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CALCIO ITALIANO

If you need me call me: La Fiorentina 2.0 di Prandelli

If you need me call me no matter where you are, no matter how far…

Così cantavano Marvin Gaye e Tammi Tarrel nella loro Ain’t no mountain high enough. Impossibile sapere se queste parole abbiano risuonato anche nella testa di Cesare Prandelli, al momento della chiamata d’aiuto arrivata dalla tanto amata Firenze. Sta di fatto che rappresentano un’ottima colonna sonora al ritorno del tecnico lombardo sulla panchina della Fiorentina.

Un finale già scritto

È di qualche giorno la notizia del ritorno di Prandelli alla guida della viola dopo l’esonero di Iachini. Una scelta che fa già molto discutere all’interno dell’ambiente fiorentino. Un ambiente che ormai da diversi anni a questa parte è costretto a fare i conti con il susseguirsi di scelte sbagliate o comunque alquanto discutibili da parte della società. Prima con la famiglia Della Valle, ed ora con Rocco Commisso. Una nuova presidenza che qualcosa ha cercato di fare, seppur in maniera piuttosto confusionale. La stessa confusione che poi la squadra ha dimostrato di avere anche in campo.

Momenti di sconforto (Foto: Gabriele Maltini/Getty Images – OneFootball)

Un inizio di stagione e la fine di un rapporto, quello tra la Fiorentina e Beppe Iachini, che per molti erano più che pronosticabili, quasi certi, e che gli altalenanti risultati della prima parte di campionato hanno finito per concretizzare in realtà. L’incoraggiante finale della scorsa stagione aveva convinto i dirigenti a confermare sulla panchina viola il tecnico di Ascoli Piceno. Reo di aver dato un’insperata solidità ad una squadra che fino alla sosta natalizia somigliava molto ad una porcellana, pronta a frantumarsi davanti alla minima difficoltà.

Ed in effetti i risultati dell’ultima parte di stagione sembravano dare adito alla scelta di confermare il tecnico ascolano. Nonostante i buoni risultati, però, la squadra continuava a dare quella sensazione di confusione, di non sapere mai davvero cosa andasse fatto una volta entrati sul campo di gioco. Difficoltà poi spesso arginate grazie agli strappi dei singoli, ma che ad un attento osservatore non sarebbero passate inosservate.

Problematiche che, come volevasi dimostrare, sarebbero venute a galla nel medio-lungo periodo, e che la partenza del maggior solista della squadra, Federico Chiesa, non ha fatto che metter ancor più in mostra. Una serie di carenze tattiche che hanno impedito alla Fiorentina di esprimersi al meglio, nonostante una sessione di mercato di buon livello, e che infine hanno portato alla decisione di richiamare Prandelli a distanza di dieci anni dal suo addio a Firenze.

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Prandelli avrà molto a cui pensare (Foto: Filippo Monteforte/Getty Images – OneFootball)

Veni, vidi, vici: la Fiorentina 1.0 di Prandelli

Se la Fiorentina ha scelto Prandelli per risollevare le sorti della squadra, molto è dovuto soprattutto ai trascorsi del tecnico sulla panchina dell’Artemio Franchi. Con l’ex tecnico della Nazionale italiana, Firenze ha senza ombra di dubbio vissuto i migliori giorni dall’inizio del nuovo millennio. Cinque anni, dal 2005 al 2010, che hanno visto la Fiorentina essere protagonista sia in Italia che in Europa, e che, a testimonianza del suo ottimo lavoro, hanno visto Prandelli vincere per ben due volte la panchina d’oro. Oltre a regalargli la chiamata alla guida della nazionale maggiore.

Un arco di tempo che al di là dei piazzamenti in campionato (per quattro volte di fila nelle prime quattro, previa sanzione Calciopoli), ha visto l’allenatore entrare di diritto nella storia del club fiorentino, ottenendo il record per il maggior numero di vittorie alla guida dei gigliati (117).

