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Mate e calcio, un legame indissolubile

Nonostante la yerba mate sia da più di un secolo la bevanda più consumata in gran parte del Sudamerica (seppur in formati e preparazioni diverse), nell’ultimo decennio tale rito si è totalmente sdoganato alle nostre latitudini grazie soprattutto ai social. Ogni giorno tantissimi calciatori mostrano la propria intimità, spesso accompagnati da questo tè e dal suo riconoscibile contenitore, incuriosendo chi non ne conosce i costumi tanto da chiedersi: cosa può avere il mate di così speciale e perché per tantissimi calciatori si tratta ormai di un prolungamento naturale del braccio? Proviamo a ripercorrerne assieme l’evoluzione degli ultimi anni.

Il mate: cos’è e come viene consumato in sudamerica

Partiamo dalle basi, ovvero dalla composizione del mate e dalla maniera di consumarlo in Sudamerica nei differenti paesi del cono sud dell’america meridionale. La yerba mate è una pianta che cresce in queste zone da cui si ricavano delle foglie di tè verde: seguendo il medesimo processo, le foglie vengono essiccate, tagliate e sminuzzate. Quello argentino e paraguaiano risulta con più foglie e più rustico (in spagnolo si dice “con palo“) mentre quello uruguaiano è più polveroso e lavorato assieme al brasiliano chimarrão, vera e propria polvere verde.

Diuretico, dissetante, anti ossidante e ricco di pregi, del mate si parla spesso in maniera superficiale. A differenza dei più classici procedimenti europei, in cui il tè viene poi consumato in bustina come infuso in acqua bollente o negli infusori ad ovetto, in sudamerica il mate viene consumato prevalentemente in maniera diretta aggiungendo acqua calda (ma non bollente, 90° circa) direttamente sulle foglie di tè all’interno di un contenitore in cuoio, legno, metallo o plastica (chiamato mate anch’esso) da cui è possibile bere l’infuso grazie ad una cannuccia che possiede un filtro nella parte inferiore chiamata bombilla. In tal caso, se vi siete incuriositi, vi consiglio la masterclass del Loco Sebastian Abreu, che qualche settimana fa preparava un mate in diretta nel programma argentino ESPN F90, in cui l’ex attaccante dell’Uruguay raccontava i trucchi del mestiere per preparare una bibita perfetta.

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Sebastian Abreu e Diego Lugano nel ritiro della nazionale uruguaiana nel 2010, durante i mondiali in Sudafrica. (Foto di: RODRIGO ARANGUA/AFP via Getty Images – One Football)

Non è un caso se gli uruguaiani vengono considerati degli specialisti in materia: l’Uruguay è il paese che produce e consuma più yerba mate in tutto il mondo nonché uno dei produttori più importanti di mate, i contenitori in cuoio con un interno in zucca e un anello di acciaio inox nella parte superiore, in cui spesso i calciatori fanno incidere i nomi dei figli o dei familiari oppure una parola a loro cara. Da ciò ne derivano tanti altri accessori come la canasta (in italiano, la cesta), chiave per portarsi appresso tutto l’essenziale per prepararselo in qualsiasi situazione. L’Uruguay è stato molto importante anche dal punto di vista culturale, perché i suoi cittadini sono stati i primi a portare la bevanda fuori dal contesto domiciliare attrezzandosi di thermos e altri contenitori che gli permettessero di avere sempre a portata di mano l’acqua calda. Diego Lugano e lo stesso Sebastian Abreu furono immortalati già nel 2010 in Sudafrica mentre prima dei mondiali visitavano il paese. Ben 12 anni fa. Ora anche argentini e paraguaiani hanno preso le abitudini dei vicini, anche se questi ultimi lo consumano anche freddo (chiamasi tereré). Restano poi i brasiliani che lo consumano in minor numero e prevalentemente a casa (difficile per l’appunto vedere un calciatore brasiliano con il chimarrão). 

Il mate come stato d’animo

Bevanda da sempre democratica e alla portata di tutti, il mate è stato contorno silenzioso, o parte integrante, nella vita di tanti atleti famosi. Gli aneddoti, anche nel passato, si sprecano: dalle primissime foto di Diego Maradona e del suo mate a Napoli, allora per davvero visto come una strana pozione, alla storia delle cicatrici di Carlitos Tevez, che si ustionò con l’acqua del mate a pochi mesi dalla nascita rischiando la vita, la cui storia è perfettamente raccontata nell’incipit di Apache: la vita di Carlos Tevez, su Netflix.

