Dopo aver analizzato i gironi A, B, C e D, tocca al penultimo Gruppo di Euro 2020. Si tratta di un raggruppamento a dir poco enigmatico, difficile da pronosticare: scopriamo Polonia, Slovacchia, Spagna e Svezia.
La Polonia sarà Lewandowski e poco altro a Euro 2020?
di Nicola Lozupone
Per parlare della squadra polacca ed il suo ruolo in questo Europeo, dobbiamo necessariamente partire dalla notizia più fresca e, forse, più dolorosa: Arkadiusz Milik non sarà parte di questa competizione a causa di un infortunio al ginocchio subito nelle ultime giornate di Ligue 1, in cui aveva mostrato, con la maglia del Marsiglia, di non aver perso il proprio senso del goal nonostante il periodo di emarginazione vissuto negli ultimi mesi della sua esperienza napoletana.
Certo, parliamo pur sempre della squadra il cui centravanti è un certo Robert Lewandowski, ma la coppia formata dal centravanti del Bayern e dall’ex Napoli era la base su cui Paulo Sousa aveva incentrato il proprio lavoro nei primi mesi da commissario tecnico; ora gli toccherà, molto probabilmente, rivedere i propri piani. Il tecnico portoghese ha cercato da subito di rivoluzionare molte gerarchie oltre al modo di giocare della squadra, superando il calcio conservativo dei suoi predecessori Jerzy Brzeczek e Adam Nawalka. Dopo il deludente mondiale del 2018, alla nazionale polacca era richiesto di ringiovanire il roster, sfruttando l’interessante produzione di talenti provenienti dalla Estraklasa. Brzeczek, però, è apparso molto restio, convincendo Zibì Boniek, presidente della federazione, a cambiare guida tecnica dopo le cattive impressioni destate dalla squadra in Nations League.
L’ex calciatore di Juventus ed Inter ha iniziato questo percorso proponendo da subito un sistema di gioco fluido che mette da parte il 4-2-3-1 delle precedenti gestioni per andare verso un 3-4-1-2 o un 3-4-2-1 che varia a seconda degli interpreti e delle fasi di gioco. Ciò che emergono sono determinati princìpi tattici che sembrano già riconoscibili, con una costruzione formata da 3 difensori più un centrocampista (Krychowiak), una fase di non possesso maggiormente aggressiva ed una linea difensiva che a seconda della partita scivola in uno schieramento a 4 (qualora Bereszynski agisca da terzo centrale di difesa) o a 5 (qualora la linea a 3 sia composta da 3 centrali puri). Tuttavia, avendo l’ex allenatore della Fiorentina preso l’incarico da pochi mesi, il campione di partite disputato è ancora insufficiente per capire la reale direzione intrapresa.
In porta i polacchi possono disporre di tanta scelta, con la titolarità che sarà saldamente tra le mani (nell’ultima parte di stagione meno salde) di Wojciech Szczesny. La linea difensiva sarà composta sicuramente da Bartos Bereszynski che, come detto sopra, può essere schierato come terzo di difesa o da terzino destro, da Kamil Glik, la cui esperienza risulta ancora importante, soprattutto in fase di impostazione, e dal centrale del Southampton Jan Bednarek; tuttavia attenzione a Michal Helik, centrale difensivo del Barnsley, le cui quotazioni sembrano in netta risalita, apparentemente ben visto dal nuovo commissario tecnico.
Sulle fasce, invece, le Aquile Bianche possono disporre di diversi elementi di esperienza, come l’esterno della Dynamo Kiev Tomasz Kedziora e quello della Lokomotiv Mosca Maciej Rybus. Dal campionato polacco, inoltre, stanno emergendo dei profili interessanti, come Kamil Piatkowski dello Raków Częstochowa, squadra sorpresa dell’ultima stagione di Estraklasa – tanto da attirarne l’attenzione del RB Salisburgo, che lo ha acquisito per 5 milioni di euro -, e Tymoteusz Puchacz del Lech Poznan, una delle squadre più interessanti del campionato per il suo ritmo di gioco intenso e verticale. Si tratta di qualità che si notano nelle grandi capacità di corsa di questi elementi, per cui non ci sarà da sorprendersi se li vedremo ritagliarsi un posto da titolare.
