Che si trattasse di un altro allenatore, di una squadra o di un’istituzione, per gran parte della sua carriera Mourinho ha sempre avuto un antagonista ben definito. Lo scontro prolungato percorre la trama di un’infinità di racconti che hanno il portoghese come protagonista, dal gesto delle manette alle pungenti battute su Wenger e Conte, passando per la leale rivalità con Guardiola. Tutte questioni che hanno occupato un ampio spazio temporale e che si sono susseguite o sovrapposte l’un l’altra, mostrandoci di settimana in settimana un Mourinho tenacemente in contrasto con uno a turno dei suoi oppositori. Nelle recenti stagioni però questo istinto da duellante ha assunto una dimensione marginale. Non è più lui, nella sua sfera personale, ad impugnare le armi per lanciarsi all’assalto di un’entità. Lontano dalle lotte di vertice, Mourinho pare infatti aver sviluppato una versione 2.0 di sé stesso.
“Grazie a Dio, non sono l’allenatore che ero prima. Non sarei così calmo e in controllo delle mie emozioni”.
Questo diceva il tecnico poco più di un anno fa al Guardian, a seguito di una dura sconfitta contro il West Ham. Ora, sentire un personaggio attrattore di polemiche attribuire alla sua indole un carattere placido potrebbe rimandare ad un accostamento ossimorico. Eppure le sue parole convergono con una realtà tangibile già a partire dall’esperienza al Tottenham, ed ancor più concreta ora che è alla guida della Roma. Lui imputa il suo cambiamento all’accumulazione di esperienza, ma pare maggiormente plausibile che quanto detto sopra abbia un’influenza preminente. Mourinho è più isolato rispetto al passato, svincolato dai dualismi, meno dipendente dal singolo risultato. Su tutto, molto probabilmente è questo a renderlo calmo.
La metamorfosi è passata sottotraccia perché non si manifesta di certo nei novanta minuti, o durante le conferenze stampa, dove in qualche modo lo show resta sempre garantito. Mourinho non ha smesso infatti di essere cinematografico, ha solo cambiato il modo di esserlo. Tuttavia nella gestione generale del percorso è evidente che il tecnico abbia raggiunto uno stadio che gli causa meno nevrosi.
Lo capiamo anche solo scorrendo il suo profilo Instagram. Un mezzo sfruttato per fare della semplice ironia, ma che difficilmente avremmo visto usare allo stesso modo nei suoi momenti più caldi, come sul finire delle avventure a Madrid e Manchester. Dimenticandosi delle zuffe uno contro uno in cui era coinvolto un tempo, Mourinho ha eretto un perimetro di mura al cui interno sono presenti solo lui, la sua squadra e la gente che sta dalla sua parte. Il tutto però circondato da un’aura di leggerezza nuova rispetto all’approccio a cui ci aveva abituato. Non ha perso ovviamente la vena da leader carismatico, che, anzi, a capo di questo microsistema si è accentuata in maniera ulteriore. Spingendoci oltre (e concedetecelo), visto questo suo nuovo lato pacifico, potremmo delineare un’impronta spirituale dalla prima annata di Mourinho a Roma, proprio sulla base delle sue pubblicazioni social. In fondo, la Hyundai con la quale si è presentato alla tifoseria giallorossa non sembrava poi tanto diversa da una papamobile.
Dalla peculiarità dei suoi post si potrebbero individuare cinque comandamenti che sono sempre stati dei mantra nella conduzione del portoghese, ma che ora possiedono un taglio meno irruente, e per questo potrebbero essere gli elementi costituenti di una dottrina mistica.
Impara dal passato
Abbiamo perso il conto di quante volte Mourinho ci ha ricordato l’esatto numero di trofei nel suo palmarès o di vittorie conquistate in una tal competizione. Al minimo appunto ricevuto, come reazione istantanea alza le dita delle mani per quantificare i suoi trionfi (proprio come fa nella prima foto). D’altro canto come biasimarlo, è una delle poche figure, se non l’unica, a potersi permettere di tracciare una mappa in cui il successo è il punto di partenza, ma non forzatamente quello di arrivo.
Poco prima del post che annunciava l’accordo con la Roma, il portoghese ha riempito la home dei suoi follower con una serie di foto simboliche sui successi passati. Inizialmente pareva che Mourinho, disoccupato, stesse redigendo la sezione “esperienze lavorative” del suo curriculum vitae, dando ad intendere che anche un guru come lui fosse costretto ad inginocchiarsi alle convenzioni capitalistiche. Questa ipotesi è però stata presto scartata, perché anche dopo l’ufficialità ha continuato a celebrare gli anniversari dei suoi svariati exploit, componendo sul profilo un mosaico di highlights. Condividere quelle foto non era finalizzato ad attirare l’attenzione di datori di lavoro blasonati, ma piuttosto a mantenere vive nella mente le immagini di cicli vincenti, così da non scordarsene la meccanica.
Un passato talmente raggiante come quello di Mourinho è una biblioteca immensa, colma di manuali utili per condurre un gruppo al successo. Ed è per questo che di certo talvolta gli capiterà di vagare tra quei libri, prenderne uno e sfogliarlo, per aiutarsi nell’illustrare la strada ai suoi nuovi discepoli.
