Esattamente un girone fa, il Napoli toccava uno dei punti più bassi in stagione perdendo in casa per 1-2 con lo Spezia, capace oltretutto di rimontare in quella partita nonostante l’uomo in meno. Di lì a poco avrebbero preso il via le varie polemiche che per più di un mese hanno finito con il toccare un po’ tutti gli aspetti dell’ambiente partenopeo, ma con (ovviamente) sempre al centro lo scontro tra allenatore e presidente. Da quel momento ad oggi le cose si sono evolute in maniera decisamente positiva e, con un posto in Champions League ancora da conquistare, sono ancora molte le cose che – anche a partire dall’estate – potrebbero cambiare in casa Napoli.
Il Napoli fino ad oggi
Dire che la stagione del Napoli sia stata complicata – seppur in particolar modo dal punto di vista mediatico, piuttosto che da quello sportivo – sarebbe un eufemismo. Ciononostante, si è visto un inizio di stagione che si era rivelato ottimo su entrambi i fronti. Il Napoli, infatti, veniva da una stagione di alti e bassi, chiusa però più che dignitosamente con la conquista della Coppa Italia. Il mercato aveva poi pensato a fare il resto, creando hype per la nuova stagione e facendo ipotizzare un po’ a tutti, tifosi e non, che il Napoli potesse essere se non in prima, quantomeno in seconda fila sulla griglia di partenza della Serie A.
Dopotutto, trascorse le prime giornate di campionato, le cose sembravano poter andare in tale direzione, o quantomeno prima che sul San Paolo (in seguito, purtroppo, sul Maradona) cominciassero ad addensarsi le nubi. Svariate le precipitazioni abbattutesi sui partenopei, ma se le cose hanno iniziato a girare nel verso sbagliato la colpa è da additare in primis agli infortuni. Sono stati molti gli acciacchi che hanno costretto fuori dal campo diversi giocatori, chi più chi meno, ma è indubbio che le lunghe assenze di Mertens e soprattutto Osimhen abbiano avuto un peso maggiore rispetto al resto, e determinante nel far tirare una brusca frenata al progetto Napoli.
Dopo poche giornate – in cui avevano già oltretutto dimostrato quanto bene potessero trovarsi insieme, facendo inoltre di conseguenza ruotare al meglio gli ingranaggi di tutta la formazione – gli azzurri hanno dovuto fare a meno del calciatore più pagato nella storia del club, ed in altre parole dell’elemento capace di portare finalmente in dote le qualità necessarie per aggiungere quelle variabili al gioco della squadra che negli anni passati erano sempre mancate, capaci di dare un nuovo volto ai partenopei. Mancava dunque l’uomo del cambiamento, insieme a quello che più di tutti sarebbe stato in grado di innescarlo, oltre a rappresentare il simbolo (ormai della storia) dell’attacco azzurro dell’ultimo mezzo decennio. Roba da poco insomma.
I diversi infortuni sono inevitabilmente finiti per diventare una delle cause principali del cattivo momento che ha colpito la squadra poco prima della metà campionato, e che ha poi naturalmente influenzato il resto del prosieguo. Proprio dai cattivi risultati è nata l’altra crepa nella stagione azzurra, ossia la piuttosto accesa diatriba tra Gattuso e De Laurentiis, potenzialmente capace di condizionare negativamente sia il presente che il futuro prossimo.
Un incendio che l’ambiente e la stampa (napoletana e non) non hanno aiutato di certo a stemperare, quantomeno a mio avviso. Troppe le critiche verso un allenatore che al netto delle pesanti assenze è stato comunque costantemente capace di mantenere il club nell’orbita dell’obiettivo prefissato ad inizio campionato, ovvero centrare la qualificazione in Champions. E non di concorrere per il campionato, come molti fervidi ottimisti hanno invece tenuto in conto al momento dei giudizi.
