Dopo aver girato mezza Europa, Filip Djuricic è rinato con De Zerbi. Con lui ha espresso il suo miglior calcio, tuttavia gli eventi degli ultimi tempi ne hanno minato la continuità.
Dalla Stella Rossa all’Eredivisie
Poco più di mezz’ora di macchina. Il lasso di tempo che Obrenovac, cittadina della Serbia centrale, dista da Belgrado. E che nel 2007 separa un giovanissimo Filip Djuricic, aspirante centrocampista, dal vestire bianco-rosso.
È un periodo d’oro per la Stella Rossa. La stagione precedente era partita a rilento, con lo stadio Marakàna che aveva fatto da cornice al passaggio del turno del Milan ai preliminari di Champions League sotto i colpi di Inzaghi e Seedorf. Quel 2-1 non aveva riservato ai serbi il sorteggio dei gironi, ma non li aveva scoraggiati: a fine stagione il palmarès si era arricchito con scudetto e Coppa di Serbia. Djuricic – nelle file dell’Under 17 – si sta giocando il tutto per tutto per entrare a far parte della compagine più forte dell’ex Jugoslavia.
In quell’estate, però, il Pireo chiama e il giovane Djuricic si trasferisce nelle giovanili dell’Olympiakos. L’agognato debutto in prima squadra, tuttavia, non avviene in Grecia, bensì in Srpska Liga, il terzo livello del campionato serbo. Viene infatti ingaggiato dal Radnički Obrenovac, squadra della sua città natale dove ha mosso i primi passi da calciatore. A 16 anni colleziona 17 presenze e segna un solo goal.
Voor het donker werd nog snel naar de club waar het allemaal is begonnen voor Filip Djuricic, FK Radnicki Obrenovac. pic.twitter.com/0AEi11uNIq
— Jelmer (@m_y_f_s) September 14, 2015
Inizia a farsi notare altrove. Attira persino l’attenzione di Ole Gunnar Solskjær che lo seleziona per un periodo di prova tra le riserve del Manchester United. Tutto procede bene, ma le porte dell’Old Trafford si chiudono per il mancato rilascio del permesso di lavoro.
Djuricic è quindi costretto a ritornare in Serbia, ma la sua permanenza è davvero breve perché nel marzo 2009 suonano le sirene dell’Eredivisie. L’Heerenveen lo accoglie nel suo centro sportivo. Dopo due stagioni in cui si ritaglia sempre più spazio, a consacrarlo definitivamente come uno dei migliori giovani europei ci pensa il tecnico olandese Ron Jans.
Il bilancio della stagione 2011/2012 dirà quinto posto in campionato e relativo pass per l’Europa League. Gran parte del merito è proprio del serbo in rampa di lancio: in 39 gare disputate mette a segno 13 goal e fornisce 17 assist. È uno dei pochi ventenni a raggiungere la doppia cifra, cosicché tanti club prestigiosi lo cercano. Van Basten lo consiglia al Milan che presenta un’offerta, ma Filip non si sente pronto e rifiuta. Ci avrà anche giocato il suo idolo Kaká, ma crede di essere troppo giovane per un salto di qualità del genere.
Il debutto in Europa League è da sogno: due dei quattro goal segnati al Rapid Bucarest nel match valevole per il terzo turno di andata di qualificazione sono suoi. Conclude la stagione con 10 goal in 37 presenze tra campionato, Coppa d’Olanda e Europa League.
Il Djuricic girovago
Nel febbraio 2013 diventa l’acquisto più caro del Benfica di quegli anni, visto che approda alla corte di Jorge Jesus per 8 milioni. L’asticella si alza: ora può disputare la Champions League ed esordisce nella massima competizione europea segnando il suo primo goal portoghese contro l’Anderlecht. Il nome Djuricic sul tabellino dei marcatori resterà impresso ai belgi, che tre anni dopo decideranno di prenderlo in prestito. Per il serbo è la terza esperienza con questa formula dopo Mainz e Southampton. Rimane in Belgio fino alla fine della stagione per poi tornare in Portogallo, dove non rientra più nei piani del Benfica.
A 24 anni Djuricic ha girato quasi tutti i campionati europei: ne mancano due, Liga e Serie A. La Sampdoria di Giampaolo lo nota. A luglio 2016 giunge a Genova in prestito con diritto di riscatto, con l’arrivo in blucerchiato è ricco di aspettative. Il primo ad essere felice è proprio il trequartista, che alla prima intervista si dimostra entusiasta.
Voglio semplicemente dire che darò sempre il massimo e che darò anima e corpo per la Sampdoria. Spero potremo vivere molti momenti felici insieme.