Si arriva poi agli ultimi anni, quelli in cui Lionel Messi ha finalmente ritrovato l’amore della sua gente: dopo aver annunciato il ritiro dalla nazionale nel 2016, il ritorno con la Selección si è rivelato più roseo del previsto. Il mate in tutto questo? Messi, in un’intervista su Fox Sports del 2019, a poche settimane dall’inizio della Copa America, decise di mostrarsi al naturale a tutto il paese, sedendosi a parlare di calcio e della sua vita privata in uno dei programmi argentini più famosi condividendo il mate con i giornalisti che lo intervistavano. Fu l’inizio di un’Argentina che finalmente scopriva il vero Messi, che lo apprezzava per la sua essenza e gli consegnava le chiavi di una nazionale giovane che avrebbe dovuto guidare da leader. Così fu, partendo da un mate.

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Settembre 2021: Messi, Di Maria e Paredes arrivano al parco dei principi condividendo un “verde”, come dicono in Argentina. (Foto: FRANCK FIFE/Getty Images – OneFootball)

Nonostante ciò, la vita di Messi nell’ultimo anno non è stata semplice: il trasferimento a Parigi, il cambio di vita e di squadra dopo tanti anni. Anche qui per Messi il mate è stato la chiave di volta per un adattamento più dolce. In tribuna o all’arrivo allo stadio assieme ai suoi scudieri Ángel Di Maria e Leandro Paredes, gli stessi del “gruppo del mate” in nazionale spesso orchestrato da Rodrigo De Paul in cui vi è presente anche il Papu Goméz – che in italia nel 2018 preparava un piccolo tutorial per Sky Sport. Un altro calciatore che del mate ne ha fatto un mezzo di comunicazione perfetto: prima su Instagram, mettendo a nudo la normalità dei ritiri in nazionale assieme ai suoi compagni di squadra, e poi all’Atletico Madrid. In Spagna si è venuta a creare un’altra coppia del mate indimenticabile: quella tra l’ex Udinese e Luis Suárez, indissolubilmente insieme e a scambiarsi il mate.

Ci sarebbe poi da scrivere un libro sui racconti che alla Bombonera fanno del Juan Román Riquelme dirigente: il vice presidente del Boca Juniors non può seguire la partita senza un mate: con buona pace di chi ogni mezz’ora è costretto a “ricaricare” il thermos al Diez mentre fa smorfie e reagisce al corso degli eventi sul terreno di gioco. Ben più di una bevanda quindi, un modo per sentirsi attaccanti alla propria patria e farsi forza anche durante i momenti più complicati. Quello che conferma quanto questa bevanda sia democratica sotto gli aspetti più comuni: un accompagnatore fedele, un supporto, qualcosa con cui trascorrere del tempo di condivisione sia durante il lavoro che durante il tempo libero. Un’abitudine pian piano giunta anche da noi.

L’avvento europeo

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Antoine Griezmann ed il suo mate durante la coppa del mondo in Russia nel 2018 (Foto di: BENJAMIN CREMEL/AFP via Getty Images – One Football)

Se dai trascorsi all’Atletico Madrid assieme ai suoi compagni uruguaiani Antoine Griezmann è diventato il simbolo dei calciatori non sudamericani che hanno sposato in pieno questi costumi, la sua funzione è andata ben oltre: sono tanti i francesi che hanno voluto acquistare, provare e imparare a consumare mate proprio come Grizou durante i ritiri della nazionale.

Oggi il consumo di mate è diventato più semplice, così come l’acquisto di accessori legato ad esso e di yerba: anche se online i prezzi sono competitivi, il mate è qualcosa non ancora alla portata di tutti in Europa (visto il prezzo delle esportazioni) anche se si tratta di un qualcosa partito come fenomeno cult e di emulazione verso i calciatori che si sta pian piano trasformando in un’abitudine sana e ricca di vantaggi. Tanto da prendere piede anche nei nostri supermercati, in cui il mate in alcuni punti viene venduto assieme al tè. Hacemos un verde?

Autore

Nato in Italia, girovago per studi tra Francia e Spagna, poi Argentina per passione: scrivo per amore innato verso questo sport e per la necessità di esprimermi condividendo le mie idee. Amo raccontare storie particolari e poco conosciute, da quelle legate al calcio francese o agli angoli più remoti dei confini argentini.

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