Calcio e musica: due dimensioni differenti, ma neanche così troppo. La cultura popolare, infatti, si è intrisa nel corso degli anni di rime sul manto erboso o di goal nel sette da colonna sonora. In Sardegna, c’è chi non può fare a meno di entrambe le cose: dal rap alla telecronaca, passando alla narrazione, i 4/4 ed il pallone sono il pane quotidiano di Marcello Scano, in arte En?gma.
Da ormai diversi anni è un punto di riferimento nella scena rap italiana, ma ascoltando le sue canzoni si nota come la musica non sia, come accennato, l’unica tra le sue grandi passioni. Le citazioni ed i riferimenti a situazioni, personaggi e momenti che hanno segnato la storia del calcio sono evidenti e non si contano certo sulle dita di una mano.
Ora, oltre al microfono nello studio di registrazione, ha imparato ad usarne altri due, seppur l’azione meccanica sia la stessa: sfruttare la propria voce per raccontare, ma con modalità a dir poco variegate. Dall’aprile 2019 è telecronista nelle gare interne del suo Olbia, mentre nel recente passato ha intrapreso un percorso da narratore sportivo. Meglio farsi raccontare tutto da lui.
Due chiacchiere con En?gma
RdL: Ciao Marcello. Dopo alcuni mesi di congedo riflessivo, sei tornato con il progetto “TOTEM”. Se ti potessi identificare in un calciatore, chi sceglieresti per definire l’En?gma di questo fine 2020?
E: È veramente difficile. Io ho sempre parlato di Marchisio, l’ho anche citato in una rima. Purtroppo negli ultimi anni ha dovuto abbandonare il calcio giocato, ma mi è sempre piaciuto il suo stile, la lealtà e la correttezza sportiva, oltre che la duttilità in campo, il fatto di spendersi moltissimo. Purtroppo, ha dovuto lasciare Torino per San Pietroburgo, ma poteva essere veramente uno alla Del Piero, che avrebbe condotto una carriera tutta bianconera. Ha un certo cuore, una certa eleganza dentro e fuori dal campo, che lo identificavano come un giocatore d’altri tempi. Sai quando si dice “Le bandiere non esistono più”? Beh, lui era un giocatore attuale che aveva una mentalità con determinati ideali e valori, che lo riportavano a quella tipologia di giocatore del passato.
RdL: In “Oltre”, dici che il tuo pensiero sopravviverà alla tua morte. Al momento, in cosa identifichi quest’ideale?
E: La mia prerogativa è sempre quella di fare una musica che possa rimanere, e credo che questo stia avvenendo. Magari nel breve faccio meno numeri di altri, da questo punto di vista ho sempre parlato di nicchia. Però noto che attualmente, se acquisisco nuovi fan che vanno ad ascoltarsi la mia discografia, trovano qualcosa al quale affezionarsi in maniera decisiva. Questo vuol dire aver fatto un certo tipo di musica che possa sopravvivere, per riagganciarmi alla rima ed al concetto di “Oltre“. Questa è la mia missione: non fare musica da fast food per ottenere numeri, fare contenuti seri che possano sopravvivere ai nostri tempi e, poi, alla morte.
RdL: In diversi dei tuoi progetti, traspare l’orgoglio e la forte appartenenza alla tua terra, la Sardegna. In una recente intervista, anche Nicolò Barella ha speso delle belle parole per la vostra isola: credi che possa diventare uno dei calciatori sardi più ricordati di sempre?
E: C’è la necessità di avere un giocatore rappresentativo per la nostra terra dopo Gianfranco Zola. Non so se Barella potrà mai raggiungere quei livelli, perché la gente sottovaluta tanto ciò che ha rappresentato Zola per il calcio. Non è semplice per un italiano andare a farsi apprezzare in un Paese come l’Inghilterra, perché ci sono sempre stati molti pregiudizi: veniamo apprezzati per determinate cose e detestati per altre. Zola ha esportato un certo tipo di signorilità, che è quella della quale dobbiamo essere fieri. Barella ha un ruolo ed un modo di giocare diversi, ma può rappresentare altro: un senso di appartenenza, lo spendersi sempre, il non mollare mai. Di questi tempi, sono caratteristiche che servono tanto. Vedere un ragazzo che si sbatte costantemente per la maglia, che essa sia quella del Cagliari, dell’Inter o della Nazionale, con uno spirito di abnegazione totale, credo che possa essere d’esempio. Non è così scontato nei giocatori giovani di oggi, dunque per lui è sicuramente un ulteriore valore aggiunto.
RdL: Nel tuo album “Dedalo” hai intitolato una canzone “Neymar”. Che cosa ne pensi del fuoriclasse brasiliano? Potremo mai considerarlo il migliore al mondo?
