Sangolquí, Rey de Copas, José Terán. Sono parole che rappresentano la triade fondante del Club de Alto Rendimiento Especializado Independiente del Valle, fiore all’occhiello del calcio ecuadoriano degli ultimi sei anni. Il club, promosso nel 2010 in prima divisione e storicamente finalista di Copa Libertadores nel 2016, si è consolidato negli anni come una delle più importanti fucine di talenti del sudamerica ma non solo. Arricchendo il gran lavoro di formazione con una Sudamericana nel 2019 e un primo storico campionato nazionale nel 2021. Quest’anno, dopo una spettacolare cavalcata, l’Independiente vuole riprovarci: perché il primo ottobre, a Córdoba, si giocherà propria la finale di Copa Sudamericana che vedrà opposto il Tornado al San Paolo. L’ennesima occasione per fare, ancora una volta, la storia.
Tributi, Pasochoa e pollo fritto
L’Independiente del Valle nasce a Sangolquí il primo marzo 1958: si tratta di una cittadina a mezz’ora da Quito, incastonata nel verde del parco di Cotogchoa, alle pendici del vulcano spento Pasochoa, un altipiano di 4200 metri che da vita a numerose cascate mozzafiato. Qui José Terán, tifosissimo del club argentino Independiente, vero e proprio colosso nel continente, decide di fondare una piccola squadra con un gruppo di amici, omaggiando proprio il “Rey de Copas“. La promozione in terza divisione sarà datata 1979, anche se Terán e i suoi amici, che di ambizione ne avevano a pacchi, non vedranno mai le vette più alte raggiunte dal club nelle decadi successive, compresa la vittoria proprio contro la compagine argentina nella Copa Sudamericana nel 2019. Negli anni a Sangolquí cambieranno tante cose, dai colori sociali al capitale societario che darà vita alla mutazione del club. Un cambiamento che permetterà ad un centro abitato di 70.000 abitanti di diventare il terzo polo del calcio in Ecuador con Quito e Guayaquil, la città del “Barcellona” di cui vi parlammo in questo articolo.
Il tutto parte da quando Michel Deller, imprenditore e azionista di grandi centri commerciali del paese, prende in mano il club nel 2005 trasformandone in toto la sua struttura. Deller, che tra le altre cose è anche il proprietario del franchising di Kentucky Fried Chicken in Ecuador, ha portato linfa nuova ad un club che fino al 2007 chiedeva in prestito i campi per allenarsi e non aveva un vero e proprio centro. Dal 2009 in poi, con il nuovissimo Centro de Alto Rendimiento Independiente del Valle a Chillo Jijón, di proprietà del club, l’obiettivo diventa quello di “cambiare vite”.
“Se puoi risolvere alcuni problemi come l’alimentazione e l’alloggio, aggiungendoci l’educazione, stai dando molto più valore ai ragazzi in modo che stiano tranquilli e si dedichino semplicemente a giocare a calcio”
Queste erano le parole di Francisco Quiñones, uno dei responsabili commerciali del nuovissimo centro, in un’intervista del 2016 in cui raccontava la storia dietro al modernissimo complesso di 8 ettari nato per formare i giovani talenti del club dalla U12 fino alla U18. Oltre alla formazione giovanile, importantissima nell’ottica del Rayados che investe più di 1 milione di dollari ogni anno, Quiñones racconta anche di come il club si sia strutturato in ogni suo settore, dai tecnici video agli allenatori, eguagliando i metodi di lavoro di tanti club europei. Metodi che oggi permettono di capire anche quali giocatori acquistare a seconda dell’idea di calcio che l’Independiente del Valle ha in mente da anni, potendo così anticipare altri club e continuare il suo processo di sviluppo tramite la squadra riserve (in seconda divisione) e la prima squadra. E se avete dubbi su quale sia l’idea di calcio, nella versione italiana di Wikipedia qualcuno si è “divertito” a inserire Lele Adani come allenatore del club dopo un aneddoto sulla targa posta all’entrata dello stadio dell’Independiente.
Generazione d’oro
Le parole di Quiñones arrivavano nel periodo più roseo del club dal punto di vista societario e sportivo, quello in cui iniziavano le relazioni con i club europei a proposito dei tanti talenti del settore giovanile dei Rayados e in cui la prima squadra diventava il “Mata Gigantes” grazie ad una pazzesca stagione in Copa Libertadores. Trofeo in cui l’Independiente del Valle si inchinerà nel 2016 solo in finale contro l’Atletico Nacional dopo aver battuto, nell’ordine, River Plate agli ottavi, Pumas UNAM ai quarti e Boca Juniors in semifinale.