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Fiorentina-Bayern Monaco 3-2, una delle serate più emozionanti e dal sapore amaro per Prandelli e la Fiorentina (Foto: Filippo Monteforte/Getty Images – OneFootball)

Da qui il passaggio alla guida del’Italia. Quattro anni di croce e delizia. Quattro anni in cui Prandelli ha cercato di risollevare le sorti della Nazionale, la quale stava attraversando uno dei momenti più difficili della propria storia. Dal rimettere insieme i cocci rimasti dai mondiali sudafricani alle speranze regalate dalla cavalcata, seppur amaramente fermatasi in finale di Euro 2012. Fino ad arrivare alla nuova, cocente esclusione di Brasile 2014, ancora una volta ai gironi.

L’esperienza sulla panchina della Nazionale segna uno spartiacque nella carriera di Prandelli, indirizzandolo su un percorso tortuoso ed inimmaginabile fino a qualche anno prima. Da quel momento ad oggi, quattro panchine diverse: Galatasaray, Valencia, Al-Nasri e Genoa, senza mai riuscire a conservare la sua posizione per più di sei mesi.

Una fase calante evidente nella carriera dell’ex CT, maggiormente acutizzata da scelte discutibili, che hanno finito col renderlo sempre l’uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato, anziché il contrario. E che ci portano ad un’unica ovvia domanda. Prandelli è davvero l’uomo giusto per la Fiorentina?

Occhi che scrutano (Foto: Filippo Monteforte/Getty Images – OneFootball)

Voglia di giocare

È arrivato il momento di concentrarci sulla forma e sull’aspetto che potrebbe prendere la seconda Fiorentina targata Prandelli. Le due ipotesi naturalmente più accreditate riguardo il modulo di gioco sono quelle che l’allenatore ha adottato maggiormente nell’arco della sua carriera, e che soprattutto gli hanno regalato maggiori soddisfazioni. Ovvero il 4-2-3-1 e il 4-3-1-2, due moduli piuttosto speculari tra loro, cui spesso le squadre di Prandelli alternavano all’interno della stessa partita in base alle dinamiche di gioco.

L’idea principale alla base del gioco di Prandelli è quella di creare una squadra solida, equilibrata sia in fase offensiva che difensiva. Basti pensare alle tre principali panchine del tecnico: Parma, Fiorentina e soprattutto l’Italia, sono state tutte squadre sempre capaci di concedere poco, senza mai strafare in fase di spinta.

Abbiamo accennato ai due moduli come speculari e presto spiegheremo perché. Nel frattempo cerchiamo di ipotizzare le due formazioni tipo che potrebbero scendere in campo. Entrambi i moduli metterebbero maggiormente a loro agio molti dei giocatori presenti in rosa, ma per ovvie ragioni non possono compensare alcune delle carenze strutturali della squadra.

Uno dei maggiori problemi della Fiorentina fino ad ora è stata la fase di costruzione. Nonostante diversi buoni innesti nel reparto di centrocampo, la rosa è tutt’ora priva di un regista che sappia gestire palla e tempi di gioco in base ai momenti della partita. Fatta eccezione per il buon vecchio, ma difficilmente utilizzabile con continuità, Borja Valero

Pulgar detta il movimento ad un compagno (Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images – OneFootball)

La prima ipotesi è quella del 4-2-3-1, che vedrebbe ovviamente Dragoswki in porta e una difesa a 4 con Biraghi e Lirola terzini, Milenkovic e uno tra Caceres e Martinez centralmente, in attesa del ritorno di Pezzella. A centrocampo potrebbe prendere spunto un duo che per ora non ha mai visto il campo insieme, salvo nell’ultima giornata, quello formato da Pulgar e dal nuovo arrivato Amrabat.

Amrabat è un ottimo giocatore in fase di interdizione e con discrete qualità tecniche, che se messo costantemente sottopressione, come spesso avvenuto in questo inizio di stagione, mette in evidenza tutti i suoi limiti nel palleggio. Affiancargli un giocatore solido e dalle maggiori capacità in gestione palla come Pulgar darebbe alla formazione maggiori capacità di costruire in fase di impostazione.

Senza contare che rappresenterebbe decisamente un ottimo schermo davanti alla difesa. Il duo di centrocampo gioverebbe soprattutto al trio che si andrebbe a formare sulla trequarti, così da poter sfruttare al massimo il genio e l’estro di Castrovilli, oltre a mettere in condizione di esprimere al meglio le proprie qualità a due elementi di assoluto livello come Callejon e Ribery.

