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SLIDING DOORS

Coutinho è diventato adulto a Liverpool

Quando parliamo del passato a volte confessiamo che certi periodi-no erano soltanto “fasi della vita”. Come riti di passaggio che dall’adolescenza portano alla maturità, e da questa alla vita adulta. Si tratta di svolte necessarie, come step obbligati per la crescita della propria personalità. La carriera di Philippe Coutinho assomiglia in questo senso un po’ alla vita di tutte le persone normali. Ha avuto “fasi” meno fortunate e periodi di passaggio, fino a delinearsi nella sua natura fino a quel momento rimasta celata.

Soprattutto c’è un anno – una stagione, parlando in maniera calcistica – che è stato il suo esame di maturità. La preparazione è stata tosta, lunga, traballante anche per colpa della sfortuna. L’Inter infatti, nel 2011 lo (s)vendette per 10 milioni e Coutinho si allontanò a testa bassa verso altre sponde. A Liverpool però il brasiliano ha trovato la sua zona, la sua rosa, il suo posto, diventando uno dei migliori del campionato, protagonista poi di uno dei colpi di mercato più incredibili degli ultimi anni. Da lì in poi, il trequartista sudamericano non avrebbe avuto più bisogno di presentazioni: lo Sliding Doors di Philippe Coutinho.

La nascita calcistica di Coutinho

Venuto al mondo a Rio de Janeiro il 12 giugno del 1992 – 29 anni oggi – Philippe Coutinho Correia è nato nel Paese dove il calcio viene professato come una religione. E con il pallone Coutinho ha avuto a che fare già da molto piccolo. Il minore tra tre fratelli, Philippe gioca dove può e come può, ma pare che sia stata la nonna di un amico a invogliare i suoi genitori a iscriverlo in una scuola calcio. Una volta poi, durante un torneo locale come tanti, viene notato dall’allenatore della primavera del Vasco da Gama.

Il club è uno dei più importanti di Rio de Janeiro e le prospettive di un futuro di successo iniziano piano piano a fare capolino. Come lui però, ci sono tanti altri ragazzi che sognano di calpestare i grandi stadi del calcio mondiale. Ci arriveranno solo alcuni, ma tra tutte le altre casacche nere e bianche dei compagni, Philippe spicca già più degli altri. È timido, riservato. Lui comunica con i piedi, anzi parla e danza. Questo gli sarà sufficiente: all’età di tredici anni arriva infatti la convocazione per il Mondiale Under 15. Coutinho indossa per la prima volta la verdeoro.

Presto però arriva la proposta della vita. Come un abbaglio puntato dritto negli occhi, l’Inter lo paga 4 milioni di euro per portarlo in Italia. Siamo nel luglio 2008, Coutinho ha soltanto 16 anni e il suo cartellino appartiene adesso a un club a più di 9 mila km di distanza. Sul tracciato che separa la città brasiliana e Milano ci sono tanti sogni. Tra questi la materializzazione del calcio europeo, ovvero la prospettiva di giocare con i giocatori più forti in circolazione.

Il regolamento della FIFA è però chiaro: fino ai 18 anni è vietato il trasferimento internazionale. Per due anni ancora quindi, Philippe Coutinho resterà in Brasile, in prestito al Vasco da Gama, dove nel frattempo diventa un giocatore della prima squadra. Compiuta la maggiore età, un aereo lo aspetta per il grande trasferimento. Valigia piena di aspettative e un po’ di paura. Si parte, al di là dell’Oceano c’è un altro mondo che lo aspetta.

Il Pato di Moratti

Materazzi anni dopo lo ha confessato. Coutinho gli fece un tunnel provvidenziale quando arrivò in maglia nerazzurra. Durante il primo allenamento per la precisione. Il ragazzino baciato dalla capacità quasi divina di fare dribbling, ballare sul pallone, tra i compagni europei sembrava come mosso da una forza naturale contro cui si può fare poco.

Philippe Coutinho in campo con l'Inter
Un giovane Coutinho disputa il trofeo TIM 2012 con la maglia nerazzurra (Foto: Buzzi/Imago Images – OneFootball)

Il Pato di Moratti” veniva chiamato. Alla Milano nerazzurra però non serviva l’attaccante brasiliano per recuperare forza agli occhi degli avversari italiani. L’Inter aveva appena messo in bacheca l’unico Triplete italiano della storia, e il gioiello sudamericano acquistato formalmente due anni prima appariva come un guizzo in più da aggiungere nello spogliatoio. C’era nell’aria la sensazione di aver saputo colpire là dove c’era bisogno: un ragazzo di 18 anni suonava come un segnale di giovinezza da parte del club che aveva vinto i tre “tituli” con gli undici titolari di un’età media di circa 30 anni. Nel clima che si respirava in quell’estate però, c’era anche una lieve incertezza nei confronti del futuro. José Mourinho aveva lasciato la panchina milanese e servivano nuove idee, nuove ambizioni per i mesi a venire.