A centrocampo le gerarchie sembrano essere più solide, con la coppia Krychowiak–Moder che forma una linea di protezione in fase difensiva; in fase di possesso, invece, l’ex giocatore di Siviglia e PSG (oggi alla Lokomotiv Mosca) resta a sostenere la costruzione, mentre il centrocampista del Brighton si sposta qualche metro in avanti a sostegno della fase offensiva, dove si andrà ad unire con Piotr Zielinski alle spalle degli attaccanti. Come soluzioni alternative, a disposizione ci sono il centrocampista del Torino ed ex Sampdoria Karol Linetty e quello del Leeds di Bielsa Mateusz Klich: elementi che garantiscono quella dinamicità che deve diventare il tratto saliente di questa formazione. Infine, attenzione al diciasettenne Kacper Kozlowski, del quale Paulo Sousa sembra essersi calcisticamente infatuato.
In attacco la stella polare è ovviamente Robert Lewandowski che in questo Europeo cercherà di giocarsi le labili chances di vittoria di quel Pallone d’Oro non vinto lo scorso anno. Il 3-4-1-2 sembrava costruito per affiancargli uno tra Piatek e Milik, tuttavia l’indisponibilità di entrambi porterà a delle modifiche nelle scelte, con l’ex sampdoriano Dawid Kownacki che parte in pole. Da tenere d’occhio, però, anche Przemyslaw Placheta del Norwich e Kamil Jozwiak del Derby County, le cui velocità in transizione potranno fare molto comodo nelle partite di trincea.
La Polonia è stata inserita nel girone della Spagna, insieme a Svezia e Slovacchia. L’obiettivo minimo dovrebbe essere quello di chiudere il girone davanti alla squadra svedese, mentre è molto meno realistica la possibilità di classificarsi davanti agli iberici, che godranno anche del fattore campo nelle sfide di questo girone. Per questo ritengo abbastanza irrealistica l’ipotesi di migliorare o raggiungere i quarti di finale. Il progetto iniziato da Paulo Sousa è ancora in fase embrionale; tuttavia la strada sembra lastricata di buone intenzioni e chissà se quanto meno non si possano porre le basi per un ciclo molto interessante, basato su un calcio più simile alle tendenze contemporanee e fatto di aggressività, corsa e verticalità in ossequio alle indicazioni che arrivano anche dal campionato locale.
Una Slovacchia prevedibile a Euro 2020?
di Nicola Lozupone
Passiamo alla presentazione di quella che, a parere di chi vi scrive, è la squadra meno attrezzata del lotto delle 24 di Euro 2020. La Slovacchia si ripresenta alla fase finale dell’Europeo dopo aver partecipato a quello di Francia cinque anni orsono, ottenendo anche una qualificazione agli ottavi di finale, dove fu demolita dalla Germania campione del Mondo in carica.
Rispetto alla squadra di quell’Europeo poco o nulla è cambiato, se non il fatto che quei giocatori oggi sono di 5 anni più vecchi e buona parte di essi ha già abbandonato da tempo la fase apicale della propria carriera. Tuttavia, la nazionale slovacca non partiva con grandi referenze anche in Sudafrica nel 2010 e nella passata edizione, ma in entrambi i casi riuscì a superare la fase a gironi (ve la ricordate tutti la doppietta di Vittek all’Italia di Lippi, vero?). L’antico brocardo del non c’è due senza tre potrà valere anche per la squadra allenata da Stefan Tarkovic?
Andando ad analizzare la rosa a disposizione del successore di Jan Kozak, resta solo la cabala a sostenere le speranze di qualificazione agli ottavi, tanto più che il cammino per ottenere il pass alla fase finale della competizione è arrivato al termine di due agoniche sfide di playoff contro le due nazionali irlandesi. Anche le prestazioni nell’ultima Nations League e nelle qualificazioni ai Mondiali in Qatar hanno mostrato una squadra povera di contenuti tecnici che, però, si trova molto a proprio agio quando può attaccare in contropiede tanto quanto sia in grossa difficoltà quando ha l’onere di fare la partita (ed i pareggi contro Cipro e Malta lo dimostrano).
