Nel tardo pomeriggio odierno, a San Siro andrà in scena quella ch’è senza dubbio la sfida più attesa del weekend, tra la capolista Milan e l’Atalanta di Gasperini. Una partita che potrebbe conferire definitivamente ai rossoneri il titolo di campioni d’inverno, a coronamento di un anno davvero strabiliante. A maggior ragione se si pensa a quanto succedeva più o meno allo stesso punto della scorsa stagione, e contro il medesimo avversario di giornata, seppur a campi invertiti. Il 5-0 subito a Bergamo poco più di un anno fa segnava il punto più basso del campionato rossonero, lasciando presagi di un futuro tetro, invece rivelatosi poi inaspettatamente luminoso. Scopriamo dunque cosa è cambiato nell’ultimo anno all’interno del mondo Milan.
Luci ed ombre
Il momento nero del Milan degli ultimi anni rientra in uno scenario più grande, quello della crisi generale che ha colpito il calcio italiano all’inizio del decennio appena trascorso, e cui abbiamo assistito ad una leggera ripresa soltanto negli ultimi anni. Basti pensare a quanto poco il nostro movimento calcistico fosse in grado di proporre, sia a livello di club che di nazionale, e quanto limitatamente appetibile fosse il nostro campionato per giocatori provenienti dall’estero. Senza parlare delle numerose difficoltà finanziare in cui vertevano quelle stesse società che fino a poco tempo prima dominavano le scene del calciomercato mondiale.
Da questo ciclone, il Milan, anche complici le baraonde a livello societario, ha fatto fin troppa fatica ad intraprendere in maniera seria e decisa la via della rinascita. Cosa che invece altre realtà del nostro calcio già stavano facendo, intraprendendo quel ritorno al vertice cui ad esempio i cugini iniziavano già a riavvicinarsi. Ma ogni tunnel ha un inizio ed una fine, e arrivati al punto più buio, deve per forza di cose succedere uno spiraglio di luce.
Quella che si preparava all’inizio della stagione 2019/20 era una rosa già decisamente migliorata rispetto alle annate precedenti, grazie soprattutto ad ottimi colpi messi a segno nella sessione di mercato appena conclusasi (in primis gli arrivi di Hernandez e Bennacer), ma che ancora mostrava diverse carenze strutturali reduci dagli anni passati. Una formazione oltretutto poco conforme a quello che sarebbe dovuto essere il grande acquisto della società, ossia l’allenatore, Marco Giampaolo, con il tempo finito per essere etichettato dai tifosi come il peso capace di affondare le speranze della squadra.
L’inizio di stagione, infatti, non è dei migliori. La qualità di gioco che il nuovo tecnico avrebbe dovuto portare in dote non si è minimamente intravista. La squadra sembra procedere sulla falsariga dell’anno precedente e 9 punti in sette giornate portano la dirigenza a fare una scelta drastica, intraprendendo una strada diversa da quella precedentemente pianificata. Il 9 di ottobre viene annunciato come nuovo allenatore dell’AC Milan Stefano Pioli, con cui la situazione prenderà una piega decisamente diversa. Ma sarà solo con l’avvento del 2020 che le cose inizieranno a cambiare davvero.
L’anno della rinascita
Il 2020 è stato sicuramente un anno terribile per tutti. Per qualcuno però si è dimostrato meno amaro del previsto, risultando a conti fatti addirittura positivo. Tra coloro che non possono di certo lamentarsi c”è sicuramente il Milan. Come già detto, però, il cambio instauratosi sulla panchina rossonera porterà i suoi benefici solo con l’arrivo del nuovo anno, al cui arrivo mancano ancora poco meno di tre mesi.
Nelle prime 11 giornate Pioli raccoglie solo 3 vittorie, le stesse che Giampaolo aveva ottenuto con 4 partite in meno, seppur se con avversari di minor prestigio. Con la squadra relegata nella seconda metà della classifica, più vicina alla zona retrocessione che all’Europa. Non certo il cambio di passo in cui sperava la dirigenza.
A preoccupare maggiormente però è l’atteggiamento di gran parte della squadra. Ancora insofferente ed apatica come ad inizio anno, seppur ormai si sia arrivati a metà stagione, e quasi rassegnata ad un destino già scritto. Problematiche messe in evidenza più che mai dal 5-0 subito dall’Atalanta il 22 dicembre 2019, con il quale si tocca probabilmente il fondo. Un Milan incapace di mettere in discussione un risultato che la diversa attitudine delle due squadre nei primi minuti della partita lasciava già presagire potesse maturare.
