Dopo essere andati alla scoperta del Gruppo D, oggi si concluderà il primo turno di gare a Euro 2020 anche per il Gruppo C: ecco al microscopio uno dei gironi più esotici della competizione, con Austria, Macedonia del Nord, Olanda e Ucraina. Le gare in programma quest’oggi, oltre a Croazia-Inghilterra? Alaba-Pandev alle 18, de Jong-Malinovskyi alle 21.
L’Austria avanzerà ad Euro 2020?
di Nicola Lozupone
Il fatto che per ricordare l’Austria a livello calcistico si debba tornare a Hugo Meisl ed alla scuola danubiana, la dice lunga su quanto la tradizione del calcio a nord-est della nostra nazione abbia avuto pochissime gioie nella propria storia. La nazionale che si appresta ad affrontare questo Europeo è figlia di un progetto che ha rimesso l’Austria al centro del panorama europeo per una proposta di gioco che sta rivoluzionando il calcio contemporaneo, ossia quello proposto dal metodo Red Bull, basato su un calcio verticale, grande pressione e ritmi altissimi.
Questo sistema ha permesso la creazione di tanti allenatori che stanno dominando il calcio europeo e, allo stesso tempo, ha forgiato calciatori dalle grandi doti atletiche, in grado di ricoprire più ruoli in campo: per questo motivo, la nazionale che si presenta ai nastri di partenza di questo Europeo porta con sé il peso di grosse aspettative da parte della critica locale, oltre che da parte di quella che ama il calcio in divenire.
L’entusiasmo generato da questa squadra è stato parzialmente appannato dalle prestazioni di poco al di sotto delle aspettative. Chi si aspettava di vedere dalla formazione austriaca gli stessi ritmi e la stessa verticalità in stile Bundesliga ne è rimasto spesso deluso, perché l’approccio del commissario tecnico Franco Foda sembra meno sfrontato rispetto allo stile generale del calcio austriaco, pur schierando la squadra con un 4-2-3-1 che dovrebbe garantire il rispetto di uno stile molto propositivo e aggressivo, così come visto nell’amichevole persa contro l’Inghilterra la scorsa settimana.
Andando ad analizzare la squadra si nota quanta Bundesliga sia presente nella formazione austriaca, con tanti nomi che, chi ama il campionato tedesco, ha imparato a conoscere in questi anni. Partendo dalla difesa, l’elemento che fornisce maggiori garanzie è quello del centrale dell’Eintracht Francoforte Martin Hinteregger, molto abile sia in marcatura che in copertura. Al suo fianco Foda dovrebbe schierare il difensore del Bayer Leverkusen Aleksandar Dragovic, dalla grande esperienza ma molto spesso protagonista di errori individuali sanguinosi che potrebbero renderlo il punto debole della squadra. Per questo motivo possono salire in qualsiasi momento le quotazioni di Philipp Lienhart, centrale molto duttile in forza al Friburgo e reduce da una stagione importante: lo stesso discorso vale per Stefan Posch dell’Hoffenheim.
Nella difesa a 4 dei biancorossi, la fascia destra dovrebbe essere appannaggio del terzino destro del Borussia Moenchengladbach Stefan Lainer, giocatore dalla grande spinta ma altrettanto bravo nei recuperi difensivi, mentre il suo backup sarà Christopher Trimmel, giocatore di grande esperienza il cui piede destro ha trascinato l’Union Berlino ad una clamorosa qualificazione in Conference League. A sinistra, invece, sarà ballottaggio tra Andreas Ulmer, veterano della nazionale e del Salisburgo, ed il terzino sinistro del Werder Brema Marco Friedl, utilizzabile anche come centrale difensivo o “braccetto” di una difesa a 3, autore di una stagione comunque positiva nonostante la clamorosa retrocessione del Werder Brema in Zweite Liga.