Lo schieramento dei Sokoli è assimilabile ad un 4-1-4-1 che rappresenta il vestito migliore per le caratteristiche dei calciatori a disposizione: un giocatore schierato davanti alla difesa ed una punta centrale di presenza, il cui lavoro spalle alla porta viene sfruttato per innescare gli inserimenti degli esterni offensivi e dei centrocampisti centrali. Questo sistema si sposa perfettamente con la strategia della squadra di andare immediatamente in verticale una volta conquistato il possesso: c’è poco margine per gestire il pallone in maniera ragionata, le uniche chances di Hamsik e compagni stanno nello sfruttare al meglio le capacità di corsa e la fisicità.
La porta slovacca sarà difesa con ogni probabilità dal portiere del Newcastle Martin Dubravka, estremo difensore discretamente affidabile che ha contribuito alle salvezze tranquille dei Magpies con le sue parate: giocando sia nel club che in nazionale in squadre non propriamente propositive, restano nascoste le sue qualità con i piedi che, invece, sono sopra la media.
La linea difensiva a 4 ha due posti blindati: al centro Milan Skriniar non ha bisogno di ulteriori presentazioni, mentre a destra l’altro inamovibile è il terzino dell’Hertha Berlino Peter Pekarík che, nonostante i suoi 34 anni, continua ad imperversare sulla fascia di competenza. Gli slot per i quali ci saranno dei ballottaggi, invece, sono quello accanto al centrale dell’Inter e quello sulla fascia sinistra. Come centrale difensivo il favorito sembra essere – udite udite – il laziale Denis Vavro, elemento poco amato dalla tifoseria biancazzurra ma ben conosciuto dal commissario tecnico che lo ha visto crescere nello Zilina, mentre sono molto alte anche le quotazioni di Lubomir Satka, emergente centrale del Lech Poznan; sulla fascia sinistra, invece, il posto se lo giocheranno un altro elemento di esperienza come Tomas Hubocan, all’ultima esperienza internazionale della sua carriera, o l’ex fiorentino David Hancko che, dopo non aver sfondato sulle rive dell’Arno, ha ritrovato la propria dimensione allo Sparta Praga.
Il centrocampo è il reparto su cui la Slovacchia poggia qualche minima speranza di ribaltare il destino da vittima sacrificale di questo girone: davanti alla difesa, la squadra bianco-blu dispone del napoletano Stanislav Lobotka, regista che aveva mostrato ottime potenzialità al Celta Vigo ma che non è riuscito a convincere Gattuso a dargli molto minutaggio in stagione. Per questo motivo, è molto probabile che si alternerà con Patrik Hrosovsky, giocatore che ha fatto le fortune del Viktoria Plzen per poi trasferirsi al Genk, o con l’emergente Jakub Hromada, cresciuto molto sotto la gestione di Jindřich Trpišovský allo Slavia Praga, dove oltre a raggiungere i quarti di finale di Europa League è diventato un centrocampista utile sotto diversi punti di vista.
La batteria dei centrocampisti avanzati, invece, ha come principali elementi il parmense Juraj Kucka e Marek Hamsik, che si è preparato alla competizione disputando qualche partita con il Göteborg dove ha mostrato quanto il suo piede non perda in sensibilità nonostante l’avanzare dell’età, che lo ha portato a mettersi al margine dei grandi palcoscenici internazionali. Le loro capacità di inserimento e la competenza balistica da fuori area saranno le principali armi a disposizione, assieme alla discreta tecnica e capacità di lettura degli spazi di Ondrej Duda, capocannoniere del Colonia in questa stagione pur partendo da trequartista, e Robert Mak, esterno offensivo del Ferencvaros. Alternativa a questi elementi, merita attenzione il profilo di Laszlo Benes, giocatore di proprietà del Borussia Moenchengladbach ed erede designato in patria di Hamsik (un accostamento che forse non sta aiutando la sua crescita).