Non stancarti mai di lavorare
Il culto del lavoro è un’altra costante nel credo dell’allenatore della Roma. Prima forse immaginavamo imporre un rigore quasi rabbioso ai suoi giocatori, pensando a lui che appicca il fuoco nello spogliatoio dopo una partita storta. Ma ecco che Instagram dà una tinta più candida a questa impressione.
La cura con la quale ripone il drone nell’apposita valigia non è sicuramente una qualità che attribuiremmo ad un generale militare. Lo paragoneremmo a tutt’altro tipo di personaggio, privo di irrequietudini o agitazioni, come ad esempio James May quando nel programma The Reassembler tenta serenamente di sistemare ogni tipo di diavoleria. E se ci fosse un oggetto capace di simboleggiare questa serenità in tutta la sua essenza, allora quello corrisponderebbe agli occhiali da lettura con il filo di sostegno per il collo. Compagni inseparabili di Mourinho in questa stagione, quegli occhiali sembrano l’elemento materiale che meglio rappresenta l’evoluzione del portoghese di cui si parlava in precedenza. Non a caso sono loro l’aggiustamento di stile che gli concedono un aspetto fisico da guida spirituale credibile.
Schierati contro tutti
Lo abbiamo detto, Mourinho non ha più un chiaro antagonista. Non per questo, tuttavia, la retorica della polemica è scomparsa dai suoi discorsi. Al contrario, né è ancora parte costitutiva, come nella sua uscita post Roma-Genoa, a seguito di una rete annullata a Zaniolo.
“La Roma agli occhi del potere è piccolina. Per annullare quel gol, significa che il calcio è cambiato”.
Il fatto che gli attacchi non siano più sferrati contro una particolare figura, ma siano indirizzati verso soggetti astratti come “il potere“, limita inevitabilmente la loro forza. Questo genere di provocazioni, spesso lanciato da Mourinho nel corso della stagione, sembra maggiormente orientato ad avere un impatto sull’interno. Pare infatti che Mourinho cerchi di inimicarsi chiunque al fine di risvegliare l’orgoglio del suo gruppo, di compattarlo. Sentirsi odiati e derubati è uno dei detonatori più funzionali quando si è alla ricerca di energie supplementari. Ed è difficile pensare che il portoghese non lo sappia, altrimenti lo vedremmo frustrato e furioso come un tempo.
Magari anche per puro divertimento, ma sempre con quell’obiettivo in testa, Mourinho si sfoga talvolta con contestazioni plateali, che comunque lasciano sempre il tempo che trovano. Il siparietto tra lui e Pairetto in Roma-Hellas Verona, con quel “ti ha mandato la Juventus” e il pallone lanciato il tribuna, ne è l’esempio tipico. Evento sul quale ha ironizzato sui social.
Se i primi due punti nella didascalia sono pura ironia, il terzo (“I love this people and for them I fight”) evidenzia proprio la volontà di creare una visione in cui il mondo giallorosso è schierato su un fronte, e tutti gli altri all’opposto, alla continua ricerca di scatenare l’apocalisse in quel mondo che gli è avverso. Emerge un messaggio: “siamo noi contro di loro“, dove il “loro” definisce un’entità immateriale, e talvolta anche fittizia. Non darà una fedele riproduzione della realtà, ma se contribuisce all’estrazione delle qualità più fruttuose, vale la pena rimanere aggrappati a questo comandamento.
Fomenta la tua gente
Se l’ambiente che ti circonda è entusiasta, anche tu lo sarai. E se tu sei entusiasta, anche l’ambiente che ti circonda lo sarà. Questo circolo di fomentazione non scomparirà mai dall’elenco dei dogmi rispettati da Mourinho, né tanto meno da quelli seguiti a Roma. È un punto su cui l’allenatore e la piazza si intersecavano già prima di allearsi, e attorno al quale si sta sviluppando man mano una fusione simbiotica maggiormente generalizzata. Trascorse appena tre giornate di campionato, Mourinho correva già sotto la curva per il gol vittoria di El Shaarawy al 91′ contro il Sassuolo, e un mese più tardi il pubblico giallorosso si definiva mourinhano. Se questo non è fomentarsi a vicenda…
Tutto chiaramente documentato sul profilo. Così come il suo stato d’animo prima e dopo l’ultima stracittadina capitolina. Dopo un derby dominato, durante il quale hai totalmente annichilito i tuoi cugini, cosa c’è di meglio, per un tifoso, di trovarsi il faccione sorridente del tuo allenatore tra i feed di Instagram?
Quando te lo meriti, ricompensati con una pausa alla Mourinho
Giungiamo all’ultimo comandamento, tanto faceto quanto fondamentale. Ogni sforzo va retribuito con il giusto premio. E quello preferito da Mourinho sembra essere un buon pasto accompagnato da una lattina di Coca-Cola. Consumato in treno durante il ritorno a casa, o seduto a terra fuori dallo stadio dopo un’espulsione, quello fa poca differenza. L’importante è che rappresenti il coronamento di una soddisfazione. Perché se non sei in grado di goderti i tuoi successi, allora forse non meriti di averli ottenuti. D’altronde, anche Dio si è concesso il riposo il settimo giorno.
Pausa può però voler dire anche dedicare del tempo a degli interessi extra-professionali. E dopo la recente visita al Vaticano, stiamo seriamente pensando che José abbia intenzione di creare una nuova corrente religiosa…