La rinascita a Benevento prima del Sassuolo
Se la passa male. Sono mesi che non vede il campo. Al Vigorito vogliono risollevare le sorti della classifica approfittando della sessione di mercato invernale. Decidono di scommettere su di lui con un prestito secco fino a fine stagione, ma Djuricic non è sicuro di andare. I 7 punti in classifica sembrano presagire una retrocessione ormai certa per le Streghe. Allo stesso tempo, non vuole arrendersi nonostante la forma fisica precaria. Cerca ancora quella continuità che gli è mancata e sente che potrebbe essere l’ultima spiaggia. Accetta.
Il lavoro quotidiano porta i suoi frutti: partita dopo partita riesce a far emergere le doti di un tempo. Con la maglia dei campani non trova mai la via del goal, ma, grazie a De Zerbi che ne esalta le caratteristiche, rende un po’ meno amara la retrocessione in Serie B.
Con la discesa nella serie cadetta l’esperienza campana si conclude per entrambi. De Zerbi diventa allenatore del Sassuolo, però non dimentica lo sprazzo di talento che ha rivisto in Djuricic negli ultimi mesi. È stato anche lui un numero 10 ed è convinto che a Reggio Emilia il fantasista serbo potrà fare bene. Gioca un ruolo cruciale nella trattativa tra il giocatore, ormai svincolato, e la dirigenza. Convince il presidente Squinzi. Lavoreranno ancora insieme.
Il mio ruolo preferito è il trequartista, ma posso giocare in tutti i ruoli in mezzo e volendo anche come falso nueve.
Detto, fatto. Con la casacca neroverde ha giocato praticamente in tutti i ruoli del centrocampo, facendo persino il centravanti, anche se l’istinto da trequartista lo ha fatto spesso defilare dal fronte offensivo. La stagione corrente è partita forte per Djuricic. Il diagonale contro lo Spezia dopo un tunnel rifilato a Sala alla seconda giornata dimostra che è in grande forma, con il goal su assist di Caputo nella vittoria contro il Bologna e la prodezza di tacco condita con l’assist a Chiricheș nel pareggio contro il Torino fanno pensare ad un’ottima annata.
Quando ormai è diventato la chiave del Sassuolo, ci pensa il Covid-19 a complicare le cose. Un comunicato ufficiale della società datato 3 novembre ne conferma la positività e lo stop forzato lo costringe a saltare Napoli e Udinese. Scende di nuovo in campo il 22 novembre al Bentegodi contro il Verona e da lì in poi viene sempre schierato, fino all’esclusione contro la Sampdoria. Si mormora che la mancata convocazione sia avvenuta per un risentimento all’adduttore, ma l’assenza inaspettata dalla lista dei convocati contro l’Atalanta dopo la sosta natalizia fa sospettare che ci sia qualcosa di più. Era quotato come possibile titolare, invece non è nemmeno seduto in panchina. Si comincia a pensare che la rottura con l’allenatore sia totale.
A chiarire la situazione ci pensa De Zerbi: nel post-partita del Gewiss Stadium, spiega che l’esclusione è stata dettata da motivi disciplinari. Djuricic non si era comportato bene con squadra e mister prima del match contro i blucerchiati e quindi era stato escluso. Il buon lavoro in allenamento e il fatto che sia partito ugualmente con la squadra per Bergamo – dove ha assistito alla partita dalla tribuna – ha rimesso le cose a posto. Ha dimostrato di essere un ragazzo con dei valori e per questo dalla partita successiva verrà impiegato regolarmente.
Proprio quando la strada della costanza sembra spianata, viene sbarrata un’altra volta. Rimedia un’espulsione al 47esimo contro la SPAL per un fallo su Sernicola. Lasciando in dieci i propri compagni, Djuricic dà una svolta negativa alla partita, che si conclude con l’eliminazione dalla Coppa Italia agli ottavi di finale. Tre giorni dopo, però, incide positivamente: subentra a Magnanelli al 60′ e segna su rigore al fotofinish, regalando così il pareggio contro il Parma all’ultimo respiro. Il digiuno che durava da Sassuolo-Torino è interrotto da un goal insolito: è il terzo rigorista dopo Berardi e Caputo, ma entrambi non sono in campo in quel momento. Quindi dal dischetto tocca a lui.
La buona prestazione contro la Lazio, dove ha fornito l’assist del momentaneo vantaggio di Caputo, sembra sancire una forma ritrovata dopo un momento particolarmente difficile. Il talento è indubbio, la fiducia dell’allenatore che lo considera come un figlio c’è. L’attaccamento alla maglia pure. L’ostinazione non è mai mancata. Sarà la volta buona per emergere tra i grandi?