Ognuno si porta dentro certe immagini che hanno segnato la sua vita. Ricordi di quando si è piccini, a scuola con gli amici, a casa con i cugini o con i nonni. Ci sono giornate, momenti o gesti che fanno la differenza: si tratta di quelle cose che fanno prendere coscienza di una propria passione, di un’indole, di un gusto. La prima bicicletta che ci ha fatto capire quanto fosse bello sfrecciare tra i viali alberati. Il primo album di figurine che ci ha fatto capire quando fosse bella l’attesa per qualcosa di importante. E poi c’è chi, come quelli che erano bambini o ragazzi nei primi anni Duemila, ha capito che il calcio avrebbe fatto parte della sua vita. Se abbiamo visto con la nostra famiglia i Mondiali del 2006, la corsa felicemente disperata dei giocatori in campo che impazziti festeggiano la vittoria ci ha fatto capire le emozioni che con questo sport si possono provare. Il bilico tra il dirupo di una sconfitta e la gloria per una vittoria che ci rende ancora orgogliosi dopo più di dieci anni, stava tutto nei rigoristi. Soprattutto uno, l’ultimo: Fabio Grosso.
Non c’è persona in Italia (e forse anche in Francia) che non abbia presente quel momento. E il giocatore romano, anche se di romano ha ben poco, è diventato l’essenza del percorso della nazionale azzurra per arrivare ad alzare la Coppa del Mondo. Era arrivato da riserva, ma gara dopo gara ha acquisito protagonismo, tanto da diventare in certe occasioni anche l’uomo-partita. Chi era però il terzino prima di riceve la chiamata di Marcello Lippi? Sicuramente, senza la stagione 2005/2006 giocata a Palermo, non sarebbe stato possibile il riscatto di questo giocatore: lo Sliding Doors di Fabio Grosso.
Primo calcio vicino casa
Il 28 novembre 1977 – 44 anni oggi – nasceva Fabio Grosso a Roma. Il suo destino però lo porta in un’altra regione, meno esposta e più marginale rispetto alla centralità capitolina. La sua famiglia infatti è originaria di San Giovanni Lipioni, un borgo abruzzese al confine con il Molise, che oggi conta 152 abitanti. Nel 1977 pochi di più o pochi di meno.
Qualche anno dopo la sua nascita, i genitori di Grosso tornano in Abruzzo ed è per questo che si può infatti affermare che gli sia rimasto davvero poco di romano. Cresce quindi tra arrosticini e calcio, e presto trova l’occasione di giocare nella squadra più vicina. Si tratta della Renato Curi, società calcistica di Pescara – il secondo club della città – che giocava e gioca tutt’ora in Eccellenza. Qui Fabio Grosso ha l’occasione di sentire addosso la competizione per la prima volta e capisce già che cosa gli piace fare davvero.
Ancora però non è delineato bene il suo ruolo e Grosso come un jolly gioca in varie posizioni, più per sport, nel senso più stretto del termine, che per partecipare a una vera e propria disciplina a 360°. Qui comunque, in poco più di cento presenze, segna 47 gol e inizia a farsi un nome. Che presto però spiccherà davvero in livelli più alti.
Sarà il Chieti infatti la squadra a concretizzare la prima svolta della carriera di Grosso. Qui gioca con i professionisti. Continua a fare gol, viene schierato da trequartista e dalla Serie C2 con la sua squadra riesce a qualificarsi per la C1, passaggio arrivato alla fine della stagione 2000-2001. Inizia quindi un nuovo millennio, si scavalca il Novecento e ci si sente all’alba di nuovo mondo. Fabio Grosso festeggia con i compagni della sua terra e le sue prestazioni non rimangono inosservate: a puntare gli occhi sul giocatore sono infatti gli osservatori del più blasonato Perugia. L’occasione è chiara e dall’estate del 2001 Fabio Grosso diventa ufficialmente un giocatore della società del capoluogo umbro.
Dall’Abruzzo alla Sicilia
La fortuna vuole che allora sulla panchina del Perugia sedesse Serse Cosmi, che riuscì a vedere in lui le qualità di difensore. In quel periodo la squadra gioca con il 3-5-2 in cui Grosso viene impiegato come esterno di centrocampo prima, e come terzino sinistro poi. La società disputa tre stagioni in Serie A e Fabio Grosso diventa finalmente un calciatore conosciuto.
In questi anni le presenze che il calciatore colleziona sono 67, tra le quali trovano spazio anche sette gol. Il primo grande successo però, arriva quando la squadra vince la Coppa Intertoto UEFA 2003, primo trofeo internazionale di Grosso, e unico titolo europeo che il giocatore ancora oggi detiene in bacheca. Il torneo, una competizione giocata dal 1995 al 2008, coinvolgeva le squadre che nelle competizioni europee si erano classificate appena sotto i posti che davano l’accesso diretto alla Coppa Uefa. Per il Perugia significò un apice inedito e per Fabio Grosso la prima possibilità di confrontarsi con i livelli internazionali, lontano da Roma e dal suo Abruzzo.
Presto però si sarebbe trasferito di nuovo: arriva infatti il 30 gennaio del 2004 la chiamata del Palermo. All’epoca i rosanero lottano per conquistare la promozione in Serie A e Fabio Grosso, una volta arrivato, contribuisce al passaggio di livello già in quella stessa stagione.
Lo Sliding Doors di Fabio Grosso
Si arriva così alla stagione 2005/2006. Fabio Grosso è stato appena ripromosso in Serie A, dopo la breve avventura in B, l’esperienza gloriosa umbra e la serie C di soltanto cinque anni prima. A Palermo i climi sono diversi: caldo, sole, cibo, convivialità. Tutto è nuovo per un giocatore che finora era cresciuto, con calma, anno dopo anno, ma senza mai fare quello scatto decisivo che richiede una carriera quando è destinata a esplodere.
