Frank Lampard non crede ai propri occhi. Non può crederci. Le sue mani, che inizialmente stavano puntando verso il cielo nella solita esultanza, si spostano repentinamente verso la testa. La reazione può essere una sola: mettersi le mani nei capelli. La sua mente è un concentrato di interrogativi, il suo volto è la rappresentazione visiva della delusione e dell’incredulità. È come se avesse visto un fantasma e non riesca a capire cosa sia appena successo. “Com’è possibile? Perché mi è successo di nuovo?”. Non esistono risposte razionali ai suoi quesiti.
Lampard e il fantasma
27 giugno 2010. Free State Stadium, Bloemfontein (Sudafrica). Ottavi di finale della Coppa del Mondo 2010: Germania – Inghilterra.
38′ del primo tempo. La Germania sta vincendo 2-1. Defoe cerca di entrare in area di rigore ma la retroguardia tedesca lo respinge, allontanando il pallone. Quest’ultimo finisce sul petto di Lampard, che stava seguendo l’azione d’attacco. In una frazione di secondo si rende conto che il pallone è giocabile nonostante l’involontario controllo con il petto e nota che Neuer si trova qualche metro fuori dai pali. Ha deciso: deve calciare in porta. Non un tiro angolato, non una conclusione forte e secca. Un pallonetto è l’opzione migliore. L’inglese calcia in modo strano, a metà strada tra un piattone al volo e un tiro di collo morbidissimo.
La traiettoria impressa al pallone è beffarda per Neuer. La palla supera il portiere, colpisce la parte interna della traversa e rimbalza abbondantemente all’interno della linea di porta. Tocca nuovamente la traversa e torna indietro verso l’area di rigore, finendo tra le braccia dell’estremo difensore tedesco. È chiaramente gol. Anche i satelliti della NASA l’hanno visto. Non sono di quest’avviso l’arbitro e il suo assistente. Sarebbe stato il gol del 2-2, la rete che avrebbe messo nuovamente in carreggiata la formazione inglese. È l’ennesimo caso di gol fantasma, uno di quelli più famosi a livello mondiale. La partita poi finirà 4-1 per la Germania, decretando la definitiva eliminazione dell’Inghilterra dalla competizione.
La profezia
Estate 2006. Tra gli spot truffaldini delle suonerie per il cellulare e quelli dei delfini curiosi affamati di caramelle, compare sugli schermi televisivi italiani uno spot pubblicitario targato adidas. Si chiama José +10 ed è un nuovo capitolo della famosa campagna Impossible is nothing realizzato in occasione dei Mondiali in Germania del 2006 dall’agenzia creativa 180 Amsterdam.
Ci sono due bambini annoiati in un quartiere povero nei dintorni di Barcellona, Spagna. José e Pedro decidono di improvvisare una partita a calcio su un terreno sterrato, in mezzo ad animali, rottami d’auto ed esseri umani che attraversano quel rettangolo di terra. Non si tratta di una sfida uno-contro-uno, si tratta di una partita da sogno. La creatività e l’immaginazione dei due bambini genera due formazioni incredibili, fatte di nomi improbabili per una partitella del genere. Zidane, Kaká, Messi, Riquelme, Lampard, Beckham, Beckenbauer (!!!), Platini (!!!), Robben e tanti altri che si aggiungono ai due giovani capitani spagnoli. Se il claim è “Impossible is nothing”, allora perché non sfruttarlo fino in fondo? La partita è un saggio di azioni confuse, continui ribaltamenti di fronte e giocate di ogni tipo, condita da un’impressionante incapacità nel concretizzare le occasioni da gol create.
Gli ultimi istanti di partita sono carichi di pathos. Una pentola a pressione di emozioni pronta a saltare in aria. Pedro lancia lungo per Zidane. Il francese addomestica il passaggio con il petto, controlla il pallone con la testa e serve elegantemente Ballack. Il tedesco nasconde la palla a José e serve Pedro con un passaggio d’esterno. Il bambino spagnolo crede di essere la reincarnazione in miniatura di Xabi Alonso e decide di premiare lo scatto sulla fascia sinistra di Cissé con una bella apertura di prima intenzione. Cross basso dell’attaccante francese per l’arrivo a rimorchio di Lampard, che calcia immediatamente verso la porta difesa da Kahn. La palla sbatte sulla traversa e rimbalza sulla linea, superandola (?). Lampard allarga le braccia, puntando il cielo con le mani ed esultando insieme a Pedro e gli altri compagni. È il gol che decide la sfida.