E: Quando ho scritto la canzone, lui era al primo anno al Barcellona, dunque all’inizio della sua carriera in Europa. Tutto dipende dalle sue scelte che farà in questi anni. Sicuramente, se avesse vinto la Champions la stagione scorsa, avrebbe avuto maggiori chance di scalare questo tipo di classifica. Allo stesso tempo, se vuole dimostrare un qualcosa in più, deve andare a giocare da un’altra parte, per dimostrare in campionati differenti di essere decisivo. CR7 e Messi hanno sfruttato delle occasioni, che loro stessi hanno saputo tramutare in dei treni giusti. Neymar ha bisogno di questo; magari non è stato particolarmente fortunato in determinati momenti, come nel caso di Brasile 2014, quando si è infortunato ed i verdeoro sono crollati mentalmente e psicologicamente. Se vuole provare a propiziare un po’ di fortuna, dovrebbe andare via da Parigi, perché inevitabilmente verrai ricordato come quello che ha giocato per ormai quattro anni nella Ligue 1, che con tutto il rispetto non potrà mai essere una Premier League o una Liga. Lo vedo come uno che tende più a sedersi ed accontentarsi: la fame è fondamentale ed innata, dunque è difficile che riescano a trasmettertela. Ronaldo e Messi sono diversi, ma entrambi hanno un fuoco dentro che Neymar non ha dato l’impressione di avere. E sta diventando tardi, anche perché lui vive di un certo tipo di atletismo: se perde quello spunto nel dribbling, non è quel tipo di giocatore che ti fa 30/40 gol da bomber.
RdL: In “Querida” in una barra spieghi che tuo nonno ti dice “sembri Pep Guardiola“, per il tuo aspetto fisico. Chi definiresti il Pep Guardiola del rap italiano?
E: Guardiola è uno che è uscito subito, dunque bisognerebbe trovare un rapper giovane che ha cambiato le regole del gioco, facendolo seguendo dei dettami, come nel caso di Pep con Cruijff. Non è sicuramente la mia tazza di tè, ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: Sfera Ebbasta ha portato l’Italia ad un livello diverso, non sicuramente facendo rap classico, ma un certo tipo di musica. Come accaduto per Guardiola, Sfera non si è inventato nulla, ma l’ha fatto meglio di chiunque altro, portando il tutto su un altro livello. Molti da me non si aspetteranno questa risposta, ma bisogna essere onesti: non è soggettivamente la mia roba, ma ha fatto un lavoro clamoroso.
RdL: In molti dei tuoi brani fai riferimenti a figure del mondo calcistico sudamericano, come Ardiles e Pelé in “Lula“. È il tipo calcio che ti affascina maggiormente?
E: Guardo un po’ di tutto, coerentemente con il tempo che ho a disposizione. Non ho una particolare predilezione per il calcio sudamericano, ma mi piacciono determinati personaggi che si conoscono un po’ meno. Sicuramente non è il caso di Pelé, ma per Ardiles sì: probabilmente diversi ragazzi l’hanno cercato per capire realmente chi fosse e, poi, per scoprire la sua peculiarità, il fatto che abbia giocato con la maglia numero 1. Mi piacciono le storie particolari, che molti definiscono romantiche. In “Booriana Soul Groove” ho citato Henrik Larsson, che è sempre stato uno dei miei giocatori preferiti per quello che racconta la sua storia, romantica sotto diversi punti di vista. Si è ripreso da un infortunio pesante, è diventato l’idolo di una squadra storica come il Celtic. E poi l’essere folkloristico, uno svedese con origini capoverdiane che esteticamente era già un’icona di per sé. Era un giocatore già modernissimo, un attaccante incredibile che sì, ha conquistato la Scarpa d’Oro nel campionato scozzese, ma successivamente ha fatto la differenza. Non mi scorderò mai le parole di Henry dopo la finale di Champions League tra Barcellona ed Arsenal, quando disse che la partita non l’avevano cambiata Ronaldinho o Eto’o, bensì Larsson. Inoltre, è molto significativo il fatto che Ferguson per un periodo l’abbia voluto al Manchester United. Stiamo parlando di grandi nomi del calcio che hanno speso parole di un certo tipo per lui. Amo questo tipo di racconti, questo tipo di personaggi.
RdL: Quindi, se ne avessi la possibilità, sceglieresti Larsson per un featuring in una tua canzone?
E: Sì, assolutamente lui, senza alcun dubbio.
RdL: Il 18 aprile 2019 è stato un giorno speciale per te, quello della tua prima telecronaca. Da quel momento, sei diventato una figura di riferimento nelle gare dell’Olbia. Raccontaci quest’esperienza inedita in cuffia.