Qualcuno si chiede che fine abbia fatto David Alaba. Ebbene, parlavamo di squadra con giocatori duttili e l’ormai ex calciatore del Bayern Monaco ne è la chiara esemplificazione, tanto che Foda lo schiera generalmente come esterno alto del 4-2-3-1, ma è pronto a spostarlo in ogni zona del campo all’occorrenza. Anche il resto del centrocampo austriaco è formato da giocatori abili in tantissime posizioni: si parte dalla coppia centrale Ilsanker–Grillitsch a fare da frangiflutti davanti alla difesa per coprire le incursioni dei terzini – ma anche per far partire l’azione, magari anche retrocedendo come centrale in una difesa a 3 quando necessario formando in ogni caso un rombo di costruzione con i centrali difensivi. Ma attenzione anche a Xaver Schlager, tostissimo centrale di centrocampo che ha trascinato il Wolfsburg alla qualificazione in Champions con le sue grandi doti in fase di interdizione: rivendicherà anche lui il proprio minutaggio a suon di tackles.
A fare da raccordo tra centrocampo ed attacco abbiamo una batteria di trequartisti che possono coprire, a loro volta, diverse zone di campo e che rappresentano, probabilmente, i talenti più affermati della formazione austriaca. Il primo è Marcel Sabitzer del Lipsia, giocatore in grado di svolgere qualsiasi cosa gli venga richiesta: impostazione, cross, rifinitura, interdizione e finalizzazione, il tutto senza che il suo rendimento si discosti dall’eccellenza. Il secondo è, invece, Julian Baumgartlinger, in forza all’Hoffenheim, giocatore che unisce tecnica individuale ad agonismo in pieno stile da calciatore contemporaneo.
Infine, chiudiamo con la ciliegina sulla torta: Sasa Kalajdzic è la grande scoperta della stagione 2020/2021 e, dopo aver regalato spettacolo con la maglia dello Stoccarda, condita da 16 reti in Bundesliga, proverà a ripetersi con la maglia della nazionale. Il centravanti della squadra sveva è un giocatore che difficilmente passa inosservato in campo: alto 2 metri (non in senso metaforico, è proprio alto 200 cm), può essere utilizzato per spizzare le palle alte, ma possiede anche un’agilità insospettabile palla a terra. Se l’Austria saprà mostrare un calcio più verticale, potrà sfruttare al meglio i suoi movimenti a venire incontro al limite dell’area per favorire gli inserimenti dei tanti incursori presenti in rosa, e – ne sono certo – metterà in seria difficoltà molte difese in questo Europeo. Nel giro di un anno, la sua esplosione costringerà Marco Arnautovic, iconico talento sprecato di questa generazione di calciatori austriaci, a sedersi molto probabilmente in panchina.
Il girone C è tra i più interessanti di questa prima fase dell’Europeo e l’Austria proverà a ritagliarsi uno spazio per puntare anzitutto al passaggio alla fase ad eliminazione diretta. Un obiettivo che dovrebbe essere alla propria portata, magari provando anche a dare fastidio all’Olanda: un’eventuale vittoria del girone sarebbe il grande risultato chiesto oltre il Brennero.
La prima volta della Macedonia del Nord
di Nicola Boccia
Probabilmente per la prima volta dai tempi di Alessandro Magno, la Macedonia torna a far parlare di sé sul palcoscenico europeo. Tralasciando gli scherzi, le immagini di Pandev in lacrime al termine dei 90 minuti contro la Georgia, che hanno sancito la qualificazione dei macedoni all’Europeo, bastano già a dare un sunto di quanto questo traguardo abbia significato per un intero popolo. Un sogno tramutatosi in obiettivo realmente raggiungibile con il passare dei mesi. La prima storica partecipazione della Nazionale alla competizione continentale si prospetta come un viaggio da godersi al di là di quello che poi possa essere l’andazzo nel corso delle partite. La sorte in tutto ciò non ha quantomeno infierito. Il girone con Olanda, Austria e Ucraina priva la Macedonia del Nord di sfide con avversari di primissima fascia che magari avrebbero avuto altro fascino – e visto l’ultimo precedente con la Germania magari non sarebbe poi stato tanto male -, ma regala sicuramente alla Nazionale maggiori speranze di poter far bene contro ognuna delle avversarie.
