Le prime 8 giornate del nuovo campionato di Serie A ci hanno riservato parecchie soprese e non molte certezze, a discapito di un ristretto periodo di tempo, che di margine per cambiare e sorprendere sembrava lasciarne ben poco. Tra queste certezze troviamo, in maniera quasi insospettabile, il nuovo Verona di Juric.
Verona, dove ci eravamo lasciati?
L’Hellas che si affaccia alla stagione 2019/2020 è una neopromossa che sulla carta ha molte lacune e altrettante incognite. Il campionato precedente di Serie B ha regalato agli scaligeri una promozione nella massima serie per alcuni versi insperata, che soprattutto dopo il 2-0 subito dal Cittadella nell’andata della finale playoff sembrava quasi impossibile. Una di queste incognite è rappresentata proprio dall’uomo appena insediatosi sulla panchina gialloblù, Ivan Juric. La giovane carriera del tecnico croato dopo la promozione in massima serie con il Crotone sembra aver preso una brutta piega, cui le turbolente annate sulla panchina del suo amato Genoa sembrano averne già avviato anzitempo la fase calante .
La società nel frattempo ha assembrato una squadra che vede molti nomi sconosciuti ai più, ma anche un gran numero di giocatori vogliosi di riscatto e di mettersi in mostra, con una complessiva discreta dose di esperienza. Certo, nessuno avrebbe mai pensato, neanche nelle più rosee aspettative, che il Verona avrebbe chiuso il campionato al nono posto, rimanendo a -6 dalla zona Europa fino a sei giornate dal termine del campionato.
D’altronde la partenza non era stata delle migliori. Il primo quarto di campionato aveva portato solo 9 punti in 9 giornate (guarda un po’ il caso certe volte), che prospettavano più una lotta per la salvezza anziché per l’Europa. Un periodo in cui però il Verona stava mettendo le basi per quello che sarebbe stato il proseguo, non solo del campionato stesso, ma anche del successivo.
Ch, ch, changes
L’ottima annata del Verona nella stagione appena passata è sotto gli occhi di tutti, questo è fuor di dubbio. Eppure, tutto quel successo inaspettato ha per un momento rischiato di mettere in crisi il futuro dei Butei. Sin dalla fine di gennaio, infatti, si sapeva che tanti dei pezzi pregiati su cui fino a quel momento il Verona aveva costruito le proprie fortune non sarebbero stati presenti ai blocchi di partenza della stagione entrante. Tra cessioni già confermate e la scadenza di diversi prestiti, l’undici titolare sarebbe stato quasi dimezzato. Per non parlare del resto della rosa, quasi decimata. Stravolgimenti del genere non possono non toccare l’animo di un allenatore, e Juric non fa certo eccezione.
Il gran lavoro svolto ha dato fiducia, oltre che alla squadra, anche al proprio allenatore, che grazie ai risultati dei suoi uomini ritrova conferme nella propria idea di gioco, la quale ormai iniziava a vacillare. Inoltre, la massiccia e costante evoluzione della squadra durante il girone di ritorno, quando erano già in fase avanzata le operazioni di smantellamento, non ha fatto altro che far sorgere dubbi nella mente dell’allenatore croato. I risultati creano fiducia, la fiducia cambia le aspettative, le aspettative creano ambizione. E un allenatore ad inizio carriera come Juric, di ambizione ne ha molta.
Ovviamente la domanda che viene a porsi è: “Ne vale la pena?“. Vale la pena di rimanere in una società che l’anno prossimo potrebbe ritrovarsi, nonostante tutto il lavoro fatto, punto a capo? Posso avere di più? Posso puntare più in alto? Per fortuna dei tifosi scaligeri, la società è riuscita a placare i dubbi del proprio allenatore, assicurandogli che il progetto iniziato un anno prima non avrebbe avuto intoppi, come poi lo stesso Juric ha confermato.
Dopo quest’anno ripartiamo da zero. Rimaniamo con cinque o sei giocatori. Ne dovremo prendere altri quindici. È un progetto triennale perché di quest’anno rimane poco. Ma la società ha una stabilità diversa, e può fare diversamente rispetto alla stagione scorsa. Mi auguro che ci divertiremo, non sarà semplice ma sappiamo quali giocatori vogliamo. I soldi sono un ostacolo, ma la mia idea è costruire qualcosa di stabile qui, che garantisca la permanenza in Serie A, come non è stato negli ultimi dieci anni.
