Dopo aver realizzato il gol del definitivo 2-1 nell’ultima partita di campionato contro il Getafe, Memphis Depay con la solita aria tra lo strafottente e l’irrisorio corre verso la bandierina per festeggiare e perdersi nell’abbraccio dei compagni. Il gol è uno di quelli che ti restano impressi: ricevuta palla dal compagno di nazionale Frenkie De Jong sul versante sinistro dell’area di rigore, Depay si accentra pettinando la sfera con la suola, abbozza un doppio passo, poi mette in serie un paio di finte per far perdere l’equilibrio ai difensori che lo braccavano e nel momento in cui la finestra di tiro si apre impallina il portiere sul primo palo con il destro. Per concludere la celebrazione Depay si porta gli indici alle orecchie, in quella che, riportando le sue parole, non è un’esultanza che ha come fine unico quello di mostrarsi sordo dinanzi alle critiche ma nasconde un significato più profondo:
Io vivo nella mia bolla e ascolto quello che mi si dice solo se lo ritengo interessante. Se mi si dice cosa fare o me lo si impone, non funziono. Il mio corpo si blocca. Ho bisogno di essere libero dal punto di vista mentale.
In quel momento forse a Depay avrebbe fatto piacere godersi a pieno il coro intonato per lui dai suoi nuovi tifosi: “Memphis, Memphis, Memphis”. Si, stessa sonorità e stessa cadenza ritmica del motivetto che fino a qualche mese fa sembrava essere l’inno del Barcellona. Quel “Meeeessi, Meeeessi, Meeeessi” che ha accompagnato i gol, i dribbling ma anche le lunghe passeggiate dell’ex 10 blaugrana sul prato del Camp Nou. Un’investitura non da poco per un calciatore alla terza partita ufficiale con la maglia del Barcellona, ma sintomatica della necessità dei tifosi culé di cercare un’àncora a cui aggrapparsi in questa estate tormentata fino all’ultimo giorno.
Depay a Barcellona ci arrivava interrogandosi su una questione che tormenta tutti i nuovi acquisti del Barcellona: “Come farò a convivere con Leo Messi?”. Tutti vorrebbero essere la spalla di uno dei giocatori più forte di tutti i tempi, ma in pochi hanno saputo condividere il palcoscenico con lui non sacrificando una fetta grossa del proprio talento. Idealmente però, la coppia Messi-Depay poteva funzionare: il primo a troneggiare sul centro-destra, il secondo a prendersi le briciole sul centro-sinistra. Con l’addio di Messi le cose sono cambiate – precipitate per molti – ma è possibile che a Depay la notizia abbia fatto spuntare un mezzo sorriso sul volto.
Depay è una primadonna, uno che, per lunghi tratti della sua carriera, tutto ciò che ti dava in campo te lo toglieva con gli atteggiamenti fuori dal rettangolo verde. “Un egocentrico allergico all’autorità”. No, nessuno lo ha mai detto ma consideratelo come il sunto di una lunga serie di dichiarazioni rilasciate da chi ne ha incrociato la traiettoria. A Manchester, ad esempio, dopo aver preteso la 7 che fu di Cristiano Ronaldo ed essersi preso le luci della ribalta nella gara d’esordio contro il Club Brugge si è progressivamente spento come una candela al vento. Lì i limiti comportamentali avevano schiacciato un talento forse ancora troppo acerbo per i ritmi forsennati e gli scontri granitici della Premier League. Mourinho parlandone ha sposato la linea del “forse era troppo presto”, ma soffermandosi sull’aspetto caratteriale:
A volte certi giocatori vanno troppo presto nei club più grandi e non sono pronti ad affrontarlo. Non capiscono che nei club più grandi c’è una competizione interna e non puoi giocare tutto il tempo. Ci sono giocatori fantastici che lottano con te per una posizione. E per questa ragione tendono a perdere un po’ del loro senso della realtà e diventano un po’ infantili.
Mou si è espresso con toni che Wayne Rooney definirebbe troppo edulcorati, dato che secondo diversi retroscena i suoi tentativi di catechizzare il ventenne menefreghista sono andati ripetutamente a vuoto arrivando allo scontro altrettante volte.
Nemmeno i mesi da incubo in Inghilterra hanno minato le certezze di Depay. L’occasione Lione è arrivata al momento giusto e si è rivelata perfetta per concedere al ragazzo di Moordrecht la libertà e la calma per evolvere il suo pensiero da “sono il più forte, punto” a “sono il più forte e ve lo dimostro ogni domenica”. A Lione sono gradualmente diminuiti i litigi e in modo inversamente proporzionale sono aumentati i gol e soprattutto gli assist, un mondo a cui Depay si è aperto solo dopo l’arrivo in Francia. Koeman in nazionale gli ha ritagliato un ruolo da prima punta mobile, esperimento apprezzato così tanto che Genesio ha deciso di replicarlo nel suo Lione. L’abbandono della fascia destra è diventato necessario quando il crociato ha fatto crack, portandosi via parte dell’esplosività che nella prima parte della sua carriera lo aveva reso un animale da dribbling. Il Depay che lascia le sponde del Rodano è un autentico numero 10 che fa della creatività la sua arma più affilata e della facilità di andare in gol il suo lasciapassare per il calcio dei grandi. Un attaccante che quando riceve palla a 20 metri della porta sai che può mandare un compagno a fare gol o mettersi in proprio e andare a prendersi la gloria personale.
