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CALCIO ITALIANO

L’unicità di Gianluca Scamacca

San Siro si esibisce in un ‘nooo’ di disapprovazione quando, al minuto 24 di un Milan-Sassuolo che dopo il gol in apertura di capitan Romagnoli pareva ben indirizzato per i rossoneri, Bakayoko perde un sanguinoso pallone sulla trequarti. Sul passaggio sbilenco del centrocampista rossonero si avventa come un falco Raspadori, che dopo aver lanciato un rapido sguardo al posizionamento dei compagni, serve Gianluca Scamacca, libero di ricevere in posizione centrale, a circa 30 metri dalla porta difesa da Maignan.

Nel momento in cui riceve il passaggio dal compagno di reparto (e di Nazionale), Scamacca è alla sua quinta apparizione da titolare con la maglia del Sassuolo, ha realizzato 3 gol in 13 giornate e da poche settimane sembra essere definitivamente entrato nelle rotazioni di mister Dionisi. Il solito attacco alla profondità di Frattesi non permette a Kjaer di accorciare sul centravanti nativo di Fidene, che, seppur da distanza considerevole, si coordina e scaglia un destro al fulmicotone che bacia la parte interna della traversa e mette a dura prova la resistenza delle reti di San Siro. I gol in campionato diventano 4, il secondo consecutivo dopo quello realizzato nel pareggio casalingo contro il Cagliari. Lì aveva giovato dei servigi di Berardi raccogliendo una sua visionaria verticalizzazione prima di battere Cragno nell’uno contro uno, qui si è messo in proprio, non c’è nessuno con cui deve condividere il merito del gol.

Scamacca con la maglia del Sassuolo
Sguardi decisi (Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images – OneFootball)

Seppur già da diversi anni il suo talento prefigurasse un simile sviluppo di carriera, per Scamacca il percorso per raggiungere la cima del calcio italiano e fare gol del genere è stato ben più tortuoso di quanto si potesse pensare. Dopo aver cercato fortune (e spazio) in Olanda, Scamacca è finito nella scuderia del Sassuolo, che per diversi anni lo ha girato in prestito sperando di sgrezzarlo prima dell’inevitabile arrivo in Serie A. Il primo tentativo, con la Cremonese, si è rivelato un buco nell’acqua, il secondo, ancora in Olanda ma questa volta con lo Zwolle, anche peggio, il terzo, maturato quando l’hype che da sempre circolava attorno al calciatore iniziava a sgonfiarsi, si è rivelato vincente. Con la maglia dell’Ascoli, a 20 anni, Scamacca ha disputato la sua prima vera stagione nel calcio professionistico, mettendo insieme 37 presenze, un numero ben più importante dei gol realizzati (13 tra coppa e campionato), considerando che fino a quel momento aveva faticato a trovare continuità in qualsiasi squadra.

Moderno e unico

Dopo quella stagione la scalata è stata graduale ma costante. Con il Genoa, di Maran prima e Ballardini poi, ha preso le misure alla massima serie segnando e lasciando intravedere colpi da predestinato, ma anche palesando limiti piuttosto marcati su cui lavorare. Per fare questo, un Genoa sempre più confuso nella ricerca della retta via da imboccare non sembrava il contesto adatto, e così il Sassuolo lo ha definitivamente chiamato alla base. La dirigenza dopo settimane di riflessione ha deciso di puntare tutte le fiches su di lui, vendendo il totem Caputo e affidandogli, dopo un corposo apprendistato, le chiavi dell’attacco.

A Milano arrivava in pieno processo di integrazione in un sistema, quello di Dionisi, ancora a caccia del giusto settaggio per esprimersi al massimo. San Siro in questo senso è stata una tappa fondamentale, un boost di consapevolezza iniettato nelle vene di squadra e allenatore che nelle settimane successive ha dato riscontri positivi. Il Sassuolo è ora imbattuto da 6 partite: dopo la vittoria di San Siro sono arrivati 3 pareggi (di cui uno contro il Napoli e uno, il più recente, a Firenze) e una vittoria contro la Lazio di Sarri. A monte di questa impennata dei neroverdi c’è sicuramente il lavoro di Dionisi, abile nello studiare, maneggiare e rimodellare un organico mostratosi già malleabile durante l’epopea di De Zerbi. Oltre alle idee dell’allenatore, va sottolineata anche la crescita di alcuni elementi della rosa, partendo da Frattesi, passando per il Raspadori ammirato nelle ultime settimane, per arrivare allo stesso Scamacca.