Infine, l’attacco: per il posto di punta centrale ci sarà un ballottaggio tra l’usato sicuro ed il nuovo che avanza. Nella prima categoria rientra Michal Duris, il centravanti storico della rappresentativa con 54 presenze raccolte dal 2012 ad ora, ma ormai in parabola discendente; nella seconda rientra Robert Bozenik, ventunenne punta del Feyenoord, pronto a scalpitare per prendersi i gradi da titolare. Entrambi gli elementi possiedono lo stesso set di caratteristiche, ma Tarkovic richiede principalmente loro di proporsi spalle alla porta, attirando la linea difensiva per favorire l’inserimento degli incursori.
Inserita nel gruppo di Spagna, Polonia e Svezia, è davvero difficile pensare alla Slovacchia come colei in grado di evitare l’ultimo posto in classifica. Tuttavia, in una competizione che fa da appendice ad una stagione davvero stremante, il calcio difesa e transizioni di Skriniar e compagni potrebbe essere in grado di fare qualche sgambetto, sovvertendo alcune gerarchie nel girone.
I grattacapi della Spagna
di Tommaso Cherubini
La Spagna di Luis Enrique si presenta all’Europeo con molti dubbi e poche certezze. Non proprio una buona notizia per la Nazionale con più trionfi in questa competizione (3, al pari della Germania). Il percorso di avvicinamento al torneo è stato abbastanza tortuoso. Nelle varie pause durante l’anno ci sono stati tanti esperimenti nelle convocazioni, ma senza arrivare ad una formazione tipo prima del grande appuntamento.
Inoltre, una delle poche sicurezze è venuta a mancare quando il tecnico asturiano ha comunicato la lista definitiva dei partecipanti: il capitano Sergio Ramos non farà parte della spedizione. Una decisione presa di comune accordo, come ha spiegato Lucho, a causa della stagione piena di infortuni e delle condizioni in cui sarebbe arrivato. Una scelta forte che ha fatto storcere il naso a molti. Questo ha anche generato una situazione inedita: è la prima volta nella storia che la Roja si presenta ad un gran torneo senza nessun giocatore del Real Madrid. Oltre a tutto questo, la Spagna ha dovuto affrontare anche il caso Covid di Busquets, che perderà sicuramente l’esordio contro la Svezia e forse le altre due partite del girone contro Polonia e Slovacchia.
Per iniziare a descrivere i tratti distintivi delle Furie Rosse, possiamo prendere come esempio l’ultima amichevole giocata contro il Portogallo, terminata 0 a 0. Una partita in cui si sono visti bene i princìpi di gioco che è riuscito ad installare Luis Enrique nella sua squadra: la costruzione dal basso elaborata per risalire il campo unita ad un’ottima fase di riconquista alta della palla dopo una perdita. Il tecnico asturiano vuole una Nazionale propositiva, che mantenga il possesso per poi verticalizzare il prima possibile dalla trequarti in avanti. Rimangono irrisolti, invece, i principali problemi: enormi difficoltà in zona gol insieme alla fatica nelle transizioni difensive e in campo aperto.
Il sistema di gioco su cui si basa la Spagna è un 4-3-3, un modulo fisso che Luis Enrique non ha praticamente mai cambiato. Come guardiano della porta c’è Unai Simón e non David De Gea, ormai sorpassato nelle gerarchie. Il classe ’97 dell’Athletic fu una rivelazione della scorsa Liga, giocata a livelli altissimi, mentre quest’anno ha commesso qualche errorino di troppo, in particolare nelle uscite. Trasmette comunque più sicurezza rispetto a De Gea, che quando ha indossato la camiseta della Roja si è reso protagonista di diversi svarioni.
La linea difensiva titolare dovrebbe avere tre nomi su quattro sicuri: Jordi Alba a sinistra con Laporte (nazionalizzato in tempi record) e Pau Torres come coppia di centrali, entrambi mancini. I due difensori non si conoscono bene, hanno giocato insieme solo nell’amichevole contro il Portogallo, ma si è subito vista un’ottima intesa. Hanno grande qualità per iniziare da dietro, mentre faticano quando vengono esposti a campo aperto. Sarà Laporte a giocare sulla destra.