La rosa dei macedoni è, come ben facilmente ipotizzabile, tra quelle con il valore più basso della competizione (seconda solo alla Finlandia), ma non per questo priva di qualità, pur avendo dovuto fare a meno di uno dei giocatori più rappresentativi della squadra come Nestorovski, fuori dalla lista dei convocati per via di un infortunio al ginocchio. Soprattutto a centrocampo mister Angelovski può contare su una sostanziosa batteria di elementi qualitativi, da cui spuntano in particolar modo i nomi di Elmas e Bardhi (Levante) – qualcuno di voi ricorderà quest’ultimo per il grande europeo U21 disputato qualche anno fa, e di tutte le aspettative createsi di conseguenza, mai realmente rispettate, almeno fino ad oggi -, che rappresentano senza ombra di dubbio i due calciatori con il tasso tecnico più elevato della squadra.
Sulla stessa linea potrebbe poi aggiungersi l’energia e la vivacità di Alioski, con l’esterno del Leeds che si ritroverà posizionato più o meno in avanti in base al modulo che deciderà di utilizzare l’allenatore, spesso orientato verso l’uso di una linea a 3 o a 5. Davanti a guidare l’attacco ovviamente il simbolo di questa Nazionale nonché nostro uomo copertina, Goran Pandev, cui toccherà il compito di caricarsi la squadra sulle spalle sia dal punto di vista del gioco, ma soprattutto da quello mentale. L’ex Inter è naturalmente il giocatore più importante della squadra – suo oltretutto il gol decisivo alla Georgia – e l’unico abituato a disputare partite di un certo livello; insieme a Trajkovski (altra vecchia conoscenza del calcio italiano) andrà a formare la coppia d’attacco titolare della squadra. Una compagine che dunque possiede più che una discreta qualità dalla mediana in su, differentemente da un a difesa che al di fuori di Ristovski (Dinamo Zagabria) non presenta nomi di grande rilevanza.
Non farebbe certo notizia chiudere il girone in ultima piazza con zero punti, bisogna essere onesti. Allo stesso modo, però, prendere eccessivamente sottogamba questa formazione potrebbe rivelarsi piuttosto pericoloso. Nonostante tutto i macedoni sono una squadra compatta, in grado di difendere basso senza soffrire eccessivamente e che allo stesso tempo, avendone le possibilità, non disdegna di giocare un calcio propositivo; all’occorrenza, inoltre, ha le giuste armi per poter provare a fare male a qualsiasi avversario, indipendentemente dal livello di quest’ultimo. Le tre avversarie del girone sono sulla carta ampiamente più attrezzate per avanzare alla fase successiva; la Macedonia del Nord, tuttavia, ha il vantaggio di poter giocare sgravata da pressioni, e dunque libera di poter fare il proprio percorso senza condizionamenti esterni. Una qualificazione alla fase successiva equivarrebbe chiaramente ad un miracolo, ed il calcio ci ha insegnato quanto i miracoli siano possibili rispetto a quanto immaginiamo, con gli Europei che spesso ne hanno data ampia testimonianza, ultimo fra tutti il fenomeno Islanda proprio nell’ultima edizione del torneo. Chissà che la Macedonia non possa essere il prossimo capitolo nel libro delle favole della storia del calcio.
Il riscatto dell’Olanda
di Gianluca Losito
Con l’heritage storico-culturale che si porta dietro, la nazionale dell’Olanda non può passare inosservata in ogni competizione che la vede coinvolta. Negli ultimi cinquant’anni circa, alcuni dei momenti più iconici della storia del calcio per nazionali vedono coinvolti gli Oranje, sia in maniera attiva che passiva: dai 78 secondi dell’Olympiastadion, culminati nel rigore di Neeskens, passando per il meraviglioso arcobaleno di Marco van Basten, 14 anni dopo nello stesso stadio, lo one-man show di Toldo di fronte al Muro Arancione di Rotterdam, il missile terra-aria di un commovente Giovanni van Brockhorst all’Uruguay (a contorno, un torneo epico di Sneijder e Robben) e, infine, il volo angelico di Robin van Persie, nello shockante 5-1 dei Tulipani ai danni della Spagna: non poteva esserci modo più fragoroso di chiudere uno dei cicli più influenti dell’intera storia del calcio.