Le aspettative rivolte nei confronti del giovane erano quindi tante, ma poco era lo spazio che effettivamente Philippe Coutinho poteva avere. Il suo esordio in campionato arriva il 30 agosto 2010 contro il Bologna, dopo la sostituzione con Pandev. La stella che doveva essere, però, non brilla. Manca lucentezza e a dicembre tutto si rabbuia ancora di più a causa di un infortunio.

Nell’estate, tuttavia, firma il suo primo exploit in nazionale, portando a casa la vittoria del Mondiale Under 20 con il Brasile, da protagonista indiscusso, con la 10 sulle spalle e tanta voglia di dimostrare il suo talento. Quando però torna all’Inter, sembra tutta un’altra storia. I vari allenatori susseguitisi dopo lo Special One non danno spazio al ragazzo magro e con i capelli scompigliati. La sua esperienza interista è piatta e spesso si ritrova seduto in panchina.

La società decide quindi di mandarlo in prestito all’Espanyol. E la parentesi spagnola va decisamente meglio, tanto che la Liga lo nomina giocatore rivelazione della stagione 2011/2012. Quando torna all’Inter dopo il prestito, però, ripiomba nel buio di prima. Coutinho sembra far bene ovunque tranne che in casa propria. Una casa che sembra ormai inadatta, capitanata da un progetto che lo sta sempre più mettendo al margine. Nel gennaio 2013 l’Inter ufficializza Kovacic. Si tratta di un messaggio tra le righe per Philippe Coutinho. 

Philippe Coutinho con la maglia dell'Espanyol
Coutinho in campo con l’Espanyol contro il Real Madrid (Foto: Cordon Press/Miguelez Sports/Imago Images – OneFootball)

Per 10 milioni di euro l’Inter cede così il promettente giovane rimasto acerbo al Liverpool. Più che un’intelligente operazione di mercato, sembra una liberazione da un giocatore diventato di troppo, inadatto negli schemi, e non abbastanza decisivo da far compagnia ai colleghi ultra trentenni.

Lo Sliding Doors di Philippe Coutinho

Bisogna andare con calma. L’esperienza al Liverpool di Philippe Coutinho infatti è andata avanti come un treno merce sui binari di una montagna irta. La locomotiva fa fatica, ci vogliono tanti sbuffi per arrivare alla cima.

I tabloid inglesi non annunciano Coutinho come l’acquisto del secolo. Oltremanica è semi-sconosciuto. Ha ventuno anni, è brasiliano, è un attaccante. Le premesse ci sono tutte. Le promesse anche. Ci sono però pochi giudizi nei confronti del giovane e nessuno azzarda troppe conclusioni affrettate. Aspettare e vedere in campo come se la caverà è l’unica cosa da fare.

Nel gennaio 2013, quando Coutinho arriva ad Anfield, in panchina siede Brendan Rodgers. La squadra negli anni precedenti ha avuto piazzamenti mediocri, ma comunque a fine dicembre si posiziona quinta in classifica a -6 dalla capolista. Coutinho arrivato in Inghilterra, trova una squadra trainata dall’attacco di Sturridge e un incredibile Suarez, macchina da guerra che a fine stagione collezionerà 31 gol e 21 assist in 33 presenze.

L’esordio per Coutinho arriva l’11 febbraio del 2013. Alla seconda presenza arriva già il primo gol inglese. È soprattutto nella seconda stagione, però, che Coutinho acquista centralità nell’ottica dell’allenatore. Il gol contro l’Everton nel derby casalingo finito per 3-3 è il primo segnale dell’incisività che il calciatore sta adesso dimostrato. Il calcio fisico e tattico che trovava in Italia sono lasciati alle spalle. Nell’ultima parte di stagione le fantasie del brasiliano continuano ancora a salire: arrivano infatti le reti in due big match, Tottenham e City, entrambi vinti grazie anche al suo contributo. Coutinho adesso è capace di diventare l’uomo partita. Inizia a essere indispensabile. I tifosi si stanno preparando a cantare anche per lui You’ll never walk alone.

La timidezza, la gracilità, quei capelli disordinati che segnavano il Coutinho ragazzino, sembrano aver preso la piega giusta. Non si notano più la paura e l’ansia che lo facevano apparire troppo piccolo e immaturo nell’Inter degli anni prima. Alla fine della sua seconda stagione con i Reds quindi, arriva la sua completa consacrazione. Per i tifosi adesso è “Little Magician“, il piccolo mago brasiliano capace di fare meraviglie con i piedi. Quando l’ho visto avevo i brividi“, dirà a proposito di uno striscione dedicato a lui sugli spalti.

