Nella giornata di oggi, con la partita inaugurale tra i padroni di casa del Qatar e l’Ecuador, avrà inizio la ventiduesima edizione dei campionati del mondo. I Mondiali 2022, probabilmente i più discussi di sempre per una serie di ragioni, avranno sicuramente da raccontare tanto anche sul terreno di gioco. Iniziamo da oggi la nostra presentazione della principale manifestazione calcistica internazionale con la Guida al Gruppo A, composto dalle due nazionali sopraccitate, dal Senegal e dall’Olanda.
Mondiali 2022, Ecuador: Alfaro alla guida di un gruppo giovanissimo
Di Marco Maioli
Un condor, pitture facciali della cultura shuar e una silla mantense, stilizzati, formano le iniziali della FEF: quando, a inizio 2020, viene presentato il nuovo logo della federazione ecuadoriana, la ventata di novità a livello di immagine è solo parte di un rinnovamento più ampio, il Plan Estratégico 2030, che prevede l’arrivo dall’Europa di un direttore sportivo d’esperienza, Antonio Cordón, e un commissario tecnico dal nome illustre, Jordi Cruijff. Poi, però, arriva la pandemia e i due, prima che la nuova gestione abbia diretto un solo allenamento, abbandonano il paese: arrivato sulla panchina della Tri a poco più di un mese dall’inizio delle qualificazioni mondiali, l’argentino Gustavo Alfaro sostiene di non aver trovato nemmeno un foglietto con qualche indicazione.
Il Lechuga, una carriera trentennale quasi tutta nel calcio argentino, impreziosita dalla vittoria della Copa Sudamericana 2007 con l’Arsenal del Papu Gómez, deve cominciare da zero: le ultime qualificazioni mondiali si sono chiuse con un’eliminazione inaspettata e molte polemiche, e la Copa América del 2019, terminata con appena un punto, è stata meno che dimenticabile. Non resta che guardare al futuro: appena un anno prima la nazionale Under 20, dopo aver vinto per la prima volta il campionato continentale di categoria, è arrivata terza ai mondiali di Polonia, mentre il progetto dell’Independiente del Valle, che con il suo settore giovanile ha portato all’attenzione del mondo intero il talento ecuadoriano, è ormai giunto a piena maturazione e continua a sfornare calciatori.
Il risultato è un gruppo, costruito quasi da zero, che è il più giovane delle qualificazioni sudamericane (superato in Qatar soltanto dagli ancor più verdi Stati Uniti), ma che non pecca di esperienza ad alti livelli, vista la quantità di giocatori passati da club europei. La freschezza di una dozzina di ragazzi nati tra fine anni ’90 e primi duemila, unita alle caratteristiche fisiche del calciatore ecuadoriano, permette al ct di praticare un calcio al passo coi tempi: squadra corta, aggressiva, abituata a pressare, con una linea difensiva alta, l’Ecuador si qualifica al quarto mondiale della sua storia con il secondo miglior attacco del girone (27 gol, come l’Argentina), e con alcuni risultati roboanti come il 4-2 inflitto all’Uruguay o il 6-1 servito alla Colombia.
In due anni, Alfaro coglie ogni possibile occasione per cambiare uomini e soluzioni tattiche, partendo da un 4-2-3-1 che può evolversi verso un 4-3-3 o un 4-4-2. In porta la scelta è tra il veterano Alexander Dida Domínguez, rivedibile stilisticamente ma affidabile tra i pali, e il coetaneo Hernán Galíndez, rosarino di nascita (sostiene di avere un dvd in cui batte una squadra con Lionel Messi, aggiudicandosi una bicicletta), più a suo agio nelle uscite e reduce da un’ottima stagione nel campionato locale. La difesa è il reparto con più abbondanza: a destra, vista la rinuncia a Byron Castillo per evitare ulteriori problemi legati al suo passaporto, il posto è di Angelo Preciado del Genk, mentre a sinistra è inamovibile Pervis Estupiñán; al centro Piero Hincapié, titolare nel Bayer Leverkusen, abile in impostazione con il suo mancino educato, dovrebbe essere accompagnato dalla Muralla Felix Torres, fondamentale nel gioco aereo.
