Questa sera il leggendario Maracanã di Rio de Janeiro ospiterà la terza finale nella storia della Libertadores tra due squadre brasiliane, dopo San Paolo-Athletico Paranaense nel 2005 e Internacional-San Paolo nel 2006.
Da San Paolo al Sud America
Saranno Palmeiras e Santos a darsi battaglia alle 21 – orario europeo -, ma solo una delle due potrà conquistare la gloria eterna, come recita lo slogan della stessa Copa. Il Verdão cerca la sua seconda vittoria, dopo l’unico successo avvenuto nel 1999; il Peixe, invece, vuole conquistare il quarto titolo, che lo convertirebbe nella squadra brasiliana con più vittorie della manifestazione.
Un Derby Paulista – entrambe fanno parte, appunto, dello stato di San Paolo – ribattezzato in passato Clássico da Saudade quando, nel 1960, le due squadre toccavano livelli di futebol altissimi, con il Santos guidato da Pelé e il Palmeiras di Ademir O divino, il più grande idolo nella storia del club. Insomma, questa è una delle rivalità più storiche e sentite del paese: lo spettacolo non mancherà.
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L’ultimo atto della Libertadores: come si presenta il Palmeiras?
Nelle ultime edizioni della Copa, il Palmeiras è sempre stata una delle squadre con maggior potenziale per arrivare fino in fondo: nel 2018 perse in semifinale contro il Boca Juniors e lo scorso anno andò fuori ai quarti per mano del Grêmio. In questa stagione ha avuto vita facile agli ottavi e ai quarti, eliminando prima il Delfín e poi il Libertad, in semifinale contro il River Plate, però, ha rischiato grosso. L’andata in Argentina è finita con un 3-0 molto bugiardo in favore dei brasiliani, e al ritorno i Millonarios hanno vinto 2-0 in una partita piena di polemiche e di episodi, rischiando clamorosamente di far saltare il banco.
Il Verdão ha iniziato un nuovo progetto tecnico a fine ottobre, quando è stato esonerato il totem Vanderlei Luxemburgo per ingaggiare Abel Ferreira, giovane tecnico portoghese di 42 anni. In patria ha sorpreso tutti alla guida del Braga, poi si è trasferito in Grecia ad allenare il Paok, ma quando è arrivata la chiamata del Palmeiras – che ha pagato la sua clausola rescissoria – non ci ha pensato due volte ad accettare l’offerta. L’idea della società era quella di ingaggiare un allenatore con idee moderne, che praticasse un calcio offensivo con capacità di valorizzare i tanti giovani presenti in rosa. Ci hanno azzeccato in pieno.
Ferreira è stato in grado di costruire subito una formazione competitiva, che vanta un ottimo mix tra giocatori esperti e talenti rampanti. Il sistema di gioco preferito dal portoghese è il 4-2-3-1, capace di esaltare le costanti proiezioni offensive dei laterali e le tre mezzepunte dietro il numero nove. Il reparto difensivo è sicuramente quello con maggiore esperienza: in porta c’è il 33enne Weverton e davanti a lui due sceriffi come Gustavo Gómez e Luan. Da quando è tornato in Sud America, il paraguaiano ex Milan è diventato un simbolo della squadra, affermandosi come uno dei migliori centrali del continente.
I terzini sono capaci di creare molte scorribande sulle corsie laterali, con il brasiliano classe 2000 Gabriel Menino a destra e l’uruguagio Matías Viña (’97) a sinistra: due progetti di giocatori molto intriganti. In questa Libertadores insieme hanno segnato 5 gol e fornito 4 assist, con il primo che realizza 1.3 passaggi chiave a partita. Gabriel Menino è una sorta di coltellino svizzero per Ferreira, impiegato con ottimi risultati nei due in mezzo al campo e come esterno a destra sulla linea dei trequartisti. In quel caso, al suo posto, ha agito il veterano Marcos Rocha, meno straripante e più difensivo.