Diamonds and rust (Foto: Miguel Medina/Getty Images – OneFootball)

L’opzione del 4-3-1-2 è per molti versi molto speculare, come detto. Prendiamo l’esempio che forse tutti ricordano, l’Italia di Euro 2012. In particolare la formazione scesa in campo in una delle migliori prestazioni di quella squadra nel torneo, la semifinale contro la Germania. Lì il rombo di centrocampo era formato da Pirlo davanti alla difesa, Marchisio e De Rossi a far le mezzali e Montolivo in posizione da trequartista. Davanti Balotelli e Cassano. O almeno questo era l’aspetto iniziale.

La squadra ruotava la propria disposizione al momento di attaccare. La seconda punta, ovvero Cassano, spesso finiva con lo spostarsi sul fianco sinistro della trequarti, Balotelli si accentrava ancor di più cercando di dare profondità alla squadra, mentre Marchisio, la mezzala con le migliori qualità offensive, prendeva la posizione opposta a quella di Cassano. De Rossi, contrariamente, si abbassava per dar manforte a Pirlo sulla mediana, venendo così a costituire un assetto molto simile a quello di un 4-2-3-1. Un atteggiamento che Prandelli aveva già usato anche nei suoi anni alla Fiorentina, quando era Mutu a defilarsi lasciando il centro a Gilardino, Kuzmanovic a fare lo stesso lavoro di Marchisio, con Donadel e Felipe Melo nel mezzo. Il tutto mentre Montolivo conservava la propria posizione in entrambe le squadre.

Con questa disposizione si potrebbero sfruttare le qualità di un giocatore duttile come Bonaventura, inserendolo nella posizione di mezzala destra. Conservando un assetto che permetterebbe ai viola di avere maggiore equilibrio, salvaguardando comunque la fantasia di giocatori come Ribery e Castrovilli.

Prandelli per la Fiorentina è la scelta giusta?

Questo è qualcosa che senza ombra di dubbio potrà dirci solo il tempo. Tuttavia bisogna dire che quella di assumere un allenatore che fatica a trovare stabilità e continuità ormai da anni, più che una scelta sicura sembrerebbe un’ulteriore decisione azzardata da parte della dirigenza viola. Il valore dell’uomo e dell’allenatore non è in discussione, come del resto quanto di buono fatto durante la sua prima esperienza fiorentina.

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Festeggiamenti a cui Firenze tornerebbe volentieri (Foto: NewPress/Getty Images – OneFootball)

Negli ultimi anni le scelte di Prandelli sono state discutibili, prima ancora che in campo, fuori. Tralasciando il mezzo disastro di Istanbul, la scelta di allenare due squadre già in estrema crisi in quel momento come Valencia e Genoa non hanno fatto altro che rendere la vita ancor più difficile di quanto potesse essere al tecnico lombardo. Per non parlare della poco comprensibile (se non per monetizzare) esperienza in Arabia. Rendendo il già complicato ritorno ad allenare un club dopo diversi anni da commissario tecnico, ancor più tortuoso.

A suo favore ha una rosa di qualità, che in teoria ben si dovrebbe adattare alle sue idee di gioco. Ci sarà da vedere quanto Prandelli sarà capace di modellare le sue idee ad un calcio che negli ultimi anni è cambiato molto, soprattutto in Italia. Le conoscenze di certo non gli mancano, ma dovrà cercare di raccogliere quanto seminerà nel minor tempo possibile.

La Fiorentina ha senza ombra di dubbio una buona squadra. Forse con qualche carenza in alcuni ruoli, ma con altrettanta ricchezza in altri. In ogni caso, sicuramente con il potenziale per fare molto di più rispetto a quanto visto sinora. A Prandelli, dunque, il compito di riportare una piazza come quella di Firenze al posto che merita, ma tenendo bene a mente una cosa: il credito maturato in passato non potrebbe bastare a lungo in un ambiente ormai da tempo in tumulto.

Spirito Viola (Foto: Filippo Monteforte/Getty Images – OneFootball)
Autore

Terzino da paese in campo, fantasista sulla tastiera. Segnato fin da bambino dalle lacrime di Ronaldo del 5 maggio, ha capito subito che la vita da interista sarebbe stata dura. Scandisce il tempo in base alle giornate di campionato, sperando un giorno di poter vivere di calcio e parole.

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