Nella notte si sono conclusi i quarti di finale di Copa Libertadores: se è vero che si tratta di una competizione spesso sottovalutata e guardata in maniera parziale alle nostre latitudini, essa permette di avere un quadro veritiero di quello che sta succedendo nel calcio sudamericano. E di come, nonostante un atavico e quasi innato dualismo tra Brasile e Argentina, i primi stiano davvero tentando di monopolizzare il paese con società capaci di ritrovare l’appeal e il potere economico di un tempo e di piazzarsi nel panorama mondiale come solide alternative a tante squadre del vecchio continente. Tant’è che in semifinale ci saranno tre squadre verdeoro ed una sola albiceleste.
“In Champions League lotteremmo con chiunque”
Sono state queste le parole proferite da Arturo Vidal a qualche settimana dallo sbarco a Rio de Janeiro, sponda rubronegra del Flamengo. Esagerate per alcuni, estremamente veritiere per chi ha seguito i quarti di finale contro il Corinthians, in cui il cileno ha avuto in realtà un ruolo estremamente parziale in un 11 titolare già stellare. Il computo finale dice 3-0, con una vittoria per 2-0 a San Paolo sublimata poi dall’1-0 del Maracanà. Le reti della cavalcata sono firmate dalla batteria d’attacco messa a disposizione di Dorival Silvestre Júnior: Giorgian de Arrascaeta e gli ex Serie A Gabriel Barbosa e Pedro, meteore tra Inter e Fiorentina. C’è da soffermarsi invece sull’esterno uruguaiano, autore di un gol spettacolare all’andata, con un tiro a giro di destro all’incrocio, e di un assist d’esterno praticamente perfetto al ritorno: il vero enigma sta nel fatto che l’ex Cruzeiro, a 28 anni, non abbia ancora avuto l’occasione di giocare in una grande squadra europea.
Oltre ai gol e alle giocate spettacolari il Flamengo annienta l’avversario per possesso, giro palla (un plauso a Everton Ribeiro per non aver quasi mai perso un possesso), controllo della partita e una solida difesa che vanta tra gli altri David Luiz e Filipe Luis. Il tutto con un Arturo Vidal ancora non protagonista, un Erick Pulgar in stand-by e un veterano come Diego Ribas da Cunha in panchina. Poco da dire sul Corinthians, già vincitore di misura contro il Boca Juniors nei rigori della Bombonera che ha perso nel fantasista Gustavo Mantuan (partito in direzione Zenit San Pietroburgo, ndr) il giocatore che più di tutti poteva cambiare il corso delle cose. L’esperto Willian poco ha potuto contro una difesa solida e i bianconeri del portoghese Vitor Pereira non hanno mai dato l’impressione di poter ribaltare la situazione in fase offensiva.
Al Fortín il derbi argentino
Ci pensa il Club Atlético Vélez Sarsfield a tenere alto l’onore argentino e della capitale Buenos Aires. Nel paese del sole si dice che incrociare un connazionale in una fase finale di Copa Libertadores sia la sfida più complicata che si possa affrontare. La squadra di Liniers ci è riuscita ben due volte, facendo fuori il colosso River Plate agli ottavi e i cordobesi del Talleres nei quarti, trainati da un Lucas Pratto tacciato di essere nel tratto finale di carriera e che invece ha saputo ritrovare la brillantezza di un tempo, tenendo palla, lottando con i difensori e guidando i giovani compagni nelle letture dei momenti della partita. All’andata tutto sembrava perduto: 2-0 in 80 minuti, poi un blackout che aveva portato al pareggio del Talleres a cui il primo storico quarto di finale non ha pesato. C’era voluto il carisma del coach, il “Cacique” Alexander Medina – allenatore bravo nel leggere gli eventi – e dell’entrata in scena del promettente Julián Fernández, sulla carta d’identità 3 gennaio 2004, che ha marcato il gol del 3-2 all’andata e quello del decisivo 0-1 a Cordoba. L’assist di quest’ultimo è arrivato, non a caso, da Lucas Janson, uno dei calciatori meno mediatici del continente che si sta rivelando da due anni un talento della Superliga argentina, e che in Libertadores ha segnato quest’anno 7 gol. A proposito di giovani, dalle parti di Liniers da sempre c’è un grandissimo vivaio, per cui prendete nota: oltre a Fernández e ai suoi movimenti intelligenti e alla freddezza col mancino ci sono il mediano di rottura Nicolás Garayalde, calciatore ormai costituito a 23 anni, l’esterno d’attacco Luca Orellano (2000), gran contropiedista dal piede mancino fatato, e Máximo Perrone, centrocampista 2003 con ottimi inserimenti.
Il Flamengo in semifinale appare una montagna invalicabile, ma i ragazzi terribili del Cacique hanno ormai poco timore reverenziale verso chiunque gli si presenti davanti. Dall’altra parte, il Talleres dell’esperto allenatore portoghese Pedro Caixinha paga una rosa fondamentalmente inferiore che ha saputo lottare con le unghie e con i denti con un sogno che appariva irrealizzabile divenuto concreto dopo il “quasi” pareggio dell’andata, frutto anche dei cambi del coach di Beja. Sogno che però si è arrestato bruscamente: testa al campionato in cui la T non sta facendo una gran campagna nonostante sia riconosciuto da tutti come uno dei club più all’avanguardia ed economicamente ben gestito di un paese in crisi perenne come quello argentino.
