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Icone: Marco van Basten, il Cigno di Utrecht

Sul finire del XIX secolo il compositore russo Čajkovskij diede vita a Il lago dei cigni, un balletto destinato a prendersi la scena nelle sale di tutto il mondo. Un centinaio di anni più tardi, un altro cigno, altrettanto candido ed elegante, portò quel balletto al suo massimo splendore decidendo di danzare con un pallone. Il suo palcoscenico non era in legno massello, ma in erba. Il suo pubblico non reggeva un binocolo da teatro, ma sciarpe e bandiere. Questa è la storia di Marco van Basten, il Cigno di Utrecht.

Impossibile non aver mai sentito parlare di van Basten, campione d’Europa con l’Olanda nel 1988 e colonna portante del Milan degli olandesi. Oggi, però, cercheremo di raccontarvi meglio chi è stato veramente, cosa c’è stato dietro ad ogni suo successo e ad ogni sua disgrazia.

van Basten, come Johan

Non sappiamo con certezza chi scriva le nostre storie dall’alto. Sappiamo, però, che alcune sono davvero studiate nei minimi particolari. Quella di van Basten ha inizio allo Stadion De Meer di Amsterdam nell’aprile 1982, e non poteva esserci incipit migliore…

C’era una volta un ragazzo di soli 17 anni e mezzo, pronto ad esordire nel calcio professionistico con la maglia dell’Ajax. In quel match di Eredivisie, i lancieri ospitano il NEC Nijmegen, avversario alla portata, tant’è che all’intervallo il risultato è già 2-0. La partita si è messa sui giusti binari e il titolo di campione dei Paesi Bassi è in tasca già da un pezzo, quale miglior momento per lanciare nella mischia qualche giovane?

Marco van Basten prende il posto di Johan Cruijff, non uno qualunque, bensì una leggenda del club e della nazionale. Per sua fortuna l’emozione non cancella il fiuto del gol, quello che lo aveva portato fin lì: bastano 12 minuti e Marco trova il gol, incornando il pallone giusto sugli sviluppi di un piazzato dalla trequarti campo. È il biglietto da visita di un talento che gli amanti del calcio impareranno a conoscere meglio nelle stagioni successive. La partita finisce 5-0 in favore dell’Ajax. Tutto così perfetto che il destino, o chi per lui, sembra dirgli: “ragazzo, tu sei un predestinato“.

C’è chi sostiene sia avvenuta una sorta di passaggio di consegne al momento di quella sostituzione. Johan è appena rientrato in Olanda dopo le esperienze in Spagna (Barcellona e Levante) e negli Stati Uniti (LA Aztecs e Washington Diplomats), ma ormai è più vicino al ritiro che ad altro. Non che abbia già spremuto tutto se stesso, ma è in un momento della sua carriera nel quale si guarda intorno alla ricerca di altre “arance” da spremere.

Van Basten intriga Cruijff, ma come tutti deve essere messo alla prova. In allenamento il veterano lo prende di mira, lo sbeffeggia e lo rimprovera di fronte a tutta la squadra. Come un pentolone pieno d’acqua, Marco arriva ad ebollizione e risponde a tono prima di scoppiare in lacrime e provare vanamente a dirigersi negli spogliatoi. Il ragazzino ha carattere, ora Johan lo sa. Basta con le battutine, da quel momento in poi lo prenderà sotto la sua ala protettiva.

Cruyff & van Basten - Foto Imago OneFootball
Johan Cruijff e Marco van Basten con la divisa dell’Ajax (Foto: Imago – OneFootball)

Mettendo in pratica i consigli del maestro, van Basten fa registrare numeri da fuoriclasse: capocannoniere dell’Eredivisie per quattro stagioni consecutive, dalla 1983/84 alla 1986/87, con una media che sfiora i 30 gol a campionato (quella stagionale è ancora più alta, superiore ai 35 gol considerando tutte le competizioni). Claudio Nassi trova l’accordo per portarlo alla Fiorentina, ma a fine stagione lascia il club e l’affare non viene concluso.

In Italia Marco ci arriva comunque grazie al Milan di Silvio Berlusconi ed è qui che eguaglia proprio Johan Cruijff vincendo tre Palloni d’Oro. L’allievo che raggiunge il maestro, un cerchio che si chiude.

Resilienza

La trama del Cigno di Utrecht non è semplice, perché al racconto dei suoi trionfi si unisce quello dei suoi problemi fisici. Prima una caviglia, poi l’altra, poi il menisco… Marco ne ha dovute passare proprio tante. Ci si chiede spesso dove sarebbe potuto arrivare senza questi maledetti infortuni. Provando a dare una chiave di lettura differente, però, potremmo soffermarci su quello che ha fatto, con e nonostante gli infortuni. Parola d’ordine: resilienza.

Infortunatosi in Coppa d’Olanda alla caviglia sinistra, van Basten si sottopone ad operazione chirurgica. Risultato ottimo, come nuovo. Qualcosa, però, va storto: durante la convalescenza il ragazzo sovraccarica l’altra caviglia, la destra, condannandola ad un fastidio costante. Prova a giocarci sopra ma si sente goffo, non al massimo delle sue potenzialità. Nel mentre l’Ajax viaggia a vele spiegate in Coppa delle Coppe e Cruijff non ne vuole sapere di andarsi a giocare la finale senza poter contare sul suo bomber.