Con l’anno nuovo c’è assolutamente bisogno di invertire la rotta. Il Milan appare una società debole sotto tutti i punti di vista. Ci sono troppe mancanze: caratteriali, tecniche e anche a livello societario. La squadra spesso non gioca bene, e anche quando lo fa, si frantuma in mille pezzi al primo ostacolo. Il tutto mentre dall’alto non sembrano arrivare rassicurazioni di nessun tipo. Tenendo conto di ciò sarebbe stato davvero impensabile pronosticare che il Milan avrebbe potuto occupare la vetta della classifica a questo punto del campionato.
Ma in un anno i rossoneri sono riusciti a migliorare di pari passo in tutti gli ambiti, ovviamente strettamente collegati tra loro. Dal punto di vista tecnico, la squadra aveva già una buona base dopo il mercato estivo, a cui però mancavano delle colonne portanti. Ovvero dei giocatori che, oltre ad assicurare un ottimo rendimento in campo, giovassero con la propria presenza ed attitudine ad uno spogliatoio giovane come quello del diavolo. Da questo punto di vista gli arrivi di Kjaer e di Ibrahimovic sono stati fondamentali, come del resto si può facilmente notare guardando una qualsiasi partita del Milan.
Il primo ha dato un apporto alla fase difensiva della squadra incredibile, forse addirittura insperato, o comunque al di sopra delle aspettative. Una presenza che ha ridato sicurezza ad un reparto a cui mancava da troppo tempo. Lo svedese invece, come ci si poteva immaginare, ha dato una scossa a tutto l’ambiente, sia dal punto di vista sportivo che mediatico.
Seppur inizialmente intimoriti dalla presenza di un tale campione in mezzo a loro, con il tempo i giocatori del Milan hanno finito per ritrovare in Ibra un porto sicuro in cui approdare, e non soltanto in senso figurato. Un punto di riferimento di quel calibro al centro dell’attacco ha permesso alla squadra di avere un fulcro su cui concentrare le manovre offensive, fino a quel momento assente.
Al resto ha pensato Pioli, a cui va dato il merito di non aver voluto strafare, puntando piuttosto sulla semplicità e sull’efficacia. Ha pensato – giustamente – a predisporre prima di tutto ogni giocatore a sua disposizione nelle condizioni di rendere al meglio, mettendo pian piano in funzione quel 4-2-3-1 che oggi sta facendo le fortune del Milan. Modulo di cui molti giocatori hanno particolarmente beneficiato, Kessié e Calhanoglu su tutti.
Ma il salto più importante è stato fatto dal punto di vista mentale. La striscia di risultati positivi ottenuti all’inizio del girone di ritorno – e in particolare dopo il lockdown – sono stati decisivi per cementificare quelle certezze che per tanto tempo la squadra aveva inseguito senza mai trovare. Complice forse anche l’assenza di pubblico – che ha permesso a tanti di giocare senza il timore di essere coperti di fischi al primo errore – la squadra ha dimostrato di avere assunto una tranquillità capace di permetterle di esprimersi al meglio in ogni situazione.
Un’oasi ideale che una scelta sbagliata della società avrebbe rischiato di compromettere. Le voci che vedevano Rangnick già con un piede e mezzo a Milanello sembrano ormai un ricordo lontano, eppure risalgono appena all’estate scorsa. Una scelta che avrebbe avuto effetti catastrofici in campo, ma anche fuori. Innanzitutto rompendo il giocattolo ben funzionante creato da Pioli, e portando il Milan a dover ripartire per l’ennesima volta da zero, o quasi. Una decisione che oltretutto avrebbe smontato quell’apparato dirigenziale che oggi consiste in uno dei maggiori punti di forza del diavolo. Se il Milan oggi oltre ad essere una squadra è anche una società solida – almeno apparentemente -, molto si deve a quell’inversione di rotta di appena pochi mesi fa.
Come si mostra oggi il Milan?