Ma dove sta la svolta decisiva che ha ribaltato le carte in tavola? Il cambiamento radicale dalla prima alla seconda stagione inglese sta soprattutto nel modo – e nella posizione – in cui è stato impiegato. Arrivato come trequartista offensivo, il suo ruolo nelle prime partite era alto a servizio dell’attacco. Successivamente Rodgers lo ha impiegato anche in fase di creazione di gioco. Il suo 10 portato sulla schiena, che comunque ha avuto fin da subito, ha iniziato a essere preso sul serio. Alla fine della stagione 2014/2015 sarà nominato tra i tre migliori attaccanti della Premier, nonché il migliore del Liverpool. Terminerà la stagione con 52 presenze comprese tutte le competizione, segnando 8 gol e facendo 6 assist.

Philippo Coutinho e la maglia numero 10 al Liverpool
La maglia Reds numero 10 indossata dal 2013 al 2018 (Foto: Imago Images/OneFootball)

Con Jurgen Klopp, alla guida dei Reds a partire dal 2015, Coutinho ha continuato a crescere, giocando tra ala sinistra e trequartista. Il gegenpressing dell’allenatore tedesco ha dato la possibilità al giocatore di agire molto offensivamente, ma allo stesso tempo di mantenere un ruolo attivo nel ruolo nella costruzione. Potersi muovere liberamente ha favorito la sua crescita durante tutta la stagione. E in quelle successive.

Magia compiuta. Trucco svelato?

Il connazionale di Coutinho, Leonardo, qualche anno dopo ammetterà:

Su Coutinho ho un po’ il rammarico di non averlo fatto giocare di più quando l’ho avuto all’Inter per sei mesi. Ma c’era Sneijder che era padre padrone di quella posizione. Era difficile farlo giocare, ma si vedeva già la grandissima qualità. Sicuramente a Liverpool ha anche imparato a sudare, all’Inter si sentiva piccolo, era una generazione di giocatori troppo forti.

L’allenatore era stato sulla panchina dell’Inter dal dicembre del 2010, subentrando a Rafael Benitez. Con il contratto che sarebbe dovuto durare fino al giugno del 2012, la sua esperienza nerazzurra è terminata con una risoluzione consensuale del contratto nell’estate del 2011. In quei sei mesi passati a Milano, difficile trovare qualcosa che gli abbia lasciato più l’amaro in bocca di quanto successo con Coutinho.
L’analisi del testo svela inoltre l’arcano: troppo piccolo in confronto ai compagni troppo forti. La generazione di giocatori che ha accolto l’attaccante brasiliano, secondo l’ex allenatore, era distante dalle logiche di un ragazzino appena maggiorenne. La ragione per cui, di fatto, Coutinho non è riuscito ad ambientarsi al Meazza, è stata anche questa. E del ricordo degli anni passati nel club del biscione rimane il rimpianto. E adesso quei 10 milioni che hanno accompagnato il passaggio in Premier League appaiono inesorabilmente pochi.
Dopo quattro stagioni al Liverpool, 201 presenze, 54 gol, 45 assist e quasi 15 mila minuti di gioco, per Philippe Coutinho è arrivato il momento di lasciare l’Inghilterra. La carta di Neymar spostata sul lato del Paris Saint Germain, lascia un buco nella rosa del Barcellona. L’acquisto sarà da record. Superando la cifra spesa per Dembelé infatti, gli catalani porteranno il Mago al Camp Nou in un’azione senza precedenti.

Cartellino prego: 160 milioni

Vederlo passare al Barcellona nel mercato invernale per una cifra complessiva di 160 milioni, ha a che fare con qualcosa di incredibile. Emerge quasi un riso di rammarico. Il merito interista di averlo sdoganato nel calcio europeo è inamovibile e l’intuizione dei talent scout dell’Inter che hanno prelevato Coutinho dalla Serie B brasiliana è stata in qualche modo vincente. La lettura sul ragazzino 15enne in piena adolescenza è stata lungimirante, ma a beneficiarne sono stati altri campionati, non la Serie A.

Quei pochi milioni con cui è passato alla Premier sembrano ora effimeri per il giocatore che i blaugrana hanno voluto tra le loro fila nel 2018. Dalle favelas brasiliane alle partite accanto a Messi sono passati però più di venti anni. Una scalata calcistica nel vero senso del termine. Nel mezzo a tutto questo però, c’è stato il rito di passaggio inglese.

Al Liverpool Coutinho ha trovato l’occasione giusta per far emergere il suo talento. Le domande, tutti i what if che girano attorno alla sua figura, non trovano risposte certe. Coutinho sarebbe diventato il calciatore che è adesso rimanendo a Milano? Se non fosse passato da Liverpool avrebbe avuto un’opportunità di crescita simile? Philippe Coutinho è nato nella patria del calcio elegante, è arrivato da ragazzino nel mitico calcio europeo, ha tentato invano di alzare il suo valore nell’Inter, ma è solo nei Reds che è diventato, calcisticamente, adulto.

Il fantasista brasiliano ad Anfield
YNWA (Foto: Lynne Cameron/Imago Images – OneFootball)

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