L’inizio della nuova stagione può essere già indicatore del fatto che la linea tracciata nei mesi passati sia stata rispettata. Guardando solo ai numeri, il Verona ha già collezionato tre punti in più rispetto alla scorsa stagione, e con una gara in meno a referto. Ma come ben sappiamo, i numeri possono ingannare. Quindi non resta da chiederci: Il Verona è davvero così cambiato? E se sì, quanto questo influisce sul gioco della squadra?
Guardarsi allo specchio
Iniziamo col darci una rinfrescata riguardo gli aspetti di gioco che hanno caratterizzato la squadra di Juric nel corso della stagione appena passata. I giocatori si disponevano su un 3-4-2-1 per tanti versi molto simile a quello che usa un’altra delle rivelazioni degli ultimi anni, l’Atalanta di Gasperini. D’altronde, è risaputa la forte influenza del tecnico piemontese sull’attuale allenatore del Verona. Juric è stato per anni uno dei punti fermi del Genoa di Gasperini, seguendolo poi anche nelle sue prime esperienze dalla panchina in veste di vice.
Il croato ha avuto fin da subito le idee chiare su come difendere e soprattutto su come dare inizio alla manovra. Non a caso, in quelle prime nove giornate di cui abbiamo parlato, l’undici scelto dall’allenatore degli scaligeri è stato quasi sempre lo stesso, tranne per i 3 componenti del reparto avanzato. I primi 8/11 della formazione erano già i medesimi che poi abbiamo imparato a conoscere nel corso della stagione. A difendere la porta di Silvestri c’era il trio difensivo composto da Rrahmani, Kumbulla e Gunter, sugli esterni Faraoni e Lazovic, mentre a fare da schermo alla difesa ci pensavano Veloso ed Amrabat.
La stessa chiarezza d’intenti non si ritrovava nel reparto offensivo, dove gli interpreti cambiavano di giornata in giornata, senza che il tecnico riuscisse a trovare la giusta quadratura. Il Verona mostrava fin dalle prime comparse un’ottima fase difensiva, cui combinava una forte pressione sul principio dell’azione avversaria. Altro aspetto in comune con la squadra bergamasca.
La differenza tra le due squadre consiste nel modo di effettuare la pressione. L’Atalanta accetta di portare un pressing basato sulla conquista alta della palla, con una serie di accoppiamenti uno contro a tutto il campo, sbilanciando molto l’assetto della squadra. Il Verona, al contrario, si affidava alla conquista della palla alta soprattutto con la pressione dei tre avanti, mentre il resto della squadra era atto a portare il gioco dell’avversario verso l’esterno. In modo da poter proteggere meglio il centro del campo qualora la pressione fosse andata a vuoto, e limitando inoltre le scelte di gioco degli avversari.
Questi meccanismi sono apparsi subito funzionare bene, mentre la fase offensiva continuava a faticare. La svolta, paradossalmente, è arrivata nel momento in cui Juric ha deciso di sacrificare la punta centrale di riferimento per un giocatore di maggiore qualità e più funzionale al palleggio della squadra.
Da quel momento, la fase offensiva ha iniziato ad ingranare. Il trio formato da Zaccagni, Pessina e Verre (cui si è aggiunto Borini da gennaio) spaziava lungo tutto il campo, fornendo sempre una linea di passaggio pulita ai due centrocampisti, ed in particolare a Veloso, vero costruttore di gioco della squadra. La maggior capacità nel gestire palla ha contribuito a favorire l’esplosione dei due esterni di centrocampo, ora capaci di riuscire a salire con il giusto tempo per dare manforte alla fase offensiva. I numeri a fine stagione di Faraoni (5 gol, 3 assist) e Lazovic (3 gol, 7 assist), ne sono testimonianza.
