Il cambiamento della cultura del PSG grazie al lavoro di Galtier in panchina è già visibile.
La cavalcata del Real Madrid per la vittoria della Champions League della scorsa stagione ha inizio a mezzora dalla fine di un doppio confronto contro un Paris Saint-Germain che sembrava avere il totale controllo sul destino della partita con due goal di vantaggio maturati nei 90 minuti precedenti, ma il pallone perso da Donnarumma sul pressing di Benzema ha dato il via ad un susseguirsi di eventi culminati con la notte di Saint-Denis.
In mezzora è cambiata anche tutta la stagione e la narrazione sull’opulento PSG. Ne fa le spese Mauricio Pochettino, l’allenatore condannato già in partenza al ruolo del capro espiatorio che deve prendersi solo i demeriti per le sconfitte dovendo lasciare eventuali meriti – come la Ligue 1 vinta in carrozza – al materiale che Nasser Al-Khelaifi gli aveva messo a disposizione, magari senza una sua specifica richiesta.
Quei trenta minuti hanno fatto riflettere anche la proprietà qatariota della squadra parigina, a cui la mistica del Bernabeu ha funto da folgorazione sulla via di Damasco dando il via ad una nuova fase che, oltre a collezionare talenti a suon di milioni, sia in grado di creare un contesto corale in grado di unire tutto quel talento.
Niente più lustrini e paillettes
La notte del Bernabeu ha sostanzialmente rotto un equilibrio molto labile all’interno del club parigino: dopo la munifica campagna acquisti della scorsa estate che ha portato sotto la Tour Eiffel Messi, Sergio Ramos, Hakimi, Nuno Mendes e Donnarumma non era un mistero prevedere che la gestione dello spogliatoio sarebbe stata un problema per Mauricio Pochettino.
Tuttavia, il collante che teneva in piedi questo equilibrio complesso stava proprio nella volontà di affermarsi a livello europeo, per cui il PSG visto fino al disimpegno sbagliato di Donnarumma nella serata di Madrid sembrava una squadra che, pur con i suoi problemi dettati dall’eccessiva presenza di primedonne, poteva dettare legge in campionato – come è accaduto – così come in Europa. Ma è bastata una notte a mostrare che quell’equilibrio era il classico castello di carte che crolla al primo soffio di vento o al primo sobbalzo.
Il sogno è una cosa, la realtà un’altra. Forse dovremmo cambiare anche il nostro slogan. [..] Dream Bigger (sognare in grande) va bene, ma oggi bisogna essere soprattutto realisti, non vogliamo più cose appariscenti, bling-bling, è la fine dei lustrini. Abbiamo fatto grandi cose per undici anni, ma ogni anno dobbiamo chiederci come progredire, come essere migliori.
Questa dichiarazione del 21 giugno a firma di Nasser Al-Khelaïfi verrà riassunta con “La fine dei lustrini e della paillettes” ma andando più nel profondo certifica la presa di coscienza che accumulare talento a suon di milioni non è stata la scorciatoia giusta per raggiungere tutti gli obiettivi che la proprietà qatariota si era posta quando ha acquisito il PSG. La notte della tripletta di Benzema ha, probabilmente, portato l’uomo di fiducia degli emiri a capire che il business calcistico è più complesso di quanto abbia previsto e che fosse arrivata l’ora di affidarsi a chi questa complessità sa comprenderla e governarla.
Così, poche settimane dopo queste dichiarazioni d’intento, è arrivato il benservito a Leonardo prima e Mauricio Pochettino poi. Fin qui tutto scontato; meno scontata, invece, è stata la scelta degli uomini ai quali affidare il nuovo corso, ossia Luis Campos alla scrivania e Cristophe Galtier in panchina.
Campos è stato il fautore delle due uniche realtà che in questi undici anni sono riuscite a soffiare il titolo francese ai parigini, ossia il Monaco dei Mbappe, Bernardo Silva e co. ed il Lille costruito a colpi di plusvalenze e plasmato in panchina da Galtier, ossia il nuovo allenatore scelto dallo stesso Campos per ricomporre il ticket che nel 2021 fu in grado di realizzare il più grande upset europeo dai tempi della Premier vinta dal Leicester.
Perché il PSG ha scelto Campos e Galtier
Portare Campos a sedere sulla scrivania che fu di Leonardo significa dare valore concreto allo slogan della fine dei lustrini. Non più acquisizione di calciatori di grido, bensì ricerca di profili adatti mediante uno scouting attento che magari non porti a Parigi giocatori la cui presentazione necessiti di bloccare l’area del Trocadero ma, invece, elementi necessari a permettere all’allenatore di dare un senso organico all’undici da schierare partita per partita.
Questo non significa che il PSG stia iniziando a lavorare in modalità player trading, ossia acquisire giocatori ad un costo basso per poi rivenderli ad un prezzo sostanzialmente più elevato, bensì cercare di spendere per giocatori utili al progetto e più in linea con le necessità di campo che con quelle di marketing.
