87 mila tifosi a Webley e 23 milioni di spettatori in tv. Sono questi i numeri rappresentativi di una finale che ha visto l’Inghilterra di Wiegman riportare a casa un trofeo che mancava nel Paese da ben 56 anni. In altre parole, è grazie alle Lionesses se i tifosi inglesi con “It’s coming home” tatuato precocemente in occasione dell’Europeo maschile, non dovranno cancellare dolorosamente l’inchiostro dalla pelle.
Al di là della straordinaria performance della nazionale inglese in questa competizione ospitata tra le mura domestiche, è bene fare un bilancio di un Europeo che ha avuto, nella storia del calcio femminile, una certa importanza dal punto di vista del seguito e delle interazioni.
Per farlo, ci avvarremo del metodo Borghese attraverso le categorie del celebre “4 ristoranti” esprimendo un voto da 0 a 5 per: menù, location, servizio, conto.
Menù europeo: ⭐️⭐️⭐️
Come qualsiasi menù di un qualsiasi evento importante che si rispetti, le aspettative inerenti a questo Europeo erano molto alte dal punto di vista della competitività. Riassumendo in una frase, potremmo dire che ci si augurava di assistere ad un torneo eterogeneo ma non troppo. Alzatosi complessivamente il livello del calcio femminile nel Vecchio Continente, abbiamo potuto contare su almeno sette squadre partecipanti di alto rango tra cui Inghilterra, Germania, Francia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Danimarca. Queste sette squadre hanno animato a livello qualitativo questo Europeo dominando sotto tantissimi punti di vista i gironi di riferimento: il dibattito inerente al divario complessivo tra alcuni Paesi rispetto ad altri si è presto inserito nelle discussioni generali dopo pochissime partite. Ciò che è emerso, infatti, non è solo l’evidente superiorità tecnico tattica di queste sette squadre che dispongono “semplicemente” di giocatrici più forti, bensì la netta differenza organizzativa e programmatica che differisce di Paese in Paese in ambito calcio femminile.
Realtà dove esiste un sistema professionistico da anni hanno prevalso sulle altre per ragioni del tutto logiche. Prendiamo la Francia, ad esempio. Nonostante les bleues non siano riuscite nell’intento di arrivare in fondo e vincere un titolo totalmente alla portata, ciò che ha stupito, se paragonato con il nostro Paese (professionistico da un mese) è stato notare la differenza di rosa rispetto ai Mondiali del 2019. Mentre le Azzurre si presentavano a Manchester con una formazione pressoché uguale al mondiale, le francesi rinnovavano con coraggio una selezione già di per sé forte, inserendo da subito giovani talenti. Ricordiamo, infatti, che le trascinatrici dell’Europeo francese sono state nomi ormai noti come Geyoro, Katoto, Malard, Baltimore e Cascarino: rispettivamente giocatrici del 1997, 1998, 2000, 2000, 1997.
Rimanendo in tema giovani, nonostante il famigerato ricambio generazionale sia avvenuto in maniera evidente in alcune selezioni rispetto ad altre, possiamo affermare con un certo grado di soddisfazione che questo, più di altri, è stato l’Europeo dove le giovani atlete hanno occupato il palcoscenico a discapito delle giocatrici un po’ più esperte e talvolta icone di questo sport. In questo, infortuni e stop da Covid di star attese, hanno giocato un ruolo di spinta ma sono stati prontamente tamponati: se da un lato abbiamo dovuto rinunciare alla qualità di Putellas, Martens, Miedema, Katoto, (chi in via definitiva e chi momentanea) dall’altro lato abbiamo potuto apprezzare giovani talenti di spessore come Oberdorf, Walsh, Williamson, Russo, Gwinn, Bühl.
Riassumendo, in questo menù europeo, sette portate su sedici hanno dominato il nostro palato in maniera definitiva lasciandoci un vago amaro in bocca rispetto a squadre per le quali riponevamo una sorta di aspettativa da outsider (Norvegia, Finlandia, Italia). I piatti che, al contrario di questi ultimi, hanno superato il nostro immaginario, sono stati certamente serviti da Austria e Belgio.
Voto: 3.5/5
Location: ⭐️⭐️⭐️⭐️
Londra, Manchester, Sheffield, Brighton, Rotherham, Southampton, Milton Keynes.