Una bellezza abbacinante che è una costante nella storia di questa squadra, e probabilmente di questa nazione, accompagnata da un’indolenza altrettanto caratteristica: se si potesse disegnare un grafico con i risultati tra Europei, Mondiali e Nations League si ritroverebbe una forte discontinuità, quasi a formare dei saliscendi che graficamente possono ricordare i muri delle classiche ciclistiche dei cugini belgi (Giro delle Fiandre, Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, ad esempio): un 2° e un 3° posto rispettivamente ai Mondiali 2010 e 2014, un’uscita ai gironi nell’Europeo del 2012 e due mancate qualificazione nelle ultime due kermesse, ovverosia l’Europeo di Francia e il Mondiale di Russia.
Se si esclude il buon risultato nella Nations League 2019, una sconfitta in finale chiaro segnale di ripresa, si può dire che l’Olanda sia rimasta bloccata sulle manone di Sergio Romero in quella arida notte di San Paolo, in cui l’Argentina riuscì a superare gli uomini di van Gaal ai tiri di rigore, vanificando tutto in finale con la Germania. Da quel momento, solo buio per Blind e compagni: questo Campionato Europeo sarà l’occasione perfetta per rilanciare una squadra che vuole rimettere il naso nei salotti del calcio continentale e non, forte di una generazione, quella dei fine ’90-inizio 2000, che promette scintille.
Certo, la confusione in panchina non aiuta: dopo le dimissioni della scorsa estate di Ronald Koeman, volato ad allenare il Barcellona, il suo posto è stato preso da Frank de Boer, il quale, dopo un brillante inizio di carriera (4 titoli nazionali nelle prime 6 stagioni da coach alla guida dell’Ajax) è incappato in una serie di esperienze negative (Inter e Crystal Palace, a cui ha avuto seguito un periodo in chiaroscuro sulla panchina dell’Atlanta United). I primi mesi alla guida della selezione olandese, tuttavia, non sono stati così negativi: pareggio al Gewiss Stadium contro una buona Italia (gara in cui gli Azzurri hanno sprecato diverse occasioni, ad onor del vero) a cui sono seguite due vittorie contro Polonia e Bosnia-Erzegovina che hanno quantomeno ringalluzzito il morale di un gruppo confuso. I primi incontri del percorso verso il Mondiale qatariota hanno avuto, invece, esito negativo: alle vittorie dovute contro Lettonia e Gibilterra fa da contraltare la sonora sconfitta in terra turca per 4-2, senza dubbio sfortunata – l’Olanda ha avuto diverse occasioni per aggiustare l’incontro, colpendo un palo e sbagliando un rigore con Depay -, ma comunque pesante.
Per quanto criticare l’attuale commissario tecnico dell’Olanda sia, specialmente in Italia, come sparare sulla croce rossa, bisogna ammettere che non è esattamente l’allenatore più fortunato: dovrà fare a meno di van Dijk, che non è riuscito a recuperare in tempo per il torneo, di van de Beek, appena tornato a casa per infortunio e di Cillessen, out per Covid. Non solo: Daley Blind è appena tornato da un duro infortunio subito a fine marzo proprio con la nazionale, quindi la sua affidabilità è tutta da verificare. Una situazione di partenza rognosa che in teoria dovrebbe esonerare l’ex difensore di Ajax e Barcellona da ogni responsabilità in caso di fallimento, se non fosse per il girone materasso capitato ai suoi: saranno Austria, Ucraina e Macedonia le avversarie per il superamento del turno. Con tutto il rispetto per queste squadre, specie per le prime due che nascondono diverse insidie e che se ben disposte possono fare strada, un girone come questo richiede a De Boer il passaggio del turno obbligatorio.