E: È stato un sogno che si avvera, perché io all’università avevo l’idea di laurearmi in Scienze e Tecnologie della Comunicazione per poi tentare in qualche maniera la strada verso quel tipo di mondo. Poi è arrivata la musica e si è ribaltato il progetto di vita che avevo. Tutto bellissimo e fantastico, ma ora si è presentata quest’occasione. Eleven Sports cerca telecronisti in loco ed io conosco diverse persone nell’Olbia Calcio, che mi hanno chiesto se avessi voglia di fare una prova. Ho fatto una telecronaca off records di una decina di minuti, son piaciuto ed ho iniziato. Ho fatto tutta la stagione precedente, interrotta a causa della pandemia, da questa stagione faccio tutte le partite in casa, mi sento migliorato di volta in volta… In più, a partire da quest’anno, ogni lunedì, partecipo ad un programma cittadino, che va in onda in streaming, dove commento con un altro giornalista ciò che è stata la partita. Sto facendo la mia esperienza, sto portando avanti cose nuove sullo storytelling… Voglio continuare questo percorso, perché, senza peccare di modestia, mi sento portato. Se non fossi stato adatto, non mi avrebbero preso: voglio cavalcare questo talento.
RdL: In attesa di Euro 2020 (+1), ti sei cimentato in un progetto di narrazione sportiva, intitolato “Che voglia di Azzurro“, con un viaggio a ritroso verso Euro 2016. Cosa ti aspetti dalla campagna continentale dell’Italia di Mancini nella prossima estate?
E: Mi son fatto quest’idea. A Mancini non verrà chiesto di vincere l’Europeo, perché onestamente ci sono squadre più pronte di noi, per vari motivi. Credo, però, che questa squadra possa tranquillamente arrivare tra le prime quattro. Sarà fondamentale, come spesso succede in queste manifestazioni, che io seguo tanto perché mi piace scavare nei meandri delle competizioni internazionali in cui hanno giocato i nostri Azzurri, arrivare con dei giocatori pronti, che magari non ti aspetti in questo momento, dei quali non hai idea. Arrivare con giocatori in stato di grazia, il che coinvolge anche una questione di fortuna, ma nessuno si sarebbe mai aspettato gli exploit dei vari Paolo Rossi, Schillaci… Possono essere anche giocatori che ti aspetti, per carità, ma bisogna essere in forma. Ciò che vedo in comune con la Nazionale di Conte è un certo tipo di organizzazione. Quell’Italia secondo me è un esempio di come non sia necessario che la squadra sia qualitativamente eccelsa, ma ha fatto degli automatismi le sue armi di forza, proprio come successo con Mancini fin dal suo insediamento: ha dato un’impronta. In più, rispetto alla Nazionale di Euro 2016, c’è molta più qualità. Sono assolutamente fiducioso, ma se non dovesse andare benissimo potremmo vederla come una scuola di esperienza per questi ragazzi, magari ancora un po’ acerbi, che appena un anno dopo dovranno affrontare i Mondiali in Qatar. Sarà comunque un Europeo utile.
RdL: Proviamo a fare un gioco. Hai la possibilità di definire l’En?gma rapper, il Marcello telecronista ed il Marcello narratore con un aggettivo ciascuno. Quali scegli?
E: Come musicista, “eclettico” senza ombra di dubbio. Il Marcello telecronista lo definirei “musicale“, dettato dal fatto che mi porto appresso un determinato uso del timbro ed ho sviluppato un andamento della telecronaca sulla scia della mia esperienza. L’En?gma narratore è “romanticamente azzurro“, almeno per ora.
RdL: Siamo arrivati alla fine. Marcello Scano, nella vita di tutti i giorni, è più un titolare o una Riserva di Lusso? Ed En?gma, invece, quale di questi due ruoli vorrebbe ricoprire nella partita del rap italiano?
E: Non ci si allena mai per essere una riserva, quindi sotto quest’aspetto non ci sono dubbi. Io sono un tipo ambizioso, senza smanie ma con un fuoco dentro che mi porto appresso, proprio perché mi ritengo in questo momento una Riserva di Lusso: credo di non essere stato ancora apprezzato nella giusta maniera. Un po’ per i tempi che corrono, un po’ per errori che ho commesso nel corso degli anni, forse per il mio modo di fare, che può risultare anacronistico… Sento dentro di essere quel tipo di Riserva di Lusso che vuole una titolarità, che sia nella musica o nell’ambito sportivo/giornalistico. Credo di poter dare tanto. Non resta che entrare in partita.
LEGGI TUTTE LE NOSTRE INTERVISTE