Dopo i gol di Cristiano Ronaldo, nell’istante che precede la sua più famosa esultanza, penso a che momento di completa consapevolezza televisiva sia quel siuuu. La coreografia del gesto è perfettamente costruita. Dal punto di vista fisico, attivando la potenza di ogni parte del corpo, ma anche da un punto di vista narrativo e inevitabilmente televisivo. L’esultanza del portoghese non scoppia in un lampo, ma è come se vivesse di un iniziale momento di caricamento, un vuoto pneumatico sottolineato dalla rotazione della mano in aria, che assorbe tutte le emozioni, quasi a lasciare il tempo ai fotografi di alzare l’obiettivo.
Riguardando le foto scattate nel momento di massima elevazione non posso fare a meno di pensare a un risucchio, che si figura nella mia testa con il suono che fanno i tifosi per prendere fiato, lasciando andare un siuuu ovale nel momento in cui quel corpo, dopo un terzo tempo, finirà per inchiodarsi al prato. In questa dilatazione del tempo gli obiettivi dei fotografi saranno stati posizionati, click.
Durante un’intervista, Cristiano Ronaldo ha chiarito l’origine dell’esultanza, nata negli spogliatoi del Real Madrid durante le partitelle e replicata per la prima volta contro il Chelsea, in International Champions Cup, nell’agosto 2013. Va detto che il siuuu non è l’unico modo in cui il giocatore della Juventus esulta o ha esultato, è diventato tuttavia più o meno consapevolmente uno dei suoi marchi, ma ancor più un modo per manifestare in un unico gesto controllo e vigore fisico. Il salto non è mai abbozzato, i movimenti con la mano non sono mai fatti intendere, è pantomimico tanto è espressivo. Il momento in cui si conficca nel terreno ruotando come fosse una vite è bilanciato, con i 752 muscoli in tensione e le gambe aperte in una perfetta simmetria vitruviana.
Infantili e dilettantistici i tentativi di chi ha provato a esultargli in faccia allo stesso modo. Il fatto è che quell’esultanza sembra essere stata costruita proprio sul racconto che si fa di Cristiano Ronaldo. Sulla sua storia fisica e calcistica, sulla grandezza del personaggio e sull’unicità di ogni singolo gol, anche quando questi sono più di 762.
In tutti questi gol non sempre Cristiano ha esultato così, ce ne sono stati almeno 300 prima che il siuuu venisse addirittura inventato. In quegli undici anni, le esultanze di CR7 sono state spesso confuse, disordinate, momenti in cui non aveva controllo dei suoi fluidi vitali; poi le smorfie, a segnalare le esultanze come momenti di autovalutazione. Raramente le corse e le grida sono state indirizzate a qualcuno di preciso, ma più dichiarazioni di intenti, sempre più recitate tanto da essere parlate (“eu estou aqui”, “calma, calma”).
Cristiano Ronaldo, il 28 dello Sporting
I primi gol con lo Sporting sono quasi tutti inattesi, su palcoscenici poco esaltanti, a meno che tu non sia un diciassettenne alle prime partite tra i professionisti con addosso una maglia prestigiosa. Il 7 ottobre 2002 in uno Sporting-Moreirense, dopo il vantaggio di Vitali Kutuzov, al 33’ Cristiano riceve palla di tacco, la porta verticalmente fino al limite dell’area, si sposta la palla sul destro con quello strano doppio passo con la gamba eccessivamente rigida e slanciata in avanti da ballerino di Barynya. Il portiere esce, backspin, diagonale e gol.
In quella che è la sua prima vera esultanza, Cristiano inizia a correre verso la linea laterale, si toglie la maglia e rimane con una canottiera bianca vuota di muscoli, di quelle che danno le mamme ai bambini per non prendere freddo. A questo punto prende la numero 28 bianca e verde e la lancia via, con una rabbia che male si intona con un ragazzo di 17 anni. Cristiano sta già rivendicando l’attenzione all’esito dei suoi sacrifici. Rimane un’esultanza da ragazzo, di quelle non preparate e annebbiate da uno stato emotivo completamente nuovo.
Ronaldo si toglierà la maglia anche nel suo terzo gol da professionista, contro il Boavista circa due settimane più tardi: una reazione d’istinto nella quale si può riconoscere un già nato culto del fisico e la vanità, che diventerà centrale nel raccontare CR7 in tutti gli anni seguenti, anche dentro al campo.
Le esultanze a Manchester
Le prime immagini di CR7 con la maglia dello United mostrano un giocatore più consapevole della sua presenza fisica in campo, come valore tecnico e come oggetto d’attenzioni. Nella punizione che porta al suo primo gol inglese, qualche metro a lato del vertice destro dell’area, la postura è già caricaturizzata, impostato e irrigidito, con le gambe larghe ancora una volta perfettamente simmetriche. La punizione è battuta male, bassa, passa in mezzo all’area, non interviene nessun difensore del Portsmouth e supera il portiere.