Dopo un certo peregrinare attorno alla difesa a 4, nelle ultime due uscite l’Olanda è tornata su un suo vecchio pallino, un 3-5-2 abbastanza puro e conscio delle varie fasi di gioco. Tra i pali ci sarà un ballottaggio tra Tim Krul e Maarten Stekelenburg, che probabilmente a questo punto della loro carriera non avrebbero mai potuto immaginare di dover competere per un ruolo così prestigioso. Se si prende nello specifico il caso dell’estremo difensore passato per Roma, la sua stagione ha dell’assurdo: dopo tre anni di villeggiatura all’Everton, era tornato alla casa madre Ajax a 38 anni con l’idea di fare il terzo portiere, ritrovando la maglia da titolare nell’anno nuovo a causa della squalifica di Onana per doping e delle defaillances di Scherpen, in particolare l’errore sulla punizione di Pellegrini contro la Roma. 21 gettoni stagionali per uno degli eroi del Mondiale 2010, che ha ritrovato contro la Georgia una maglia da titolare con l’Olanda 4 anni e mezzo dopo l’ultima volta.
Nel reparto arretrato, detto di Blind e della sua situazione fisica, ci saranno tre maglie da dividere tra lui, de Vrij, de Ligt, Timber e Aké, con Veltman spendibile come jolly. Anche il difensore della Juve rischia: la scorsa settimana in allenamento ha accusato dolori all’inguine, rimanendo fuori dalla partita contro gli ex sovietici per precauzione. Con de Vrij che potrebbe ritrovare un ruolo cucito su misura per lui, quello del perno centrale della difesa a 3, vale la pena spendere qualche parola in più su Jurriën Timber, un altro giovane prodigio della floridissima scuola Ajax: classe 2001, nasce come terzino destro ma le sue qualità squisitamente difensive (spiccate intelligenza e caparbietà nell’1v1), unite alla naturale propensione da esterno basso a far progredire la sfera palla al piede, lo rendono perfetto per il ruolo da centrale di destra.
Sulle fasce di centrocampo non manca la qualità: a destra Dumfries è il titolare fisso da anni, con le sue qualità (più offensive) e i suoi limiti (difensivi): de Boer si è affidato a lui rinunciando sia a Karsdorp e Hateboer, nonostante le ottime stagioni dei due esterni di Roma e Atalanta, che sarebbero tornati piuttosto utili al tecnico per caratteristiche (seppur diverse tra loro), ma anche a Kenny Tete, il terzino del Fulham che era stato titolare nella brutta uscita di Istanbul. A sinistra sarà ballottaggio tra Wijndal e van Aanholt, col mancino dell’AZ Alkmaar, un vero e proprio cervello di fascia, favorito per la maglia da titolare.
Al centro il piatto è a dir poco ricco: la pietra angolare sarà Frenkie de Jong, che potrebbe anche dilettarsi nel ruolo di incursore che ha provato (tra le tante cose) a Barcellona quest’anno, o semplicemente fare il factotum esattamente come in Catalogna: il classe 1997 arriva all’Europeo da leader tecnico di questa squadra. Attorno a lui, un’altra certezza sarà il contesissimo Wijnaldum, fresco di triennale col Paris Saint-Germain. Siamo di fronte a due giocatori che, partendo da presupposti diversi, hanno in comune la capacità di saper coprire un’enorme fetta di campo e di fare tante cose bene: molto del risultato dell’Olanda dipenderà dalla loro intesa, probabilmente.
Il terzo (in)comodo sarà uno tra Klaassen e de Roon, a seconda del tipo di partita che si voglia impostare: più probabile che il mediano atalantino parta da titolare, ma nulla è da escludere. Gravenberch e Koopmeiners come jolly: si può puntare sulla fresca e incosciente verticalità del primo e sulla duttilità del secondo, che è l’unico vero rimpiazzo di de Jong (per caratteristiche) non solo in questa selezione, ma forse nell’intero panorama calcistico internazionale. A dirla tutta, però, quando gli almanacchi saranno stampati, la differenza probabilmente la farà l’attacco: un reparto strano quello Oranje, con tante mezzepunte, promesse non mantenute e promesse da mantenere. Un girone non impossibile come quello olandese potrebbe permettere ad alcuni di questi giocatori di togliersi un po’ di ruggine o tremori dalle gambe e venir fuori allo scoperto come rivelazioni.