L’anno scorso abbiamo grattato la superficie del suo calcio, stupendoci dinanzi alle mirabolanti soluzioni acrobatiche con cui settimanalmente attentava al Premio Puskas e storcendo un po’ il naso dinanzi ad errori marchiani in situazioni ben più agevoli. Insomma, il suo talento sembrava effimero, sporadico, di quella bellezza che ti ammalia ma poi si disperde, lasciando un velo di malinconia. Ci eravamo abituati allo Scamacca che dal nulla realizzava il suo primo gol in Serie A, alla prima partita da titolare con la maglia del Genoa, nel Derby della Lanterna. Vedere la sua fiamma ardere per qualche settimane prima di spegnersi per mesi.

Quest’anno, liberatosi di quel senso di precarietà che, guardando la storia recente del Genoa,  attanaglia tutti i giocatori che vestono la maglia rossoblù, ha trovato serenità in un’oasi felice come Reggio Emilia. Un mondo ovattato in cui il tempo sembra scorrere ad un velocità diversa, meno frenetico, dove le pressioni si affievoliscono e i giovani trovano un porto sicuro in cui esprimersi. Dionisi lo ha ammaestrato prima di sguinzagliarlo, e il tempo e i risultati gli stanno dando ragione. Oltre a far germogliare il suo calcio creativo e geniale, Scamacca sta imparando a calarsi in un contesto di squadra, mettendo a servizio del collettivo il suo intero arsenale. Fungendo da unico riferimento avanzato, Scamacca alterna un minimale (ed elegante) gioco di sponde ad una gestione del possesso più prolungata. Non è raro vederlo decentrarsi, ricevere il pallone, accarezzarlo con la suola e scandagliare il resto del campo con l’avversario tenuto a debita distanza grazie all’utilizzo delle braccia. Da lì, in una squadra che fa del movimento continuo una delle sue armi principali, trovare l’uomo con cui associarsi è semplice. Scamacca però non si limita ad uno scarico conservativo: il suo è un calcio ambizioso che si fortifica con la fiducia e la consapevolezza e che, guardando il fisico da corazziere che si porta dietro, lo rende unico. Domenica a Firenze, in una gara che lo ha visto nuovamente nel tabellino dei marcatori, ha aperto il suo primo tempo da 8 in pagella con una pennellata da numero 10 cascata sulla testa di Raspadori nel cuore dell’area di rigore. Una giocata perfetta per tempistiche e sensibilità tecnica.

Che Scamacca fosse un giocatore collaborativo e con un QI calcistico elevato lo avevamo dedotto dalle apparizioni nelle selezioni giovanili della Nazionale, dove la continuità ricercata spasmodicamente nei club non gli è mai mancata. Come dimenticare lui e Pinamonti che a suon di scambi nello stretto ad altissimo coefficiente di difficoltà trascinano una selezione mediocre nel MondialeU20. In quel contesto agiva da salvatore della patria, con la maglia del Sassuolo deve fungere da ingranaggio di un sistema che contempla la presenza di calciatori che parlano la sua stessa lingua come Berardi, Lopez, Frattesi e Raspadori. Dopo la gara di Firenze, Dionisi si è soffermato sull’importanza di affinare l’intesa tra lo stesso Scamacca e Raspadori, forse anche prevedendo l’utilizzo del medesimo tandem in chiave azzurra. Per capacità di spartirsi il fronte offensivo i due migliorano a vista d’occhio: Raspadori, agendo alle spalle di Scamacca e non più confinato sulla sinistra, può leggere i movimenti del compagno e riempire gli spazi che lui apre quando scende a cercare il pallone lontano dalla morsa dei difensori, mentre Scamacca può sfruttare l’entropia creata dai movimenti del compagno di reparto per ricevere e ragionare. Entrambi finalizzano, entrambi rifiniscono.

Scamacca, artista o grande finalizzatore?

