Pensare di aver parato un rigore a Cristiano Ronaldo, di essere maturato calcisticamente con elementi del calibro di Zidane e Del Piero e di aver giocato in tre nazioni diverse, evidentemente, non è bastato. Sì, perchè la tigre non si accontenta della singola preda, bensì non è soddisfatta finchè non caccia a sufficienza; in questo caso, si tratta di un ruolo atipico, ma che rispetta come fosse un inseguimento nella savana: benvenuti nel mondo del felino più imprevedibile del panorama calcistico italiano, Stefano Sorrentino.
Esatto, quelli che per la maggior parte degli appassionati di calcio possono essere sogni irraggiungibili, lui li ha affrontati con la medesima verve agonistica, dal primo all’ultimo giorno. In realtà un ultimo pietra non è ancora stata posata, perchè Sorrentino ha deciso di continuare a dare il suo contributo: niente più guanti, ormai appesi al chiodo. Ora i gol non li evita, ma cerca di farli.
Abbandona i pali e si piazza in attacco, con l’auspicio di un futuro ricco di porte gonfiate, ma non più alle sue spalle: è solo uno dei tanti argomenti che abbiamo toccato con uno dei portieri italiani migliori della sua generazione, citando un certo Di Natale.
Tutto pronto, microfono sul dischetto: parla Sorrentino.
Due chiacchiere con Stefano Sorrentino
RdL: Stefano, l’annuncio del tuo ritiro dal calcio professionistico arriva a 18 anni ed un mese dal tuo debutto in A: insomma, sei diventato maggiorenne. La tua ultima partita ce l’abbiamo ancora in mente, ti andrebbe di raccontarci quella del tuo debutto?
S: Esatto, sono diventato maggiorenne: ho messo un punto ed ora si riparte. Per quanto riguarda il mio debutto, mi ricordo che era un Lecce-Torino: pioveva tantissimo e noi venivamo da qualche risultato non positivo… Pioveva talmente tanto che non si sapeva se la partita sarebbe stata rinviata o no; alla fine, fortunatamente, giocammo: finì 1-1 ed io feci diverse parate sotto il diluvio universale. Fu veramente emozionante.
RdL: Nelle tue 363 presenze in Serie A, hai parato 17 rigori, classificandoti settimo nella classifica di ogni epoca: qual è il tuo segreto quando calciano dagli undici metri?
S: Il segreto è che in primis devi avere una certa predisposizione; in secondo luogo, ho studiato tutti i rigoristi che mi hanno calciato un rigore contro, tramite video. Dietro ogni rigore parato c’è del lavoro, c’è una strategia e dello studio: non si parano così, all’improvviso. Peccato, perchè ce ne sono stati tanti altri che ho toccato e che potevano essere neutralizzati, ma sono stra contento di quelli che ho parato.
RdL: Il tuo penultimo rigore parato risale ad un anno esatto dall’annuncio del tuo ritiro: te lo ricordi? Cristiano Ronaldo è il più forte contro cui hai mai giocato?
S: Me lo ricordo benissimo: fu all’Allianz Stadium e Ronaldo calciò forte alla mia sinistra. Quando avevamo visto i vari video per prepararci alla partita, avevo già deciso che mi sarei tuffato alla mia sinistra, e così fu: sono stato fortunato, perchè la palla gli si è leggermente alzata, rimanendo nè rasoterra nè troppo alta. Ho avuto la fortuna di giocare contro Ronaldo, Messi, Del Piero, Totti, Ibrahimovic, Milito, Ronaldinho e tanti altri che ora mi sfuggono: CR7 è uno dei tanti campioni che ho affrontato. (Parata al minuto 2:50 del seguente video).
RdL: Un altro grande attaccante della storia italiana, Antonio Di Natale, ti ha annoverato tra i migliori portieri della tua generazione: com’è il tuo rapporto con Totò?
S: Non siamo amici e non ci sentiamo, quindi mi fa un enorme piacere questa sua affermazione; l’ho affrontato tante volte: mi ha fatto diversi gol ed io gli ho parato un paio di rigori. C’è stima reciproca, perchè penso che sia stato uno dei più grandi fantasisti italiani; mi fa piacere che un personaggio del genere abbia detto una cosa simile su di me.
RdL: Per circa tre anni hai giocato all’estero, prima in Grecia e poi in Spagna: cosa ti hanno dato queste esperienze?
S: Sono stati tre anni positivi, tant’è che sarei voluto rimanere anche di più all’estero. Esigenze familiari, però, mi hanno fatto tornare in Italia; ho avuto la fortuna di giocare in campionati importanti e di affrontare grandi campioni: è un’esperienza che a mio parere dovrebbero fare tutti. Io sono cresciuto sia come uomo che come calciatore: sei un ospite e devi abituarti ai loro ritmi ed alle loro usanze, dunque questo ti aiuta ad ampliare la mente e a crescere velocemente.