A guidare le danze Memphis Depay, che dopo quel grande Mondiale da breakout star non ha più avuto occasione di incidere con la maglia del Leone. Dopo sette anni dalla competizione brasiliana, questa è l’opportunità per lasciare un segno: da quella volta sono cambiate tante cose per lui, sia sul terreno di gioco che fuori, ma Memphis non ha perso l’arroganza calcistica che lo rende un giocatore unico nel suo genere. Attorno a lui tanti dubbi: Promes e Berghuis serviranno per dare una chiave tattica in più se si volesse giocare con esterni offensivi, ma sono giocatori che alla soglia dei trenta non si sono mai misurati con competizioni di un certo livello; stesso discorso vale per i due centravanti di peso (ma non scarsi tecnicamente, specie il primo) Weghorst e Luuk de Jong, all’ultima grande chiamata per incidere in nazionale, visti i giovani di valore che spingono.
A proposito di questi, de Boer ha deciso di premiare due di loro portandoli nel gruppo: Donyell Malen e Cody Gakpo, i ragazzi terribili del PSV che, assieme a Mohammed Ihattaren, altro gioiello della squadra di Philipps non convocato per poco, e a Calvin Stengs, rappresentano il patrimonio offensivo dell’Olanda dei prossimi dieci anni. Gakpo e Malen sono due giocatori molto veloci e tecnici, il primo molto bravo nel dribbling, il secondo con una vena verticale che lo porta a puntare sempre la porta -e segnare tantissimo. Chissà se non sarà la loro voglia di sfondare a regalare ai sudditi di Re Guglielmo un mese memorabile.
Ucraina e un Euro 2020 che non parte benissimo
di Matteo Speziale
Chiunque negli ultimi sette anni abbia seguito un pizzico le coppe europee, saprà benissimo come non scorra buon sangue tra Ucraina e Russia. Già, perché l’UEFA, a causa del conflitto in Crimea, vieta alle squadre dei due Paesi di scontrarsi tra di loro. Proprio in ragion di ciò viene da pensare che, quando i gialloblù hanno presentato la loro divisa ufficiale per la manifestazione continentale, al centro della quale campeggia la sagoma della Crimea non lo abbiano fatto con meri intenti provocatori. Ma anzi, forse anche memori delle esperienze del Kosovo – che attraverso lo sport mira sempre di più a farsi riconoscere come Stato – volevano suscitare una reazione di riflessione all’interno di tutta la comunità europea. Per evitare qualsivoglia problema, la Uefa impedirà agli ucraini di giocare con quella maglia, ma probabilmente questa sarà solo la prima delle crepe (fornite dallo sport) in cui la governance di Kiev infilerà le mani.
Tralasciando il discorso geo-politico, l’Ucraina avrà tanto da dire anche all’interno del rettangolo di gioco. Il CT è Andriy Shevchenko, vero totem dalle parti di Kiev che, oltre ad essere un tecnico con princìpi moderni, è anche una vera e propria guida motivazionale per i calciatori gialloblù. Dopo averla guidata dal centro dell’attacco, ai quarti di qinale di un Mondiale che ricordiamo benissimo, ora ha il compito di riuscire a fare bella figura agli Europei. Per farlo, Sheva ha voluto saggiare le caratteristiche e le qualità di più di 35 calciatori diversi solo nel corso degli ultimi dodici mesi. Non solo, perché ha anche cambiato facilmente disposizione tattica alternando il 3-4-1-2 delle qualificazioni Mondiali di marzo al 4-3-3 delle ultime amichevoli pre-Europeo.
In porta, probabilmente arrivato all’ultima manifestazione importante, toccherà all’eterno Pyatov. Il portiere dello Shakhtar, nonostante non sia un fuoriclasse dai pali, fornisce la giusta dose di carisma ed esperienza ad una squadra giovane. In difesa l’unico veramente sicuro del posto è Mykolenko. Il calciatore della Dinamo Kiev nasce da terzino sinistro, ma si disimpegna alla grande sia al centro della difesa a quattro sia come “braccetto di spinta” di una difesa a tre. Un classe 1997 su cui Shevchenko punta molto (a ragione) e di cui potremmo sentire parlare a lungo post-Europeo.
