L’Italia ha trionfato ad Euro 2020, conquistando un trofeo che le mancava dal lontano 1968. Lo ha fatto assecondando un progetto tecnico ambizioso e rivoluzionario, fuggendo dalla retorica di Nazionale forgiata nella sofferenza e confermandosi, partita dopo partita, impresa dopo impresa, come la squadra più organizzata e meglio allenata. Questo è l’Europeo che ci ha fatto definitivamente innamorare di Jorginho, l’Europeo in cui il nostro cuore ha battuto veloce quanto quello di Chiesa libero di correre in campo aperto, l’Europeo in cui Lorenzo Insigne, in punta di piedi, ha preso posto nel gotha dei numeri 10 italiani.
Oltre al trionfo dell’Italia però, Euro 2020 ci ha offerto tanto altro, tutto ciò che di meglio si può chiedere ad una competizione che si disputa ogni 4 anni e che raccoglie gran parte dei migliori giocatori al mondo. In questo pezzo, che non ambisce ad essere oggettivo, parliamo di cinque giocatori le cui prestazioni ci hanno fatto battere il cuore e che ci auguriamo non restino solo una cotta estiva.
Joakim Maehle – Danimarca
Tra i tanti volti che hanno segnato in positivo l’ottimo Europeo della Danimarca c’è sicuramente quello di Joakim Maehle. L’esterno arrivato nello scorso mercato di gennaio all’Atalanta ha realizzato 2 gol e fornito 1 assist nelle 6 partite disputate, offrendo un costante apporto in fase di costruzione dell’azione, in rifinitura, in finalizzazione e, ovviamente, anche in fase difensiva. Maehle è il terzo giocatore della squadra con più passaggi effettuati dopo Hojbjerg e Christensen, il primo per dribbling tentati ed è anche tra quelli che ne hanno subiti meno, nonostante stazioni in una zona di campo piuttosto delicata.
Oltre ad aver visto la sua influenza su ogni fase di gioco della squadra espandersi a macchia d’olio partita dopo partita, Maehle ha infarcito la sua competizione con giocate di grande sensibilità tecnica. Dopo averci provato ripetutamente nelle gare del girone, contro la Repubblica Ceca ha realizzato un pregevole assist d’esterno destro, colpo dal coefficiente di difficoltà elevatissimo che tenta a ripetizione come se fosse la cosa più semplice del mondo. Maehle è un destro impiegato a sinistra – come spesso avvenuto anche con Gasperini -, ma dribbla con molta naturalezza sia accentrandosi che puntando la linea di fondo, un vantaggio sfruttato dalla Danimarca sia per risalire il campo che come arma in zona di rifinitura. Impossibile non essere eccitati dall’idea di rivederlo tra qualche settimana nelle mani del tecnico della Dea.
Alexander Isak – Svezia
La Svezia ha disputato questo Europeo rispettando la sua tradizione di squadra dalla forte indole difensiva, riuscendo a conquistare abilmente il passaggio agli ottavi di finale per poi crollare al 120′ della sfida contro l’Ucraina sul colpo di testa di Dovbyk. Mentre i complimenti per l’organizzazione difensiva vanno fatti quasi di default, non era scontato ritrovarsi a fine torneo a parlare con toni entusiastici di un attaccante della Nazionale scandinava. Difatti, al fianco del dinosauro Marcus Berg, sin dalla prima giornata il CT Andersson ha schierato Alexander Isak.
L’attuale attaccante della Real Sociedad era uscito dai radar dopo la deludente esperienza al Borussia Dortmund, a cui ha fatto seguito un altrettanto anonimo prestito in Olanda e il successivo trasferimento temporaneo nei Paesi Baschi. In Spagna si è ritrovato, presentandosi all’Europeo con il vento in poppa dopo una Liga conclusa con 17 gol all’attivo. Non sono stati i gol però a permettere all’attaccante svedese di entrare in questa short list, bensì tutto il lavoro fatto lontano e a ridosso dell’area di rigore per rendere meno stagnante l’attacco svedese.
La sfida contro la Spagna è stata un’epifania: vedere un ragazzo alto 190 cm, con le gambe sottili come stuzzicadenti sfuggire agli avversari utilizzando la suola con la sensibilità di un centrocampista spagnolo d’élite non è cosa di tutti i giorni. Come un fuscello mosso dalla violenza del vento, Isak ha poi danzato tra le maglie dei difensori slovacchi a suon di doppi passi e accelerazioni improvvise, cercando giocate sempre più complesse ma senza perdere mai il controllo del corpo. Difficilmente la Svezia abbandonerà quell’identità che negli ultimi anni le ha permesso di ottenere risultati notevoli, ma con la crescita di talenti peculiari come Kulusevski e lo stesso Isak potrebbe acquisire quell’appeal che solo i grandi calciatori possono garantire.
