sua prima in rossonero alla rete contro la compagine nordafricana è spiegato dalla voce di Fabio Caressa, in telecronaca assieme a Beppe Bergomi:
Segna sempre all’esordio.
È accaduto contro gli egiziani, ma anche nel Brasileirao nella sconfitta interna per 2-3 contro il Botafogo, in Coppa Libertadores nel 3-0 contro gli ecuadoregni dell’Emelec e persino in Nazionale. Ha segnato all’esordio assoluto sia in Under-18 – in Coppa Sendai con una tripletta al Giappone -, che nel Campionato sudamericano 2007 con l’Under-20, con una doppietta al Cile di Isla ed Alexis Sanchez. Il popolo rossonero spera di non essere l’eccezione che conferma la regola.
In mezzo ai campioni
Ho accennato ai precedenti casalinghi dei rossoneri. In ordine, dall’inizio del campionato 2007/2008 sono arrivati 6 pareggi (1-1 con Fiorentina, Parma, Catania e Livorno, 0-0 con Torino e Juventus) e 2 sconfitte (0-1 contro Empoli e Roma). Si arriva al 13 gennaio 2008, dunque, con i vincitori della Champions League in nona posizione, i quali ospitano una neopromossa che occupa l’ottavo posto in classifica. Il Napoli di Edy Reja arriva da tre risultati utili consecutivi, vuol far bella figura a San Siro.
Ancelotti si affida alla coppia d’attacco Pato-Ronaldo, con Ricardo Izecson dos Santos Leite ad agire alle sue spalle. Manca Gattuso a centrocampo, dunque Clarence Seedorf viene arretrato nella linea a tre di centrocampo, con Pirlo ed Ambrosini: è una posizione atipica per l’olandese, visto che in stagione ha sempre affiancato Kaká nel 4-3-2-1. La difesa è quella consolidata, eccezion fatta per l’out di destra, dove mancano sia Oddo che Cafú, nemmeno convocato: Maldini-Kaladze-Nesta-Bonera, davanti a Dida. Insomma, la quasi totalità di quella formazione potrebbe figurare in un poster da appendere nella cameretta del 18enne là davanti: è un Davide in mezzo ai Golia.
L’episodio biblico raffigurato nei Libri di Samuele racconta della tenacia e del coraggio dello sfavorito nei confronti del gigante. Riportando la narrazione al primo mese dell’anno Domini 2008, pare che le cose non siano cambiate: non passano neanche venti secondi dal calcio d’inizio che Alexandre aggredisce in pressing Paolo Cannavaro. Gli scatti non gli mancano, lo dimostrerà in questa gara ed in quelle a seguire, fino al sopraggiungere degli sciagurati acciacchi fisici.
I minuti iniziali della sfida anticipano quello che sarà il leitmotiv dell’intera prima frazione di gioco: squadre che non si studiano, compagini lunghe da una parte e dall’altra del campo. Il Napoli cerca di illuminarsi con il talento del duo argentino Lavezzi-Sosa, con un centrocampo a cinque che ha in Marek Hamsik l’elemento con più classe e soluzioni dalla lunga distanza. Dall’altra parte, i due brasiliani inaugurano un duello a distanza in salsa sudamericana, con Pato sul centro-destra ed il Fenomeno sul centro-sinistra: Kaká cerca i loro movimenti, il secondo a venire incontro al pallone per liberare gli strappi del primo, pronto a colpire in profondità.
Pato è voglia di stupire
L’istantanea che fa strabuzzare gli occhi al pubblico rossonero per la prima di una serie di innumerevoli volte giunge a 2’50”. Bonera lo serve in verticale, lui arpiona la sfera e la difende prima da Domizzi e Sivini, poi da Walter Gargano, con il pallone che sembra staccarsi per una manciata di centimetri, rimanendo successivamente incollato al suo piede destro. Il passaggio elementare per Seedorf, troppo corto ed intercettato in scivolata da Hamsik, denota un’inesperienza del tutto naturale. Il fatto che danzi palla al piede è però appurato.
L’altra certezza rimanda alla mente il paragone biblico di cui sopra: la grinta non gli manca, morde fino all’ultimo sull’avversario. Così come ad inizio gara su Cannavaro, a 8’28” arriva la dimostrazione del non voler demordere, probabilmente anche e soprattutto per stupire quel tecnico emiliano pluripremiato che l’ha buttato nella mischia. Pirlo pennella un lancio dei suoi, il pallone è troppo lungo e Pato ne è consapevole, ma nonostante ciò non smette fino all’ultimo di pressare Domizzi. Fallo, ma che non si dica che sia privo di fame e voglia.
Dopo una prima occasione per Ronaldo su assist di Kaká al 10′ – con Pato che effettua un movimento ad uscire da scuola calcio, liberando la copertura di capitan Cannavaro -, arriva il primo squillo rossonero. Un episodio particolare, con la rete convalidata a Ronaldo pochi secondi dopo il tentativo di salvare sulla linea di Cupi; anche qui, come in precedenza, il brasiliano si butta per insaccare senza timore.