In quella squadra fu trascinatore Bryan Cabezas, classe 1997 ai tempi prelevato dall’Atalanta per 2.6 milioni di euro mai veramente sbocciato a causa degli infortuni. Ma è precedentemente all’arrivo in prima squadra o subito dopo che tante compagini decidono di investire nei talenti di Sangolquí: lo Sporting Lisbona nel 2019 per l’esterno offensivo Gonzalo Plata, classe 2000 oggi al Real Valladolid, spende 1 milione e 1000 euro dopo 13 presenze, il Brighton nel 2021 per il centrocampista classe 2001 Moisés Caicedo dopo l’esordio in nazionale (5.6 milioni di euro) o il Genk per il difensore Angelo Preciado, partito in Belgio per 3 milioni e mezzo di euro. L’ultima grande vendita risale a gennaio: il Red Bull Bragantino si è assicurato il centrocampista classe 2001 José Hurtado per 3.1 milioni di euro. A loro possiamo aggiungere tanti altri prospetti come Pedro Vite, un fantasista classe 2002 partito alla volta dei Vancouver Whitecaps in MLS per 2.5 milioni o Billy Arce, protagonista a 18 anni nella video intervista precedente in cui spiegava il funzionamento della vita nel centro giovanile del club. Nel caso dell’attaccante la prima esperienza europea, tra Brighton (che nel 2018 lo acquistò per 860 mila euro) e Extremadura, non è andata secondo le aspettative, anche se adesso gioca in una grande compagine di Uruguay come il Peñarol.
Restyling atipico
Se l’Independiente del Valle continua a fornire giocatori alle nazionali giovanili del paese, la logica dietro all’ultimo exploit della prima squadra va un po’ in controtendenza con il passato. Perché con 26 anni di età media e una squadra ben rimpinguata di profili esperti, il Tornado ha creato un mix che ha portato i suoi frutti. Basti pensare che il capitano, il 40enne Cristian Pellerano, mediano argentino con un passato nell’altro Independiente, ha 3 anni in più del nuovo allenatore Martín Rodrigo Anselmi, una vera e propria scommessa viste le sole 11 partite che l’ex Union La Calera aveva allenato in Cile.
Un’Argentina fondamentale, fino ad ora, per il percorso in Sudamericana: oltre al capitano e all’allenatore, nel calcio verticale e di transizioni di Anselmi hanno trovato il loro posto il difensore Richard Schunke, un centrale dotato di buon colpo di testa e gran gittata lunga, il centrocampista Lorenzo Faravelli, autore di un gran gol nell’andata della semifinale contro i peruviani del Melgar, e Lautaro Diaz, attaccante classe 1998 autore di 4 reti in 5 presenze in questa competizione. Diaz, che nasce come esterno destro, ha nella caparbietà a contrasto e nella capacità di buttarsi su qualsiasi palla vagante un talento innato, rivelandosi il vero motore offensivo in fase di transizione. Un aspetto che si porta dietro dall’esperienza in Primera B Nacional, la serie B argentina, con l’Estudiantes di Buenos Aires, piccola squadra di Caseros poco abituata a lottare ai piani alti.
Senza dimenticarsi però dei giovani del centro di formazione: dal terzino sinistro Jhoanner Chávez, un classe 2002 di fisico e prospettiva per alti livelli, al centrocampista Marco Angulo, un esterno offensivo classe 2002 promosso in prima squadra da gennaio. Il portiere titolare Moisés Ramírez (2000) è stato uno degli estremi difensori meno battuti quest’anno ed è già proveniente da un prestito con la primavera della Real Sociedad. Mentre Alan Minda, un centrocampista classe 2003, ha già disputato 56 minuti nella competizione nonostante la giovanissima età.
Nel complesso, il fatto di aver rimescolato le carte ha giovato al club: da una parte si prosegue nel lavoro di formazione che ha permesso di progredire, dall’altra non è utopia pensare di andare a cercare i calciatori altrove quando il tuo settore giovanile non può colmare le carenze. Si tratta di una questione fisiologica e generazionale che non potrà mai essere identica e duratura negli anni. Perciò la finale di Copa Sudamericana, in questa nuova veste, potrebbe consegnare all’Independiente del Valle le chiavi di “grande squadra”, di quelle compagini che riescono ad essere competitive ogni anno facendo proliferare quanto di buono hanno al loro interno ma sfruttando le occasioni che un mondo globalizzato come quello del calcio mette di fronte costantemente.
Se Terán fosse qui per vedere tutto questo ne sarebbe sicuramente fiero.