Ecco allora che i due giungono al Patto del De Meer, secondo il quale Marco si sarebbe fermato e non avrebbe sforzato la caviglia fino alla finalissima. Scelta saggia, ricompensata dal gol vittoria contro i tedeschi del Lokomotive Lipsia. Prima e non ultima volta che van Basten si dimostrerà decisivo al rientro dagli infortuni.

Ajax Coppa delle Coppe - Foto Imago OneFootball
L’Ajax festeggia il successo in Coppa delle Coppe dopo aver superato il Lokomotiv Lipsia (Foto: Imago – OneFootball)

Al primo anno di Milan ha una ricaduta e dopo la gara di Coppa UEFA contro l’Espanyol torna sotto i ferri. Il bollettino medico non fa sconti: sei mesi di stop. Quando rientra in campo i suoi compagni sono all’inseguimento del Napoli in Serie A. I partenopei sono campioni in carica e occupano la prima posizione in solitaria praticamente dall’inizio del torneo, ma il vento soffia forte per portare lo Scudetto dal Vesuvio a Milano. Il Napoli inciampa a Verona, mentre il Milan vince la stracittadina contro l’Inter e si porta in vetta.

La giornata successiva è quella del colpo di grazia: van Basten mette la firma nel 2-3 del San Paolo che scuce il tricolore dal petto di Maradona. Le ultime due giornate sono una formalità. Marco può mettere da parte i suoi fantasmi e festeggiare un traguardo che i rossoneri non raggiungevano da nove anni.

van Basten Milan - Foto Imago OneFootball
Marco van Basten e i suoi compagni festeggiano la vittoria del campionato di Serie A (Foto: Imago – OneFootball)

La storia si ripete nella stagione 1989/90. Il Cigno parte di nuovo dai box per l’ennesima operazione, questa volta al menisco. Al rientro nulla può di fronte ad un Napoli inarrivabile, ma in campo europeo è un vero trascinatore: segna con il Real Madrid negli ottavi di finale di Coppa dei Campioni, con il Mechelen nei quarti e con il Bayern Monaco in semifinale.

La ciliegina sulla torta sarebbe stata la rete al Prater di Vienna in occasione dell’ultimo atto contro il Benfica, ma ci accontentiamo dell’assist al connazionale Frank Rijkaard, perché il risultato non cambia e il Milan sale sul tetto d’Europa per il secondo anno di fila.

I tre olandesi con la Champions - Foto Imago OneFootball
Marco van Basten, Frank Rijkaard e Ruud Gullit posano con la Coppa dei Campioni (Foto: Imago – OneFootball)

La “morte” del Cigno

Anche il più bello dei giocattoli prima o poi smette di funzionare. Il giocattolo Marco si è rotto più volte, ha provato a risistemare i propri pezzi uno alla volta con un po’ di colla qua e un po’ di punti là, ma continuare a ballare sulle punte è diventato impossibile.

Il 9 maggio 1993 va a segno per l’ultima volta in carriera in Ancona-Milan. Curiosamente l’ultimo portiere superato è Alessandro Nista, lo stesso al quale aveva realizzato il suo primo centro in Serie A. Da Nista a Nista: sei stagioni, undici titoli conquistati, sei premi individuali e troppi, ma veramente troppi stop.

Quello definitivo arriva il 17 agosto 1995, al termine di due anni passati lontano dal campo nella speranza di recuperare dalla quarta operazione alla caviglia. Marco dice basta, annuncia il suo ritiro e dà appuntamento ai tifosi rossoneri per un ultimo saluto. Così, in una giornata estiva qualunque, si consuma una vera e propria tragedia sportiva alla Scala del calcio.

C’era tristezza ovunque, quella del pubblico e la mia. Correvo perché non volevo far vedere che zoppicavo. Battevo le mani alla gente e intanto pensavo che non c’ero già più, mi sembrava di essere ospite al mio funerale. Pensavo soltanto che la mia vita era stata il calcio e adesso era diventata una fogna: avevo il fegato a pezzi per gli antidolorifici e un dolore pazzesco a quella caviglia maledetta. Ero disperato. Solo dopo ho capito di aver vissuto qualcosa di simile alla depressione.

Chi la conosce la custodisce gelosamente. Breve, ma degna di essere raccontata, quella di van Basten è la storia di un cigno che si è fatto Icona. Sipario.

Marco van Basten - Foto Imago OneFootball
Marco van Basten (Foto: Imago – OneFootball)

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Viterbese classe ’99, muove i primi passi con ai piedi un pallone e, neanche a dirlo, se ne innamora. Quando il calcio giocato smette di dare speranze, ci pensa giornalismo sportivo a farlo sognare. E se si fosse trattato di campo, essere riserva di lusso lo avrebbe fatto rosicare… alla tastiera non potrà che essere un valore aggiunto.

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