Ronaldo ha segnato pochissimo fino ad allora, non è ancora del tutto abituato a quella sensazione, o comunque non è abituato a farlo con la maglia che era stata di Best, Cantona e Beckham. Il portoghese sbaglia strada e va verso il centrocampo, in una zona di calcio in cui non si esulta, in cui non ci sono fotografi. Se è vero che quella categoria di campioni riconosce fin da subito e in modo limpido la propria predestinazione, in questo caso Ronaldo non riesce a costruire il momento mediatico migliore per quel momento. C’è solo pura felicità, alza un braccio senza nessun nesso con il sorriso ancora sdentato che compare sul suo volto.
Negli anni in cui la Premier League si sta rilanciando sia a livello tecnico che come intrattenimento, i successivi gol accompagnati da esultanze in cui il ritmo dei movimenti, l’energia del corpo, la direzione delle corse e dello sguardo sono coreograficamente più maturi anche nell’interazione con i compagni di squadra. Nel secondo gol segnato a Manchester esulta correndo insieme a Darren Fletcher, nel terzo è completamente calato nella parte, disinvolto nel prendersi un ruolo di primo piano all’interno del campo, spostando sia fisicamente che con lo sguardo Ryan Giggs, corso ad abbracciarlo.
Le esultanze che seguono molti dei gol segnati in quel periodo aiutano ad analizzare l’evoluzione della personalità di Ronaldo, un giocatore ancora acerbo sotto alcuni punti di vista. Molti di questi gol sono per lui come la prova finale del continuo sviluppo di alcuni gesti tecnici in costruzione. Le esultanze dopo le punizioni sono per esempio quelle in cui appare più compiaciuto. Dopo uno dei gol più famosi tra quelli segnati a Manchester, in un 2-0 ancora una volta contro il Portsmouth, Cristiano calcia con una durezza che non si attribuisce ai corpi umani, segna e si gira elettrico verso i compagni, le braccia larghe e rigide in una tensione pettorale che riempie di sangue le vene del collo e deforma il trapezio. Superato il momento esplosivo il numero 7 si gira e abbraccia tutti, con un sorriso che disorienta se contrapposto alla volgarità e alla cattiveria dell’attimo che lo aveva preceduto.
Nella coda di quella esultanza c’è il momento che sta a metà tra la piena consapevolezza e la continua ricerca di prove di grandezza, riconosciute proprio quell’anno con il primo pallone d’oro e dalla prima Champions League della sua carriera: Cristiano Ronaldo si autocelebra, batte le mani, guarda in alto e fa una di quelle smorfie tipiche di chi non ha bisogno di autoconvincersi per riconoscere l’evidenza di ciò che è appena successo.
La smorfia, intesa come espressione facciale particolarmente espressiva, è una delle esultanze più ripetute nell’era pre siuuu. Ci sono gol in cui Ronaldo corre a braccia larghe, mentre con la faccia quasi chiede spiegazioni. Il linguaggio del corpo sembra voler riscuotere qualcosa, un ghigno alzando le spalle, come nel gol – sempre su punizione – che segna contro lo Sporting in Champions League nel 2007, in cui si stringe nelle spalle sottolineando l’inesorabilità di quel momento.
Le spallucce, le arrabbiature forzate – dopo un gol in Champions con dribbling di tacco, durante il quale sembra dire a Nani “Perché devo pensarci sempre io?” -, i mezzi sorrisi e lo sbuffare quasi assomigliano a un bluff che finge semplicità. Tutto ciò acquista senso all’interno del suo gioco barocco di allora, alla ricerca di prove tecniche continue in ogni zona del campo.
Cristiano Ronaldo a Madrid: prima del siuuu
A Madrid Cristiano è un giocatore diverso, evoluto anche dal punto di vista mediatico. Le esultanze saranno sempre più improntate verso la loro riproducibilità, come il periodo in cui alzandosi il pantaloncino testava la potenza del quadricipite, oppure in uno dei suoi pochi momenti di critica manifesta, in cui predicando calma guarda fisso in macchina e si inghiottisce la tensione, come fosse il protagonista di “The Big Swallow”, la prima pellicola (1901) in cui questo accade.
Ci saranno altri momenti di vanità – e sempre di sfida – come quando a Madrid si mise a ballare Ai se eu te pego con Marcelo, nel momento in cui Neymar aveva fatto diventare la canzone di Michel Telò una cosa nel mondo delle esultanze.
Negli anni seguenti Cristiano Ronaldo continuerà ad autocelebrarsi, a rafforzare il racconto di sé e dei molti gol che seguiranno, a creare vuoti di ossigeno che creano esplosioni. Raramente sarà critico, sarà sempre meno il diciassettenne di Lisbona, ma attore protagonista che dilata il tempo. Corpo a favore di camera, salto, click.