A centrocampo Carlos Gruezo, tra i pochi a coniugare esperienza in nazionale (era a Brasile 2014) e un’età non ancora avanzata, è l’uomo deputato, a inizio azione, a scendere tra i due centrali, permettendo ai terzini di alzarsi; tutto il resto è demandato alla stella della squadra, Moisés Caicedo, centrocampista box to box capace di imporsi in Premier League con sorprendente facilità.
L’attacco è il reparto che pone qualche cruccio in più, viste le ripetute difficoltà nello sbloccare le partite: la fascia destra dovrebbe contare su Gonzalo Plata del Valladolid, a livello di puro talento il più dotato della squadra (superato, per numero di dribbling completati nelle qualificazioni, solo da Messi e Neymar), ma le accuse di individualismo e discontinuità potrebbero retrocederlo dietro un eroe silenzioso come Ángel Mena e destinarlo al ruolo di riserva in grado di far deflagrare partite complicate. A sinistra il momento di forma dovrebbe premiare Romario Ibarra, fresco protagonista della vittoria del Pachuca nell’Apertura messicano, mentre al centro è indiscutibile Enner Valencia, capitano e miglior marcatore di tutti i tempi della Tri, che però ultimamente, pur in un momento strepitoso con il Fenerbahçe, non segna come un tempo: resta il dubbio se agevolarlo, affiancandogli un centravanti classico come Michael Estrada, capace di agire come punto di riferimento, o se destinare l’ultima maglia a un centrocampista, magari a José Cifuentes, vincitore della MLS con il Los Angeles FC, impiegabile come interno di centrocampo o, in mancanza di un vero e proprio trequartista, più avanti, dietro la punta.
L’obiettivo è replicare quanto fatto nel 2006 e accedere agli ottavi di finale: rispetto ad allora, però, il girone è più complicato e obbliga l’Ecuador a vincere, se vuole coltivare speranze, la partita inaugurale contro i padroni di casa. Impresa, per ora, mai riuscita a nessuno.
Mondiali 2022, Olanda: van Gaal sta reinventando i Tulipani
Dopo la sanguinosa assenza dal mondiale di Russia, gli Oranje tornano a disputare la massima competizione calcistica dopo aver raggiunto la finale e la semifinale nelle due edizioni precedenti.
Ed è probabilmente anche per creare un ricorso storico che la federazione olandese ha scelto Louis Van Gaal, l’allenatore del mondiale 2014, per rinvigorire le fortune della nazionale dopo il ciclo De Boer, che si è fermato alla partita contro la Repubblica Ceca nell’europeo itinerante dopo una serie di prestazioni che avevano mostrato sprazzi di calcio divertente.
Con il ritorno del carismatico commissario tecnico ex Ajax e Barcellona, a livello di sistemazione della squadra in campo poche cose sono cambiate, con il 3-5-2 di base ereditato da De Boer mantenuto in piedi ma reso ancora più fluido da Van Gaal in ossequio a quei princìpi alla base del suo calcio e della scuola olandese.
Proprio per rendere il più possibile fluido lo schieramento della squadra, le scelte dei giocatori da portare in Qatar ha avuto come riferimento quello di avere a disposizione pedine in grado di eseguire diversi compiti e coprire più posizioni nel corso della partita, per questo giocatori come Timber, Akè, Blind e Bergwijn vengono preferiti nella formazione titolare rispetto a giocatori come De Ligt, De Vrij (comunque convocati) Botman e Malen (neanche convocato per la kermesse qatariota).
Il modo di giocare dell’Olanda dovrebbe seguire il percorso svolto in questi ultimi due anni da Van Gaal, che ha abbracciato in toto la difesa a tre ed uno schieramento che possiamo definire asimmetrico, visto che la gran parte del gioco viene costruito sul lato sinistro, dove Blind (e in alternativa Malacia), pur essendo esterno, svolge i compiti di costruzione del gioco e di stabilizzare lo schieramento della squadra in campo; sul lato opposto invece è dove l’azione viene rifinita e finalizzata, sfruttando al meglio le qualità in queste fasi di gioco dell’interista Denzel Dumfries o di Jeremie Frimpong del Bayer Leverkusen.