Andando a scorgere nella tabella del calciomercato della formazione parigina di quest’estate, il club ha sborsato quasi 150 milioni per l’acquisizione di nuovi giocatori, incluso il riscatto di Nuno Mendes dallo Sporting. A dimostrazione che il nuovo corso non significa ridimensionamento economico ma solo un cambio di attitudine, visto che questi soldi sono serviti per portare al Parco dei Principi Vitinha dal Porto, Fabian Ruiz dal Napoli, Renato Sanches dal Lille e Nordi Mukiele dal Lipsia (oltre ad Hugo Ekitike, la cui operazione al momento è tecnicamente solo un prestito), tutti giocatori chiamati a dare una nuova dimensione al centrocampo ed alla difesa della squadra parigina in base alle direttive del nuovo allenatore.
L’arrivo in panchina di Galtier, invece, oltre a restaurare la llaison con Campos, nasce con lo scopo di dare un ordine tattico ad una squadra che Pochettino aveva perso di mano nella seconda parte della scorsa stagione, anche per scarsa corrispondenza tra le idee di gioco preferite dal tecnico argentino ed il materiale a disposizione.
L’ex tecnico del Lille e del Nizza ha un approccio più induttivo al lavoro, ossia cerca di osservare le caratteristiche dei giocatori di cui dispone per poi disegnare attorno a loro un contesto congruo per esaltarli. Non vi è dubbio sul fatto che Galtier abbia messo al centro del suo lavoro la ricerca di un sistema che possa permettere al trio delle meraviglie Messi-Neymar-Mbappè di esprimersi nella maniera più libera possibile senza pregiudicare l’equilibrio della squadra.
E le conferme sono arrivate dalla conferenza stampa di presentazione del tecnico, dove il piano di lavoro è stato subito messo in chiaro: il punto di forza della squadra sta, oltre che nel talento dei giocatori offensivi, nei due esterni Hakimi e Nuno Mendes, per cui il sistema su cui lavorare non può che essere quello della difesa a tre.
Come funziona il 3-4-3 del PSG di Galtier
Appena messo piede nello spogliatoio parigino, Galtier ha da subito presentato il proprio piano per migliorare il PSG come squadra e rendere possibile la coesistenza di tanto talento individuale in un apparato che sia in grado di coprire al meglio il terreno di gioco.
Il passaggio al 3-4-3, quindi, è apparso da subito nella testa del tecnico marsigliese come il modo migliore per garantire la miglior occupazione degli spazi e creare protezione ai tre attaccanti, come se fosse una teca che deve tenere lontana un’opera d’arte da mani violente.
Nella fase di possesso la difesa a tre si occupa di far uscire il pallone mentre i due centrocampisti centrali si posizionano verticalmente anziché affiancarsi: in questo modo lo schieramento dell’undici assume contorni più allungati anziché piatti permettendo alla squadra di posizionarsi tra più linee. Il centrocampista più avanzato apre ulteriori linee di passaggio in più per le ricezioni nei mezzi spazi di Neymar e Messi generando disordine per le difese avversarie.
In questo contesto, quindi, è decisamente centrale il ruolo svolto dai due centrocampisti, chiamati ad alternarsi tra la fase di costruzione e quella di sviluppo dell’azione, soprattutto per fare da esca e liberare spazi per i tre tenori lì davanti. Nelle partite sin qui disputate abbiamo visto alternarsi nello svolgimento del compito Verratti, Sanches e Vitinha, con l’italiano spesso chiamato addirittura a sdoppiarsi in corso di partita tra l’uno e l’altro compito.
Ma non si esaurisce qui il compito dei due centrali di centrocampo: dal loro comportamento dipende anche l’equilibrio della squadra nel momento in cui viene perso il pallone. In questa fase comprendiamo il senso principale di chiedere ad uno dei centrocampisti di mezzo di giocare qualche metro più avanti: Galtier da per assunto il fatto che Neymar, Mbappe e Messi contribuiscano poco alla riconquista del pallone, per cui al centrocampista è richiesto il compito di cercare l’immediata pressione o rallentare la ripartenza avversaria per non far trovare la squadra allungata; alle sue spalle, invece, i tre centrali di difesa ed il centrocampista più basso creano una rete di marcature preventive per cercare di soffocare definitivamente il tentativo di transizione. A questa fase partecipa, laddove necessario, l’esterno che si trova sul lato del pallone; se il centrocampista centrale avanzato non è supportato nel tentativo di recupero palla da uno degli attaccanti, spetta proprio all’esterno stringere per chiudere lo spazio all’avversario in possesso.
Con questo schieramento l’ex allenatore del Lilla sta cercando di rendere sostenibile un sistema di gioco che accetta di lasciare totale libertà di azione ai tre fuoriclasse dell’attacco parigino senza penalizzare la struttura della squadra.
Cosa sta portando questa strategia?