Manuel Akanji – Svizzera
Le partite contro Galles e Italia avevano gettato un’ombra inquietante sulla Svizzera. Quella sconfitta 3-0 dall’Italia sembrava una squadra irrimediabilmente piatta, schiava di una rosa povera qualitativamente e legata agli strappi confusionari di Embolo e al talento impolverato di Shaqiri. Nell’ultima gara del girone contro la derelitta Turchia con un colpo di reni la squadra di Petkovic è riuscita a conquistare l’accesso agli ottavi di finale, candidandosi come vittima sacrificale dell’armata francese.
La sfida contro la Francia si è invece trasformata in una delle più grandi imprese del calcio svizzero, grazie alle parata di Sommer, alla doppietta di Seferovic, all’abile gestione del pallone di Xhaka, ma anche grazie a Manuel Akanji. Impiegato al centro della difesa a 3 costruita da Petkovic, il centrale del Borussia Dortmund ha sbagliato poco e nulla nel confronto diretto con Benzema, impreziosendo la sua partita giocando in maniera impeccabile da regista difensivo (solo Xhaka ha effettuato più passaggi di lui).
Contro la Spagna il suo rendimento si è alzato ulteriormente: ha prima annullato Morata nei 50 minuti giocati dall’attaccante spagnolo e poi difeso l’area di rigore senza mai sbagliare un posizionamento quando il riferimento è venuto a mancare. Inoltre ha aggiunto una precisione quasi chirurgica nei lanci lunghi completato (4 su 5), mirando sulle fasce dove Zuber e Widmer non facevano altro che aspettare i suoi rifornimenti. Con la maglia del Borussia Dortmund non ha mai convinto pienamente, ma questa ottima campagna europea potrebbe dargli la spinta necessaria per mostrare con più continuità un repertorio di una completezza non indifferente.
Renato Sanches – Portogallo
Renato Sanches – piccolo inciso: senza ombra di dubbio il miglior giocatore al mondo nel correre con avversari aggrappati alla maglietta – è stato il miglior giocatore del Portogallo ad Euro 2020, dall’ingresso perentorio nella gara inaugurale contro l’Ungheria alla sfida conclusiva con il Belgio. Non notare l’impatto di Renato Sanches in una partita è impossibile: il suo calcio è incredibilmente ambizioso, mai conservativo, animato dalla convinzione di poter squarciare il centrocampo avversario ogni volta che entra in possesso del pallone. Un’idea utopistica direte, ma che per lunghi tratti delle 4 partite disputate ha tenuto in vita un Portogallo abulico e prevedibile.
Nell’ultimo quinquennio Renato Sanches non ha rispettato le aspettative che aveva creato durante Euro 2016, quando interpretava il ruolo della scheggia impazzita in una squadra più interessata a distruggere che a creare. Euro 2020 arriva invece come conferma di un’annata vissuta da protagonista in una delle squadre copertina di questa stagione calcistica: il Lille di Galtier. Lì, impiegato come esterno di centrocampo sui generis in una squadra iper-verticale, Renato Sanches ha trovato terreno fertile per far germogliare il suo calcio adrenalinico. Noi lo diciamo a bassa voce, ma l’impressione è che il prodotto delle giovanili del Benfica abbia finalmente imboccato la strada giusta, una strada che se percorsa a suon di cavalcate palla al piede può condurlo ovunque.
Roman Yaremchuk – Ucraina
L’Ucraina si può definire la squadra pazza di Euro 2020, un gruppo che non ha mai convinto pienamente ma che nei suoi momenti più alti ha impressionato per la qualità di alcune giocate individuali. Pensate, ad esempio, al gol e all’assist con cui Zinchenko ha marchiato a fuoco l’ottavo di Finale contro la Svezia, oppure il sinistro a giro con cui Yarmolenko ha rimesso in piedi la sfida inaugurale contro l’Olanda. Una squadra divertente, non sufficientemente equilibrata per poter tenere testa a Nazionali ben più forti, ma che non è passata inosservata.
A contribuire a questa reputazione è stato Roman Yaremchuk, attaccante del Gent classe ’95 che oltre a realizzare 2 dei 6 gol messi a referto dalla squadra di Shevchenko ha lasciato intravedere lampi di talento notevoli. Yaremchuk sembra un giocatore che oltre ad avere il gol nelle corde ha un gusto estetico piuttosto spiccato: contro l’Olanda ha concluso uno scambio con Yarmolenko – il re dei giocatori votati più all’estetica che alla concretezza – con un colpo di tacco pregevole. La struttura fisica imponente non deve ingannare: Yaremchuk è un attaccante che ama giocare anche lontano dalla porta e si trova a suo agio nel dialogare con i compagni. In passato si era parlato di un interesse della Roma per lui, un successore in linea con le caratteristiche di Edin Dzeko e sicuramente adatto alle idee di calcio di Josè Mourinho. In caso volesse ulteriori conferme sul suo valore, Thiago Pinto dopo questo Europeo può dirsi soddisfatto.