Le prestazioni di Griezmann ed Ounahi con la nazionale saranno ripetibili a livello di club?
In un Mondiale in cui è mancata l’Italia la nostra attenzione sulla kermesse qatariota non si è sopita, per questo motivo le nostre chat a sfondo calcistico hanno messo da parte le rivalità dei club per discutere di quanto stavamo vedendo sul terreno di gioco. In una di queste ci siamo posti un quesito: “L’ultimo quindicennio è la migliore epoca di centrocampisti di sempre?”.
Ad alimentare questo quesito, oltre alle prestazioni dei vari Modric, Musiala e Pedri, ci sono state le prestazioni di Antoine Griezmann e Azzedine Ounahi che ci hanno sorpreso oltremodo nel corso di questa Coppa del Mondo. Sia il giocatore dell’Atletico Madrid che il giocatore dell’Angers si sono rivelati nel loro splendore con le rispettive nazionali in quanto inseriti al centro del palcoscenico sia in termini di funzione nel gioco della squadra che come posizione in campo.
Sia Deschamps che Regragui hanno ritagliato loro uno spazio di campo diverso da quello che occupano nei rispettivi club, per questo motivo – con il ritorno in campo di Ligue 1 e La Liga in questi giorni – la curiosità di rivederli all’opera in un contesto diverso da quello in cui hanno brillato nell’ultimo mese si è ampliata a dismisura.
E poi c’è da dare una risposta alla domanda di quella chat, riformulando la domanda: sarà mica che spostando in mezzo al campo giocatori tecnici la nostra percezione della qualità presente in quella zona del terreno di gioco aumenta? Insomma, se questa è l’epoca dei centrocampisti più forti di sempre è perché forse è cambiato il suo archetipo, anzi forse quell’archetipo non esiste più, con buona pace della vita da mediano cantata da Luciano Ligabue.
Le suggestioni mondiali
I Mondiali maschili di calcio rappresentano da sempre un momento in cui lo sport più popolare del pianeta si accende e posa le luci su giocatori che abbiamo snobbato o giudicato poco adatti al grande calcio per club. Con l’accesso a filmati, statistiche e dirette integrali di campionati dei quali fino a pochi decenni fa ignoravamo l’esistenza, l’effetto sorpresa nel vedere emergere determinati giocatori nel corso della massima kermesse calcistica si è affievolito. Insomma, il Mondiale di calcio non ci propone più dei Carneadi.
Anzi, spesso ci troviamo a dover affrontare più spesso la situazione opposta, ossia giocatori pronti a determinare una legacy tramite il Mondiale o usarlo come vetrina giusta per salire di livello ma che invece deludono in quanto non incastrati al meglio nel sistema delle rispettive squadre nazionali. Questo, per esempio, è stato il grande incubo che ha sempre accompagnato la carriera di Messi fino ad essere scacciato dal rigore finale di Gonzalo Montiel nella notte di Doha che ha permesso al giocatore più importante di questa generazione di poter sollevare il trofeo calcistico più ambito.
Sostanzialmente, per chi osserva il calcio maschile quasi nessuno in questo Mondiale era del tutto sconosciuto agli occhi degli appassionati, per cui solo entrando più nelle pieghe del gioco corale si possono scovare delle sorprese senza dover ricorrere a nomi troppo esotici. Per questo motivo, è bastato vedere alcuni giocatori coinvolti in una veste tattica e tecnica diversa a quella in cui sono sottoposti nei relativi club per poterne ammirare il talento. Un po’ come ammirare una grande scultura poco dopo il suo restauro, possiamo trovare dei particolari fino a quel momento mai considerati.
Questo è ciò che è successo ad Antoine Griezmann e Azzedine Ounahi, calciatori a cui le nazionali hanno offerto nuove situazioni tattiche che hanno permesso loro di esprimersi al meglio e di emergere nel corso della competizione. Ma qui, come avrebbe detto il buon Antonio Lubrano, la domanda sorge spontanea: sarà possibile per i club replicare le condizioni che hanno permesso queste prestazioni?
Il mondiale di Griezmann e l’Atletico Madrid di Simeone
Siamo rimasti tutti impressionati dalle prestazioni in questo Mondiale di Antoine Griezmann, un giocatore che aveva trascinato la Francia alla vittoria del Mondiale quattro anni fa e che nell’ultimo quadriennio poco aveva fatto per mantenere quelle promesse di carriera che tutti si aspettavano dopo la finale di Mosca del 2018. Ed invece siamo qui oggi a raccontare una Coppa del Mondo in cui Le petit Diable è stato il vero trascinatore della formazione transalpina.
Proprio la capacità del giocatore francese nel sobbarcarsi quei compiti di aggiustatore della squadra per permettere a ciascuno dei suoi compagni di esprimere al meglio le proprie qualità a destare impressione in questo mondiale qatariota.
