95,79 milioni. Potrà sembrarvi strano, quasi assurdo, ma questa è la cifra sborsata dal Parma nelle ultime due sessioni di mercato per rinforzare la squadra. Il tutto va ovviamente ricondotto allo sbarco in Emilia di Kyle Krause, l’imprenditore americano che nello scorso autunno ha acquistato per circa 65 milioni di euro il 70% delle quote della società ducale. Sin da subito, Krause ha dichiarato di volersi dedicare, umanamente ed economicamente, a tempo pieno al Parma, lasciando le redini dell’azienda Kum & Go nelle mani di uno dei figli.
L’entusiasmo travolgente di Krause si è riversato sul mercato, dove il Parma si è posto come obiettivo quello di stravolgere l’identità della squadra sostituendo il pragmatico D’Aversa con l’esteta Liverani. All’ossatura della squadra che per due anni a suon di strenua fase difensiva e fulminanti ripartenze ha conquistato la salvezza, affiancato da un core di giovani di belle speranze nuovo di zecca, è stato dunque richiesto di resettare e adattarsi ad una nuova filosofia di gioco.
Le intenzioni sicuramente virtuose si sono però scontrate con il caos che ha contraddistinto ogni singolo movimento di mercato del Parma. I tanti acquisti formalizzati a campionato già iniziato e il poco tempo a disposizione non hanno permesso a Liverani di creare l’amalgama necessaria per imporre il proprio credo, tanto che nell’ultimo disperato tentativo di dare una svolta alla stagione l’ex tecnico del Lecce ha abbandonato le velleità di 4-3-1-2, rintanandosi nel 4-3-3 tanto caro alla squadra. Neanche quest’ultimo salvagente ha impedito a Liverani di naufragare, e così la società ha ribussato alla porta di D’Aversa per chiedergli di compiere un’impresa che ad oggi continua a sembrare quasi impossibile.
Mihaila e Man, le frecce di D’Aversa
Tra i tanti ragazzi giunti in Emilia tra settembre e gennaio, D’Aversa si è ritrovato a disposizione due giocatori potenzialmente molto adatti alla sua idea di gioco. Parliamo di Valentin Mihaila e Dennis Man, esterni d’attacco romeni rispettivamente classe 2000 e 1998. I due, che assieme al più celebre Ianis Hagi formano uno dei reparti offensivi potenzialmente più talentuosi della storia della Romania, stanno gradualmente mostrando qualità decisamente superiori al pantano della lotta salvezza.
Mihaila e Man hanno due stili di gioco differenti, ma sulla carta molto complementari. Fino ad ora sono stati impiegati con moderazione – entrambi superano di poco i 500 minuti in campo -, ma nelle sparute apparizioni sono stati il principale motivo d’interesse delle partite del Parma. L’unica gara nella quale entrambi sono scesi in campo dal primo minuto, ossia quella casalinga contro la Roma, coincide con l’unica vittoria del Parma nel girone di ritorno. A stappare l’incontro è stata proprio una combinazione tra i due romeni, con Man che è scappato alla difesa giallorossa prima di pescare nel cuore dell’area di rigore il mancino del compagno di Nazionale.
Entrambi si sono formati in Romania: Mihaila tra le fila dell’Universitatea Craiova, dove gli sono bastate un paio di stagioni per finire nei radar del Parma ed essere acquistato per 8,5 milioni; Man invece, dopo essere cresciuto nell’UTA Arad, si è affermato con la maglia della Steaua Bucarest, dove in 4 anni e mezzo ha messo a referto 49 gol e 29 assist. Quella per l’acquisto di Man è stata una trattativa condotta in prima persona dal presidente Krause, che secondo alcune indiscrezioni lo aveva visto e ne era rimasto ammaliato. La lunga trattativa si è conclusa dopo alcuni screzi tra lo stesso Krause e il presidente della Steaua Bucarest e i 13 milioni spesi collocano Man in cima alla classifica degli acquisti più onerosi nell’era post Tanzi.
Il calcio irrequieto di Mihaila
Entrando nello specifico, la prima differenza basilare tra Mihaila e Man è che il primo è destro mentre l’altro è mancino. Mihaila è un’ala elettrica, istintiva, dalla velocità di punta molto elevata e con grande qualità in conduzione. Il suo è un gioco molto dispendioso che spesso lo porta ad essere poco lucido nelle scelte. Nel primo tempo della gara pareggiata contro l‘Udinese è stato letteralmente incontenibile.
Al primo affondo ha affrontato in velocità Rodrigo Becao e lo ha freddato con un doppio passo che ha indotto al fallo da rigore il centrale brasiliano. Con il passare dei minuti, il suo impatto si è però affievolito, i tanti metri percorsi hanno iniziato a farsi sentire e la qualità nelle scelte ne ha risentito. Mihaila non è ancora in pieno controllo di se stesso, ma quando la condizione fisica lo assiste è come un proiettile che squarcia le difese avversarie. Dopo il gol in Coppa Italia contro la Lazio, contro Roma e Fiorentina ha trovato i suoi primi due gol in campionato: il primo, come detto, sfruttando l’assist al bacio di Man e il secondo facendosi trovare al posto giusto nel momento giusto nel cuore della difesa viola.