Imbattibile Palmeiras
Sembrava avventato qualsiasi tipo di paragone tra il Real Madrid del ciclo Zidane e quello che Abel Ferreira (di cui vi avevamo parlato in questo articolo) sta facendo a San Paolo, sponda Palmeiras. Quando le altre squadre, soprattutto brasiliane, sembrano rafforzarsi in maniera inesorabile per schiacciare il potere del bicampeón d’America, il Verdão si è reso capace di imprese impensabili, frutto anche (prendiamoci il merito) del vecchio nome di Palestra Italia datogli nel 1914 dagli immigrati italiani che fondarono il club folgorati da una tournée di Torino e Pro Vercelli.
Tralasciando la storia, gli uomini di Ferreira hanno ormai sviluppato una tenuta mentale fuori dal comune, quella che gli ha permesso di vincere 11 degli ultimi 12 incontri giocati a livello continentale, confermandosi con la miglior difesa anche quest’anno. All’andata il reparto guidato da Gustavo Gómez sembrava tremare: 2-0 sotto e un Mineirazo pronto ad accadere in tinte bianconere. Ma è qui che ritroviamo gli uomini di fiducia di Ferreira. Punizione di Gustavo Scarpa che di mancino prende l’incrocio, Murilo bravo in tap in a espiare le proprie colpe dopo un autogol, poi il pareggio di Danilo su una capocciata di Rony, l’unico a crederci su un calcio d’angolo che sembrava perso. “Non li battiamo neanche stavolta” si saranno detti gli uomini del Mineiro di Cuca.
Ancor peggio al ritorno: partita rognosa, qualche fallo brutto, nervosismo a fior di pelle, due espulsi per il Palmeiras che al minuto 61′ è in 9 contro 11. Assalto puro, Hulk prende in mano la squadra, entrano anche i talenti Nacho Fernández e Edu Vargas ma niente e nessuno riesce a scalfire il portiere Weverton, il vero protagonista dell’Allianz Parque: 7 parate in partita, rigore decisivo parato poi al sesto tentativo bianconero. Corsi e ricorsi e il sesto del Palmeiras lo trasforma sempre il difensore Murilo, consegnando al Verdão la terza semifinale consecutiva, lasciando all’Atletico Mineiro la sensazione di aver avuto un match ball all’andata, sul 2-0, senza aver saputo uccidere sportivamente l’avversario. Sempre che sia possibile.
Cruento
Finisce nel peggiore dei modi il percorso del Club Estudiantes de la Plata, fuori al minuto 96′ del ritorno nel suo stadio. Eliminazione dura, crudele, cruenta, arrivata dall’Athletico Paranaense quando tutti pensavano si sarebbe decisa ai rigori dopo uno 0-0 scialbo e identico all’andata. In effetti, tra gli uomini di Curitiba e quelli di La Plata la paura di perdere è stata maggiore all’atrevimiento di andar a cercare il risultato, o quantomeno così è sembrato. Gli uomini di Luiz Felipe Scolari hanno avuto sicuramente più possesso palla e controllo dei momenti, grazie anche a un Fernandinho in versione Manchester City che di cartucce ne ha ancora per giocare a certi livelli. Nel Pincha invece c’è la sensazione di aver fallito una grande occasione pur lottando fino alla fine: il potenziale offensivo era relativo, ma alcuni giocatori come Benjamin Rollheiser o la stella nascente Franco Zapiola hanno avuto poche possibilità per rendersi pericolosi o addirittura per avere minuti, lasciando spazio a gente più esperta che il Ruso Ricardo Zielinsky battezzava come più pronti. Due righe però su chi ha deciso il match: l’attaccante brasiliano Vitor Roque, classe 2005 e U17 più prolifico nel mondo con 12 gol tra i professionisti. L’ennesima scommessa vinta da Scolari che ora, in una sfida tra passato e presente, se la vedrà proprio con il Palmeiras di Ferreira.
😍🔝 ¡Cuadro definido en la CONMEBOL #Libertadores!
🇧🇷 @AthleticoPR 🆚 @Palmeiras 🇧🇷
🏆 ¿Quiénes llegarán a la Final?#GloriaEterna pic.twitter.com/KXc8z893c6
— CONMEBOL Libertadores (@Libertadores) August 12, 2022
Sponda Estudiantes, non tutto è da buttare: il percorso è stato coerente con quanto il club sta facendo dalla presidenza di Juan Sebastián Verón (ora terminata), con il nuovo stadio, il rimodernamento di tutto l’assetto societario ed il particolare esperimento dello sponsor tecnico autoprodotto, vera eccezione in tutto il Sudamerica. Evidentemente però i tempi non erano maturi come quando nel 2014, con il proprio Verón, il Pincha saliva sul tetto continentale.