L’Old Trafford in apertura, Webley in chiusura. In mezzo ai templi del calcio inglese utilizzati per i due eventi di maggior rilievo, tanti piccoli-medi impianti in pieno stile anglosassone hanno ospitato i match delle sedici squadre protagoniste di Euro22. Prima dell’inizio della competizione si è discusso molto rispetto alla scelta dell’organizzazione di assegnare palcoscenici con una capienza relativamente bassa per determinate partite, accusando gli stessi di aver sottostimato la portata dell’evento. Con il senno di poi, a ragion veduta, si potrebbe pensare che con un pizzico di audacia in più, staremo parlando di una competizione con una maggior partecipazione di tifosi sul posto, tuttavia non è possibile in alcun modo parlare di organizzazione inadeguata.
Le squadre con un maggior numero di tifosi al seguito come Svezia, Olanda, o Germania, hanno giocato in stadi con capienza superiore rispetto alle Nazionali con, in linea di massima, un minor numero di tifosi disposti a viaggiare. L’Italia ad esempio ha giocato due partite su tre al Manchester City Academy, lo stadio di casa dell’omonima squadra femminile che conta 7000 posti dei quali, però, solo 4.700 sono stati messi a disposizione per le nuove regole UEFA: lo stadio a disposizione più piccolo dell’Europeo. Tuttavia, il match di debutto contro la Francia è stato giocato al New York Stadium di Rotherham, capienza 12.000 spettatori.
Attenzione: la dimensione non ha pregiudicato in alcun modo la qualità della location, tutt’altro: in occasione delle partite contro Islanda e Belgio – per rimanere su questo esempio – squadre con al seguito un modesto numero di tifosi e tifose hanno avuto modo di avere tutto il calore necessario di supporter caldi, rumorosi e appassionati nonostante fossero in numero nettamente inferiore a olandesi, inglesi, svedesi o tedeschi.
Gli impianti inglesi poi, è risaputo, godono di uno stato estetico e di manutenzione molto alto. Spalti, terreno di gioco e aree ristoro curate e professionali come in un teatro. Se vogliamo trovare un difetto alla voce location, potremmo citare semplicemente quella piccola pecca per la quale non è stato possibile consumare birre nello spazio tribuna ma solo nei pressi dell’area beverage: eppure gli inglesi con il binomio birra-calcio vanno molto d’accordo.
Voto: 4/5
Servizio: ⭐️⭐️⭐️
Nella voce servizio intendiamo prendere in considerazione tutti quegli eventi extracampo che hanno contribuito a promuovere in qualsiasi misura l’evento in questione: dalla promozione dell’evento stesso attraverso gli organizzatori, ai media locali e internazionali.
Chi ha vissuto l’Europeo in presenza accantonando la DAD avrà avuto modo di toccare con mano l’esperienza da tifoso in un Paese che di calcio vive e sogna. Passare delle giornate in giro per Manchester o Londra ha contribuito sin da subito a respirare quel clima calcistico tipico di luoghi in cui il calcio rappresenta un potente collante popolare. Graffiti, store in ogni angolo, grandi stadi nel raggio di pochissimi chilometri da poter raggiungere e visitare: l’organizzazione avrebbe potuto fermarsi a questo e aggiungere al massimo un paio di banner 10×10 in giro per la città per promuovere la competizione, invece l’impegno e la volontà di far funzionare le cose si è visto e si è respirato in città dove il calcio è già di per se onnipresente. In giro per le città la pubblicità era ben distribuita ma soprattutto visibile: era impossibile non accorgersi che nell’arco del mese di luglio, la Nazione stava ospitando la più prestigiosa competizione europea. I volti delle protagoniste erano nelle strade pedonali più calpestate della città, all’interno dei supermercati, sui pacchetti della famose Doritos; i pub, in occasione delle partite dell’Inghilterra, trasmettevano i match su maxi schermi con promo hamburger-bibita e chi segue il calcio femminile sa quanto questo genere di cose siano ancora merce rara.
