La Roma di Paulo Fonseca si sta dimostrando una delle compagine più propositive, dinamiche e temibili del campionato nostrano. Il merito è anche di Leonardo Spinazzola, autore finora della sua stagione della rivalsa.
Pragmatismo, tattica, spirito di sacrificio e sostanza messa sul terreno di gioco. Concetti cardine nel mondo del calcio. Elementi chiave che, come recita la carta, rendono un buon giocatore il fattore decisivo nell’economia della partita. Ma la teoria – nello sport così come nella vita – risulta spesso e volentieri un concetto effimero e talvolta fuorviante dalla realtà dei fatti. Stesso discorso per il blasone dato dai media che, spesso e volentieri, non fornisce un quadro completo e accurato del panorama di talenti in giro per il mondo del pallone.
È questo il caso di un giocatore – a onor del vero – non sufficientemente chiacchierato nel panorama calcistico italiano. Tenendo conto soprattutto della reale dimensione delle cose, quella dei fatti. Si tratta di Leonardo Spinazzola il quale – nell’immaginifico teatro tattico della Roma – si sta esaltando in una dimensione di spettacolo e costanza. Proprio quest’ultima, unita ai problemi fisici riscontrati nel tempo addietro, ha convinto grandi squadre come Juventus e Inter a non credere in lui, nel suo talento e nella sua forza di volontà. Ma l’esterno della Nazionale ha e sta ampiamente superando lo scetticismo generale, incarnando alla perfezione i concetti soprammenzionati. Tutte problematiche, quelle di cui si è appena discusso, che pur col rischio di risultare controproducenti e deleterie hanno rappresentato una sfida ampiamente superata, per lui e la Roma.
Controverso adattamento…
Non c’è dubbio che il momento attraversato attualmente da Leonardo Spinazzola sia il migliore in carriera. Almeno finora, quantomeno: ai giudizi postumi la definitiva sentenza. Il giocatore, d’altro canto, è ormai il titolare indiscusso di una rosa che sta giocando il calcio tra i migliori d’Italia. Sicuramente fra i più sottovalutati e meno chiacchierati, ma che merita di diritto di essere preso in considerazione per la lotta al vertice.
Tenendo conto del fatto che Spinazzola ha disputato il 90% dei minuti disponibili in campionato, contribuendo al 14% delle realizzazioni giallorosse, la fiducia c’è, eccome. E nel teatro dello spettacolo giallorosso, il laterale diventa uno degli interpreti di punta, uno dei più spumeggianti ed esaltanti per il pubblico. La Nazionale e Mancini, in tutto questo, ringraziano e strizzano l’occhio a una Roma caparbia nel rimanere sulla propria linea, sul proprio credo, puntando sul suo talento e scommettendo su una costanza – dai più – insperata da tempo. Ma per brillare, come spesso e volentieri accade, è necessario prima superare quel buio cui confusione e inesperienza possono, per loro natura, portare.
È questo il caso, tatticamente parlando, dei tempi della Juventus, mettendo da parte per un attimo il discorso fisico. Una piazza nella quale il laterale, in fase offensiva, si è sempre destreggiato alla grande, questo è assodato. Spinazzola, d’altro canto, nasce come esterno d’attacco e le sue doti là davanti – allora come oggi – non sono certo messe in discussione, tanto da aver creato nel popolo bianconero promettenti aspettative come erede di Alex Sandro. Trame d’attacco convincenti, movimenti pericolosi e imprevedibili, spiccato senso di personalità sulla fascia portando palla, potenziale come pochi nel panorama italiano degli esterni. Tutte doti mai mancate all’arsenale dell’allora bianconero.
A suscitare maggior dibattito, tuttavia, è certamente stato il suo approccio nel non possesso. In una linea a 4 difensori, l’apporto dei terzini in fase difensiva diventa ancora più importante. A differenza di un assetto con tre centrali, d’altro canto, nel quale si può contare su una maggiore copertura e sinergia col difensore di fascia, quello del terzino tradizionale resta un compito ingrato, dovendo alternare lucide sovrapposizioni offensive a coperture nel non possesso.
Nonostante i movimenti preventivi delle mezzali (spesso Matuidi ci metteva una pezza), i ripiegamenti difensivi di Spinazzola non erano all’altezza. Un rendimento in fase di non possesso diametralmente opposto alle giocate in avanti, con frequenti ritardi coi raddoppi sui laterali avversari e nel riprendere velocemente la posizione. La scelta, talvolta, di vederlo in tandem con Cancelo andava a sbilanciare troppo la linea difensiva bianconera, con due giocatori fin troppo offensivi. La presenza di colossi in difesa come Chiellini e Bonucci ha spesso e volentieri sopperito allo squilibrio nelle due fasi, ma non è stato sufficiente per la riconferma in bianconero.