Il suo primo tempo è costellato da buone iniziative interrotte da controlli di palla rivedibili o errori elementari. La sensazione è la medesima: sa di non aver avuto finora un palcoscenico così importante ed imponente intorno a sé, dunque cerca di sfruttare ogni occasione. È il caso dello strappo in accelerazione al 24′: Maldini lo serve e lui continua la corsa a seguire, con un movimento che manda fuori giri la copertura di Cupi, miglior difensore velocista di quell’annata sui 35 metri. Come ormai noto, sbaglia subito dopo in maniera scolastica.
Al 31′ arriva quasi la svolta della gara e l’ennesimo gol all’esordio. Le due squadre sono bloccate sull’1-1 dopo il pareggio del Pampa Sosa, quando Ronaldo finta il tiro e lo serve in solitaria davanti a Iezzo. L’estremo difensore partenopeo è straordinario, sia sulla prima conclusione che sulla respinta mancina del nuovo arrivato, ma non può nulla sul destro di potenza di Seedorf. 2-1, Pato non festeggia. Per ora.
Pato è fantasia
Il pubblico di San Siro l’ha già adottato e vuole coccolarlo tra la sua voce. Detto fatto, sugli sviluppi di un corner battuto corto dal 10 olandese, il popolo rossonero lo sprona al 35′:
Ole ole ole ole, Pato Pato.
Non sarà né l’ultima né men che meno l’unica volta, ma la prima attestazione di stima è molto più di una cotta passeggera. Il ragazzo ha stoffa e non ha paura, saperlo riconoscere va oltre un semplice colpo di fulmine. Ti rapisce, come nell’occasione che porta proprio a quel calcio d’angolo: supera in scioltezza il pressing di Gargano, dialoga con Seedorf, controlla di tacco e spara col mancino. E poi la risposta al coro: raccoglie da Maldini, va di sombrero su Cupi e serve Ronaldo di controbalzo. Lo stop del Fenomeno è un inno al calcio, ma questa è una storia ben più ampia.
Finisce il primo tempo, ma non c’è tempo per il tè caldo. L’inizio di ripresa, infatti, è la più classica delle docce fredde per i partenopei: la difesa azzurra sta troppo bassa e Ronaldo punisce l’errore di Domizzi. Il tuffo di testa dell’ex Real Madrid ed Inter porta il Milan sul 3-2, dopo il rigore del momentaneo pareggio siglato proprio da Domizzi.
Il Napoli non ne ha più ed i rossoneri mettono il colpo del KO. Dopo una ventina di minuti all’insegna della staticità, senza le grandi praterie che si aprivano nel primo tempo, la squadra di Ancelotti ha il pallino del gioco tra i piedi. Al 68′, poi, un altro fulmine: Favalli serve al limite dell’area Kaká, il quale si gira e lascia partire un destro imparabile per Iezzo. 4-2, ma manca qualcosa.
Non c’è eccezione
La rete che manda al tappeto il Napoli è il cosiddetto “golazo” del fantasista, della stella che illumina la serata. Il fascio di luce del 22, però, non brilla quanto quello della nuova leva, un 7 che con Andriy Shevchenko spera di condividere ben più di un numero di maglia in rossonero. Fa sorridere, perché il tutto nasce da una sventagliata casuale ed improvvisa: Cannavaro anticipa Kaká e Favalli non può far altro che spazzare.
Il rinvio in profondità si trasforma in un insperato assist per l’ormai unico terminale offensivo dei meneghini, che dopo l’uscita dal campo di Ronaldo per Emerson si è preso sulle spalle il peso del reparto avanzato dei suoi. Il controllo a tagliare elude il tentativo di copertura di Domizzi, il piatto con il destro lascia inerme Iezzo: l’ha fatto di nuovo, un altro esordio condito dalla gioia del gol. Pato si è preso il Milan, le sciarpe dei suoi cari in tribuna iniziano a sventolare. Bergomi commenta l’azione con una di quelle frasi che possono dire tutti, dal tifoso medio agli addetti ai lavori, ma intrise di verità:
Questo la porta la vede, grande giocata.
Il tassello finale per completare il puzzle dell’esordio sono le emozioni che trasudano dopo che il pallone si è infilato in rete. Abbraccia i compagni come dei fratelli maggiori e piange, consapevole di aver appena fatto il primo gradino di una scalinata verso il calcio dei grandi. Si asciuga le lacrime e carica la Curva Sud, che risponde a dovere, innamorata come tutto il pubblico presente in quella gelida serata a San Siro, divenuta bollente grazie al ragazzino venuto da lontano.
Riserverà altre giocate degne di nota, dal destro di potenza dopo il passo felpato al 78′ al destro a giro da fuori area arrivato pochi minuti dopo. Chiude il sipario con una giocata difficile persino da immaginare, rialzandosi da terra con l’istinto da vero campione, dopo aver perso l’equilibrio con Cupi. Sono le ultime pagine del primo capitolo in rossonero, l’inizio di un bestseller che ora rimane lì, solo sulla libreria. A pensare alle pagine sfogliate, ai tempi in cui Pato si prendeva San Siro sulle spalle, quando a 18 anni non hai paura di niente e nessuno.