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Sono ancora fresche le immagini che hanno visto il Papu Gomez salire sull’aereo per Siviglia, lasciando quella che era diventata la sua seconda casa, da cui nessuno si sarebbe immaginato di vederlo distaccarsi in maniera così sofferente e traumatica. Tanto, fin troppo, si è parlato dei plausibili motivi che possono aver innescato la miccia che ha poi portato all’insanabile rottura tra l’argentino e Gasperini. Decisamente poco, invece, si è discusso delle potenzialità dell’esperienza andalusa. E quale occasione migliore del suo compleanno per farlo?

Nelle latitudini in cui è nato Enzo Demme, giocare a calcio vuol dire disputare ogni domenica un derby diverso tra i vari paesini che si susseguono sulla statale prima di arrivare a Crotone. Difficilmente poteva immaginare che una volta trasferitosi in Germania per una comune storia di immigrazione, suo figlio, chiamato Diego in onore del più grande, potesse vestire la casacca della squadra a cui il suo idolo ha permesso di vincere due Scudetti e per cui egli faceva il tifo.

A pochi giorni da un’importantissima sfida contro il PSV Eindhoven, abbiamo fatto due chiacchiere con Dario Del Fabro, difensore dell’ADO Den Haag in prestito dalla Juventus. Il nativo di Alghero, con una giovane e ricca carriera piena di esperienze europee, ci ha parlato di quali sfide siano il motore per il percorso di un 25enne. Ma anche di come conoscere, vivere e respirare le diverse culture in cui ha vissuto siano stati aspetti chiave per il suo lavoro, assieme alla passione ed al sacrificio quotidiano che gli hanno permesso di costruirsi un percorso anche al di fuori dei nostri confini e della sua amata Sardegna. E se in Scozia dicevano di “non poter mai andar oltre Del Fabro”, con il canto “It’s magic you know, you’ll never past Del Fabro!” che i tifosi gli riservavano, noi ci proviamo con quest’intervista.

Dopo i gol di Cristiano Ronaldo, nell’istante che precede la sua più famosa esultanza, penso a che momento di completa consapevolezza televisiva sia quel siuuu. La coreografia del gesto è perfettamente costruita. Dal punto di vista fisico, attivando la potenza di ogni parte del corpo, ma anche da un punto di vista narrativo e inevitabilmente televisivo. L’esultanza del portoghese non scoppia in un lampo, ma è come se vivesse di un iniziale momento di caricamento, un vuoto pneumatico sottolineato dalla rotazione della mano in aria, che assorbe tutte le emozioni, quasi a lasciare il tempo ai fotografi di alzare l’obiettivo.

L’addio del Papu Gomez all’Atalanta colpisce gli appassionati calcistici, anche quelli non coinvolti da questioni di tifo, sotto diversi aspetti. Superficialmente, la cessione di un calciatore molto forte nonché importante da un punto di vista tattico e di leadership è un colpo di scena, se si pensa a quello che era il rapporto tra il tecnico della Dea Gasperini e il fantasista argentino solo due mesi fa.

Quando nel gennaio del 2020 il Barcellona dopo l’eliminazione dalla Supercoppa Spagnola esonerava Ernesto Valverde, tutti pensavano che i tempi fossero maturi per un ritorno di Xavi in Catalogna. In quel momento, l’ex centrocampista del Barcellona sedeva da poco più di 6 mesi sulla panchina dell’Al-Sadd, la squadra qatariota con cui aveva concluso la sua carriera calcistica e che gli aveva concesso la possibilità di intraprendere un nuovo percorso, quello da allenatore.

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