Al centro della difesa solitamente trova spazio anche Matvyenko, rapido e roccioso difensore della squadra di Donetsk. Il resto dell’ultima linea è molto cangiante e dipende anche dalle caratteristiche delle squadre avversarie. Il centrocampo invece è un reparto con gerarchie piuttosto definite. Sia si giochi a tre che a due, raramente Shevchenko rinuncia a Taras Stepanenko e Mykola Shaparenko. Il primo è il frangiflutti ormai storico del centrocampo arancionero. Vicino a lui ha visto giocare gente del calibro di Fernandinho e Fred: una garanzia di doppia-fase. Shaparenko è invece il cervello del centrocampo: può essere impiegato sia come mezz’ala creativa sia come regista puro, il dieci sulle spalle è una vera garanzia. Il ventitreenne è un centrocampista con una tecnica e una visione del gioco nettamente superiori alla media. Riesce a muovere i rivali a piacimento con le sue finte di corpo, mandando a vuoto il pressing avversario in pochissime mosse.
Arrivando alla trequarti si comincia a parlare di volti ancora più noti e inflazionati. L’Ucraina può contare nel reparto di rifinitura su gente come Zinchenko e Malinovskyi. Entrambi, grazie alla loro incredibile sapienza nel gioco, possono disimpegnarsi anche come mezz’ali offensive in un centrocampo a tre. Il calciatore del City, forgiato dall’esperienza con Guardiola, è ormai un vero universale. Sarà interessante vedere, una volta scelto il modulo, quali compiti avrà in Nazionale. Ruslan Malinovskyi, il più accreditato a prendere la trequarti centrale, non ha bisogno di grosse presentazioni. La sua intensità, la sua capacità di spostare rapidamente il pallone e calciare tiri secchi e precisi col sinistro, sono ormai un trademark movies spauracchio di tutta la Serie A.
È incredibile pensare che nonostante si sia già parlato di due calciatori di questo livello, la trequarti dell’Ucraina abbia ancora più di qualcosa da dire. Perché a giocarsi, verosimilmente, l’ultimo posto utile in quella zona del campo sono Yarmolenko e Tsygankov. Il numero 7 del West Ham viene da una stagione non esaltante, ma è un fedelissimo del mister. Gli garantisce sì creatività e dribbling, ma anche sacrificio e capacità di concentrazione che raramente lo mandano fuori partita. Tsygankov, vero astro nascente del calcio ucraino, protagonista del titolo della Dinamo, è più umorale e discontinuo, ma ha un set di giocate assolutamente imperdibili per gli appassionati del calcio. Ambidestro, con una capacità nel dribbling stretto che porta al tiro veramente impressionante. Giocare con lui e Malinovskyi contemporaneamente vuol dire costringere gli avversari ad alzare la zona di “non-concessione-del-tiro” di almeno dieci metri.
Il riferimento offensivo, data l’assenza per infortunio di Junior Moraes, sarà Yaremchuk. L’attaccante in forza al Gent viene da un’ottima stagione e avrà il compito di finalizzare tutta la mole di gioco che verrà creata dietro e intorno a lui. Nonostante la stazza imponente (191cm), Yaremchuk non è solo un finalizzatore con grande acume tattico: anzi, ha un’ottima tecnica che gli permette spesso di trovarsi nei panni del rifinitore per premiare l’inserimento dei centrocampisti. Non una dote trascurabile quando si può contare su centrocampisti offensivi del livello dei sopracitati.
La prima partita del girone li vedrà affrontare gli Oranje. In caso di risultato positivo già alla prima contro gli uomini di De Boer, le possibilità di primo posto salirebbero in maniera vertiginosa. Per riuscire in questa impresa, Shevchenko, dato per scontato l’apporto offensivo dei suoi, dovrà ben tarare l’atteggiamento difensivo della squadra per evitare di pagare dazio nel reparto meno completo e assortito. Vincendo la prima partita si potrebbe aprire un’autostrada davanti ai ragazzi di Kiev. Ma guai a dare qualcosa per scontato con squadre così giovani e ricche di talenti. Certo è che, se come ci si aspetta, i gialloblù passeranno al turno successivo, le possibilità di essere una vera mina vagante con diversi presupposti per il giant killing sono altissime.