RdL: Tornando in Italia, il tuo nome è ovviamente associato al Chievo Verona: ti dispiace di non aver mai lottato per palcoscenici più ambiziosi?
S: Sono fiero, assolutamente: sono fiero del Chievo, sono fiero del Palermo, sono fiero del Torino. Sono fiero di aver indossato tutte le magliette con cui ho avuto la possibilità di giocare; sono stato più anni al Chievo e a questa squadra devo dire grazie, perchè ho avuto la possibilità di giocare quasi nove anni in Serie A. Ho avuto opportunità per andare a giocare in grandi squadre e non si sono concretizzate: io ho preferito essere sempre un portiere titolare, perciò sono contentissimo della mia carriera.
RdL: In bacheca hai uno Scudetto ed una Supercoppa Italiana con la Juventus 97/98: cosa ti ha insegnato quella stagione con i campioni d’Italia, anche se non sei mai sceso in campo?
S: In quella stagione ero il terzo/quarto portiere, ma mi sentivo un ragazzino fortunato come i bambini che vanno alle giostre. Era un divertimento e non vedevo l’ora che, terminato l’allenamento, iniziasse quello del giorno dopo: ho avuto la fortuna di potermi allenare nel quotidiano con campioni come Zidane, Inzaghi, Del Piero e Davids, dunque speravo che gli allenamenti durassero venti ore, non solo due.
RdL: Facciamo un gioco: noi ti diciamo un calciatore e tu ce lo descrivi con una sola parola:
– Gianluigi Buffon
S: Unico.
– Sergio Pellissier
S: Bandiera.
– Francesco Totti
S: Ho un’ammirazione particolare per Francesco, perchè oltre ad averlo affrontato tante volte e ad esserci stima, siamo anche amici: giochiamo facile… Spettacolare.
– Nicolas Frey
S: Con Nicolas ho giocato tanti anni… Serietà.
– Stefano Sorrentino
S: Parlare di me non mi fa impazzire… Inimitabile, perchè trovare un pazzo del genere che smette a 40 anni di fare il portiere e va a giocare da attaccante in seconda categoria è difficile… Potrei dire “Unico”, ma l’ho già detto per Gigi, non posso ripetermi…
RdL: Gli occhi della tigre hanno difeso i pali del Chievo in tante stagioni, ma c’è stato un momento nella tua carriera in cui la tua forza ha vacillato e ti sei sentito debole?
S: Può essere capitato, ma non ho mai pensato di vacillare; ci sono sicuramente stati dei periodi dove non ero in forma o dove non stavo rendendo al meglio, però ho sempre cercato di stare ad alti livelli con la serietà nel lavoro e con l’umiltà di poter migliorare e lavorare duro quotidianamente per cercare di essere all’altezza. Ho cercato sempre di spronarmi e di dimenticare in fretta sia l’errore che la grande parata; ho sempre vissuto il presente senza guardarmi indietro, perchè passato e futuro non esistono: esiste solo il presente.
RdL: Abbiamo quasi finito: ci dici il tuo ricordo più bello tra i pali e quello più brutto?
S: Quello più bello è sicuramente il debutto in Serie A, da dove tutto è iniziato: ho superato le 600 presenze tra i professionisti, tra coppe e vari campionati, dunque la gioia più grande è quella di aver indossato così tante magliette da titolare; dire la specifica parata o un rigore parato credo sia troppo misero. Per quanto riguarda le cose brutte, ci possono essere stati periodi in cui ero infortunato o momenti in cui ho fatto errori in campo; mi viene in mente quello gravissimo in Palermo-Bologna, che ancora oggi, a volte, mi tiene sveglio la notte. Fu l’unico grossolano della mia carriera, anche se ne feci altri in questi anni.
RdL: Con la maglia numero 11, al debutto da attaccante, tiri fuori un assist e un gol di testa che sigla il 2-1. Raccontaci cosa hai provato nel vedere la rete gonfiarsi, una rete dal sapore di vittoria.
S: È stata un’emozione grandissima. Da quando ho deciso di smettere, tutte le volte che gioco non ho più voglia di stare in porta: mi piace divertirmi e provare a fare ciò che facevano a me. Quando ho visto la palla dentro è stata un’emozione indescrivibile; oltretutto è arrivata al noventesimo, quindi è stata una gioia immensa.
RdL: È l’ultima, giuriamo: i progetti e le speranze per il futuro? Diventare capocannoniere del Cervo non vale come risposta…
S: Sto facendo il corso da direttore sportivo a Coverciano: mi vedo più in dirigenza che in campo ad allenare, perciò ora sto studiando per prendere quell’attestato. In questi mesi, poi, valuterò se sono più portato per fare il procuratore o il direttore sportivo, anche in base ad eventuali occasioni lavorative.
Intervista a cura di:
Maria Luisa Spera e Cesare Milanti
Testo a cura di:
Cesare Milanti
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