La libertà lasciata a Neymar-Mbappè-Messi in questo 3-4-3 sta premiando le scelte di Galtier: i numeri offensivi dei tre giocatori d’attacco del PSG sono già di grande livello, considerando che la stagione ha appena archiviato il suo primo mese.
Mbappè ha già raggiunto le 10 reti stagionali su azione a fronte di 6,7 xG sempre, mentre non ha messo a referto nessun assist a fronte di 1,9 xA; Neymar ha 11 goal al proprio attivo, di cui 8 su azione a fronte di 4 xG a cui aggiungere 7 assist a fronte di 5,1 xA; per Messi invece il computo è di 5 goal (tutti su azione) più 8 assist al cospetto di 4,9 xG e 3,7 xA.
Aggregando i dati dei tre tenori del PSG parliamo di 26 goal e 15 assist suddividendosi l’impatto sulla fase di finalizzazione della squadra se si sommano gli xG su azione e gli xA, con Neymar a 9,2 e gli altri due a quota 8,6.
Ma è tutto oro quello che luccica? Per quanto i numeri ci dicono che i tre si dividono in maniera uguale i possessi offensivi (la forchetta varia tra i 39 tocchi a partita nel terzo avversario di Mbappé fino ai 46 di Neymar), diversi episodi continuano a mostrare un certo egoismo in ciascuno di essi.
Parecchio discussa è l’assenza di rapporti tra Neymar ed il numero 7, così come è stato abbastanza clamoroso l’atteggiamento dell’attaccante francese nella partita contro il Montpellier quando si è disinteressato all’azione dopo non aver ricevuto il pallone da Vitinha. L’atteggiamento egoistico delle tre stelle potrebbe diventare un grosso problema se Galtier non riuscirà ad incanalarlo nel modo giusto sul terreno di gioco.
A livello di equilibrio tattico, invece, la chiave di questa strategia di gioco innestata da Galtier può diventare anche la potenziale debolezza di questa squadra: ai due centrocampisti è richiesto un grande lavoro nelle due fasi, e cosa succede se il loro compito non può essere eseguito al meglio? Fino a questo momento il percorso del PSG è stato abbastanza netto; tuttavia, qualche crepa si è vista nelle partite contro il Monaco (l’unica non vinta finora dai parigini in stagione) e nella la gara di esordio in Champions League contro la Juventus, per due ragioni diverse.
Nella partita contro la squadra monegasca, la strategia di pressione avversaria è riuscita ad isolare i due centrocampisti, in questo modo la posizione verticale di Verratti (più basso) e Renato Sanches (più alto) non infastidiva i centrocampisti del Monaco che riuscivano a bloccare bene le linee di passaggio verso Neymar e Messi aggredendo i portatori di palla (ossia i due braccetti della difesa a tre Ramos e Kimpembe) costringendoli ad abbassarsi nella propria metà campo per poter giocare palloni puliti. Per oltre un’ora in quella partita il PSG non ha mai impensierito la difesa del Monaco.
Contro la Juventus, in una partita dominata a lunghi tratti e con Neymar e Mbappè che hanno impreziosito la partita con le loro combinazioni, si è, invece, notato che per sostenere la strategia di Galtier è necessario che i due centrocampisti centrali mantengano una forte attenzione per tutto il corso della partita e, soprattutto, una grande tenuta fisica. La coppia Vitinha-Verratti ad un certo punto ha rallentato la propria intensità finendo per esporre la difesa a situazioni rischiose non sfruttate dalla formazione bianconera.
La trasferta di Lione come nuovo stress-test
Questa sera il PSG chiuderà questo primo ciclo di partite ufficiali prima della pausa per le nazionali con una trasferta sul campo del Lione di Peter Bosz, una squadra ricca di talento a centrocampo e che cercherà di porre alla squadra di Galtier il dilemma di come eludere il pressing offensivo, un marchio di fabbrica (e spesso tallone d’Achille) delle squadre allenate dal tecnico olandese.
L’esempio della partita contro il Monaco porterà sicuramente il tecnico di Marsiglia a dover rivedere alcune soluzioni, onde evitare di lasciare l’impressione che questa squadra possa avere dei punti deboli nonostante il grande valore tecnico della rosa a disposizione. Per cui ci sarà da sedersi sul divano ed osservare quali soluzioni Galtier troverà per superare questa potenziale difficoltà.
Dalla capacità di Galtier di trovare soluzioni alle (poche, per la verità) problematiche finora emerse passeranno le fortune di questo nuovo ciclo al Parco dei Principi, che è iniziato con tante buone premesse ed anche con maggiore credito da parte della critica, un aspetto reso possibile dalla scelta di un allenatore francese che ha rabbonito la stampa transalpina (tutto il mondo è paese) e dall’abbandono, almeno nelle intenzioni, da parte del club della strategia da show-biz per soffermarsi maggiormente sul campo.
Fonte dati: FBRef/StatsBomb