Vedere il modo in cui Griezmann permetteva alla squadra di girare attorno a lui è stata una sensazione paragonabile a quella di un palleggiatore in una squadra di pallavolo: il giocatore che studia le soluzioni migliori in quella specifica azione, che sia servire l’opposto, giocare un primo tempo con il centrale o favorire un attacco dalla seconda linea. Allo stesso modo il numero 7 della Francia in questo Mondiale sceglieva se favorire le discese di Mbappè e Dembele, gli inserimenti di Theo Hernandez e Rabiot o trovare la testa di Giroud a centro-area. I palloni importanti della Francia sono passati tutti dai suoi piedi.
Ma allora cosa è andato storto in questi quattro anni? Non credo sia necessario dilungarsi oltremodo sulle tematiche contrattuali e di mercato che hanno portato Grizou a spostarsi da Madrid sponda Atletico a Barcellona per poi effettuare il viaggio di ritorno dopo appena due stagioni, con proprio le clausole contrattuali sottostanti al ritorno al Wanda Metropolitano che hanno portato ad un suo sottoutilizzo da parte di Simeone.
Una mossa che ha portato un discreto risparmio monetario per i Colchoneros ma che ha portato grossi problemi sul campo, visto che l’Atleti non ha potuto sfruttare al meglio il potenziale di Griezmann e, al contempo, ha portato lo stesso Simeone a schierare in campo una squadra raramente funzionale con tanti giocatori spesso messi a disagio da un sistema che spesso mancava di un collante tra le fasi di gioco.
In tanti siamo rimasti sorpresi ed affascinati nel riscontrare i suoi numeri in rifinitura nel corso della kermesse qatariota, ma potrebbe altrettanto sorprendere il fatto che le prestazioni nella Liga con la maglia dell’Atletico a livello numerico non sono così dissimili in termini quantitativi e qualitativi.
Il perché di questi numeri da parte del Le petit diable nonostante l’impiego non continuo sono ascrivibili al fatto che con il ritorno alla corte di Simeone ha ritrovato la centralità nel gioco della squadra, non solo in senso figurato ma anche in senso geografico: a Madrid Griezmann è tornato a giocare in posizione centrale, ma soprattutto con tanto campo da poter utilizzare per associarsi con i compagni, un privilegio che nel biennio di Barcellona ha potuto avere solo in pochi frangenti e che ha influito negativamente sulle sue prestazioni ma anche su quelle della squadra blaugrana. Il classico 4-3-3 del Barça era totalmente disfunzionale con giocatori come lui e Messi in campo, portandolo ad essere confinato ai margini del terreno di gioco, anche qui in senso non solo figurato.
Ciò che invece non è mai mancato in questi quattro anni a Griezmann è stato il posizionamento al centro del campo che Deschamps ha continuato a ritagliargli, indipendentemente dallo schieramento tattico con cui Le Bleus si schieravano sul terreno di gioco: trequartista nel 3-4-1-2 portato avanti fino alla vigilia di questo Mondiale o nel 4-2-3-1 iper-asimmetrico che ha portato i francesi fino alla finale; in ogni caso il suo compito è sempre stato quello di collante tra il centrocampo muscoloso e l’attacco esondante di talento.
Per questo motivo la centralità dell’ex giocatore della Real Sociedad in questa Francia sorprende fino ad un certo punto, e quel punto è il momento in cui è l’avversario ad avere il pallone: in una competizione dove il pressing alto è stato messo in soffitta, la capacità di adattamento del giocatore dell’Atletico di abbassarsi al fianco di Tchouameni si è rivelata questa sì una sorpresa. Ed un allenatore come Simeone che ama i giocatori in grado di sacrificarsi in non possesso siamo certi avrà preso ulteriori appunti a riguardo.
Riuscirà allora il Cholo a raccogliere il messaggio per impostare una squadra in grado di rendere ancora più centrale il suo giocatore più rappresentativo e metterlo al servizio di altri giocatori che in terra qatariota hanno mostrato il proprio valore con compiti diversi rispetto a quelli che devono ricoprire con il club madrileno? Ci riferiamo in particolare a due giocatori che porteranno in dote al Wanda Metropolitano la Coppa del Mondo, ossia Rodrigo de Paul e Nahuel Molina, finora poco brillanti con la maglia dei colchoneros, una difficoltà che si spiega con l’utilizzo in compiti che ne reprimono le doti in fase di sviluppo dell’azione. Un Atletico che riesce a costruire e sviluppare gioco con un lato forte formato da De Paul, Molina e Griezmann sul lato destro, visto solo a sprazzi nel corso di questa stagione, potrebbe diventare la soluzione a tanti problemi della squadra madrilena e rilanciarne le quotazioni nella Liga (ormai in Europa i buoi sono scappati dalla stalla).