Questo schieramento, quindi, più che un 3-5-2 è una reinterpretazione del 3-rombo-3 con cui Van Gaal si è presentato al calcio internazionale negli anni Novanta alla guida dell’Ajax; la composizione dello schieramento è decisamente diversa rispetto a quell’Ajax visto che il rombo di centrocampo è molto più largo essendo composto dai due esterni anziché due mezzali, mentre la coppia di centrocampo tende a posizionarsi come vertici di questo rombo. Con l’ampiezza presa dai due esterni, per i tre d’attacco c’è maggiore libertà di movimento, per questo lo schieramento in genere prevede una punta centrale classica (Luuk de Jong, Weghorst e Vincent Janssen sono partiti per il Qatar) con due giocatori che si muovono alle loro spalle.
Vedendo la rosa dell’Olanda per questo mondiale e confrontandola con le idee di gioco proposte da Van Gaal, gli Oranje dispongono davvero di tante alternative valide in tutti i reparti e tutte adatte alle idee di gioco dell’ex tecnico del Manchester United.
A questo si aggiunge il fatto che il commissario tecnico, pur mantenendo una certa coerenza nella scelta dei giocatori e del sistema di gioco, non è rimasto indifferente alle indicazioni giunte dalla Eredivisie in questa prima fase di stagione, per questo la convocazione di Cody Gakpo e, soprattutto, quella di Xavi Simons, rappresentano un premio per quanto proposto dal PSV Eindhoven finora, ma soprattutto potrebbero essere le carte che Van Gaal proverà a giocarsi per creare un effetto sorpresa che in ogni edizione dei Mondiali non manca mai (sì è vero, stavo proprio pensando a Salvatore Schillaci).
Quali possono essere le prospettive di questa squadra? Il girone A di cui l’Olanda è parte è decisamente alla portata della formazione di Van Gaal: sia Qatar che Ecuador e Senegal non saranno squadre cuscinetto ma neanche squadre così difficili da battere, per questo motivo un piazzamento diverso dal primo posto per questa squadra in questo girone sarebbe da considerare come un’impresa negativa.
Nella seconda fase gli incroci più probabili dovrebbero portare gli Oranje ad affrontare nei quarti di finale l’Argentina di Leo Messi, una squadra in missione per la vittoria finale. Raggiungere quella partita deve essere l’obiettivo minimo per Van Dijk e compagni e poi vedere cosa succede, per esempio non sarebbe male proseguire nel cammino ripetendo l’impresa di Francia 1998 con il goal di Bergkamp nelle battute finali o comunque lasciarci in eredità una partita che possa diventare un instant classic come quella del Vélodrome di 24 anni fa.
Mondiali 2022, Qatar: una squadra reattiva da non sottovalutare
Per la prima volta, se escludiamo le pionieristiche edizioni del 1930 e del 1934, la nazione che ospita il mondiale è al suo esordio nella competizione. Il Qatar, infatti, il 20 novembre giocherà la sua prima partita in assoluto nella Coppa del Mondo. Un dato che sembra confermare le perplessità sul livello della squadra ospitante, ma questo è un esordio che arriva al culmine di un percorso che ha portato la nazionale del golfo a vincere prima la Coppa d’Asia U19 e poi la Coppa d’Asia dei “grandi” tra il 2014 e il 2019.
Nonostante sia la nazione ospitante, il Qatar ha partecipato alla seconda fase delle qualificazioni a questo mondiale – perché valide anche per la Coppa d’Asia – vincendo oltretutto agilmente il suo girone. Oltre a questo, negli ultimi due anni la nazionale qatariota ha disputato anche la Coppa Araba (riportata in auge ad hoc dalla FIFA) e la Gold Cup, oltre ad aver sempre affrontato la squadra che riposava nel girone di qualificazione al mondiale del Portogallo. Nelle due competizioni ha anche ben figurato, raggiungendo in entrambi i casi le semifinali e issandosi al 42° posto del ranking FIFA (ora si trova al 50°).