A centrocampo è rimasto fuori per molto il capitano Felipe Melo, rientrato da poco dopo un lungo infortunio. Il 27enne Zé Rafael, anche se con caratteristiche diverse, non ha fatto sentire troppo la sua mancanza. Dovrebbe giocare ancora quest’ultimo, con al suo fianco il talento brasiliano Danilo (’01), diventato un punto fermo della squadra in questi mesi; è un mediano dinamico e tecnico, mancino e che vede calcio in verticale, proprio come piace al suo allenatore. Un’altra opzione è il connazionale de Paula (’99), molto forte fisicamente e che brilla di più nelle letture difensive, ma in grado di colpire anche con pericolosi tiri da fuori.
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⚪️🟢 ¿Cuál fue el tanto más destacado del Verdão en la CONMEBOL #Libertadores?#GloriaEterna pic.twitter.com/Pq9ghcW17s
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Dalla trequarti in avanti è dove si sprigiona il potenziale offensivo di questa squadra. Ci sono autentiche frecce come il 25enne Rony – 5 gol e 7 assist il suo fatturato – e la perla Gabriel Verón, classe 2002. Due giocatori devastanti quando hanno lo spazio da attaccare, innescati spesso grazie al trequartista Gustavo Scarpa, un passatore capace di dare le giuste pause e sterzate ad una squadra frenetica. Davanti c’è un’altra vecchia conoscenza del calcio italiano, ovvero Luiz Adriano. Il brasiliano non è chiamato a partecipare al gioco, nonostante al Palmeiras piaccia gestire la palla e organizzare la manovra. Luiz Adriano deve tenere impegnati i centrali avversari e minacciare la profondità, aspettando i tagli interni dei trequartisti e le avanzate dei terzini. Nel complesso, il Verdão è una squadra con un impianto di gioco ben riconoscibile, capace anche di sistemarsi in fase difensiva con un 4-4-2 per resistere agli assalti avversari e ripartire.
Da segnalare anche il cambio di modulo nelle due partite contro il River, con Ferreira che è passato ad un 3-4-2-1 più difensivo proprio per lasciare in mano il pallino del gioco alla squadra di Gallardo. Un piano che ha funzionato discretamente all’andata, ma che al ritorno ha rischiato di pagare caro. Per questo motivo il Palmeiras non dovrebbe snaturarsi, optando per un maggior possesso per scardinare il Santos, squadra più abituata a chiudersi dietro e far giocare gli avversari.
L’ultimo atto della Libertadores: come si presenta il Santos?
Il percorso del Peixe è stato molto più tortuoso rispetto a quello del Verdão, non solo per i problemi in campo avuti con l’ex allenatore Jesualdo (esonerato lo scorso agosto), ma anche per una crisi economica vissuta dal club, che ha riguardato una netta riduzione degli stipendi dei calciatori. L’uomo che è riuscito a compattare l’ambiente e costruire una squadra capace di arrivare a giocarsi il titolo è da ricercare in panchina, si chiama Alexi Stival Beludo, ma per tutti è Cuca.
Un vecchio lupo di mare che ha girato molte squadre in Brasile, alcune anche per più di una volta: lo testimonia il fatto che questo sia il suo terzo mandato a Vila Belmiro. Personaggio pittoresco, dalle esultanze sfrenate fino ad arrivare al modo in cui si veste, spesso solo con una felpa e una t-shirt che raffigura la Madonna e Gesù bambino, ulteriore rafforzamento del suo concetto di fede. Il suo massimo traguardo è stato proprio il successo nella Libertadores del 2013, alla guida dell’Atlético Mineiro con Ronaldinho in campo assoluto protagonista, arrivato al tramonto della sua carriera.