La Fan Zone a Piccadilly Gardens allestita per mettere i tifosi nella condizione di avere un luogo di ritrovo è stata popolata lungo tutto l’evento da supporter provenienti da tutta Europa tenendo a mente le esigenze di tutti, adulti e bambini. Menzione speciale per l’organizzazione italiana che, a differenza di altre Nazioni ha dato vita a Casa Azzurri, un locale tematico punto di ritrovo per tutti i tifosi e le tifose italiani dove era possibile vedere le partite, gustarsi un pre o un post match.
Per quanto questa analisi alla voce servizio abbia concentrato il focus sulla città di Manchester, fonti raccolte testimoniano lo stesso tipo di impegno a livello organizzativo anche nelle altre città. Mentre nelle cittadine più piccole le interazioni da tifo itinerante sono più facili da sviluppare – come nel caso dei Mondiali 2019 a Montpellier, ad esempio – città più grandi favoriscono in misura minore questo clima specifico.
Tuttavia, è innegabile il fatto che gli inglesi e la UEFA, nell’intento di regalare un’esperienza degna di nota a questo Europeo, abbiano fatto un buonissimo lavoro.
A livello mediatico, parimenti, possiamo attribuire lo stesso giudizio: non solo nei pressi degli stadi era possibile notare stampa in ogni angolo, ma anche nei principali quotidiani e canali internazionali la copertura è stata visibile e concreta. In Italia, nonostante nel pre-Europeo si siano gonfiate un po’ troppo le aspettative nei confronti della nostra Nazionale, abbiamo potuto godere per la prima volta di tantissime partite in chiaro sulla Rai (anche di altre squadre) e di un ottimo servizio Sky con analisi, approfondimenti e trasversalità.
Ancora una volta, come nel caso del pub che trasmette su maxi schermo, assistere a tutto questo coinvolgimento mediatico, per la prima volta, è stato un grandissimo passo in avanti: in questo momento e per questa analisi, esprimere un giudizio puntiglioso di qualità sugli stessi non avrebbe senso poiché la vera notizia, qui, è stata la presenza massiccia di interesse.
Voto: 3/5
Conto: ⭐️⭐️⭐️
Le questioni da indagare alla voce prezzo, sono la nostra percezione rispetto al tempo passato davanti al televisore o allo stadio a guardare le partite di questo Europeo. Insomma, ci siamo divertiti? Cosa ci rimane?
Alcuni di noi avranno approcciato il calcio femminile per la prima volta, altri saranno stati spettatori veterani, altri simpatizzanti e altri ancora curiosi, per questo motivo le considerazioni che seguiranno saranno di puro carattere soggettivo unito a qualche fatto da follower decennale di calcio femminile.
Facendo un piccolo bilancio, questo Europeo ha regalato emozioni trasversali tanto in positivo quanto in negativo. Alzandosi il livello generale, accorgersi di chi rimane nettamente qualche spanna sotto è sempre più facile. Sulla stessa linea di ragionamento, potremmo dire che anche quando le aspettative vengono disattese il giudizio tende a volgere in senso negativo. Il dominio totale di squadre come Francia, Germania e Inghilterra è il fatto più immediato che anche chi non segue il calcio femminile ha potuto constatare. Fermarsi ad una presa visione, però, non è sufficiente. Non lo è per il semplice fatto che è proprio in questo modo che nascono i pregiudizi e il famoso “fare di tutta l’erba un fascio“. Ci troviamo ancora una volta a dover spiegare che il motivo dietro tanto strapotere di alcune Nazioni deriva da programmazione professionistica decennale, significa fare da anni quello che nel maschile si fa da secoli. É chiaro dunque, che in assenza di pari condizioni di lavoro tra Paesi all’interno dello stesso continente, il divario sia così visibile.
Tuttavia, nonostante un paio di risultati pesanti di troppo e alcune squadre outsider che non sono riuscite a rendersi davvero pericolose (ad eccezione, lo ripetiamo, di Austria e Belgio) quello che rimane di questa competizione è la sensazione di una necessaria tappa di mezzo nella quale abbiamo capito che il futuro è in buone mani e credeteci: è una buonissima notizia. Chi, guardando le giocate di Walsh, Katoto, Oberdorf, Russo e compagnia, non ha esclamato positivamente almeno una volta?
Se il prezzo da pagare per ciò che è andato storto, è raccogliere ciò che il futuro ha di così promettente da regalarci, il bilancio di questo Europeo non può che essere positivo.
Voto: 3/5