Il Milan oggi è squadra forte, in fiducia, vincente, senza ombra di dubbio. Gioca un bel calcio, divertente ma allo stesso tempo equilibrato. Semplice ed essenziale, gestisce la palla con pazienza e opta per la verticalizzazione appena possibile, senza voler strafare, cercando di preferire sempre la scelta più razionale. La squadra non sembra mai mettere in pratica nulla di troppo eclatante o complicato; non che ne abbia bisogno, perché ognuno dei giocatori compie egregiamente il proprio dovere
Un canovaccio tattico in cui ormai gli interpreti si ritrovano perfettamente, e che riescono a portare avanti anche in mancanza delle pedine più importanti. Lo si è visto bene in questi ultimi mesi in cui è mancato Ibrahimovic. Lo svedese è senza ombra di dubbio la stella della squadra, l’uomo in più, quello che ha dato e dà una svolta alla squadra. Eppure i rossoneri sono riusciti a sfoderare ottime prestazioni anche privi dell’ex Los Angeles Galaxy, fattore che dà l’idea di quale maturità abbia raggiunto il Milan, e che rappresenta un elemento rassicurante per il futuro.
Ma il Milan oggi è soprattutto una squadra che si è saputa rivalutare. Incredibile è il modo in cui molti dei giocatori che oggi costituiscono l’ossatura della squadra abbiano cambiato volto nel giro di un anno. A partire da quelli arrivati più di recente come Leao e Rebic, dimostratisi come dei nuovi acquisti da gennaio in poi. Ma anche di giocatori che al Milan non sembravano poter dare niente di più, come i già citati Kessie e Calhanoglu, passati dall’essere tra i più contestati a quelli più amati. Un caso ancor più eclatante è quello di Calabria, divenuto padrone indiscusso della fascia destra.
Su quello che il Milan rappresenta attualmente c’è poco da discutere. Ha una rosa competitiva, che forse sta rendendo più di quanto potrebbe, o di quanto si potesse immaginare, ma che merita assolutamente di occupare la posizione in cui si trova. Più complicato diventa ragionare su quello che potrà essere nel prossimo futuro.
Cosa bisogna aspettarsi dal Milan?
“Può il Milan vincere lo scudetto?” Forse sì, forse no, questo sarà solo il tempo a dircelo. Una domanda più interessante è invece “Può il Milan riproporsi sugli stessi livelli anche l’anno prossimo, o in quelli successivi?”. In questo caso la risposta è più complicata, ma paradossalmente allo stesso tempo più semplice. I rossoneri al momento sono una pianta sana, ma ogni pianta ha bisogno di essere innaffiata con costanza. Ad oggi, la squadra vive di un equilibrio più precario di quanto si possa pensare.
Seppur tenga fede ai buoni risultati ormai da un anno a questa parte, la formazione sta ancora cavalcando l’onda di quello stato di grazia che per diverso periodo ne ha caratterizzato il rendimento nei mesi passati. Dal momento della ripresa, l’attuale capolista non ha ancora attraversato un momento di difficoltà che potesse mettere in dubbio le certezze su cui poggiano le proprie fondamenta. Sarà da vedere come risponderà tutto l’ambiente, e non solo i giocatori, al sopraggiungere di questo momento che – prima o poi – arriverà inevitabilmente. E con ciò rispondiamo in parte anche al primo quesito.
Ciò che risulterà davvero importante sarà il progetto che la società ha intenzione di portare avanti. Molte delle scelte dirigenziali sono state fatte per avere un riscontro immediato e, seppur con una squadra molto giovane e di prospettiva, il Milan non sembra avere molte basi su cui fare sicuro affidamento nel prossimo futuro. Alcuni dei giocatori stanno rendendo al di sopra di quello che sembrava il proprio potenziale, e bisognerà vedere se riusciranno a tenere fede alle aspettative che si stanno creando intorno a loro. Tralasciando il nodo Ibra, la società dovrà in ogni modo cercare di allargare il bagaglio di esperienze della squadra con nuovi innesti, soprattutto in vista di una probabile qualificazione in Champions League. Gli acquisti di Soualiho Meïté, Mario Mandzukic e Fikayo Tomori vertono proprio in questa direzione.
Certo è che il periodo più buio sembra ormai definitivamente passato. Il Milan è tornato a competere ai vertici e sembra finalmente avere una dirigenza con le idee chiare sul da farsi. Il compito più arduo sarà ora confermare quanto di buono fatto, progettando con attenzione quanto verrà nel prossimo futuro, e cercando di fortificare le fondamenta appena costruite.