Nel momento difficile per i partenopei si è inoltre fatta sentire ancora una volta la grande debolezza che ormai da diversi anni giunge a galla quando le cose iniziano a girare male. La fragilità dell’ambiente, di chi sta intorno alla squadra e dovrebbe sorreggerla, anziché contribuire ad affondarla. Una situazione che spesso e volentieri finisce per incentivare i cattivi atteggiamenti assunti più volte dalla squadra in campo, cui lo stesso allenatore non ha risparmiato critiche in più di un’occasione davanti ai microfoni. Tutte problematiche finite poi sotto il più classico degli sciacallaggi mediatici, con il Napoli messo al centro di un vortice capace di far apparire il quadro peggiore di quanto non fosse.
Sta di fatto che il Napoli oggi è però tornata ad essere la formazione che molti auspicavano ad inizio anno. L’infermeria si è andata pian piano svuotando e Gattuso ha avuto di nuovo al completo la squadra, che di conseguenza è tornata ad esprimere il buon calcio di cui è stata sempre consapevole di poter mettere in campo, e grazie al quale ha ritrovato anche i risultati, utili per distendere i nervi tra panchina e dirigenza.
Insomma, in breve al Napoli è bastato dare finalmente tempo, quello necessario a recuperare le pedine mancanti per risistemare la scacchiera, e che nessuno sembrava disposto a concedergli. Merito al tecnico di aver tenuto insieme un gruppo che rischiava altrimenti di sfaldarsi, e merito alla dirigenza di non aver fatto sciocchezze nel prendere decisioni azzardate.
Oggi gli azzurri si trovano, a quattro partite dal termine, quinti a 67 punti, a soli due punti dal trio che attualmente occupa i posti utili a qualificarsi alla prossima Champions League, e con un calendario apparentemente molto più abbordabile rispetto alle concorrenti, cui attendono ancora scontri diretti nelle ultime domeniche. Dunque, addirittura con qualche favore del pronostico anziché dell’essere solo in corsa.
Centrare la qualificazione sarebbe – superfluo dirlo – di fondamentale importanza per l’evolversi del futuro del Napoli. D’altronde non scopriamo certo oggi come le entrate della competizione europea siano sempre più decisive nel decretare tra la vita e la morte di una squadra e delle sue ambizioni. Quel ch’è certo è che il Napoli si avvia verso un processo attraverso il quale dovrà cambiare tanto, con la qualificazione o meno alla coppa dalle grandi orecchie che in questo senso potrà incidere solo sulle tempistiche.
Il futuro del Napoli
Parto con una premessa. Se c’è una cosa che la società Napoli ha fatto bene sin dal suo ritorno in Serie A, è stata quella di pianificare. Non è certo un caso se figura tra le poche squadre del nostro campionato a non avere un bilancio in passivo, apparente prerogativa necessaria per vincere oggigiorno, ma che comunque non ha impedito agli azzurri di migliorare di anno in anno i propri risultati arrivando comunque a vincere (3 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana) e a sfiorare addirittura il trionfo in campionato.
Un arco di 10-15 anni in cui il club è stato capace di riadattarsi in maniera incredibile, pur dovendo vedere spesso preparare le valigie al proprio migliore giocatore, eppure senza mai cambiare per davvero. Incredibile è come il Napoli abbia tenuto fede ad un’idea di gioco continuativa nel corso degli anni e di come lo abbia fatto portando avanti spesso e volentieri lo stesso gruppo di giocatori per più stagioni. Un fattore che, se da un lato ha rappresentato ovviamente un punto di forza per la squadra, dall’altro le ha forse impedito di compiere un ulteriore step in avanti.
L’investimento su Osimhen dell’anno scorso ha sancito la voglia della società di compiere quel passo in avanti che forse il mercato estivo potrebbe completare. Al di là di ciò, è innegabile che per i partenopei si prospetti un’estate piuttosto calda. Che rimanga Gattuso o arrivi un nuovo allenatore, sia esso Spalletti, Italiano o altri ancora, ci saranno diverse situazioni da analizzare con calma.