Dal 2017 sulla panchina del Qatar siede Félix Sánchez Bas, quarantasettenne catalano con un passato da allenatore nelle giovanili del Barcellona. Dopo aver inizialmente esportato il classico 4-3-3 che ha fatto le fortune dei blaugrana, ha puntato con decisione su un 5-3-2 (o 3-5-2) basato maggiormente su un gioco di aggressione e ripartenza, creando una squadra che sa anche soffrire e che ha un’identità originale e ben definita. Sánchez Bas è stato allenatore anche della selezione U19 campione d’Asia e quindi sono più di otto anni che lavora praticamente con lo stesso gruppo, dando grande continuità al progetto qatariota.
A difendere la porta della nazionale di Sánchez Bas dovrebbe essere il trentaduenne Saad Al-Sheeb, veterano della nazionale e miglior portiere della Coppa d’Asia 2019. Tuttavia, la sua titolarità non è così scontata vista la presenza del suo compagno di squadra all’Al-Sadd Meshaal Barsham. Fratello di Mutaz, campione olimpico nel salto in alto, è più inesperto di Al-Sheeb ma nell’ultima stagione gli è stato spesso e volentieri preferito nel club e a volte anche in nazionale.
Davanti a uno dei due estremi difensori ci sarà una difesa composta da Abdelkarim Hassan, giocatore asiatico dell’anno 2018, Bassam Al-Rawi, ottimo tiratore di punizioni, e Boualem Khoukhi, con Tarek Salman pronto a prendere il posto di uno dei tre. Tranne Al-Rawi, sono tutti giocatori dell’Al-Sadd. Come con i campioni di Qatar, anche in nazionale Hassan ha talvolta ricoperto il ruolo di terzino sinistro.
Sulle fasce saranno in azione sulla destra Pedro Miguel, conosciuto anche come Ró-Ró e dalle chiare origini capoverdiane, e sulla sinistra Homam Ahmed. In passato il ruolo è stato ricoperto anche da Ismaeel Mohammed, dalle caratteristiche più offensive degli altri due. A centrocampo Karim Boudiaf e Abdulaziz Hatem avranno il compito di proteggere l’estro di Hassan Al-Haydos, capitano e recordman di presenze con la nazionale qatariota. Da tenere d’occhio anche il classe ’99 Mohammed Waad, anche lui dell’Al-Sadd.
Davanti confermatissima e fondamentale la coppia composta da Akram Afif e Almoez Ali. Seconda punta dinamica il primo, cinico finalizzatore il secondo, sono forse i prodotti migliori della Aspire Academy. Entrambi hanno giocato in Europa in passato e, a rispettivamente 26 e 25 anni, sono già tra i migliori marcatori della nazionale qatariota. Nel 2019 sono stati decisivi per la conquista della Coppa d’Asia, risultando poi Afif miglior giocatore asiatico dell’anno e Ali miglior giocatore del torneo.
Il Qatar inaugurerà il torneo contro l’Ecuador il 20 novembre alle 17:00. Inserita in un gruppo con anche Paesi Bassi e Senegal, la nazionale qatariota sembra avere ben poche speranze di passare il turno. Le possibilità che finisca molto male non sono poche, ma la squadra di Sánchez Bas è ben messa in campo, ha alcune individualità che spiccano ed è comunque la nazionale campione d’Asia in carica. Bisognerà dunque stare molto attenti a non sottovalutarla, perché arriva da un percorso solido e sta tutt’altro che improvvisando.
Mondiali 2022, Senegal: un gruppo che se la vuole giocare anche senza la stella
L’infortunio a ridosso dal Mondiale: questo è il grande spauracchio che le squadre, i giocatori e i tifosi vivono a ridosso della competizione. Soprattutto se può coinvolgere le stelle annunciate o potenziali tali. 8 novembre, 20° minuto di Bayern Monaco – Werder Brema: quando Sadio Mané resta a terra sulla testa di Aliou Cissé aleggia il nuvolone da impiegati, stile Fantozzi. Torna a farsi vivo quel senso di maledizione che il calcio senegalese ha allontanato solo lo scorso 6 febbraio, quando Koulibaly ha alzato al cielo di Yaoundé la prima Coppa d’Africa.