Il Verona aveva avuto una crescita notevole sia dal punto di vista del gioco che dei risultati, che il forte cambio a livello di organico poteva vanificare. Rispetto alla scorsa stagione, i gialloblù hanno dovuto rinunciare a due pilastri della difesa come Rrahmani e Kumbulla, difficilmente rimpiazzabili sia per qualità fisiche e difensive, sia tecniche. Come se non bastasse, si sono aggiunte le partenze di Amrabat, autore di gran parte del lavoro sporco in entrambe le fasi nonché maggiore portatore di palla della squadra, e poi di Pessina e Verre, indispensabili per tessere le trame di gioco della squadra.
I nuovi asset del Verona
Da ciò possiamo facilmente comprendere le perplessità di Juric, a cui la società è riuscita a porre rimedio, quantomeno in parte, dimostrando lungimiranza e molta competenza. L’esplosione nel reparto difensivo durante la scorsa stagione di un talento cristallino – nonché molto simile per caratteristiche ai due partenti – come Lovato, ha fatto sì che il Verona avesse un problema in meno da risolvere. Oltre a Lovato, la dirigenza ha aggiunto due giocatori funzionali al sistema come Ceccherini e Cetin, seppur diversi dal tipo di difensore che incarnava Rrahmani.
I cambiamenti maggiori – come volevasi immaginare – si son visti negli altri due reparti. Il centrocampo ha subito una forte iniezione di muscoli per sopperire alla mancanza del centrocampista marocchino. Un reparto che quest’anno si presenta anche più completo rispetto all’anno scorso. Tameze, Vieira, Benassi e Ilic sono quattro giocatori capaci di interpretare con diligenza sia la fase offensiva che difensiva, concedendo a Juric ricambi di livello assenti l’anno precedente. Un fattore ancor più determinante in un campionato frenetico come quello attuale.
In attacco, la scelta di puntare su Nikola Kalinic ha dato seguito al progetto di “reintegrazione” della prima punta che Juric aveva avviato già nella seconda parte dello scorso campionato. Pur essendo una punta di ruolo, l’ex Roma è un’ottima pedina per creare spazi ai compagno di reparto, oltre ad avere un’ottima visione di gioco. Qualità che lo rendono un attaccante moderno perfetto per il gioco del Verona. Recupero della piena forma permettendo.
Sorprendente fino ad ora è stato il rendimento dei due giocatori sulla trequarti. Zaccagni, già autore di una grande stagione l’anno scorso, ha alzato ancor di più il livello del proprio gioco, dimostrando di essere un calciatore di caratura assoluta, imprescindibile per la squadra. A lui si è aggiunto l’apporto di quella che per il momento è la vera sorpresa dalle parti del Bentegodi, Antonin Barak. Il ceco che tanto aveva fatto sperare ai tempi della sua prima stagione con l’Udinese, e che altrettanto aveva fatto disperare nelle ultime annate, sembra aver trovato l’ambiente ideale a Verona. Inserito all’interno di un assetto che gli permette di esprimersi al meglio, sfruttando le sue grandi doti d’incursore.
In conclusione…
Il Verona appare una squadra nel complesso addirittura migliore rispetto all’anno scorso. Ha una rosa più ampia e una serie di variabili tattiche che le permettono di variare maggiormente il piano di gioco, qualora fosse necessario. Ciò però non vuol dire che l’Hellas non abbia perso niente rispetto alla stagione passata. La partenza di diversi interpreti ha rotto un’intesa ormai consolidata, su cui Juric aveva costruito una squadra capace di competere con compagini ben più attrezzate.
Resta da vedere quanto impatto avrà il ritorno di Veloso al centro del campo, finora assente per infortunio. Un rientro che potrebbe dare una spinta ulteriore al campionato degli scaligeri, che rimangono innegabilmente una delle squadre più interessanti ed organizzate del panorama calcistico nostrano. Ripetere il percorso della scorsa stagione non sarà facile, complice l’aumento generale del livello delle squadre, in particolare di quelle nella metà di classifica in cui il Verona ha terminato lo scorso campionato. Juric ha tutte le possibilità per fare di nuovo bene, e al di là di quelli che saranno gli sviluppi in quest’annata, il Verona rimane una squadra capace di poter mettere in difficoltà chiunque.