Per dirla in parole povere, a Napoli è ormai da qualche anno a questa parte che “la carretta la tirano sempre gli stessi”. Questo semplicemente per dire che da diverse stagioni l’ossatura della squadra è composta sostanzialmente dagli stessi giocatori. Qualcuno (Allan, Callejon) è già partito l’estate scorsa, qualcuno è stato quasi sul punto di farlo (Koulibaly), e c’è chi per una ragione o per un’altra nonostante i vari corteggiamenti è rimasto a prescindere (Mertens), facendo addirittura registrare la migliore stagione in carriera per rendimento e continuità – Zielinski, ma in particolar modo la grandissima annata portata avanti da Insigne.
Nel mercato estivo ci sarà dunque da un lato l’esigenza (mi auguro) di investire per rinforzare ulteriormente la squadra, soprattutto in caso di qualificazione alla massima competizione europea, investendo senza ombra di dubbio sul reparto difensivo della fascia sinistra, e almeno in un centrocampista che possa avere caratteristiche simili a Bakayoko. Per quello che riguarda il minimo indispensabile, naturalmente secondo la mia opinione.
Dall’altro lato, bisognerà però vedere se ci sarà chi vorrà intraprendere una strada diversa da quella che porta a Castel Volturno. Vero è che l’attuale scenario presente nel mondo del calcio limita da un certo punto di vista gli esborsi economici, ma non sarebbe certo da stupirsi se calciatori come Koulibaly o Zielinski – ho eliminato Insigne per chiari motivi di appartenenza alla maglia, ma mai dar nulla per scontato – manifestino, dinanzi all’offerta giusta, la voglia di lasciare Napoli. Due che d’altronde sono a Napoli ormai da una vita considerando gli standard moderni, e che si trovano nel momento di massimo rendimento della propria carriera (rispettivamente classe 91′ e 94′).
Sinceramente, faccio fatica ad immaginare i possibili scenari che potrebbero realizzarsi da qui a qualche mese, eppure è indubbio che ci saranno dinamiche che avranno modo di presentarsi sostanzialmente negli stessi modi sia che gli azzurri approdino in Champions League o in Europa League. Ma la domanda che mi frulla in testa, e la provocazione che voglio lanciare, è: “Sarà alla fine comunque abbastanza per il Napoli?”.
Questione di prospettive
Mi spiego subito meglio. Ho una personalissima opinione, ovvero che il Napoli dopo l’addio di Sarri nel 2018 abbia perso l’occasione per provare a cambiare tutto, di considerare quella stagione la fine di un ciclo e di porre le basi per uno nuovo. In quel momento, gran parte della rosa del Napoli disponeva di valori di mercato spropositati rispetto ad oggi e con uno spettro di richieste davvero molto ampio. Sarebbe stato “facile” decidere da chi ripartire e chi no: la società avrebbe ottenuto così entrate importanti come da programma (cosa poi non successa), e avrebbe avuto poi grandi margini di movimento sul mercato.
Naturalmente è una visione estremizzata e un po’ fantacalcistica, ma che comunque possiede un fondo di verità, con il Napoli che ha avuto paura di cambiare rotta, come invece aveva fatto anni prima con l’approdo di Benitez. Complice in questo caso anche l’arrivo di Ancelotti, che avrà sicuramente portato la dirigenza ad assicurarsi di evitare di toccare i pezzi pregiati del club. Ma è come se da quel momento nell’ambiente si fosse fossilizzata un’idea di squadra che non c’era più e che non ha per niente aiutato il lavoro dello stesso Ancelotti.
Quest’anno si è iniziato a vedere qualcosa di diverso. Gli azzurri sono una squadra che gioca un calcio fantastico con calciatori meravigliosi, ma l’impressione è che le manchi sempre qualcosa. Non so se riuscirà a trovarlo nel mercato, o magari in panchina. In fondo, rimango convinto che il Napoli necessiti ancora di troncare definitivamente i ponti con il passato, prima di fare realmente il passo successivo ed iniziare un nuovo capitolo, magari ancor più roseo.