Siamo forse arrivati al momento. In questi anni particolari e decisivi il terzino riesce a offrire un sé nuovo e aggiornato, che presto diventa per la squadra siciliana una sicurezza e una presenza imprescindibile. Fin dalla prima partita, contro il Parma, Grosso viene impiegato come terzino da titolare, giocando tutta la partita. Il Palermo è una squadra in crescita e anche se priva del tecnico Guidolin e Luca Toni, due assi portanti degli anni precedenti, inizia bene il campionato. Dopo un primo pareggio con la squadra ducale infatti, arriva un’importantissima vittoria per 3-2 sull’Inter, una delle candidate per il titolo.
Fabio Grosso è ovviamente presente e anche nelle partite di Coppa Uefa la squadra si impone, dove arriva prima nel girone con 8 punti. Contemporaneamente il Palermo viaggia spedito anche in Coppa Italia eliminando il Bari e poi il Milan, rifilando tre gol ai rossoneri. Il terzino così diventa anima di una stagione esplosiva dei palermitani. A fermarli saranno gli ottavi di Coppa Uefa e la Roma nella semifinale di Coppa Italia, ma i risultati sono scritti nero su bianco. Il campionato finisce con il Palermo in ottava posizione. Stagione in cui l’ex Perugia porta a casa 47 presenze in tutte le competizioni.
Direzione Germania
La coincidenza però vuole che in quell’anno scoppi il caso Calciopoli: i rosanero quindi salgono in quinta posizione e raggiungono la qualificazione per la Coppa Uefa. A porte chiuse e conti fatti, nel tumulto che il calcio italiano stava vivendo in quei mesi, è chiaro a tutti che Fabio Grosso abbia probabilmente appena concluso la sua stagione migliore. A riflettere sui suoi interventi, sulle sue corse, sui suoi calci piazzati e sulla sua duttilità anche a livello della trequarti, c’è anche Marcello Lippi.
Mentre il calcio nel nostro paese appariva come un sistema corrotto e finto, c’era comunque da programmare la partenza per un Mondiale. Fabio Grosso aveva vestito azzurro nel 2003 con la guida di Trapattoni e con lo stesso Lippi nel 2005, quando segnò anche il suo primo gol. Era rientrato nel ritiro di aprile anche prima della partenza per la Germania, ma la sua presenza non era affatto scontata.
Il magico trio del Palermo Barzagli-Grosso-Zaccardo era un gruppo unito che poteva dare garanzia al CT. Marcello Lippi infine si convinse e Grosso salì a bordo della scialuppa da ultimo arrivato. Il suo ruolo era scontato e chiaro: riserva. In Germania però, le cose si ribaltarono velocemente.
Fabio Grosso, l’uomo dell’ultimo secondo
La storia infatti cambia. Il difensore abruzzese ha davanti a sé l’occasione più importante della sua carriera e sta facendo parte di un gruppo che diventerà storico, un gruppo che tutti abbiamo impresso a vita nella mente e nel cuore.
Ghana, Repubblica Ceca e Stati Uniti le squadre del girone toccato all’Italia. Il cammino parte liscio e l’Italia si qualifica agli ottavi. Qui arriva la prima labile firma di Grosso. La partita è ferma sullo 0-0, ma al 90° il terzino riesce a provocare un rigore per i nostri. Totti lo concretizza e l’Italia passa di botto ai quarti di finale. Dopo il travolgimento che gli azzurri propinarono all’Ucraina, si arrivò a quella che forse è stata la partita più difficile del mondiale. A contendersi un posto per la finale eravamo noi e la Germania, padrona di casa. A sbloccarla, al 119′, fu ancora lui, Fabio Grosso, su assist perfetto di Andrea Pirlo, a sua volta trasformando il corner di Del Piero.
La visione di Lippi fu confermata, e quando si trattava di studiare la finale contro la Francia, l’allenatore non ebbe dubbi sulla decisione dei rigoristi. Venuto da Palermo dopo quella stagione straordinaria, Grosso era diventato ormai l’azzurro mondiale, partito da outsider e diventato il caso più sorprendente. Le sue lacrime di gioia dopo il gol ai tedeschi fecero capire che nemmeno lui stava credendo a quel clima surreale che ormai lo aveva portato nel posto più alto che avesse mai potuto immaginare.
Poco tempo fa anche Marcello Lippi ha ribadito l’incredulità che si era ormai impossessata del giocatore:
Ricordo ancora la faccia che hai fatto quando ti ho detto che tiravi tu il quinto rigore… Ma era destino, eri diventato l’uomo dell’ultimo secondo.
Si arriva così all’azione più famosa della sua carriera. Sarà l’apice del suo percorso calcistico e soprattutto sarà il gesto che farà tremare tutti gli italiani nelle piazze, sui divani, in ginocchio davanti a uno schermo. Si tratta dell’ultimo rigore, da battere dopo quelli andati a segno di Pirlo, Materazzi, De Rossi, Del Piero. A prescindere, prima del calcio dagli undici metri, la bilancia è sempre pari: o va bene o va male. E Fabio Grosso in quel momento aveva tutta l’avventura del Mondiale e di un paese intero che gli pesava sulla schiena.
Il numero 3 azzurro è di fronte a Barthez. L’arbitro fischia. Grosso è concentrato, prender la rincorsa e poi tira. Sappiamo tutti com’è andata a finire.