L’Atletico Madrid ha collezionato tante brutte figure in questa stagione: il cholismo inteso come negazione degli spazi agli avversari sembra funzionare sempre meno, mentre il tentativo di giocare a pallone in maniera più fluida una volta entrati in possesso del pallone mostra ancora grossi margini di miglioramento. Insomma, da diverso tempo questa squadra sembra essere in mezzo ad un guado che ne penalizza prestazioni e risultati: le indicazioni giunte da questo Mondiale su come meglio sfruttare il suo giocatore più rappresentativo – unito alla risoluzione delle problematiche contrattuali – potrebbe rappresentare un esempio virtuoso di come il calcio per nazionali possa offrire un contributo importante a risolvere i problemi di una squadra di club malata come i Colchoneros.
Il futuro di Ounahi all’Angers
Rispetto a Griezmann il futuro di Azzedine Ounahi è ancora tutto da farsi: il giocatore marocchino, infatti, è un classe 2000, ragion per la quale questo Mondiale lo ha messo in luce dopo un inizio di carriera vissuto lontano dalle luci della ribalta. È stato l’Angers nella scorsa stagione a dargli l’opportunità di mettersi in mostra nel calcio che conta, con il tecnico Gerard Baticle che lo ha accolto in squadra dopo essere stato scaricato dallo Strasburgo consegnandogli da subito una maglia da titolare.
Tanto è bastato per convincere Regragui a considerarlo un punto di forza del suo Marocco al Mondiale del Qatar, ma in pochi immaginavano che il giocatore nativo di Casablanca si rivelasse in cotanto splendore. Le doti del giocatore marocchino non erano poi così nascoste, basta vedere i dati relativi ai dribbling effettuati e riusciti in Ligue 1 per vedere illustrata su un piano cartesiano l’idea che restituisce il suo modo di giocare a pallone. Sostanzialmente solo Leo Messi e Guessand (che, però, ha giocato molto meno) condividono lo stesso quadrante del grafico con Ounahi.
Cosa cambia, ovviamente, è il diverso utilizzo in campo, con Baticle che lo ha alternato nella posizione di mezzala in un 5-3-2 tanto quanto nella posizione di ala o esterno offensivo in un 4-2-3-1. Come detto in premessa, questo Mondiale ci ha insegnato che i giocatori tecnici devono avere il centro della scena e non essere confinati vicino alla linea laterale.
I dati mostrano come il posizionamento ed i compiti del giocatore marocchino, unito ad un contesto tattico molto differente rispetto a quello della nazionale, lo rendono un giocatore meno decisivo in termini di progressione del gioco, soprattutto perché raramente ha l’occasione di associarsi al meglio con i propri compagni e questo va ad incidere sulla percezione delle sue prestazioni sul terreno di gioco.
Di certo l’Angers non ha le stesse esigenze sportive dell’Atletico Madrid, ma la qualità della rosa della squadra angioina non giustifica in alcun modo l’ultimo posto in classifica; l’emorragia di sconfitte giunte prima della pausa forzata di novembre del campionato francese hanno portato il club ad esonerare Baticle, per cui spetterà alla nuova guida tecnica capire come associare al meglio Ounahi (e Boufal, altro giocatore già di culto prima del Mondiale e che con il quarto posto del Marocco ha ulteriormente esaltato i suoi estimatori) agli altri compagni di squadra per creare un contesto in grado di tirar fuori il potenziale della squadra.
Ma la salvezza potrebbe non essere la priorità per un club che non versa in condizioni economiche floridissime, per cui il nuovo volto del giocatore marocchino emerso dalla kermesse qatariota potrebbe essere l’ancora di salvezza dal punto di vista economico per il club, a cui non dispiacerebbe far partire un’asta per la sua cessione ed usare il denaro incassato per ricostruire un progetto tecnico che riporti la squadra nella massima serie con basi economicamente più solide.
Con il ritorno della Ligue 1 e la contestuale apertura del calcio mercato, ci vorrà poco per capire cosa porterà questo Mondiale nella carriera di Azzedine Ounahi.
Quali risposte dal Mondiale di Griezmann e Ounahi?
Torniamo quindi ai quesiti di partenza che poi si riducono ad un unico quesito: il calcio per nazionali e quello per club possono comunicare? Le indicazioni tattiche e tecniche giunte dal Mondiale potranno trovare terreno fertile nei club?
I casi di Griezmann e Ounahi rappresentano esempi di come le nazionali abbiano dato una dimensione diversa a questi due giocatori, ora spetterà ai rispettivi club capire come utilizzare al meglio queste indicazioni per decidere se ricostruire l’ecosistema in cui si trovano ad operare e sfruttare, quindi, l’onda lunga delle prestazioni con la maglia della nazionale.
Inoltre, al di fuori degli esempi sopra citati, quanti allenatori cominceranno a pensare a reinventare la posizione in campo dei loro giocatori più tecnici? D’altronde se torniamo alla domanda di quella chat, viviamo nell’epoca dei centrocampisti più forti di sempre, per cui spostare questi giocatori sempre più nel cuore del gioco potrebbe diventare il più grande lascito di questo Mondiale, oppure sarà l’ennesima suggestione tipica delle competizioni brevi per nazionali che resteranno una retta parallela al calcio per club destinata a non incrociarsi.