Motivi che vanno a unirsi al calvario di problemi fisici coi quali spesso ha avuto a che fare. Un fattore decisivo che ne ha bloccato successivamente il passaggio all’Inter, a trattativa – di fatto – conclusa fra i club. I nerazzurri, tuttavia, si sono tirati indietro all’ultimo, con dubbi di non poco conto sulla tenuta atletica del calciatore. Con la Roma che, invece, ha voluto credere in lui, avendo avuto fin qui ampiamente ragione.
…consacrazione tattica
La vita giallorossa di Spinazzola va analizzata secondo due chiavi di lettura. Nella prima il suo gioco è un grido di battaglia contro il conservatorismo tattico che da sempre contraddistingue il calcio italiano. Un’indole spregiudicata, la sua, e spiccatamente offensiva, rendendolo di fatto un’ala in fase di impostazione.
Dalla corsia laterale, forte delle coperture preventive in difesa da parte della linea arretrata, Spinazzola punta quasi sempre l’uomo, cercando la linea di fondo e aprendo così a diverse alternative. Dal cross basso dietro per Pedro o in mezzo per Dzeko alla soluzione individuale se i movimenti dei compagni lo permettono. Fino a liberare, all’occorrenza, il difensore di sinistra al cross, spostandosi più al centro a offrire un’ulteriore alternativa di tiro. In questa prima parte di stagione, Spinazzola ha tentato in 7 occasioni il tiro, trovando la rete contro la Fiorentina in campo aperto.
Un atteggiamento figlio quindi del buon senso e del pragmatismo tattico. Nella giostra offensiva di Fonseca, nella quale le punte si muovono per non dare riferimenti fissi agli avversari, il laterale si rende attaccante e regista, orchestrando la manovra dalla corsia e accompagnando il baricentro della squadra che – nel frattempo – si alza.
La seconda, invece, riguarda la fase difensiva. Una dimensione nella quale è migliorato sensibilmente dai tempi in bianconero. La possibilità di poter contare su una linea di tre centrali è un vantaggio sia quando si attacca che – nel suo caso – quando si attende l’avversario. La solidità del tridente arretrato permette alla squadra di temporeggiare di fronte alla manovra avversaria, creando nei fatti due possibili alternative nel modo di difendere e nella sinergia fra gli interpreti.
La prima, quella classica, fra l’esterno (Spinazzola appunto) e il centrale di sinistra, garantendo al centro la presenza di due terzi della difesa. In questo caso – il più tradizionale – viene a crearsi nel non possesso una linea a cinque difensori, in grado di garantire raddoppi sia al centro che, appunto, sulle corsie.
Un assetto reso necessario da un deficit nella rosa di Fonseca. Giocatori come Mkhitaryan, Pedro, Villar e Pellegrini spesso non accorciano al momento del ripiego e contrastano poco, lasciando così al portatore di palla campo aperto. Contro il Sassuolo, ad esempio, sono state ben 12 le azioni potenzialmente pericolose nate da questa situazione. Il ripiegamento di Spinazzola a creare una linea solida si rende quindi ancor più necessario, con uno dei centrali o – all’occorrenza – dei laterali a staccarsi per le coperture preventive sugli avversari.
La seconda, più rischiosa ma comunque efficace, nella quale due centrali traslano verso la corsia laterale, col difensore di destra a diventare terzino. Una strategia che, sebbene ortodossa, diventa l’ideale nel momento in cui si deve attaccare, pressare l’avversario nella propria metà campo, con Spinazzola che permette alla seconda punta (Pedro) di accentrarsi, andando a creare una potenziale linea di quattro attaccanti.
Spinazzola, non abbastanza chiacchierato
Tutto ciò di cui si è parlato fin qui vuole essere un sunto, o quantomeno un tentativo, del talento sempre più emergente di Spinazzola. Un giocatore che, in sordina e con umiltà, si sta rendendo protagonista di un’evoluzione costante e appassionante.
Qualcuno si sta mangiando le mani per non aver creduto in lui.
Le parole del suo agente riassumono in modo eloquente la capacità, da parte della Roma, di fare della costanza e della progettualità i cardini chiave verso il successo. Continuare a credere in giocatori del suo talento, nonostante lo scetticismo dei più, non è certo cosa da poco e sta certamente ripagando la linea dei piani alti di Trigoria.
Un giocatore, Spinazzola, indiscusso leader della fascia sinistra dei suoi palcoscenici, la Roma e la Nazionale. Un elemento del panorama calcistico italiano (e non solo) non sufficientemente chiacchierato e che merita certamente maggiore considerazione, mediaticamente parlando. Tutto questo fino a quando continuerà ad essere il campo il principale interlocutore e piano d’analisi del tifoso, disinteressato da tutto il resto.