Kahn ritiene che il pallone non abbia varcato l’ipotetica linea di porta e lo fa notare a compagni e avversari. È gol? Non lo è? Altro gol fantasma? Non si capisce. Non esiste nessuna forma di Goal-line Technology e nemmeno nessuna forma di arbitro. Ci pensa la mamma di José a spegnere le polemiche. Richiama il figlio dalla finestra e mette fine alla sfida. Il bambino raccoglie il pallone dalle mani del portiere tedesco e torna a casa.
Frank Lampard contro il destino
È strano notare come Frank Lampard sia il protagonista di due eventi molto simili a distanza di circa quattro anni che, tuttavia, si sviluppano in due contesti opposti: il mondo della finzione e quello della realtà. Invece, i due momenti presentano in modo quasi sinistro similitudini particolari, impossibili da prevedere. Si tratta di tiri che colpiscono la parte interna della traversa, rimbalzano oltre la linea e tornano nelle mani di due portieri tedeschi (Neuer in Germania – Inghilterra e Kahn nello spot José +10). In entrambe le situazioni, l’eventuale gol avrebbe avuto un enorme peso specifico all’interno delle partite – avrebbe significato la vittoria nella partitella sullo sterrato e sarebbe valso il pareggio nella sfida in Sudafrica. In aggiunta a questi elementi ricorrenti, c’è un ulteriore aspetto abbastanza strano e oscuro che rientra nell’ambito delle supposizioni con sfumature irreali.
Quando in tenera età Frank Jr. si è avvicinato al calcio, suo padre ed ex calciatore Frank Lampard Sr. gli avrà sicuramente raccontato della vittoria dell’Inghilterra ai Mondiali del 1966 disputatisi nella terra d’Albione. La prima e finora unica Coppa del Mondo di calcio vinta dalla nazionale dei Tre Leoni. E non sarà mancato un dettaglio nel racconto di quelle gesta, anche se con buone probabilità sarà stato descritto in maniera differente rispetto a come è stato visto da tanta altra gente.
30 luglio 1966. Stadio di Wembley, Inghilterra. Finale della Coppa del Mondo 1966: Inghilterra – Germania Ovest. Durante i tempi supplementari di quella finale, sul punteggio di 2-2, Hurst riceve il pallone in area di rigore, calcia da distanza ravvicinata e colpisce la traversa. La palla sembra rimbalzare per una frazione di secondo oltre la linea di porta per poi tornare verso il centro dell’area di rigore, dove viene buttata in calcio d’angolo da un difensore tedesco. Bisogna focalizzarsi su un principio fondamentale: la palla non ha superato la linea di porta nella sua interezza.
Infatti, inizialmente, l’arbitro non convalida la rete ma concede il calcio d’angolo ai padroni di casa. Dopo le proteste degli inglesi, è l’assistente a richiamare l’arbitro (di sicuro non a parole, viste le differenti lingue parlate dai due) per suggerirgli a gesti (!) la convalida del gol. Non bastano le proteste tedesche fondate sul fatto che la palla avesse sollevato un po’ di polvere di gesso durante il rimbalzo sulla linea (segno che la sfera non fosse finita interamente dentro). L’arbitro, nonostante i problemi comunicativi con l’assistente di campo più vicino, convalida il gol. 3-2 per l’Inghilterra, che porterà poi al 4-2 finale.
È il primo caso famoso di gol fantasma per praticamente tutto il mondo, ma non per gli inglesi. E se Lampard fosse il capro espiatorio scelto dal destino per vendicare un evento così controverso come la vittoria della nazionale inglese nel 1966? Una profezia proveniente dalla finzione di uno spot pubblicitario che si concretizza nella vita reale quattro anni dopo in modo analogo. A pensarci bene, nessuna di tutte queste supposizioni ha fondamenti reali, ma esistono perché giocano in continuazione con la fantasia e con la rappresentazione della realtà. L’unica cosa certa è che Frank Lampard, uno dei calciatori inglesi più apprezzati di sempre, ha incontrato più volte dei fantasmi sotto forma di gol nella sua carriera, eppure probabilmente ne avrebbe fatto volentieri a meno.