“Togliti quella maglia e vattene da Firenze”, minacce sui profili di Lorenzo Chiesa, fratello minore di Federico e giocatore della Primavera viola. Non è la prima volta che sui social gli utenti (tifosi?) perdono completamente la testa. La situazione a Firenze è sfuggita di mano, ma non è un problema circoscritto al capoluogo toscano. Questa cattiveria gratuita la ritroviamo ogni giorno, in tutta Italia, in tutti gli stadi.
Stiamo fallendo come tifosi.
L’addio di Federico Chiesa alla Fiorentina era ovvio ormai da tempo, Commisso ha solo posticipato la fine della storia d’amore di 12 mesi. La reazione del popolo viola è stata quella che tutti si aspettavano, scontata come una promozione “fuori tutto” durante il periodo di saldi, legittima fino a un certo punto.
Questo non è un affare fiorentino, non è un attacco al popolo della Fiesole, ma solo l’ultimo esempio (triste) di ciò che può fare un cuore spezzato dal tradimento. L’attacco a Lorenzo Chiesa va oltre il rancore da campanilismo.
Stiamo fallendo come persone.
Se insultare pesantemente un ragazzo di 16 anni perché porta il cognome Chiesa ci fa sentire bene, abbiamo un problema.
Se augurare la morte a un bambino, come successo alla famiglia Bonucci, ci fa sentire meglio, abbiamo un problema.
Se dare della scimmia a un calciatore di colore durante una partita ci fa sentire superiori, abbiamo un problema.
“Ne usciremo migliori” dicevamo durante il lockdown, una pandemia ci avrebbe cambiato. Paradossalmente “ne siamo usciti” peggiori. Stiamo fallendo in umanità, ma possiamo ancora cambiare.
Errata corrige: Dobbiamo cambiare.
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