A tutto questo Depay abbina un carisma tracimante, una dote naturale necessaria per elevarsi in un contesto come Barcellona. Difatti per l’ex PSV sembra non ci sia stato bisogno di alcun tipo di ambientamento: nella prima gara dopo l’addio di Messi, il Trofeo Gamper contro la Juventus, è andato a segno dopo una manciata di secondi, lanciando un segnale che pochi avranno colto dato l’importanza relativa di un’amichevole di inizio agosto. E allora la conferma è arrivata nella prima gara ufficiale della stagione: l’esordio al Camp Nou contro la temibile Real Sociedad di Imanol Alguacil. A prendersi le copertine è stato Gerard Pique – autore del gol dell’uno a zero e risolutore di parte (una minuscola parte a dire il vero) dei grossi problemi economico-finanziari della società decurtandosi lo stipendio – ma Depay ha sin da subito portato il suo modo di intendere il gioco su uno dei palcoscenici più esigenti del mondo.
I tifosi culè se ne faranno una ragione – forse lo hanno già fatto – ma la bellezza stordente rapportata ad un efficacia meccanica del gioco di Messi non sarà replicabile. Con Depay però, la componente spettacolo non verrà mai a mancare. Il primo a provare l’ebrezza di essere vittima del genio creativo dell’olandese è stato Robin Le Normand, dolcemente superato e mandato fuori tempo da un sombrero fatto con l’esterno del piede spalle alla porta, ma anche Zaldua e Portu, così attratti da Depay e dal pallone da perdersi la sovrapposizione interna di Jordi Alba in occasione del secondo gol di Martin Braithwaite. A farne le spese è stato anche Antoine Griezmann, che dopo l’addio di Messi avrà stappato il vino buono (o si sarà preparato un mate conoscendolo) vaneggiando su un suo futuro da leader del primo Barcellona d.M., e invece no, perché per quel ruolo c’era già un altro ambizioso candidato. E allora sì, meglio tornare a casa e sperare che sia Simeone a togliere la ruggine ad un talento che fino a due anni fa splendeva.
E se i dribbling spettacolari e gli assist non vi bastano ecco i gol: due nelle successive due partite. Entrambi molto pesanti ma il primo forse un po’ di più, perché arrivato al termine di una gara complessa e mal giocata dall’intera squadra. E poi che gol: un missile terra-aria che ha piegato le mani del portiere avversario e gelato il cuore dei tifosi dell’Athletic Bilbao che già pregustavano lo scalpo del grande Barcellona. Sette giorni dopo contro il Getafe è arrivata la seconda perla, in riposta al pareggio degli ospiti firmato dalla coppia degli ex feriti Aleñá-Sandro Ramirez. Un gol diverso in cui alla potenza del pareggio del San Mames è stata preferita l’arguzia, il colpo da biliardo per stupire tutti ma soprattutto il portiere avversario.
Ed è quindi dall’olandese che riparte l’attacco del Barcellona, in attesa del ritorno del Kun Aguero e soprattutto di quello che da pochi giorni sappiamo sarà il nuovo numero 10 culé: Ansu Fati. Ecco, in questo caso la speranza dei tifosi del Barcellona – e anche del sottoscritto – è che tra Depay e Ansu Fati si instauri una vera e propria bromance: una partnership che li porti ad emulare le gesta dei primi Messi ed Eto’o (chi non si è accorto della somiglianza dei movimenti di Ansu con quelli del primo Samuel?).
Insomma, seppur all’orizzonte ci sia del talento in cui sperare, ad oggi Memphis Depay è l’unico punto fermo dell’attacco del Barcellona, la pietra angolare attorno a cui gradualmente il resto del mosaico si dovrebbe comporre. Nel frattempo l’olandese sta iniziando a costruire la sua legacy in Catalogna, sventolando come una bandiera la sua street cred e confermandosi come un calciatore in piena ascesa con il mirino puntato sul meglio che il calcio mondiale propone. Le macerie che circondano il Barcellona sembrano il contesto perfetto per emergere, vedremo se ciò avverrà e se quel “Memphis, Memphis, Memphis“ cantato in un soleggiato pomeriggio di fine agosto sarà ricordato come il picco di una cotta estiva o il preludio di una lunga storia d’amore.