L’altro terzino, invece, dovrebbe essere a sorpresa Marcos Llorente, adattato in una posizione non sua. Marcos è un incursore, un giocatore disequilibrante in fase offensiva, ma che normalmente parte come mezz’ala/mezzapunta. Luis Enrique non ha convocato Jesús Navas, il migliore in quel ruolo, senza dare motivazioni. L’alternativa è adattare Azpilicueta, fresco vincitore da capitano della Champions, e così sfruttare Llorente nel miglior modo, cioè più avanzato.
Il trio in mezzo al campo deve essere scaglionato a tre altezze diverse: Busquets (quando recupererà) o Rodri davanti alla difesa, Thiago o Koke come mezz’ala di possesso e Fabián Ruiz o Pedri nel terzo scalino. Questi sei possono essere mischiati in tante combinazioni, ma il risultato non cambia: manca dinamismo offensivo, verticalità e incursioni, è un centrocampo troppo piatto. In questo senso ha sorpreso molto un’altra esclusione, cioè quella di Sergio Canales, che veniva da diverse partite giocate come titolare negli ultimi mesi in Nazionale.
Davanti Luis Enrique punta molto su Dani Olmo, che partirebbe come ala sinistra per poi entrare dentro al campo e lasciare tutta la fascia allo stantuffo Jordi Alba. Il nueve sarà Morata, che non scalda i cuori della maggior parte dei tifosi della Roja. Il giocatore offensivo su cui dovrebbe basarsi la squadra, però, è Gerard Moreno, il miglior attaccante spagnolo in circolazione. Un mancino a cui piace partire dalla destra, che gioca tra le linee, partecipa alla manovra, dà tante soluzioni e vede la porta con facilità (30 gol in stagione con il Villarreal). Luis Enrique deve avere il coraggio di consegnargli le chiavi dell’attacco e di metterlo nelle migliori condizioni di giocare. Altre soluzioni offensive sono rappresentate da Oyarzabal a sinistra e Ferran Torres a destra, due esterni capaci di far saltare il banco e che possono essere decisivi in zona gol.
In generale il clima intorno alla Spagna non è come in altre occasioni: l’inferiorità rispetto alle altre big è palese, con un forte pessimismo che avvolge la squadra. Mancano stelle e giocatori decisivi. Arrivare ai quarti e uscire contro una squadra più forte verrebbe considerato un discreto risultato, da questo gruppo sarebbe sbagliato aspettarsi di più.
The Italian Bootleg: l’eredità della Svezia
di Antonio Laudante
Il titolo potrebbe avere ancora influenze sui più rancorosi di voi, ma vi assicuro che è più la Svezia a pensare all’Italia e non viceversa. Olsen, Granqvist, Helander, Krafth, Jansson, Ekdal, Ken Sema, Svanberg, Quaison, Dejan Kulusevski: la Nazionale svedese pende dalle labbra di un pezzo del nostro calcio passato e presente, dopo esser rimasta orfana da un bel po’ della testa dorata, visti i continui guai fisici di Zlatan Ibrahimovic, che aveva deciso di regalare il suo ultimo spettacolo (in Serie A e in territorio più ampio, fino a quando la sua volubilità non è diventata anche parte del suo fisico).
Ad ogni modo, questo resta un finto problema o addirittura una soluzione per questo gruppo che viene da un Mondiale in Russia disputato a testa alta, nel quale ha raccolto sconfitte solo dalla Germania del canto del cigno di Toni Kroos nei gironi di qualificazione e dall’Inghilterra del tormentone “It’s Coming Home” ai quarti di finale. Un Mondiale in cui, oltre a rubarci il sogno di disputarlo, ci ha sbattuto in faccia quella che è stata la nostra filosofia di gioco per molti anni addietro, riducendola nella maniera più utilitaria possibile, della quale anche il suo ultimo torneo ne è stata teatro, con un singolo gol di un attaccante (Ola Toivonen del provvisorio 1-1 con i tedeschi, non facente parte più di questo roster).