Nel dribbling non è un giocatore particolarmente creativo. Ama esprimersi in spazi larghi, dove può utilizzare la sua velocità come arma principale. Secondo i dati di Whoscored, completa poco più del 50% dei dribbling tentati per 90 minuti (1.5 a fronte dei 2.7 tentati), un dato che certifica come in questo momento sia più una macchina da transizioni che un dribblatore creativo da attivare in spazi stretti.
Essendo un destro di piede che gioca a sinistra e ama venire dentro al campo, Mihaila calcia molto in porta. Dopo Man, è il calciatore del Parma con più conclusioni per 90 minuti (2.5). Nella sua partita d’esordio con la Nazionale maggiore della Romania, ha realizzato un gol che in questo momento rappresenta tutto ciò a cui lui ambisce nel momento in cui controlla il pallone: riceve la sfera sul versante destro della trequarti offensiva, converge verso il centro inseguito dagli avversarsi e dai 25 metri scarica un fendente imparabile per il portiere avversario. Un gol brutale che spiega come il calcio di Mihaila sia dipendete dalla ricerca di soluzioni difficili, a tratti anche impensabili, ma che ne denotano una personalità non indifferente.
Man e l’ossessione per il dribbling
Chi nel suo gioco di brutale non ha proprio nulla è invece Dennis Man. Se per Mihaila l’obiettivo nel momento in cui riceve il pallone è quello di correre più veloce del vento e scaricare missili verso la porta, quello di Man è di dribblare qualsiasi cosa si frapponga tra lui e il portiere. Man sembra vivere per il confronto diretto con l’avversario ed ha un gusto per il dribbling molto spiccato: il suo calcio è fatto di finte, cambi di direzione improvvisi e tunnel di esterno con cui infila elegantemente chi si avventa su di lui con troppa noncuranza.
Negli anni alla Steaua Bucarest, forse perché conscio di essere il trascinatore della squadra, usava i compagni solo come pareti per tirarsi fuori da situazioni nelle quali neanche i suoi dribbling potevano salvarlo. In un contesto più competitivo come quello della Serie A ha dovuto riadattare il suo gioco, mantenendo alte percentuali di dribbling riusciti (ne completa 1,9 su 2,4 tentati per 90 minuti) ma senza forzare come gli veniva concesso in Romania.
Contro il Benevento ha anche trovato il suo primo gol con i crociati, coordinandosi in un nanosecondo dopo una precisa sponda di Cornelius. Il gol, di mancino al volo, ha messo in luce la sua facilità di tiro, caratteristica ben nota in Romania. Rispetto a Mihaila, avendo più minutaggio nelle gambe, Man è apparso sin da subito più pronto.
L’impiego dei due è praticamente uguale nonostante Man sia arrivato a Parma nella sessione di mercato invernale. L’ex Steaua Bucarest, che nello scacchiere di D’Aversa ha preso il posto che l’anno scorso fu di Kulusevski, ha ridotto al minimo i tempi di ambientamento, mostrandosi sin da subito arruolabile. Muovendosi nel mezzo-spazio di destra, Man offre un riferimento sicuro ai centrocampisti, cercando di risalire il campo attraverso le conduzioni.
Man non è particolarmente veloce, non brucia l’erba come il compagno di Nazionale, ma negli ultimi metri è più lucido e sembra avere più soluzioni. Nell’ultima gara di campionato, quella persa contro il Milan, ha mostrato di essere in grado di crossare anche con il destro, una skill che potrebbe rendere meno meccanico il suo gioco. Il futuro di Man passa però dalla capacità – che in Romania gli è valso lo scomodo appellativo già affibbiato all’ex Udinese Gabriel Torje di Messi romeno – che avrà di traslare la sua abilità di generare superiorità numerica dal nulla ad un livello più alto.
Per Mihaila e Man è un futuro da decifrare
In una stagione disastrata, il Parma, grazie all’inventiva e alla potenza economica del suo presidente, è riuscito a regalare al nostro campionato due diamanti da sgrezzare ma dall’avvenire molto intrigante. Per entrambi sarebbe stato meglio avere un impatto nel calcio che conta in un contesto in grado di proteggerli e non caricarli di eccessive responsabilità, ma a Parma questo non poteva avvenire. Il modo in cui termineranno la stagione dirà molto sul loro futuro, soprattutto se la squadra dovesse definitivamente inabissarsi.
Difficile predire i loro movimenti nella prossima sessione di mercato, ma nonostante i pochi minuti accumulati sarebbe un peccato non ritrovarli in un organico di Serie A ai nastri di partenza della prossima stagione. Detto che la salvezza del Parma è un obbiettivo concreto e passa soprattutto dai loro piedi, ipotizzando una loro conferma in Serie A sarebbe suggestivo vedere Mihaila scorrazzare sulla fascia nel Bologna iper-verticale e aggressivo di Sinisa Mihajlovic e Man plasmato dalle mani capaci di De Zerbi a fare da backup di Berardi nel Sassuolo.