Il Santos è tornato in finale dopo l’ultimo successo ottenuto nel 2011, trascinato all’epoca da Neymar, Ganso, Danilo e Alex Sandro. I brasiliani hanno eliminato la LDU de Quito agli ottavi, per poi proseguire e superare, da sfavoriti, prima il Grêmio ai quarti e poi il Boca Juniors in semifinale, con il 3-0 decisivo del ritorno. Tra le due finaliste, quindi, può essere considerata più come una sorpresa, nonostante la squadra possa contare su diversi giocatori d’esperienza e un attacco micidiale, consolidatosi partita dopo partita.
Cuca schiera la sua squadra con un 4-3-3, che a volte può variare in 4-2-3-1 in base agli interpreti, ma di solito preferisce la prima opzione, anche per una questione di equilibrio. Il portiere è John Victor, 24enne con buone prospettive, diventato titolare negli ultimi mesi per via di cessioni e casi di Covid-19, si è conquistato il posto con ottime prestazioni. Davanti a lui agiscono due autentiche torri difensive come Lucas Veríssimo e Luan Peres, forti nel gioco aereo e nella protezione della propria area di rigore. Il primo è uno dei leader della squadra, classe ’95 di cui si parla bene da tempo. Dopo la finale lascerà il Santos per trasferirsi al Benfica, che lo ha acquistato per 6,5 milioni di euro.
Il terzino destro è Pará, giocatore navigato e molto utile in fase difensiva. A sinistra, invece, il Peixe trova più protagonismo offensivo con Felipe Jonatan, 22enne rapidissimo e fondamentale per la sua costante spinta in avanti. In mezzo al campo Alison e Diego Pituca garantiscono il lavoro sporco che vuole Cuca, con Lucas Braga (’96) che parte come mezz’ala sinistra con il compito di collegare e attivare il tridente d’attacco. Il vero punto di forza del Santos è proprio là davanti, con Marinho, Kaio Jorge e Soteldo. In tre hanno segnato 11 dei 20 gol totali della squadra in questa edizione della Copa Libertadore.
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Marinho è l’agitatore principale del reparto offensivo, ha segnato 4 gol – oltre ai 16 in campionato – e a 30 anni sta vivendo in maniera sorprendente la miglior stagione della sua carriera. Letale con i suoi strappi da fermo e con i tagli verso l’interno, parte largo a destra per rientrare e sfruttare il suo mancino affilato. Appena ha lo spazio prova a calciare in porta, anche dalla lunga distanza, infatti è il secondo nella classifica dei tiri totali con 31 tentativi.
Kaio Jorge parte in posizione centrale nel tridente, ma è un attaccante che si abbassa per partecipare al gioco, capace anche di liberare gli spazi per gli inserimenti dei compagni. È l’ultima pepita d’oro prodotta da Vila Belmiro, un classe 2002 già finito sui taccuini dei più importanti club europei. Alla sua prima Libertadores da protagonista ha segnato 5 reti, con una doppietta nel ritorno che ha steso il Grêmio.
Yeferson Soteldo (’97) è l’ala sinistra, il numero dieci di Cuca, quello più imbevuto di talento puro, capace con una sola giocata di far saltare il banco. Fa parte della miglior generazione prodotta di recente dal Venezuela, anche nei suoi confronti sono sempre più insistenti le voci di un possibile trasferimento in Europa. In questa Copa ha segnato 2 gol e fornito 2 assist, oltre ad aver distribuito 28 passaggi chiave e completato 23 dribbling: è terzo in entrambe le classifiche totali.
Tra le due finaliste, il Santos è quella più abituata a lasciare agli avversari di condurre e organizzare la manovra, chiudendosi dietro per poi sfruttare il proprio tridente leggero a campo aperto, dove funziona di più. Dopo il successo nella scorsa edizione del Flamengo contro il River Plate, la Libertadores continuerà a rimanere in Brasile, ma cambierà proprietario. La gloria eterna sarà riservata solamente per una tra Palmeiras e Santos.