Dare e avere, 4-4-2, sempre Janne Anderson. Il canovaccio roccioso di questa Nazionale poggia su una chiara quadratura. Ha i suoi pratici Kleppstad nel reparto arretrato, di cui il 34enne Lustig è il certo titolare sulla fascia destra – viste le precarie alternative. Anche a sinistra il discorso sembra simile, con Bengtsson che sostituisce Olsson infortunato e potrebbe soffiare il posto ad Augustinsson. Ma è principalmente la gamma di difensori centrali ad essere stata rimpinguata da nuove maglie nei titolari, per Lindelof e Filip Helander, 26 e 28 anni (nonostante Andreas Granqvist rimanga parte integrante e morale di questo gruppo, seppure sia molto difficile che veda il campo visto il lungo stop a cui è stato sottoposto), i quali si giocano un posto totalmente alla pari con il machiavellico Pontus Jansson, titolare fisso della pessima spedizione in Nations League che gridava al ricambio generazionale sensato, con il computo del reparto che segna un’età media di 30 anni (che con i portieri sfiora i 31).
Una squadra quindi orientata alla restaurazione del buono, che però porta con sé una serie di soluzioni dal centrocampo in su da fare invidia, per ampiezza e precisione, alle vetrinette e gli scaffali del PAX. La cintola di centrocampo è organizzata e sobria nei suoi interpreti, Albin Ekdal e Kristoffer Olsson – fan sfegatato del dragback in ricezione del pallone -, a proteggere gli spazi centrali, simile alla coppia che il Doriano forma nella sua squadra di club con Morten Thorsby, e la sorpresa forse più limpida del centrocampo del Bologna quest’anno rappresentata da Mattias Svanberg, vero e proprio box-to-box con un volume offensivo particolarmente pericoloso, e quindi soluzione secondaria.
Sugli esterni sono infatti divincolati dalle rotazioni le certezze rappresentate da Emil Forsberg, poiché ai lati del centrocampo il meccanismo prevede il 10 come largo di sinistra, con uno spartito creativo totalmente ampliato dalla dipartita di Zlatan, oltre che dallo stile lineare di Sebastian Larsson, mago dei piazzati dai tempi del Sunderland. I ripieghi sono principalmente soluzioni atletiche dettate dallo scompenso fisico che una squadra che vive principalmente il proprio ordine difensivo in ogni zona di campo patisce col passare del tempo: Ken Sema, Claesson e il 21enne Jens Cajuste, una buona chiamata ma forse acerba per la visione dell’intero.
Del rettangolo verde, le soluzioni che di più catturano la curiosità sono quelle dei due terminali offensivi, contro-intuitivamente lontane dall’esser copie designate all’ordine. Sono il vero e proprio reparto cangiante della Nazionale, con le soluzioni spropositate che hanno portato pochi frutti alla natura di questa Nazionale, che quindi ruoterà Berg–Isak e Kulusevski–Quaison e la wildcard Jordan Larsson, figlio della leggenda Henrik, arrivato alla sua consacrazione da fulcro creativo e secondo violino del 3-4-1-2 dello Spartak Mosca. La convocazione giunge dopo 15 centri e 5 assist in questo campionato, tra tocchi d’esterno e interno mancino, con un talento che raggiante è dir poco e per il quale si profila più di una possibilità di imprimere su questo roster, visto il caso infortuni prima e Covid poi che ha colpito alcuni dei suoi compagni di reparto. Kulusevski sembra la perdita momentanea a cui questa Nazionale può sopperire in maniera più che efficace, con degli interpreti mai così prolifici nelle rispettive squadre di club.
Debuttare con una Spagna ringiovanita potrebbe essere un deal breaker abbastanza pesante nelle aspettative di questa Nazionale, considerando che le ultime edizioni del suo millennio sono terminate tutte ai gironi, eccezion fatta per il 2004, dove la stesura di gioco era totalmente diversa e basata su qualità e principi di giocatori di una tecnica e un trascorso di spessore coriaceo (Ljungberg degli Invincibili 2003/2004, Henrik Larsson in rampa di lancio dopo la manifesta superiorità dimostrata in terra scozzese al Celtic Glasgow e il signore di 1,95 che buttò fuori l’Italia con un tacco al volo in torsione). La Svezia scendeva in campo con un 4-3-1-2 che assomiglia al sistema di quella squadra, ma leggermente più stretto: sia nel peso dei suoi interpreti che nel modo interessante, che vede in queste nuove leve sincerare tutto il proprio entusiasmo.