Nonostante la gravità dell’infortunio fosse chiara Mané è stato convocato, forse nella speranza che potesse comunque recuperare. Non è stato così e non è questione di stregoni, quello fa parte di un folklore di cui gli occidentali hanno bisogno per ridimensionare moralmente il calcio africano. La scelta del C.T. è particolare e spiega la ratio dietro la convocazione: è importante che ci sia per ciò che rappresenta all’interno del gruppo, prima che come giocatore. Ovviamente il Senegal, senza di lui, è una squadra depotenziata ma resta una formazione temibile in grado di affrontare il girone A, il più difficile del mondiale. Non c’è una favorita assoluta e neanche la squadra materasso: oltre ai padroni di casa ci sono l’Olanda, affidata per l’ennesima volta al santone Van Gaal e l’Ecuador che cerca la sua consacrazione internazionale.
Chi sono gli altri 25 che indosseranno la maglia dei Leoni? Rispetto a nove mesi fa sono 17 i giocatori confermati: oltre ai tre portieri, le cui gerarchie sono consolidate, si parte dallo zoccolo duro composto da giocatori come il capitano Koulibaly, Idrissa Gueye e Kouyaté. Loro sono la vecchia guardia, quasi certamente all’ultimo mondiale della carriera. Le liste lunghe però consentono l’inserimento di giocatori giovani, di sicuro avvenire, che arrivano al Mondiale con pochissima esperienza internazionale ma con qualche carta da giocarsi. Per esempio Formose Mendy, terzino destro che sta ben figurando nell’Amiens, in Ligue 2, e convocato in nazionale solo nelle amichevoli dello scorso settembre. Oppure la coppia composta da Bamba Dieng e Pape Gueye: i due, entrambi al Marsiglia, sono ben visti da Tudor che li ha inseriti nelle rotazioni. L’ultimo nome da segnarsi è quello di Pape Matar Sarr, acquistato dal Tottenham la scorsa estate ma ancora inutilizzato da Antonio Conte. Su di lui da tempo ci si aspetta grandi cose, l’investimento è a lungo termine e vedremo se Cissé gli darà un’occasione.
Come verrà sostituito Mané? Al centro dell’attacco si parte da Boulaye Dia che si tiene stretta la maglia numero 9, a spese di Habib Diallo che non ci sarà nonostante si stia confermando con la maglia dello Strasburgo (6 centri finora). Al suo fianco tante le opzioni ma nessuna certa. Spendiamo due nomi, entrambi giovani e capaci di guadagnarsi la qualificazione in queste settimane. Il primo è Nicolas Jackson, classe 2001 del Villarreal. Quest’anno, dopo aver assaggiato la prima squadra con Unai Emery a maggior, è entrato nelle rotazioni della squadra. Anche se è di piede destro sa svariare su tutto il fronte d’attacco ed è un esordiente assoluto. Il secondo è Iliman Ndiaye, classe 2000 dello Sheffield United. Già nella scorsa stagione aveva fatto bene, quest’anno si sta superando: già 9 gol per lui, in 21 presenze, con le quali i Blades stanno lottando per tornare in Premier League. Lui nasce trequartista ma sa anche giocare vicino alla porta e muoversi lungo tutta la metà campo avversaria.
Sono i giovani di questo Senegal, le possibili sorprese di un gruppo che non teme l’infortunio della sua stella e sta lavorando per guardare al futuro. A prescindere da come andrà il girone.
1 Commento
Secondo me da nominare dell’Olanda ci sono anche Depay e De Jong che sono due nomi fondamentali per il gioco dell’Olanda, con Memphis che ha una duttilità offensiva fondamentale, mentre De Jong che ha le chiavi del centrocampo, il metrono che gestirà i palloni e che darà ritmo alla squadra. Per il Senegal vorrei sottolineare il nome di Diatta, giocatore che per quanto statisticamente parlando non dice molto, qualitivamente ha molto da dimostrare e il Monaco lo sa bene poiché lo butta sempre nella mischia.