Questo pezzo si apre però con la descrizione di un gol, e in quello Scamacca si sta dimostrando molto bravo. Secondo i dati di Understat è in netta overperformance rispetto agli xG prodotti (6 gol a fronte di 3,97 xG), un dato che non dovrebbe stupire data la tendenza di Scamacca ad andare a segno in situazioni in cui la maggior parte dei suoi colleghi non si sognerebbe nemmeno di guardare la porta. Un buon esempio è il gol con cui ha riaperto la gara contro il Napoli. L’azione si sviluppa sulla sinistra: Raspadori premia la sovrapposizione interna di Kyriakoupoulos, il laterale greco punta la linea di fondo e dopo un paio di finte crossa verso il dischetto del calcio di rigore. Scamacca, che ha seguito l’azione corricchiando, sperava che il pallone del compagno fosse indirizzato proprio lì, in quanto i difensori del Napoli si sono schiacciati troppo verso la porta di Ospina lasciando un paio di metri di spazio all’ex attaccante del Psv. Il cross è però troppo alto e potente per un colpo di testa immediato, così Scamacca è costretto ad ammortizzarlo con il petto, facendolo impennare verso l’alto. In quella frazione di secondo Koulibaly e Mario Rui provano a recuperare lo spazio concesso, ma prima che ciò accada Scamacca ha già ruotato il corpo verso la direzione in cui il pallone sta precipitando e scagliato un destro potentissimo che nell’800 avrebbero utilizzato come alternativa alla ghigliottina per decapitare i condannati a morte.

Scamacca calcia forte, fortissimo, e lo fa con estrema naturalezza. La pulizia tecnica e stilistica con cui compie il gesto è unica, ed è il primo motivo per cui il suo stile di gioco ha sempre suscitato un certo fascino nei calciofili. D’altronde, ragazzi di 196 cm in grado di instaurare un rapporto così intimo con il pallone senza risultare goffi se ne vedono pochi. Potenzialmente, è proprio il mix tra eleganza e brutalità a renderlo un’arma di distruzione di massa. Ad esse va aggiunta maggiore concretezza sotto porta, lì dove in alcune occasione non si è mostrato abbastanza glaciale. Un limite che però sembra poter superare con la fiducia e la continuità. Scamacca infatti ricorda tanto quei tiratori da 3 definiti, in gergo cestistico, ‘da striscia’, cioè in grado di andare a segno a ripetizione in una serata o un periodo di grazia, per poi perdere continuità realizzativa e fluidità di movimento all’improvviso.

I 10 gol messi a segno l’anno scorso con la maglia del Genoa, Scamacca li ha realizzati in due periodi di tempo concentrati ma distanti: i primi 4 dal primo al 26 novembre; i restanti sei dal 19 marzo ad inizio maggio. Per Scamacca raggiungere un equilibrio realizzativo e assestarsi come centravanti dal bottino di gol assicurato resta l’ultimo grande step da compiere prima del salto definitivo. Tutto ciò che c’è di contorno – il gioco spalle alla porta, il coinvolgimento difensivo – migliora a vista d’occhio, partita dopo partita. Per contrasti tentati e vinti nella trequarti difensivi e intercettazioni è nel 20% dei migliori attaccanti dei 5 principali campionati europei secondo i dati di Fbref, un dato che quantifica la completa devozione alla causa.

Sogno, anzi, obiettivo azzurro

Guardando al futuro prossimo, risulta difficile, in un periodo storico in cui fatichiamo a produrre attaccanti di livello internazionale, non vedere Scamacca al centro del progetto tecnico di Roberto Mancini sin dalle prossime, delicatissime partite. Il CT lo ha già convocato per le sfortunate gare contro Svizzera e Irlanda del Nord, e lui sottoposto ad una di quelle interviste di rito che si fanno ai nuovi arrivati si è detto piacevolmente stupito della chiamata, per non dire del tutto sorpreso. Parafrasandolo: “A chi me lo ha comunicato ho chiesto se fosse la Nazionale Cantanti”.

Scamacca, con il volto segnato dalle occhiaie e l’aria disincantata, ha anche aggiunto di non sentirsi per nulla ‘arrivato’, di aver iniziato a credere di aver realizzato il suo sogno solo l’anno scorso dopo aver fatto qualche gol. Parla senza sbilanciarsi troppo, come se avesse paura di mostrarsi soddisfatto per timore di vedere quella gioia momentanea dissolversi tutto d’un tratto. Lui è il primo ad essere consapevole del suo incredibile talento, ma dopo le diverse batoste prese durante la prima fase di carriera preferisce mantenere un profilo basso. A 3 mesi di distanza da quell’intervista per lui le cose sono cambiate, la parabola ascendente tanto agognata sembra esser stata imboccata, la conquista della maglia azzurra si avvicina sempre di più e, forse, anche il tempo di nascondersi è finito.

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In un'altra vita trequartista mancino, in un'altra ancora tennista con il rovescio ad una mano. In questa scrivo il più possibile

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